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Autore: michaelgosling    16/01/2013    2 recensioni
In un mondo futuro dominato e logorato un governo corrotto e distratto ha diviso la società in categorie in base alla bellezza esteriore: Intoccabili, belli e ricchi, Borghesi, mediamente belli e classe sociale media, e Mostri, fisicamente brutti e pover. Costringono anche ogni individuo a sposare una persona della stessa classe sociale scelta in base alle somiglianze fisiche, stessi capelli, stessi occhi, per poter fare figli uguali ai genitori..
Ed è in questa atmosfera cupa che si snodano le vicende di Ayris, una Borghese che non bada alle apparenze, Nathan, Borghese e compagno assegnato ad Ayris, Scott, un Intoccabile ribelle e omosessuale e James, un Mostro dal cuore d'oro, che non sono disposti ad accettare simili condizioni.
Insieme ad un gruppo di persone diversissime per età, sesso, carattere e principi che la pensano come loro, lotteranno per quello in cui credono.
Ce la faranno?
O lo Stato e l'apparenza che domina avrà la meglio?
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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njgh CAPITOLO 2. SCELTE.

"Bene, bambini. La gita è finita. Scusate se vi abbiamo spaventato con queste visioni orribili, ma era nostro compito mostrarvi la realtà di queste persone. Le teniamo qui per nasconderle. Agli occhi degli altri paesi dobbiamo risultare attraenti e perfetti, con il con.."
Che buffone pensava Ayris.
Come può essere così spregievole?
Come poteva starsene lì, con quell'aria da esperto, a gioire per le umiliazioni a quella povera gente?
Per la bambina i "mostri" erano quelli delle favole oppure quegli uomini di cui il telegiornale parlava spesso.
Uomini che hanno ucciso altri uomini, donne o bambini.
Stewart Bennett li descrive come "assassini", ma per la bambina neanche loro meritavano un trattamento ingiusto o comunque non gradito: nessuno lo merita.
Le ritornò in mente quella donna piangere, e si vergognò di essere stata con il gruppo che l'aveva insultata.
Voleva tornare indietro.
Voleva cercare la sua casa e chiederle scusa.
Voleva farle le sue scuse per confortarla.
Per non averla difesa come avrebbe dovuto.
Suo padre le aveva sempre detto di chiedere scusa quando sbagliava: "Non c'è niente di più rispettabile di una persona che chiede scusa quando si rende conto di aver sbagliato. E' una chiara e evidente dimostrazione di umiltà."
Bloccata nei suoi pensieri, non si era resa conto che i compagni si stavano allontanando, e con lei era rimasto solo Nathan, che le teneva la mano e la guardava perplesso.
"Non che io desideri ardentemente andare a casa, ma se non ci sbrighiamo restiamo qui a vita." le fece notare il bambino, che iniziava seriamente a temere che si fossero cacciati in un bel guaio.
Ayris intuì le paure del compagno, e proprio nel momento nel quale si stavano preparando a correre verso la classe, Ayris si fermò vedendo in lontananza due bambini tenersi la mano.
Avevano delle camicie bianche chiuse fino all'ultimo bottone, un maglioncino, calzoni piuttosto vecchi e trasandati e scarpe da montagna, fatte per chi viveva nella natura: dovevano essere dei Mostri.
Tutto sembrava normale, fino a quando la bambina, che era piuttosto paffuta, spinse il compagno con forza facendolo cadere.
"Sei inutile!" gli aveva urlato con cattiveria.
"Mi dispiace." aveva balbettato il bambino, guardandola triste.
Lei gli lanciò un'ultima occhiata e poi se ne andò, lasciando il compagno a terra nell'erba.
Ayris lo guardò triste e poi volse il suo sguardo su Nathan, il quale capì le sue intenzioni, e lentamente disse no con la testa.
"Ayris, no!"
Non glielo aveva ordinato, era solo un consiglio che sperava l'amica seguisse.
Amava il fatto che Ayris fosse così buona, era il suo miglior pregio, ma questa sua bontà l'avrebbe danneggiata: lei era una di quelle persone che dovevano vivere in un mondo perfetto, dove tutti si vogliono bene e dove il male non esiste.
Quello nel quale vivevano loro era perfetto agli occhi degli altri, ma era solo una facciata.
Era tutta apparenza.
Era come un libro la cui copertina è bellissima, ma le pagine al proprio interno sono rovinate e prive di ogni significato morale.
Lei voleva solo aiutare quel bambino, ma non poteva.
Non poteva interagire con nessun bambino di sesso opposto al suo che non fosse Nathan, e per di più con un Mostro.
"Devo andare." disse Ayris.
"Ayris, no! Non farlo! Lui è un Mostro, tu una Borghese. Se ti vede qualcuno, sei finita."
"Voglio correre il rischio."
"Ayris, NO!"
Troppo tardi.
L'altruismo aveva superato la razionalità nella mente della bambina.
Nathan la prese per un braccio per bloccarla, ma invano.
Ayris si liberò della presa e corse verso il bambino a terra.
Preso dallo sconforto e dalla paura, Nathan saltò su sé stesso, giusto per fare qualcosa e tenersi occupato: non poteva pensare a cosa stava succedendo, perchè in tal caso avrebbe avuto una crisi di nervi.
Nel frattempo, Ayris si era avvicinata e vide più chiaramente il bambino: aveva la pelle chiarissima, i capelli color marrone scuro rigorosamente pettinati con la riga di lato e gli occhi erano color verde chiaro ed esprimevano purezza. Le orecchie erano alte, ma al tempo stesso strette.
Benché fosse un Mostro non era così brutto esteriormente rispetto ad altri: era semplicemente un po' paffuto e i denti erano a castoro. Per il resto, agli occhi di Ayris, era un bambino come lei. Nessuna distinzione.
"Va.. va tutto bene?" gli chiese.
"S-sì, grazie." mormorò lui, come se fosse contento che qualcuno glielo avesse chiesto usando un tono sincero.
Ayris notò che il bambino aveva una ferita sul ginocchio: evidentemente se l'era fatta quando era caduto.
La bambina prese dalla tasca del cappotto una pomata e la porse al bambino, che la prese guardandola con uno sguardo incerto.
Perchè lo stava aiutando?
Lei era una Borghese, lui un Mostro: quella bambina rischiava molto stando al suo fianco.
Ayris stava per andarsene, ma le venne improvvisamente in mente che la pomata che gli aveva dato era quasi finita, e di certo non sarebbe bastata per curare completamente la ferita.
Quell'imprevisto non ci voleva proprio.
"Aspettami qui tra una settimana. Alle 16." gli disse.
Il bambino non ebbe tempo di rispondere. Vide Ayris correre verso Nathan, che stava ancora saltellando.
"Muoviamoci, o siamo morti." fece quest'ultimo, afferandole la mano e correndo verso l'uscita del paese.

                                                                                                                                   ****

"Tu sei completamente impazzita." mormorò Nathan, guardando Ayris di traverso e in modo sospettoso, come se nascondesse qualcosa.
"Non sei costretto a farlo se non vuoi."
"Se ti beccano, finirai male. Molto male. Ti imploro. Ripensaci."
"Lo farò, con o senza il tuo aiuto. Allora, mi aiuterai?"
"Ho scelta, per caso?"
"Certo che ce l'hai."
"Sono pur sempre il tuo futuro marito. In un matrimonio ci deve essere collaborazione reciproca." fece Nathan in tono sarcastico.
Era più maturo di quanto sembrasse.
Scese dal letto e prese da un cassetto sotto la scrivania un tappetto blu accuratamente piegato.
Ayris lo prese e aiutò l'amico a distenderlo sul pavimento.
La bambina lo aveva acquistato con i suoi risparmi: quello che poteva sembrare un normalissimo tappetto blu era in realtà un Trasportatore 240, che permetteva di spostarsi in una manciata di secondi nei luoghi che una persona aveva visitato. Ayris poteva tornare a Surrey con estrema facilità.
Era stato Nathan a offrirsi di nascondere l'oggetto: Ayris era figlia unica e i genitori la tenevano d'occhio.
Lui aveva due fratelli e una sorella, e i suoi genitori non stavano parecchio con lui: non si sarebbero accorti del Trasportatore 240 neanche se avessero avuto un radar.
La bambina ci salì sopra e si chinò su di esso per sfiorarne il tessuto con le dita, con un tocco talmente leggero da sembrare inutile.
Vide che Nathan la salutava amichevolmente con la mano destra e un secondo dopo si ritrovò nelle verde pianura di Surrey.
Poco distante da lei c'era quel bambino che la stava aspettando.
"Sei una Borghese, vero? Eri nella classe che è venuta la settimana scorsa. Perchè fai questo?" chiese il bambino, come se si liberasse di un peso enorme.
Aveva parlato talmente piano che Ayris si stupì di aver sentito.
"Non lo so. Istinto, penso. Sono Ayris." si presentò, mentre gli dava la pomata.
"James."
"Allora ciao." fece lei, iniziando a diventare imbarazzata.
Con sua grande sorpresa, Ayris sentì James che le prese la mano: era calda e dolce.
Quando si rese conto di cosa aveva fatto, mollò la mano e divenne rosso in faccia, fino alla punta delle orecchie.
"Mi dispiace, non so cosa mi sia preso." balbettò, abbassando la testa per nascondere il viso.
Ayris lo intuì comunque.
Non lo conosceva molto, ma era convinta che l'avesse fermata perchè non voleva che se ne andasse: probabilmente voleva la sua compagnia.
La sua compagna, l'unica con cui poteva interagire, non lo trattava benissimo a quanto pare e magari i genitori non potevano seguirlo con le dovute attenzioni e come avrebbero voluto perchè erano troppo impegnati a lavorare per sfamarlo.
Voleva solo sentirsi meno solo, e poter parlare con qualcuno.
Fissava Ayris con quegli occhioni verdi e la supplicò di restare.
La bambina non resistette e si sedette accanto a lui, incosapevole del fatto che quella scelta, quella decisione, avrebbe cambiato per sempre la vita di entrambi.

ECCOMI CON UN NUOVO CAPITOLO! LO SO, E' PIU' NOIOSO DEL PRECEDENTE, MA CERCHERO' DI RIFARMI! LASCIATEMI UNA RECENSIONE PER FARMI SAPERE CHE NE PENSATE! GRAZIE A NOB PER AVER RECENSITO IL PRIMO CAPITOLO E AVER MESSO LA STORIA TRA LE PREFERITE :) SPERO RECENSIRAI ANCHE QUESTO CAPITOLO! ALLA PROSSIMA!    -MICHAELGOSLING-
  
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