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Autore: BebaTaylor    17/01/2013    1 recensioni
Richard e Rosalie. Sposati con due bambini, sono considerati da tutti la coppia perfetta.
Meredith e Albert. Migliori amici.
Richard e Meredith. Lui lavora nella ferramenta di lei, lei è la sua amante.
Albert. Innamorato da sempre di Meredith.
Rosalie, moglie tradita e all'oscuro del tradimento.
«Credo che dovremmo rimanere qui un po', almeno fino a quando non smette di piovere.» esclamò Richard guardando la pioggia scrosciante. Si alzò in piedi e fece alzare anche Meredith, le sistemò la coperta sulle spalle e fecero il giro della carrozza, si sedettero fra il perno centrale e un cavallo.
L'abbracciò e sistemò la coperta sulle loro spalle. «Mi dispiace.» si scusò nuovamente. «Sono geloso.» sussurrò e le baciò la nuca.
«Come facevi a sapere che ero qui?» chiese Meredith posando la testa sulla spalla di Richard e chiuse gli occhi quando vide un lampo.
«Perché ti conosco.» rispose lui, «Era l'unico posto dove potevi essere.»
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo Due

Meredith si alzò con la scatola di cartone vuota in mano. «Hai finito?» domandò guardando Albert che giocava con il foglio appeso al vetro. «Finirai per staccarlo.»
Albert alzò le spalle e si spostò dalla vetrina. «È solo nastro adesivo.»
Meredith lasciò la scatola vuota sul bancone. «Mi serve quel foglio.» fece notare. «Se cade per terra come fa la gente a sapere che sto cercando un aiuto?» si voltò verso la scatola e iniziò a riempirla con la plastica in cui erano avvolte le prolunghe che aveva appena sistemato sugli scaffali.
«Scusa.»
Meredith si voltò lentamente, trovandosi davanti Albert con il foglio in mano.
Il ragazzo posò il foglio sul bancone e si passò una mano fra i capelli biondi.
Meredith sospirò, alzò gli occhi al cielo e si sporse sul bancone alla ricerca del nastro adesivo. «Sei un'idiota, Albert.» disse afferrando il rotolo.
«Scusami.» mormorò lui guardandola, le labbra piegate in un timido sorriso.
Lei si voltò verso di lui. «Te l'avevo detto di non toccarlo!» esclamò arrabbiata, spinse da parte Albert e si incamminò verso la vetrina.
«Scusami.» ripeté Albert.
«Sei un'idiota.» esclamò lei, «Ti ho ripetuto un sacco di volte di non toccarlo.» Meredith si avvicinò alla vetrina e staccò un pezzo di nastro adesivo con i denti.
«Sei adorabile quando ti arrabbi.» mormorò Albert posandole le mani sulle spalle.
Meredith sfiorò il foglio che aveva appena attaccato e si voltò trovandosi a pochi centimetri dal suo viso quello di Albert. Lo guardò, fissando gli occhi verdi e le labbra sottili piegate in un sorriso. Continuò a guardarlo in silenzio, fino a quando il campanello che segnalava l'apertura della porta non suonò.
Meredith si scostò e sorrise. «Buongiorno.» esclamò.
«Io sono qui per l'annuncio.» disse il ragazzo appena entrato.
Albert ridacchiò e posò una mano sulla spalla di Meredith. «Le tue erano paranoie inutili.»
Meredith lo guardò appena e rivolse la sua attenzione al nuovo arrivato, «Vieni.» gli disse facendogli segno di seguirla al bancone. Anche Albert li seguì. «Non devi andare al lavoro?» gli domandò Meredith.
Albert annuì. «Vado.» rispose e si sporse sul bancone per baciare la guancia della ragazza. «Ti chiamo più tardi.» aggiunse prima di andarsene.
«Scusami, è un idiota.» disse Meredith rivolgendosi al ragazzo di fronte a lei.
Lui sorrise e Meredith notò le fossette sulle guance. Il ragazzo le porse un foglio e Meredith lo prese, era il curriculum.
«Mmm, Richard.» lesse, «Richard Benson.» rimase in silenzio mentre leggeva.
«Potresti aspirare a qualcosa di un posto come commesso.» alzò lo sguardo verso di lui. «Eri proprietario di un ristorante. So che c'è un bar che sta cercando un nuovo gestore.»
Richard sospirò e appoggiò le mani sul bancone. «Lo so, ma quella...» si fermò e si fissò le mani, «è una storia chiusa.»
Meredith scrollò le spalle e pensò che non ne volesse parlare. Posò il curriculum sul bancone. «Dovrei parlarne con mio fratello, ma per me vai benissimo.»
Richard sorrise. «Grazie.» disse guardandola; socchiuse gli occhi e inclinò il capo verso destra. «Ci siamo già visti?»
Meredith lo guardò sorpresa, «Non credo... non lo so.» rispose.
Richard sorrise ancora. «Ieri sera, in pizzeria.» sfiorò il barattolo di latta dipinto con dentro alcune biro. «Eri lì con il tuo fidanzato.»
Meredith aprì la bocca. «Il mio fidanzato?» domandò sorpresa. «Ma chi?»
«Quello che era qui prima.» spiegò Richard. «Non state insieme? Sembrate molto uniti.» aggiunse confuso.
Meredith scoppiò a ridere. «Ma chi, Albert? È il mio migliore amico.»
«Oh... scusami.» Richard, imbarazzato, si passò una mano sul volto. «Mio figlio Chris voleva regalarti Poppy.»
«Sì, mi ricordo. Il coniglietto di pezza.» sorrise, prese il foglio e lo infilò in un cassetto del bancone. «Hai un bambino bellissimo.»
«Grazie.» disse Richard.
«Ti chiamo io per il lavoro. Domani mattina o al massimo domani sera.» Meredith si appoggiò con i gomiti al bancone e continuò a sorridere, si sfiorò con la mano destra la spalla sinistra lasciata scoperta dalle spalline sottili della canottiera lilla.
«Sì, certo...» Richard la guardò e sorrise. «Grazie.»
Fece un passo indietro e si voltò per dirigersi verso la porta. Quando la sua mano sfiorò il pomolo si voltò. «Me ne stavo dimenticando...» si avvicinò al bancone. «Mi serve qualcosa per i cardini del cancello, cigola.»
Meredith sorrise. «Seguimi.» gli disse.

***

«Lo hai assunto?» strillò Albert e Meredith scostò il cellulare dall'orecchio. «Lo conosci appena!»
«Jacob è d'accordo.» rispose Meredith sdraiandosi sul divano. «E poi mi serve un aiuto e lo sai.»
«Sì, ma non lui.» ribatté Albert, «Non lo conosci! Perché Tim non andava bene?»
Meredith sbuffò e afferrò il telecomando della TV. «Quanto caffè hai bevuto?» domandò e spinse un tasto a caso del telecomando per accendere la TV. «E Tim non l'ho preso perché mi serve qualcuno che sollevi cose pesanti.» disse.
Cambiò canale un paio di volte. «E Tim non è adatto. Fa fatica a sollevare una cassa d'acqua!»
«Sì, ma almeno lo conosci... lo conosciamo.» replicò Albert.
Meredith percepì un tintinnio. «La vuoi smettere di bere caffè? Ti rende nervoso.»
Sorrise nell'immaginare Albert che infilava le monetine nella fessura del distributore.
«Sai che pensava che fossimo fidanzati?» Meredith rise e posò la testa sul bracciolo del divano.
«Cosa?» domandò Albert e tossì.
«Tutto bene? Ti è andato di traverso i caffè?» Meredith rise ancora, «Te l'avevo detto di smetterla.»
«Sto... bene.» borbottò Albert. «Ha detto che sembravamo due fidanzati?»
«Sì, ha detto così... non ti sembra buffo? Io e te, fidanzati...» Meredith si fissò la mano e si rese conto che forse non era così buffo. Si conoscevano da tanti anni, erano sempre insieme, era il suo migliore amico... scosse la testa.
«Ah...» Albert respirò rumorosamente. «Sì, io e te, insieme. Decisamente buffo. Devo andare.»
Meredith scrollò le spalle ormai abituata ad Albert che chiudeva le chiamate senza salutarla.
Era fatto così, e lei ormai ci era abituata, anzi, la cosa non le dava più fastidio. Si voltò verso il televisore, indecisa su quale programma seguire.

***

«E quindi il tuo capo è una ragazza?» domandò Rosalie infilando i piatti nella lavastoviglie. «Devo iniziare ad essere gelosa?» domandò con un sorriso chiudendo lo sportello.
Richard sorrise. «No.» rispose alzandosi dalla sedia.
«Però è una bella ragazza.» esclamò Rosalie avviando la lavastoviglie. Anche lei si ricordava della sera al ristorante, ricordava la ragazza con i lunghi capelli biondi a cui Chris voleva regalare Poppy.
Richard sorrise e si avvicinò alla moglie. «Da quando sei gelosa?» le sussurrò abbracciandola da dietro; le scostò i capelli dal collo e lo sfiorò con le labbra. «Non devi esserlo.» mormorò sfiorando il lobo che le labbra.
Rosalie si voltò sfiorò il naso di Richard con le labbra e gli circondò il collo con le braccia. «Lo so che non devo esserlo.» mormorò. o baciò sulle labbra. «Io mi fido di te.»

***

«E quella cos'è?» domandò Richard indicando una foto appesa nella stanza sul retro del negozio. Era il suo primo giorno di lavoro e Meredith gli stava mostrando il negozio.
«Una giostra di cavalli, un carosello... chiamala come preferisci.» rispose Meredith guardando la foto che ritraeva un giostra con i cavalli, un bosco sullo sfondo. Era sta scattata molti anni prima. «Non è lontana da qui.»
Richard si voltò verso di lei. «Dove? Potrei portarci i bambini.»
Meredith lo guardò e sorrise. «Non puoi portarli. È chiusa da anni.»
«Oh, peccato.» mormorò lui.
Meredith abbozzò un sorriso e tornò a guardare la foto. «Già. Un vero peccato.» disse. «Chiusa e in rovina.»
aggiunse sottovoce continuando a fissare la foto.
«E perché l'hanno chiusa?» domandò Richard.
«Non ne ho idea.» rispose Meredith. «Vieni, ormai è ora di aprire.» aggiunse e posò una mano sulla spalla del ragazzo, lo guardò e sorrise.
Richard la fissò in silenzio e Meredith si scostò, voltandosi imbarazzata. Velocemente si avvicinò alla porta, l'aprì.Premette il pulsante e la saracinesca salì. Meredith si passò una mano sul volto, era stanca perché la sera prima era andata a dormire tardi. Sbadigliò e tornò verso la cassa.

***

Richard sistemò la latta di vernice sul ripiano. «Quante ne mancano?» domandò.
«Quattro, esclusa questa.» rispose Meredith passandogli un'altra latta.
Richard si sporse e la scaletta traballò, posò una mano sul ripiano per mantenersi in equilibrio.
«Stai attento, non voglio che ti ammazzi il primo giorno di lavoro.» esclamò Meredith cercando di non ridere.
«Neppure io.» replicò Richard.
Meredith scosse la testa, e si chinò per prendere un'altra latta. «Mi sembra giusto.» alzò la testa e sorrise; i suoi occhi incrociarono quelli di Richard e abbassò la testa imbarazzata. «Prendi. Abbiamo quasi finito.»

***

Albert entrò nella ferramenta cinque minuti prima che chiudesse per la pausa pranzo.
«Meredith, se vuoi la sala per la festa ti conviene prenotarla ora.» esclamò.
Richard lo guardò «Meredith è di là, torna subito.» lo informò.
Albert aprì la bocca, non aspettandosi di trovare Richard dietro al bancone. «Ah. Io l'aspetto qui.» esclamò posando gli avanbracci sul bancone.
Richard alzò le spalle e continuò a sistemare le pile sull'espositore. «Fai pure.» disse. «La festa per che cosa è?» Albert lo guardò per qualche secondo in silenzio. «Per il compleanno di Meredith, è settimana prossima, il ventisei.» «Ventisei anni, giusto?» chiese ancora Richard.
Albert annuì. «Sì. E tu come lo sai?»
Richard scrollò le spalle. «È stata lei a dirmelo.»
Albert rimase in silenzio fissando Richard.
«Ehi, che ci fai qui? Non dovresti essere dai tuoi vecchietti?» domandò Meredith.
Nessuno di loro due l'aveva sentita arrivare.
«Adesso vado. Volevo solo dirti che devi prenotare la sala.» rispose Albert. «Devo dirti una cosa,» aggiunse «in privato.»
Meredith annuì e lo seguì alla porta. «Dimmi.»
Albert sospirò e guardò brevemente Richard. «Sei sicura di poterti fidare di lui? Di lasciarlo alla cassa, da solo?» mormorò.
Meredith alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Sei paranoico, sai? Certo che mi fido.»
Albert si morsicò le labbra. «Sei sicura?» domandò ancora.
Meredith sbuffò ancora e aprì la porta. «Sì che sono sicura. Ed ora vai, altrimenti i tuoi vecchietti si preoccupano se non ti vedono.» gli sorrise e lo spinse fuori. «Ci sentiamo!» urlò salutandolo con la mano.
«Vecchietti?» domandò Richard.
Meredith si voltò, sorpresa di trovarlo a qualche passo di distanza. Lui le sorrise, lo fece anche lei. «Albert lavora in una casa di riposo.» rispose. «Lo adorano.»
«È un bravo ragazzo.» esclamò Richard. «E molto protettivo verso di te.»
Meredith aprì la bocca e guardò con sorpresa Richard, domandandosi se avesse sentito tutto. «Sì, lo è.» disse; guardò l'orologio «Dobbiamo chiudere.» disse.
Mentre chiudeva il negozio si domandò se dovesse chiedere scusa a Richard per quello che aveva detto Albert, perché era sicura che Richard avesse ascoltato tutto.
Scosse la testa e decise di non dire nulla, era stato Albert a dire tutte quelle cose, era lui che doveva chiedere scusa.

***

Albert si avvicinò al distributore di bibite e infilò le monetine nella fessura. Anche quel giorno si era dimenticato la chiave. Sospirò e prese la bottiglietta d'acqua frizzante, domandandosi cosa stesse facendo Meredith in quel momento. Non gli piaceva Richard; solo il pensiero che fosse sposato e avesse due figli lo consolava.
Avrebbe preferito Tim. Era più piccolo di loro e non era troppo affascinate. Albert aprì la bottiglietta d'acqua e sorrise; non troppo affascinante era quasi un complimento per Tim. Magro, anzi, magrissimo, basso, con gli occhiali spessi come fondi di bottiglia e il viso ricoperto dall'acne.
Albert sapeva che Meredith non sarebbe mai stata attratta da Tim, ma da uno come Richard sì. Scosse la testa. Meredith non ci avrebbe mai provato con uno sposato, ne era sicuro.

***

Richard entrò in casa e i bambini gli corsero incontro, lui si chinò per baciarli e abbracciarli; si alzò in piedi, entrambi i bambini in braccio e andò in cucina.
Rosalie finì di condire l'insalata e dopo aver messo a posto l'olio controllò le bistecche.
«Com'è andata?» domandò voltandosi.
«Benissimo.» rispose Richard, scostò la sedia con il piede e si sedette, sistemando i bambini sulle gambe.
«Lei com'è?» domandò Rosalie.
Richard sorrise e fece scendere i bambini. «Simpatica e brava.» rispose aiutando i bambini a sedersi.
«E?» lo incalzò Rosalie portando in tavola l'insalatiera.
Richard alzò le spalle. «E nulla.» disse. «Sai che una volta qui c'era una vecchia giostra dei cavalli?» chiese, «Solo che è chiusa.»
Rosalie sistemò le bistecche nei piatti e li sistemò sul tavolo. «Che peccato. Sarebbe stato bello. Qui non c'è nulla, il parco giochi più vicino è a sei chilometri.» mentre lo disse fissò Richard negli occhi.
Lui non rispose, si alzò in piedi e aiutò Chris a sedersi sulla sedia.
«Qui non c'è nulla.» sbuffò Rosalie sedendosi.
Richard la guardò in silenzio e si versò un bicchiere d'acqua. «Non è vero.» rispose cercando di sorridere. «Sei chilometri non sono molti.»
Rosalie sbuffò, «Lo so.» mormorò. «Non ci sono ancora abituata.»
Richard sorrise e sfiorò la mano della moglie, la strinse delicatamente. «Ti abituerai, ne sono sicuro.»
Lei sorrise, «Hai ragione.» sussurrò, spostò la mano e accarezzò la nuca della figlia.
«Perché dopo non mi accompagni al lavoro e vai con i bambini al centro commerciale?» propose Richard.
Rosalie lo fissò sorpresa, non aspettandosi una proposta del genere. «Mi sembra una bella idea.» rispose. «Così prendo le tende per le camere dei bimbi, quelle che abbiamo sono troppo piccole.»
Richard annuì e prese un po' d'insalata. «Va bene, però non tornare a casa con un altro paio di scarpe.»
Rosalie abbozzò un sorriso e tagliò a pezzi la bistecca del piccolo Sam. «Neanche un paio? Non ho così tante scarpe!» disse allegramente.
Richard posò la forchetta e la guardò. «Non sto scherzando, Rose. Sono serio.» esclamò. «Le tende per i bimbi vanno bene, ma le scarpe no.»
«Però...» mormorò lei, sentendosi leggermente in colpa. «Neppure uno solo?»
Richard scosse la testa e posò il mento sulle dita intrecciate, «Ho detto di no. Vuoi che ti ricordi il motivo per cui abbiamo dovuto vendere il ristorante, la casa e trasferirci qui?» domandò bruscamente, con un tono di voce così duro cha anche i bambini si immobilizzarono, guardandolo con sorpresa.
Rosalie sospirò e si morse il labbro inferiore. «Non serve.» mormorò in risposta, lo sguardo fisso sul piatto. «Mi ricordo bene cos'è successo.» aggiunse alzando il viso e fissando Richard.
Lui la guardò e poi abbassò il viso, sentendosi colpevole.

***

Richard scese dall'auto e tenne la portiera aperta mentre Rosalie faceva il giro per salire al posto di guida. «Mi dispiace per prima.» mormorò Richard abbracciando Rosalie. «Scusa.» le sussurrò.
Lei si strinse a lui, gli sfiorò la guancia con le labbra e posò il viso sulla sua spalla. «Ti amo.» sussurrò mentre la rabbia e la delusione per il litigio di prima scemavano. Loro non litigavano mai. I loro litigi si potevano contare sulle dita di una mano.
«Ti amo anche io.» esclamò Richard facendo un passo indietro, le mani sui fianchi di Rosalie; sorrise e si avvicinò ai bambini seduti sui loro seggiolini sul sedile posteriore. «Fate i bravi, non fate arrabbiare la mamma.» esclamò aprendo la portiera e posando un bacio sulla nuca dei bambini.
«Perché non prendi un dolce per stasera? Una torta, una confezione di gelato... scegli te.» propose Richard, si avvicinò a lei e la baciò sulle labbra.
Rosalie annuì, prese le chiavi dalla mano di Richard e salì in auto; partì nel momento in cui Richard attraversava la strada.
Richard girò attorno all'edificio, arrivando in un paio di minuti davanti alla porta sul retro. Meredith arrivò in quel momento. Fermò il fuoristrada verde bottiglia e scese.
«Ciao.» esclamò lei allegramente, avvicinandosi alla porta. Frugò nella borsa alla ricerca delle chiavi. «Mi sembra di avere la borsa di Mary Poppins, ho di tutto e di più»
Posò la borsa sul davanzale della finestra e continuò a cercare le chiavi, estraendo, sotto lo sguardo sbigottito e leggermente divertito di Richard, quasi tutto il contenuto della borsa. Il portafogli, un paio di volantini, un pacchetto di fazzoletti, l'edizione tascabile di un libro di ricette, una bustina contenente dei trucchi, il cellulare e il relativo caricabatteria, un piccolo set da cucito, finirono tutti accanto alla borsa.
«Eccole.» disse afferrando le chiavi, erano sul fondo della borsa, sepolte da diversa roba.
«Non capisco come fate ad avere un casino simile in una borsa.» esclamò Richard, mentre Meredith rimetteva tutto dentro la borsa.
La ragazza scrollò le spalle e aprì la porta. «E pensa che questa è la borsa piccola.» scherzò ed entrò, lasciò la borsa su una mensola. «Vado ad aprire.» aggiunse.
Richard la guardò allontanarsi e scosse la testa, ancora divertito. Anche Rosalie aveva la borsa sempre piena di roba, molta della quale inutile. Chiuse la porta, Meredith l'aveva lasciata aperta, e andò nel negozio. Meredith era accanto alla cassa, la saracinesca era già aperta.
«Cosa devo fare?» domandò Richard avvicinandosi al bancone.
Meredith lo guardò e sorrise. «Ci sono altre latte di vernice in magazzino, vanno sistemate vicino a quelle che abbiamo messo sugli scaffali questa mattina.»
Lui annuì e si allontanò, dirigendosi verso il magazzino.
Meredith lo guardò, lo sguardo fisso sulla sua schiena, finché Richard non sparì dietro uno scaffale.
Il telefono squillò e Meredith sobbalzò. «Ferramenta Stock.» esclamò, una mano posata sul petto, all'altezza del cuore. I battiti erano accelerati.
«Tutto bene?» domandò Albert.
Meredith sorrise. «Sì, va tutto bene, non preoccuparti.» rispose. Albert aveva la tendenza a preoccuparsi, e secondo Meredith spesso si preoccupava troppo.
«E lui?» continuò Albert.
Meredith sbuffò e sorrise; il fare protettivo di Albert le piaceva. «Se la cava alla grande.» rispose. «Ora è in magazzino.»
«E lo lasci lì da solo?» strillò Albert.
«Non è il caveau della banca, eh. È solo il magazzino.» rispose lei, pentendosi di quello che aveva pensato poco prima. Ora il comportamento di Albert la stava esasperando.
«Sì, però...» Albert si fermò, e Meredith lo sentì bere qualcosa. Caffè, probabilmente.
«Però nulla.» Meredith si fermò, Richard era rientrato spingendo il carrellino con le latte di vernice, si spostò, fermandosi vicino ad uno scaffale e guardò Richard sistemare le latte.
«Meredith, lo conosci appena!» sbuffò Albert. «Riesci già a fidarti completamente i lui?»
Meredith non rispose, incantata dai movimenti di Richard, dai muscoli che s'intravedevano sotto la maglietta a maniche corte attillata.
«Meredith?» la chiamò Albert.
Lei si riscosse, «Dimmi.» esclamò. Richard si voltò verso di lei, Meredith sorrise.
Anche lui lo fece.
«Niente.» mormorò Albert. «Ci sei domani mattina a colazione?»
«Sì.» rispose la ragazza, il campanello della porta suonò e leu si voltò. «È entrato un cliente.» disse e chiuse la comunicazione., per la prima volta era lei a chiudere la chiamata. Non lo aveva mai fatto. Salutò il cliente e si sistemò dietro al bancone.
Si passò una mano sul volto, cercando di scacciare il pensiero che le era appena venuto in mente. Voleva essere di là con Richard, guardarlo sistemare le latte, fissare il suo sorriso.
Ricordò a se stessa che lui era sposato con prole, era stato lui a dirglielo, la sua età la sapeva dal curriculum, aveva compiuto da poco i trentadue anni.
Il cliente la chiamò, lei si stampò in viso un sorriso e andò ad aiutarlo, relegando in un angolo della sua mente il pensiero di Richard.

Salve! ecco il secondo capitolo. Spero vi piaccia. Grazie a chi ha letto sia il primo capitolo e grazie anche a chi leggerà questo capitolo.
Grazie anche a chi commenterà, perché lo farete, vero?
   
 
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