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Autore: Lue    04/01/2013    1 recensioni
Mi volto e comincio a correre per il marciapiede asfaltato, lungo la strada fredda, e i miei capelli frustano l’aria ghiacciata e io non ho più bisogno di te.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Lily Evans, Narcissa Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Albus Severus Potter/Rose Weasley, Charlie/Ninfadora, Harry/Ginny, Pansy/Theodore
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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I legami spezzati


"But you broke me, now I can't feel anything".
"Ma tu mi hai distrutta, ora non riesco più a provare nulla".

[Broken Strings - James Morrison ft. Nelly Furtado]

 
La pioggia mi bagna i capelli.
Cade fitta ma leggera, silenziosa.
Guardo l’acqua scura del lago, e penso a tante cose.
Quella nuvola grigia assomiglia a un cerbiatto. Una ciocca dei miei capelli si sta arricciando. Ho voglia di andare via.
Tu cammini svelta davanti a me, un fuoco in testa e dei guanti troppo grandi intorno alle mani bianche.
“Dove vai, Evans?”, mormoro.
Ti fermi e alzi la testa, incrociando il mio sguardo. Hai gli occhi verdi. Verdi davvero.
“Parlavi con me?”, la tua voce è distaccata e un po’ sorpresa.
Ti rispondo con un cenno del capo. Sì.
Ti sfili i guanti e percorri il prato verso di me.
“Hai bevuto?”, ghigni leggera.
Mi passo una mano tra i capelli. Ti siedi accanto a me.
“Come stai?”, domandi incurante.
“Ti importa?”. Ti sto fissando, tu arrossisci. È così difficile sostenere il mio sguardo?
Sbuffi, abbassando gli occhi.
“Sì”.
Io ridacchio.
“Sei simpatica, Evans”.
“Da quando hai ricominciato a parlare con me?”, scatti subito, tagliente, impietosa.
Lo sai, Evans? Lo sai che non hai pietà di me? Dovresti averne.
Alzo le spalle.
“Da quando mi va”, mi alzo, scrollandomi le gocce d’acqua dalla mantella, “Sei proprio bella oggi, lo sai?”.
Me ne vado sorridendo, so che vorresti chiamarmi indietro, darmi un bacio e dirmi “Ancora, Narcissa, ancora”, come accadeva nei corridoi quando Ottobre splendeva nel suo squallido bagliore.
Ma non lo fai, perché sei solo una Sanguesporco, hai dato in pasto il mio cuore ai lupi –l’hanno sbranato feroci –, hai stretto il tuo corpo a quello di uno sciocco, ti eri stancata delle mie labbra.
Sei una puttanella.
E io cosa sono?
Ho imparato a non desiderare più quello che non posso avere, Evans, non le tue lentiggini, non il tuo odore, non i tuoi occhi.
Ma di me cosa rimane?
Alzo gli occhi mentre le mie scarpe si sporcano di terriccio umido, e in cielo la nuvola non pare nemmeno più un cerbiatto.
 


 

[Bill/Ninfadora]

“It’s like chasing the very last train, when it’s too late”.
È come correre dietro all’ultimo treno, quando ormai è già troppo tardi”.

 
“Cosa c’è?”, mi domandi piano, osservando il mio sguardo che si allontana sopra i  campi di grano.
Sei curiosa, sincera nella tua espressione un po’ distratta.
Non capisci perché la mia fronte sia corrugata, perché i miei occhi chiari si siano riempiti d’un’ombra scura, persi nel sole rosso del tramonto.
Hai scelto lui, cazzo, mi hai abbandonato. Non posso non pensarci mentre la luce purpurea rischiara le spighe dorate.
Hai scelto le sue camicie vecchie e infeltrite, il suo ciuffo ingrigito, i suoi occhi stanchi.
Non hai voluto il mio perenne sorriso, le mie spalle scottate dal sole, i miei monili tintinnanti sotto la stretta dei tuoi abbracci.
Ti ho regalato le mie Cioccorane, quando erano il tuo unico desiderio, ti regalerei tutto l’oro della Gringott se servisse, affrontando le dita lunghe e graffianti dei folletti e i loro visi aguzzi.
Io per primo ho visto i tuoi capelli veri, erano color dell’ebano, minuscoli boccoli neri, tanto da sembrare scolpiti in una pietra d’onice. Li ho accarezzati piano, ma tu ti sei scostata con una smorfia, “A Remus non piacciono, dice che assomiglio a lei”.
Avresti dovuto capirlo, Dora, che uno così non poteva amarti come faccio io, io che ti avrei amata in ogni luogo, in ogni forma, in ogni tempo.
Non mi hai mai mostrato i tuoi occhi, dici che è l’unica cosa di te che non rivelerai mai ad anima viva.
Non me li hai mostrati, eppure io li conosco, ho imparato a scorgerli in mezzo alle tue mille sfaccettature, sono occhi grandi dalle ciglia lunghe e fitte. Hanno il colore del legno d’acero quando d’Inverno è sul punto di bruciare nel camino.
Sono bellissimi, sai?
Ti ho vista crescere, fiorire come un albero di pesco in Primavera, ho visto i tuoi sbagli,  i tuoi successi, il tuo cuore spezzato e innamorato di un uomo che non ero io.
Sono qui, non mi vedi?
Voltati, guardami, amami.
Mi chiedi cosa c’è. Come posso spiegarti cosa mi turba?
“Pensavo di chiedere a Fleur di sposarmi”, sussurro.
Il volto ti si illumina, e io comprendo che non capirai mai, mai, quanto è grande il mio amore per te, e mai io riuscirò a rivelartelo.
“Ma è meraviglioso!”.
Perché è tardi ormai.
 


 

[Rose/Albus Severus]

“Oh, it tears me up. I tried to hold on but it hurts too much”.
Oh, tutto questo mi distrugge. Ho provato a sopravvivere, ma fa troppo male”.

 
Buon compleanno, Al.
Tengo tra le mani il tuo regalo, sebbene si stia rovinando sotto la stretta umida delle mie mani sudate.
Sono affacciata al davanzale della mia finestra – l’abbiamo riverniciata, ora è grigia, e mi sento un po’ una principessa imprigionata nel suo castello.
Ci vieni a salvarmi?
La signora Finnigan cammina svelta lungo il Viale dei Cigni, e alza il capo nervosa verso di me.
Io la guardo fissa, Al, e sventolo il tuo regalo verso di lei, sorridendo. Probabilmente pensa che io sia pazza, ma se anche lo fossi, sarebbe solo colpa sua.
I suoi capelli neri sono sporchi e spettinati, la detesto per quello che ci ha fatto.
Vorrei darti il tuo regalo, Al.
È una margherita, piccola, delicata, puzza già un po’ perché sta appassendo tra le mie mani.
Non ti sembra che tutto quello che tocco si distrugga? I nostri baci, la nostra famiglia, la nostra margherita.
Ma non è colpa mia, Al, è colpa sua, dei suoi occhi spenti e cattivi, che ci hanno spiato, della sua bocca tremula e rossiccia che si è avvicinata all’orecchio di mio padre, e delle sue parole roche e frivole che ci hanno portato via il nostro amore.
“Signora Finnigan!”, urlo. Lei si volta allarmata.
“Signora Finnigan, è contenta? Ha passato una bella giornata?”, la mia voce sale di tono, il signor Hobbes si affaccia dal balcone di casa sua.
“Come sta suo marito, signora Finnigan? Vi amate tanto, vero?”.
Vedo mamma in giardino scuotere la testa verso di me.
Al, vieni qui ti prego, mi viene da piangere.
“Com’è bello essere innamorati, signora Finnigan!”, mi sporgo ancora di più, la tua margherita in mano, Al “Ero innamorata anch’io! Ma ora noi...”, la mia voce si spezza, “È tutta colpa sua!”, urlo forte, indicandola.
E le lacrime scendono, sono tante, grandi come gocce di pioggia, la mia gola brucia, le persone nel Viale mi fissano.
Se ne vada da qui!”, singhiozzo, “SE NE VADA, brutta puttana! Lei ha rovinato tutto!”.
Ci ha rovinati, Al, è vero e tu lo sai.
Dove sei ora, Al? Sono disperata, Al, aiutami.
Forse se ripeterò il tuo nome all’infinito arriverai, ti faranno tornare da me, e tutta questa gente che non capisce scomparirà.
Al. Al, Al, Al, sempre Al, Al tutta la vita, io e te insieme.
I mie piedi scricchiolano sull’asse della finestra – o forse è il legno che scricchiola sotto il mio peso.
Le persone gridano, le mie mani sudano.
La margherita mi scivola tra le dita.
Sotto i piedi il vuoto, Al.
 


 

[Theodore/Pansy]

“Running back through the fire, when there’s nothing left to save”.
“Stiamo correndo indietro attraverso il fuoco, quando non è rimasto niente da salvare”.

 
Cammini in silenzio di fianco a me.
I tuoi piccoli passi sono morbidi e stanchi, come se una molle forza esterna ti stesse trainando lungo il passaggio verso la Testa di Porco.
Una ragazzina dalla sciarpa rossa e oro ti passa accanto veloce, facendoti sbilanciare.
Si volta verso di te, la bocca dischiusa per chiedere scusa, quando ti vede in faccia. E le sue labbra si contraggono in una smorfia di sprezzante disgusto.
Scuote i lunghi capelli e riprende a camminare.
Tu non sembri curartene.
Procedi ancora, e i tuoi occhi scuri sono abbassati, l’ombra di un singhiozzo impressa sulla tua bocca rossa.
Ti sfioro la mano, tu rabbrividisci ma non ti scosti, anzi ti avvicini di più a me, come se potessi proteggerti dagli sguardi di biasimo dei nostri compagni.
Io posso accudirti, sotto le mie mani grandi, puoi trovare rifugio tra le mie braccia mentre la spada della vergogna ti trafigge il petto, io non ti lascerò.
Ti sono accanto mentre attraversiamo il ritratto, scivolando tra giovani che borbottano, piangono, si abbracciano.
Tu taci, le mani giunte, le spalle abbassate, le labbra serrate.
“Mio padre è lì dentro, sai?”, mormoro, lasciando che i miei occhi scuri ti accarezzino il volto.
“È lì dentro e combatte. Non so se tornerà a casa”. Mi sfiori piano la mano e poi le tue dita si intrecciano nelle mie, sono lievi e confortanti.
“Andrà tutto bene”, sussurri. Buffamente è la stessa cosa che sta ripetendo la ragazzina Grifondoro a un bambino biondo.
 
Invece non è andato tutto bene, e il corpo di mio padre è magro e scuro, come un lupo nero morto per la fame, abbandonato tra le macerie di Hogwarts.
Le tue dita lunghe, bianche, si posano leggere sulle sue palpebre e le abbassano con dolcezza.
Poi ti alzi e mi poggi la mano sul cuore.
“Ti fa male”, non lo so se è una domanda o un’affermazione, ma sì, mi fa male, mi fa tanto male, Pansy, vorrei appoggiare la testa sul tuo seno e dormire per sempre.
Hai gli occhi immensi e bellissimi, ragazza, mi avvolgono e proteggono il mio cuore, come prima facevano le mie braccia con il tuo.
Chi ci passa vicino ci guarda male, il nostro è un dolore strano, un dolore storto, non la pensano forse tutti così?
Ma no Pansy, il nostro è dolore puro e scottante, come quello di coloro che stanotte hanno perso una persona amata.
Siamo soli, in quest’alba spettrale, accanto a una parete crollata e al corpo morto di mio padre, i nostri respiri sono leggeri ma rotti da una sofferenza sottile e ingombrante.
Ci aiuteremo, io e te, ci difenderemo dalle occhiate sciocche di chi non ci capisce.
Staremo bene. In un modo o nell’altro.
 



 [Ginny/Harry]

“I tried to forgive but it’s not enough to make it all okay”.
“Ho cercato di perdonare ma non è abbastanza per rimettere tutto a posto”.

 
“Ti prego, lascia che ti spieghi”.
“No. No! Non c’è nulla da spiegare. Io…”, mi strofino con forza le mani sul viso, come a voler lavare via il trucco di ieri sera. Alzo i miei occhi scuri su di te, con un’intensità tale da farti distogliere lo sguardo. “Come cazzo hai potuto anche solo pensare di farmi una cosa del genere? Di nuovo! No”, zittisco con un cenno del capo il tuo debole tentativo di rispondere, “Porta via la tua maledetta roba da qui. Quando sarò tornata non voglio più vedere niente in giro, tantomeno la tua faccia”.
Abbassi il capo mentre ti sorpasso, diretta alla porta.
Mi volto un’ultima volta, la mano appoggiata alla maniglia d’ottone.
“Sarai pure un eroe per tutti, ma per me sei soltanto un gran figlio di puttana”.
Mi sbatto la porta alle spalle ed esco nell’aria fredda di dicembre.
Non avrei mai scommesso che lo avresti fatto di nuovo, certo, non siamo mai stati la coppia perfetta – ne esiste una, poi? – ma adesso abbiamo tre figli, abbiamo tre figli, cazzo.
E tu mi tradisci.
Me lo racconti coi tuoi occhi chiari abbassati, gli occhiali appoggiati sul tavolo – chissà, magari temevi che te li avrei rotti con un pugno – e poi attendi una mia reazione.
Io ti guardo, e non ti riconosco nemmeno, perché indossi il maglione che ti ha regalato mia madre a Natale, e i tuoi capelli sono sempre neri e ribelli, ma non sei tu l’uomo che ho sposato, l’uomo che amo.
I tuoi passi frettolosi mi raggiungono sul marciapiede freddo.
“Ascolta, capisco che tu sia sconvolta e che…”.
“No”, scuoto la testa e ti guardo. Ma chi sei tu? Ridammi mio marito. “No io non sono sconvolta, Harry. Io sono arrabbiata, in un modo tale che non puoi nemmeno immaginare. La prima volta ero sconvolta, ho cercato di capire in qualche modo, perché ti amavo”.
“Mi amavi? Perché ora… No, Ginny per favore!”.
Ti ignoro, perché non sei la persona con cui ho cresciuto i miei figli.
“La seconda volta ho pianto, sono scappata, ero disperata e non capivo. Ma sono tornata, perché io, io ti amavo. Ma adesso mi accorgo di aver solo sprecato il mio tempo a cercare di comprenderti e a perdonarti, nonostante le tue cazzate, nonostante il fatto che il mio cuore fosse in brandelli a causa tua!”.
Mi guardi, ed è come se in un attimo fossi tornato lui, il ragazzo che non mi avrebbe mai fatto del male, l’uomo che mi amava più di ogni altra cosa.
Mi avvicino e lascio che la mia mano ti sfiori la guancia.
Faccio un passo indietro.
“Lasciami andare, sono libera e non posso più amarti”.
Mi volto e comincio a correre per il marciapiede asfaltato, lungo la strada fredda, e i miei capelli frustano l’aria ghiacciata e io non ho più bisogno di te.
 



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Ok, allora, questa raccolta ha vissuto un'esistenza burrascosa: l'avevo pubblicata per la prima volta in capitoli, poi l'ho cancellata per sbaglio, poi ho ricominciato a pubblicarla, poi me ne sono dimenticata e non l'ho aggiornata per mesi. Quindi ho deciso: pubblichiamola tutta insieme, via il dente, via il dolore! :D
Baci a tutti e a presto :)

   
 
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