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Autore: Lady Rea    17/01/2013    0 recensioni
Di ritorno da Londra, Lady Caroline, era pronta per quella nuova fase della sua vita, pronta a trovare un uomo disposto a passare il resto dei suoi giorni insieme, con cui crescere dei figli, con cui poter conversare serenamente.
Nell'amore e nell'innamoramento non ci aveva mai creduto fino in fondo, etichettandolo come banale tema della fanciullezza.
Nel suo mondo non c'era mai stato spazio per l'amore.
Quando quella maledetta lettera arrivò di notte a Campbell Palace, tutta la sua vita venne spazzata via. Ogni possibile sogno di un'esistenza felice, fu distrutta.
Un'ombra scura stava risucchiando tutta la luce e il triste mietitore aveva di nuovo bussato alla sua porta.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Judhpur



Rilesse per l'ennesima volta la stessa riga, sbuffando.
Di solito riusciva a leggere con trasporto e tranquillità, ma quella sera, la seconda a casa, l'ansia le aveva corroso la serenità.
Lady Caroline si era ritrovata improvvisamente da sola nella sua immensa tenuta.
La governante, la signorina Hugret, si era sentita male recentemente e le febbri ormai la costringevano a letto. Il medico le aveva impedito di avvicinarsi a lei, timoroso di una possibile epidemia, ma Lady Caroline si era comunque fermata a salutare e a portare dei fiori freschi, appena colti in giardino. Un magro conforto per la sofferenza mentale e fisica che la sua governante pativa.
La sua istitutrice non aveva ancora dato notizie di sé e del suo ritorno in Francia per convolare a giuste nozze con quello che era stato l'amore della sua vita. Un funzionario del governo inglese, un uomo di umili origini ma con una rispettabile reputazione e un'ottima rendita. L'aveva chiesta in moglie anni prima, la signorina Thorne era convinta che quella proposta non fosse altro che frutto di una flebile attrazione. Tempo qualche mese e lui non l'avrebbe degnata di altro sguardo.
Strano come alla fine, proprio quando Lady Caroline e la stessa signorina Thorne si erano persuase che sarebbero rimaste insieme ancora a lungo, quel ragazzino divenuto uomo si era di nuovo ripresentato. Il signor Martin le aveva seguite fino a Parigi, fingendosi un qualunque turista inglese ed inventandosi conoscenze e antiche amicizie pur di cancellare ogni ragionevole dubbio.
Quando Lady Caroline vide il modo delicato con cui lui si rivolgeva alla sua insegnante e i silenzi di puro e meraviglioso imbarazzo innamorato che ogni tanto si palesava nelle loro lunghe passeggiate, si convinse che la cosa migliore era darsi malata e favorire il più possibile la loro unione.
Sperava in un intimo e festoso matrimonio a Londra o nella campagna circostante, invece il signor Jackson era rimasto in Francia per concludere dei contratti e dei trattati, spianandosi così la strada per la Camera dei Comuni, suo antico obiettivo.
Una volta sposato e sistemato, avrebbe goduto della compagnia di una donna colta e pratica, dell'amicizia di un Duca e di un certa conoscenza dei poteri forti nell'aristocrazia, e gli avrebbe portato via la sua più cara amica. L'unica amica che avesse mai avuto.
Appoggiò bruscamente il libro sul comodino e sbuffò nuovamente.
Non aveva sonno anche se le sue gambe protestavano ancora per la lunga passeggiata, era ancora turbata dalla malattia della governante.
Spense la candela con un soffio silenzioso e lentamente si sdraiò sul suo letto, rigirandosi fra le fresche lenzuola e cercando in tutti i modi una posizione confortevole.
L'ardua impresa fu interrotta da un leggero bussaro e dallo scricchiolio della porta.
-Milady … - bisbigliò quella che doveva essere la sua nuova cameriera personale, la signorina Anne Smith.
-E' successo qualcosa alla signorina Hugret?- domandò Caroline alzandosi a sedere di colpo, pensando già al peggio.
-No, dorme tranquilla, Milady. E' arrivata una lettera per voi, viene da Londra.-
Lady Caroline aggrottò la fronte e fissò il viso tondo della cameriera sconcertata. -Non è arrivata stamattina, vero?- domandò incerta.
-No, Milady. E' arrivata proprio qualche minuto fa, l'hanno portata qui con l'ultimo corriere.-
-Allora deve essere importante. La leggerò nel mio salottino privato. Arrivo fra cinque minuti.- congedò la cameriera e tentò di dare ai folti capelli scuri un minimo di ordine. Era certa che metà della servitù si era alzata per sapere quali notizie erano giunte.
Si mise la vestaglia e le scarpe foderate e s'incamminò infreddolita e timorosa verso il suo piccolo salotto.
La lettera era stata messa in bella vista sul tavolino da tea, racchiusa in una busta pesante e leggermente stropicciata. La rigirò incerta fra le sue mani, finché non lesse l'indirizzo del mittente.
Sorrise nel constatare di non aver riconosciuto la sbrigativa calligrafia di suo zio.
Quel pallido e tirato sorriso scomparve lentamente mentre leggeva con attenzione le brevi ed incise parole di suo zio.
-Vostro padre il Duca è disperso … -sussurrò lasciando cadere la lettera in grembo.
Aggrottò la fronte e cercò di raccogliere le idee.
Judhpur?
Suo padre le aveva precisato che sarebbe andato lì, per sedare delle violenti risse fra tribù.
Si alzò con qualche difficoltà e si avvicinò alla grande cartina geografica appesa sul muro.
Judhpur …
La città delle case blu.
Judhpur!
Ultimo segno di civiltà prima del deserto.
Rabbrividì improvvisamente e si rimise seduta immediatamente.
Le truppe inglesi erano state nuovamente coinvolte da un ennesimo attacco da parte degli indigeni.
Nel tumulto generale, nessuno aveva notato la scomparsa del Duca di Richmond, solo quando i morti e i feriti vennero contati ed identificati, suo padre non era fra questi.
Suo zio non aveva scritto altro se non il suo rammarico e la decisione di partire immediatamente per l'India dove sperava di poter sapere di più, le chiedeva di stare tranquilla ed aspettare, convinto com'era della risoluzione di ogni cosa.
Ma una strana sensazione le impediva di pensare a qualunque risvolto positivo della faccenda.
Lady Caroline fece un profondo respiro e rilesse ancora la lettera.
Continuò a farlo finché non sentì la forza abbandonarla e la mente annebbiarsi, lasciandosi scivolare nel buio di un sonno agitato e confuso.

*    *    *    *

-Milady avete bisogno di altro?- domandò ancora una volta Anne.
Lady Caroline scosse la testa e le indicò lo scialle verde che avrebbe usato durante quella lunga giornata.
-Milady, vi porto da mangiare?- chiese ancora Anne posandole lo scialle.
-No. Non ho l'umore adatto per ingurgitare qualunque cosa, Anne. Vorrei leggere il giornale nel salotto centrale.- ordinò con voce fiacca.
Finse di essere troppo impegnata a fissarsi allo specchio e a sistemare una ciocca birichina finché non sentì la cameriera uscire, solo allora posò le mani tremanti sul fresco legno del mobile e guardò con severità il suo riflesso.
Non aveva scelto abiti scuri, per non allarmare l'intera servitù e di conseguenza l'intero villaggio, ma quel verde scuro non faceva altro che risaltare il pallore grigio delle sue carni. Gli occhi erano gonfi e arrossati, le guance arrossate per lo sforzo di trattenere le lacrime. Era certa che se avesse continuato a reprimere il pianto in quel modo, prima o poi, qualche costola si sarebbe rotta.
Si sforzò di fare un sorriso ed uscì dalla stanza.
Quando arrivò nei pressi del grande salotto centrale, fu fermata dal maggiordomo, il signor Parsons.
-Lady Caroline è appena arrivato Lord Henry e l'avvocato Simmons. Vi aspettano in soggiorno.-
-Grazie mille, Parsons.- disse prima di farsi aprire la porta ed entrare nell'immenso salone vittoriano. In altre occasioni si sarebbe fermata ad osservare le raffinate decorazioni. Le grandi tende intrecciate con fili d'oro che risplendevano alla luce del sole, candele e candelabri antichi, specchi che creavano un malizioso gioco di sguardi, i tessuti dei divani che riprendeva piccoli motivi apparsi già sulle tende e sui tappeti.
Ogni volta che entrava si ricordava delle parole scritte dalla madre in una delle sue prime lettere come Duchessa: “la vasta regalità del salotto mi rende orgogliosa del nuovo nome che porto e nello stesso momento la sua enormità mi travolge”.
Quando compì sedici anni, suo zio gli consegnò una piccola scatola in privato. Un piccolo regalo che nascondeva in realtà un generoso ed affettuoso cuore. Ogni cosa che sua madre aveva scritto, ormai, era inciso nel suo cuore e riusciva ad influenzarla come se fosse viva, carne e ossa accanto a lei.
-Lady Caroline, buon mattino.- la salutò Lord Henry, suo cugino minore.
Evitò di avvicinarsi per schivare i suoi abbracci e le solite parole di conforto. Era stufa dei suoi modi bonari, di quella sottile ironia che sottolineava il suo già marcato senso d'impotenza.
-Buon giorno a voi, signor Simmons e cugino Henry.- rispose sedendosi e aprendo il giornale.
-Nessuna notizia rilevante, Lady Richmond.- si affrettò a dire l'avvocato. Le prese con delicatezza il giornale e le indicò un trafiletto alla terza pagina. Il corrispondete per gli affari dell'India Imperiale aveva riciclato con altre parole le stesse informazioni del giorno precedente.
L'unica novità stava nella sospensione delle ricerche a causa di una tempesta di sabbia e di un'altra grave crisi nella regione confinante che aveva distolto dalla missione di recupero del Duca.
Così le già affrante, stanche e malate truppe stavano smantellando la loro base a Judhpur per marciare verso una nuova città, nuove battaglie.
Piegò con cura il giornale, lasciando ogni piega. Lo appoggiò sul piccolo tavolino e alzandosi bruscamente si avvicinò all'ampia finestra. Appoggiò le mani tremanti al davanzale di marmo e fissò il tranquillo panorama della campagna inglese.
Sospensione delle ricerche.
Persino lei, una ragazzina appena venuta al mondo e con così poca esperienza del mondo, aveva capito.
Era una questione di giorni, poche settimane, e il mondo avrebbe dimenticato la disgrazia dei Duchi di Richmond. La nobiltà si sarebbe chiesta dove fosse finito l'erede di tale fortuna e di tale titolo e quanto quella ragazzina valeva nell'ingarbugliato mercato del matrimonio.
10.000 sterline? O forse di più?
Suo fratello minore sarebbe stato convinto a scegliere un impiego di riserva, sarebbe diventato un vicario, uno studioso di arti o scienza, un uomo d'impresa o affari. Oppure si sarebbero dedicato al dolce non far nulla, al puro e lascivo intrattenimento aristocratico.
-Credo, mia cara cugina, che sia venuto il momento di pensare al futuro. Le probabilità sono ormai ridotte al minimo … -
-Ridotte ma non nulle.- incalzò Caroline voltandosi per un solo secondo. -Mi appello all'affetto fraterno che ho per voi, non riducete ancora di più le mie speranze. Se volete scusarmi devo occuparmi di affari con il signor Simmons.- disse indicando la porta con la mano.
Suo cugino s'inchinò appena, sicuramente irritato dai suoi modi bruschi e poco rispettosi.
Ma Caroline sapeva che era venuto il momento d'indossare una fantasiosa armatura e prepararsi al peggio. I suoi parenti e gli uomini di suo padre erano maledettamente convinti della necessità che si sposasse con un buon partito e lasciasse a loro gli affari del Duca in attesa dell'arrivo del figlio maggiore, John V.
Queste, però, non erano le volontà di suo padre.
-Credo che sia venuto il momento di chiarire una cosa, signor Simmons.- disse cercando di apparire seria e risoluta di fronte a quel sorriso sprezzante. -Non tollero il vostro modo di comportarvi. Io sono responsabile dell'educazione e della crescita di mio fratello minore. Io sono responsabile dei rapporti con l'erede della casata Richmond e io solo sono responsabile degli affari di questa famiglia. Più volte ho sopportato le gentili intromissioni e le prese di potere, ma visto che ormai ogni mia parola sembra uno scherzo, vi licenzio. Vi sollevo da ogni incarico.- disse tutto d'un fiato.
Il volto del signor Simmons passò dal sano colorito rosa e un rosso di rabbia.
-Come osate … Voi siete solo una ragazzina impertinente che ficca il naso dove non dovreb … -
-Come lei ben sa, tutti i beni, gli affari e le questioni sono stati lasciati a me, affinché me ne occupassi temporaneamente e finché non seppellirò il Duca io stessa, eserciterò volentieri questo diritto. Siete fuori dai giochi, signor Simmons. Parsons vi consegnerà una busta con il giusto compenso per queste settimane di duro lavoro. Naturalmente verrete contattato dal nuovo avvocato che presto verrà in città per prendere l'incarico.-
-Un altro avvocato? Ma … Ma non sapete nemmeno … - balbettò Simmons in preda al panico per la perdita del suo maggior cliente. -Se mi darete un'altra possibilità, mia Lady, farò … -
Lady Caroline scosse la testa, seria. -Non credo nelle seconde possibilità. Ogni negligenza vi costerà cara. Il mio nome ha ancora una certa importanza a Londra.- parlò mentre il vecchio avvocato lasciava furioso il salotto. Sobbalzò nel sentire il forte rumore della porta sbattuta, tuttavia il silenzio che ne seguì e l'amaro sapore di vittoria che la stava inebriando, fu il momento più bello della sua vita.
Per la prima volta nella sua tranquilla esistenza aveva fatto qualcosa che non aveva mai osato: non chinare la testa.





   
 
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