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Autore: viktoria    01/01/2013    2 recensioni
[Jonathan Rhys-Meyers]Quanto avevo sognato di incontrarlo, di fare una foto con lui e di parlargli. Come quelle ragazzine idiote che vanno dietro i propri idoli per anni. Potevo dire, con un certo orgoglio, che io i miei pensieri idioti su di lui me li ero tenuti per me benché avessi sempre ammesso di far parte di quel 99% della popolazione che ha un suo idolo famoso con cui sogna quella storia romantica da fiaba.
Jonathan Rhys Meyers era il mio.
[STORIA IN REVISIONE]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Whatever works'
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Non ero granché arrabbiato per quello che era successo la mattina in cui quei rompi coglioni di cretini vestiti da dementi erano andati via.
Ero semplicemente incuriosito.
Si beh in realtà ero anche incazzato nero e le ragioni erano talmente tante che alla fine decisi di sfogarmi sulla prima che mi veniva in mente.
Mi dissi infatti che non ero tanto infastidito perché mi importasse qualcosa di quella stupida ragazzina egocentrica di cui avevo già dimenticato il nome ma perché quella non rappresentava il target a cui quel coglione di Thomas mi aveva destinato ed io non volevo assolutamente avere a che fare con delle ragazzine dementi come le sue compagne.
Avevo telefonato al suo studio la mattina precedente e lui, con le sue solite moine da leccaculo del cazzo mi aveva assicurato che sarebbe passato il giorno dopo.
Altro punto a suo sfavore in ogni caso.
Avrei avuto più tempo per rimuginare su qualcosa che mi dava enormemente fastidio.
Dottor House in erba non faceva ormai che invadere casa mia con la scusa di doversi accertare delle mie condizioni di salute. Dopo la seconda sera che si presentava in camera mia, mentre tra l’altro stavo cercando di prepararmi per andare all’appuntamento con un altro più idiota di lui, lo avevo guardato con tanto risentimento da gelarlo sulla soglia.
-          Chiudi la porta House.- gli ordinai perentorio prima di avvicinarmi minacciosamente a lui.
A suo merito c’era da dire che non indietreggiò affatto e che la sua espressione sembrava sicura e rilassata esattamente come lo era al suo ingresso.
Bravo il piccolo chimico.
-          Ti ho già detto che non mi importa se ti scopi mia sorella, può solo farle bene per evitare di rompere i coglioni a me ogni sette secondi, ma non venire a rompere il cazzo a me ogni volta che hai voglia di sbatterti una figa perché altrimenti sarò io a sbattere la tua testa contro un muro- lo avvisai con voce innaturalmente calma per la minaccia, affatto velata, che gli avevo appena rivolto.
Ciò che più mi stupì fu il mezzo sorriso che sbocciò sulle sue labbra e che mi fece venire voglia di prenderlo a pugni.
Quel cretino.
-          Maria mi ha detto che ti sei “fissato” con una di quelle ragazzine che c’erano qui.- lasciò cadere lì, come se avesse qualcosa a che fare con il discorso che avevo cercato di ficcargli nella testa.
Alzai un sopracciglio spazientito e lui si sentì in diritto di continuare.
–  Jamie è in contatto con loro, perché non chiedi a lui il suo numero di telefono Jonathan?- mi consigliò prima di prendere la sua borsa che aveva lasciato sulla sedia e aprire la porta. – forse sei così isterico perché ti manca una fica da scopare.- mi prese in giro scimmiottando il tono in cui avevo detto anche io quelle stesse parole poco prima.
Quando richiuse la porta alle sue spalle mi venne voglia di lanciargli contro un libro.
Quel maledettissimo libro sulla mia scrivania ad esempio.
Lo presi in mano e lo guardai attentamente odiandone ogni pagina.
Mi sistemai la giacca sulle spalle, legai la sciarpa al collo e uscì di casa, senza salutare ne lui, ne mia sorella che, sorridente, gli aveva poggiato le mani sulle spalle per abbracciarlo.
cosa stupida.
Che sono stupidi!
Salì in macchina sbuffando rumorosamente e misi in moto.
La mia bellissima auto, lei sì che mi era mancata profondamente.
Quella Lamborghini grigia era stata un regalo che mi ero fatto da solo quando avevamo rotto con…lei.
Stavo molto meglio da solo.
Con la mia auto.
Dopo tutto forse non era stata la cosa peggiore che mi fosse capitata.
Arrivai allo studio di Thomas dopo neanche dieci minuti, la sigaretta in bocca mentre guidavo, una mano sul volante ed una velocità di 160 km/h in città.
Non mi importava granchè di infrangere la legge anzi, mi veniva da ridere ogni volta che prendevo una sigaretta in mano.
Io sono contraria all’eutanasia.
Non tutto il mondo gira intorno a te e alle tue stupide idee da adolescente innamorata.
Fermai la macchina davanti allo studio e salì tranquillamente ignorando le proteste della segretaria che stava cercando in tutti i modi di convincermi che non era il momento giusto e di avere la pazienza di aspettare un attimo.
Thomas mi aveva già chiesto troppi attimi per i miei gusti, la pazienza si era esaurita.
Aprì la porta dello studio e me lo ritrovai davanti a scopare con una ragazzina che poteva avere forse ventiquattro al massimo ventisei anni.
Sembrava una bambola senza sentimento, guardava altrove e cercava di trattenere le lacrime.
Non provavo pena per lei.
Di certo lui non l’aveva presa con la forza, era stata una sua scelta volontaria.
Era il modo di Thomas quello.
ti scritturava volentieri se sapevi aprire bene le gambe.
Evidentemente quella ragazzina non era molto in gamba perché appena mi vide si tirò su, si ricompose e la mandò via con un semplice.
-          Le faremo sapere.-
Tradotto per i comuni mortali:  vai a fare in culo.
La guardai con un sorriso divertito mentre si rivestiva con gli occhi bassi e usciva senza dire nulla, vergognandosi per essere stata scoperta in quell’atto di prostituzione.
Non preoccuparti tesoro, avrei potuto dirle, ho visto di peggio.
Mi sedetti tranquillamente su una delle poltroncine davanti la scrivania sgombra e aspettai che si fosse ripreso da quella sveltina, alquanto insoddisfacente a giudicare dalla sua faccia.
-          Jonathan, irruento come sempre.- sembrò rimproverarmi lui mentre rimetteva la camicia dentro i pantaloni e si risollevava la toppa.
-          Mi chiedo ogni tanto Thomas se io faccia bene a lasciare la mia carriera nelle tue mani. Sei troppo occupato con queste cose per pensare anche a me.- lo presi in giro senza quasi lasciargli terminare quello che sarebbe dovuto essere anche un saluto.
-          Un uomo deve pur sfogarsi.- mi rispose semplicemente ridendo come se cercasse la mia complicità, che non arrivò.
Ogni tanto, quando mi sentivo più generoso nei confronti del mondo, mi ritrovavo a pensare a cosa avrei fatto io a vedere mia sorella costretta a prostituirsi per cercare di avere un lavoro e mi saliva la bile in bocca.
Era assurdo che esistessero dei maiali come quello che mi stava di fronte.
Purtroppo però i momenti di bontà come quello erano piuttosto rari.
Si sedette alla scrivania dopo aver recuperato da terra una cartelletta con il mio nome sopra.
Era piuttosto spesso anche se in realtà ritenevo ci fossero tutti i contatti con i giornali che avevano scoperto del mio “incidente di percorso”.
-          Sfortunatamente non sono tutti lavori che ho per te questi.- mi confermò lui aprendo la cartelletta e sfogliando pagine e pagine senza prenderne nessuna. – però ho comunque delle buone notizie.- mi avvisò soddisfatto.
Sapevo che si aspettava che gli dimostrassi felicità, partecipazione o che so io ma onestamente non ero molto ben disposto per tutte quelle moine.
Io ero lì per una ragione ben diversa quel giorno e cercare di farlo parlare per sbollire la rabbia era solo un pretesto per non saltargli addosso e ucciderlo seduta stante.
Mi appoggiai svogliatamente alla poltrona restando a fissarlo disinteressato e quando finalmente ebbe afferrato il messaggio sospirò in soggezione e mi passò velocemente due copioni.
Roba da adolescenti ovviamente.
Il che mi riportava al motivo per cui ero lì.
-          Allora il primo è un ruolo marginale seppure ricorrerà in tutti e sette i film, ti aiuterà a non rimanere incastrato in quel ruolo. E questo invece, beh questo è il mio fiore all’occhiello.- lessi il titolo di quel suo “fiore all’occhiello del cazzo” e mi venne da vomitare.
Dracula.
Davvero?
Il massimo della banalità.
-          Pagano bene?- chiesi indifferente senza neanche leggere la trama di quei due romanzetti rosa da quattro soldi.
-          Non li avrei neanche presi in considerazione altrimenti Jonathan.- mi rispose come se fosse offeso della poca fiducia che gli stavo dando.
-          Bene.- mormorai semplicemente il mio assenso.
Thomas sorrise e prese i due copioni. Quando me ne sarei andato si sarebbe attivato per organizzare i primi incontri a cui avrei dovuto sorridere come un coglione.
In quel momento sembrava comunque felice, aveva un sorriso sornione stampato in faccia che fece spuntare un ghigno anche sul mio viso.
Stupido figlio di puttana.
-          Questi sono gli ultimi filmetti da coglione che farò Thomas, dopo, ritieniti licenziato se non riuscirai a trovarmi nulla di serio!- mi alzai mettendomi il cappotto senza guardarlo.
Non serviva, sapevo che era diventato un pezzo di ghiaccio.
-          Jonathan sei impazzito?- mormorò lui con un filo di voce.
-          No, mai stato più lucido.- risposi mettendomi anche la sciarpa.
-          Che cazzo è successo si può sapere? Collaboriamo da anni e non avevi mai dato mostra di esserti stancato di me e dei lavori che ti trovo.- mi gridò contro a quel punto arrabbiato come non lo avevo mai visto.
Io indifferente e freddo come la pietrai tirai fuori dalla mia giacca un libricino sgualcito dall’acqua, con le orecchie e delle brutte piega sulla copertina. Sembrava letto e riletto migliaia di volte.
Lui mi guardò come se si aspettasse una spiegazione oltre a quel libro che avevo sbattuto sulla sua scrivania per zittirlo.
-          Che c’è? Ti sei dato a letture impegnate?- mi prese in giro lui senza capire. Io storsi il naso come se avessi a che fare con un idiota.
Perché non capiva? Era così difficile?
-          Voglio che il target a cui si indirizzino i miei futuri film sia quello delle “adolescenti” che leggono questi libri.- gli dissi con immensa calma prima di riprenderlo e rimetterlo nella tasca della giacca.
-          Non esistono quelle adolescenti Jonathan. Quelle che esistono sono solo delle arrapate 18enni che non vogliono altro che muscoli, sesso e vampiri innamorati.- mi rispose lui questa volta più calmo con un sorriso di scherno sul viso.
Si avvicinò a me facendo il giro della scrivania con una calma surreale e mi poggiò una mano sulla spalla.
-          Quelle di cui parlo io non sono interessate a nulla di ciò che hai da dire.- a quelle parole la mia mente si allontanò lontano da lì di qualche settimana.
Sei perfetto finchè non apri bocca.
-          Si toglieranno le mutandine e te la sbatteranno in faccia lo stesso.- mi tranquillizzò tornando poi al suo posto.
Onestamente O’Keeffe non sei il mio tipo.
 
-          Torna a casa Jhonny, riposati e facciamo finta che non sia successo nulla, tranquillo.- posò i piedi sulla scrivania e mi fissò con uno sguardo da chi crede di aver già vinto.
Inutile ribadire il concetto, lo avrei fatto quando ce ne sarebbe stato bisogno.
Senza dire nulla semplicemente presi le mie cose e mi avviai alla porta.
Alcune volte credevo di aver raggiunto una grande maturità.
Era un peccato che in altri momenti quella stessa maturità sembrava andare a fare in culo.
-          Ah Jonathan.- mi fermò di nuovo quella sgradevole voce nasale che speravo di aver messo definitivamente a tacere.
Mi voltai verso di lui per capire cos’altro potesse volere da me tanto da non lasciarmi andare via lontano dalla sua schifosa faccia da schiaffi.
Quando lo guardai stava sghignazzando come un dodicenne dopo una grane scoperta. Come dopo il primo pompino.
-          Quella ragazza non esiste e se anche dovesse esistere sarebbe davvero mostruoso stare nella stessa stanza con lei.- scoppiò a ridere per quella sua considerazione io mi girai e andai via senza aggiungere altro.
La sua segretaria mi salutò con un sorriso.
-          Arrivederci signor Meyers, a presto.-
Sapevo benissimo a cosa si riferiva il suo saluto.
Una volta ci avevo scopato con quella ragazzina e non era stato nemmeno male. Ma adesso non era più nei miei interessi.
Avevo altre cose per la testa.
Ne dubito.
Avrei voluto rispondere, ma rimasi in silenzio uscendo definitivamente da quel luogo asfissiante. Ero rimasto lì solo tre quarti d’ora.
Quarantacinque minuti di sofferenza incredibile che alla fine non avevano dato i frutti sperati ma erano solo serviti a gettare le basi di quello che sarebbe successo dopo.
Forse nel duemila tredici.
Forse.
Quando salì in macchina presi di nuovo il libro malmesso tra le mani e lo guardai attentamente.
A Tale of Two Cities, Charles Dickens.
Era il tempo migliore e il tempo peggiore, la stagione della saggezza e la stagione della follia, l’epoca della fede e l’epoca dell’incredulità, il periodo della luce e il periodo delle tenebre, la primavera della speranza e l’inverno della disperazione.
Quella frase, sottolineata da un leggero tratto di matita, l’avevo letta e riletta fino ad impararla a memoria.
Non avevo mai osato scrivere sui libri perché Alan mi aveva detto che non si doveva.
Avevo solo sette anni allora e ciò che diceva mio fratello maggiore per me era legge.
Era lui l’uomo di casa.
Quel segno non era mio ma di una ragazzina adolescente con gli ormoni a mille, come tutte le altre.
Thomas aveva assolutamente ragione, erano tutte uguali.
E su un’altra cosa aveva stranamente ragione.
Sorrisi per metà mordendomi piano il labbro prima di partire diretto di certo non a casa, avevo bisogno di aria, di stare lontano da mia sorella e dal suo fidanzatino.
Da tutto l’amore che asfissiava la casa.
Avevo bisogno di pensare.
Quella stessa ragazzina che aveva letto il mio libro, e che quindi esisteva, era una con cui era davvero mostruoso stare nella stessa stanza.
 
Quando, quella notte, mi risvegliai ero disteso supino su un letto che non era il mio. La camera era impregnata dell’odore stantio delle stanze dei motel e del fumo delle sigarette che avevamo fumato. Avevo il corpo caldo di una ragazza sconosciuta addosso ed era stranamente calda. I capelli castani, corti, gli occhi chiusi nel sonno che ricordavo essere marroni, niente di eccezionale. Era minuta, priva sicuramente di qualsiasi predisposizione fisica allo sport. La spostai malamente e mi vestì lasciando dei soldi sul letto accanto a lei prima di ritornare a casa.

 
 
 
 
Note Autrice:
POV Meyers, ovviamente!
Mi andava di scrivere qualcosa dal suo punto di vista.
Avviso importante! Lui NON è innamorato di nessuno! (anzi sì lo è, ma solo della sua auto)
Poi niente, primo capitolo del 2013.
Auguri a tutti di buon anno.
  
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