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Autore: Jessica James    20/01/2013    2 recensioni
"Scappiamo. Insieme. Verso qualche parte dove finalmente potremo amarci come vogliamo."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Durante i primi due anni che passai in quella scuola fui vittima di bullismo.
Amo mangiare, da sempre, e non ho mai avuto un fisico invidiabile.
A quell'età avevo pancia e gambe grassottelle.
E le mie compagne mi prendevano in giro per questo.
Per loro era molto divertente quando Jordan se ne usciva con frasi del tipo “Chi vuole giocare a pallone? Possiamo usare Ashley come palla, sai come rimbalza bene su tutta quella ciccia?” oppure, “Non riesco a vedere nulla, c'è un borsone enorme che me lo impedisce. Ah no, non è un borsone. E' la pancia di Ashley!”.
Era umiliante anche perchè, essendo una delle più piccole, non potevo reagire.
Non c'era nessuno che, in mensa o durante le lezioni, si sedesse accanto a me. Nessuno con cui passare quei lunghi pomeriggi.
Cercavo di fare amicizia, ma la maggior parte delle volte la gente si allontanava mormorando “Sfigata.”
Ogni mattina quando entravo in classe Jordan esclamava “Cos'è questa puzza? Oh, è entrata Price. Che schifo.” e tutti i miei compagni ridevano.
Tutto questo per due lunghissimi anni.
Dio, ricordo ancora quanto faceva male.

Verso la fine del secondo anno ricevetti una lettera da mio padre.
Non lo vedevo da un mese e mezzo perchè non aveva più avuto la possibilità di venire a trovarmi.
La professoressa Kate mi condusse nell'aula di musica, che in quel momento era vuota. Aveva dei modi gentili ma non sorrideva, non quel giorno.
“Ciao Ashley. Come stai?”
“Mmh, bene, grazie professoressa.”
“Chiamami Kate. Sono tua amica prima di essere la tua insegnante.” 
Distese le labbra in un sorriso breve, appena accennato, e mi fece cenno di sedermi vicino a lei.
“Non sai quanto mi dispiaccia doverti dare questa notizia..”
“Che succede?”
“Vedi questa lettera? E' da parte di tuo padre. Stava andando alla posta ad imbucarla quando è stato investito.”
Il mio cuore perse un colpo.
Le mie mani iniziarono a tremare e Kate le strinse fra le sue.
“Ashley, guardami. Non farti prendere dal panico. Ascoltami: è in ospedale. Ora sta dormendo e non si sa quando si sveglierà.”
Mi osservò per vedere come reagivo. 
Non sentivo nulla, solo un enorme senso di vuoto. 
Kate si avvicinò e tentò di abbracciarmi, ma l'unico abbraccio di cui avevo bisogno era quello di mio padre, perciò la scansai e scappai.
“Hey Ashley” mi chiamò mentre me ne stavo andando via, diretta verso la mia camera. “Se vuoi posso chiamare in ospedale, ogni giorno, e tenerti aggiornata su come sta.”
Non riuscivo a rispondere, perciò mi limitai ad annuire.
Avevo una gran voglia di indossare uno dei vecchi maglioni di papà, che però usava mamma per dormire, e mettermi sotto le coperte ad ascoltare musica e a leggere la lettera scritta da mio padre.
Accellerai il passo per raggiungere prima il dormitorio e andai a sbattere contro Jordan.
“Guarda dove metti i piedi, cretina!” mi urlò, lanciandomi uno spintone che mi fece finire a terra. Nell'impatto la lettera mi era scivolata dalle mani e Jordan la raccolse.
“Cos'abbiamo qui? Uhm, interessante. Vediamo un po' chi scrive alla piccola Price.”
“Ridammi la lettera, non sono affari tuoi!” gli dissi, con le guance rosse per la rabbia.
Iniziò ad aprirla tenendo le braccia alte e spingendomi per allontanarmi.
Mi sentivo ridicola mentre saltavo per cercare di riprendermi la lettera e quando mi accorsi che molta gente si era fermata a guardare la scena sentii le lacrime bruciarmi agli angoli degli occhi.
“Lasciala stare.” disse una voce alle mie spalle.
“Gregory, non immischiarti.” replicò Jordan, “Insomma, guardala, è una sfigata. Che ti importa di lei?” 
“Jordan, amico, guardati. Ti diverti a fare il bullo con una ragazzina più piccola di te. Chi è il vero sfigato?”
Vidi Jordan impallidire ma subito dopo sorrise.
Mi guardò e iniziò a strappare la lettera. 
“No!” urlai, mentre le lacrime iniziarono a scorrermi sul viso.
“Ridalle la lettera.” disse un ragazzo di terzo che stava accanto a Gregory.
“E tu chi sei?”
“Daniel, ma poco importa. Ridagliela o ti ritroverai in guai seri, piccoletto.”
Gregory prese la lettera, si avvicinò a me e mi sussurrò “No, non qui. Vieni con me.” quando si accorse che stavo per scoppiare a piangere davvero.
Non mi forzò a parlare, mi lasciò piangere in silenzio passandomi qualche fazzoletto e qualche cioccolatino.
Era il secondo incidente stradale che faceva del male alla mia famiglia, sentivo di non potercela fare. 
Piansi tutte le lacrime che avevo, fino a quando mi sentii svuotata di tutto, anche del dolore che mi stringeva la gola.
Quando smisi di singhiozzare, Greg mi sorrise.
“So come ti senti. E' stato così anche per me all'inizio. E sai cosa facevo quando mi sentivo solo? Venivo qui e cantavo.”
“E ti aiutava?”
“Ogni volta. E ci torno ancora, quando mi sento solo, o triste. Cantare mi fa stare bene.”
Si girò a sorridermi e si sedette accanto a me.
“Com'è che ti chiami?”
“Ashley.”
“Hey Ashley..”
“Si, Greg?”
“Hai voglia di cantare con me?”

Mi rimase accanto quel pomeriggio, cantò con me fino a quando mi sentii meglio.
Mi rimase accanto sempre, da quel momento.

Siamo cresciuti insieme, io e Greg.
Mi ero abituata a vedere i suoi occhi assonnati ogni mattina, a riconoscere la sua risata in una stanza affollata e la sua voce durante le lezioni di canto. Quel ragazzo fu la mia salvezza. Mi presentò ai suoi amici, mi diede qualche dritta sulla scuola, “Ti abituerai presto, all'inizio è stato un incubo per tutti” mi diceva, e si limitava ad abbracciarmi quando gli rispondevo che il mio incubo durava da due anni.
Jordan smise di darmi fastidio, anche se continuava a lanciarmi occhiate cariche di odio. 
Con tutti i corsi di danza che seguivo avevo perso parecchio peso e le mie compagne avevano smesso di prendermi in giro.
La professoressa Kate mi chiamava ogni giorno nell'aula di musica per aggiornarmi sulle condizioni di mio padre. Era ancora in coma.
Greg e Daniel, il ragazzo che mi aiutò a riprendermi la lettera, erano gli unici, a parte la professoressa Kate, a sapere cos'era successo al mio papà.
Daniel era il compagno di stanza di Greg, aveva un anno più di noi ed era piuttosto popolare a scuola. 
Quando ti guarda con i suoi occhi cioccolato e ti sorride, non puoi fare a meno di sorridere insieme a lui. E' sempre stato così, infatti le ragazze della mia classe lo chiamavano Sorriso Assassino. Non lo vedevamo spesso perchè era sempre in giro con ragazza, una certa Debbie.
Però qualche volta si sedeva accanto a me con un “Ciao piccola, come sta papà Price?” e lo adoravo, perchè mi dimostrava che gli interessava veramente.
“Ash, non credi anche tu che Greg sia odioso?” 
“Sì, decisamente. Specialmente quando ruba il cibo dal mio piatto.” rispondevo io, ridendo.
“Oh, lo fa sempre! A volte lo appenderei al muro per le mutande. Però poi mi guarda con quei suoi occhioni chiari e..”
“Ed è impossibile non amarlo. Lo so Dan, lo so. Parlando di occhi chiari, come va con Debbie?”
Ogni volta che sentiva quel nome gli spuntava il sorriso più dolce.
E ogni singola volta mi rispondeva “E' un
qualcosa di speciale, e voglio che sia solamente nostro”.

Un giorno, al termine delle lezioni, Dan arrivò di corsa e mi abbracciò forte.
“Daniel? Dan, che succede?” chiesi, ridendo.
“Corri a preparare la borsa, partiamo! Per tre giorni, quindi non portarti troppa roba.”
“Smettila di giocare, non possiamo partire!”
“Chi lo dice?”
“Il regolamento! Non possiamo saltare tre giorni di scuola.”
“Oh, non preoccuparti. Io e Greg abbiamo pensato a tutto. Abbiamo parlato con i prof e con la preside, e ci hanno dato il permesso di andare. Siamo o non siamo i migliori amici del mondo?”
“Stai scherzando? Dove andiamo?”
“Lo scoprirai quando saremo arrivati! Ora sbrigati che abbiamo il treno fra un'ora!”
Mi portarono a Brighton.
Mentre percorrevo le strade di quella città mi resi conto di quanto mi era mancata.
“Perchè mi avete portata qui?”
“Vedrai..” mi rispose Greg sorridendo.


@mickyslaugh
  
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