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Autore: Justanotherpsycho    23/01/2013    1 recensioni
Può l'orgoglio di un Dio e la sua sete di gloria e potere aizzarlo contro suo Padre? Verrà l'Olimpo scosso dall'ultima e più grande delle Tre Guerre Divine, quella mai narrata?
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 23 - La fierezza del Leone «Allora... Dove stiamo andando?» chiede Ares, dopo un po' che segue Sfinge attraverso l'aria dell'Ade.
«Da mio fratello il Leone di Nemea... con lui sarà un po' più difficile che con me»
«E perché?»
«Innanzitutto perché per il suo orgoglio, aiutare un olimpico sarà molto dura... ma alla fine accetterà; basterà che tu gli dica quanta gloria otterrà da questa guerra... Poi ci sono i centauri...»
«I centauri?»
«Già... Non li hai incontrati sulla mia isola perché, a quanto pare, non sono pericolosa quanto i miei altri fratelli»
«Non direi... la seduzione è un arma al pari della spada, e contro alcuni nemici è anche più efficace... come contro di me...» la Sfinge si volta per lanciargli un occhiatina maliziosa.
«Ma il Leone di Nemea non ha spade, bensì denti e artigli molto affilati, e soprattutto una pelle invulnerabile a qualsiasi arma da taglio...»
«Mh, interessante... sarebbe un eccezionale rivale...»
«E' la stessa identica cosa che penserà di te... probabilmente i vostri ego rivaleggiano in quanto a enormità... »
Ares pensa allora che dopo essere stato umiliato dalla Sfinge, il suo orgoglio merita di essere rimpolpato con una bella sfida impossibile come questa, proprio come aveva fatto l'uccidere l'immortale Caronte, dopo che Minosse l'aveva affossato con quel suo occhio scrutatore.
«Ecco, è questa» dice Sfinge dopo aver annusato un'ultima volta l'aria.
L'isola sotto di loro si contraddistingue dalle limitrofe, prima ancora che per l'aspetto, per le poderose esplosioni che vi rimbombano: ruggiti.
Al centro di questa c'è un enorme arena che ne occupa quasi tutta la superficie, simile a quella per le tauromachie a Creta, ma poco conosciuta dai greci: circondata per intero da delle tribune in pietra completamente vuote, come se due teatri fossero stati uniti per racchiudere al loro interno il palco, eppure non c'è nessun palco, bensì una grande distesa di sabbia.
In mezzo a questa troneggia un enorme leone, che, nella sua naturale posizione a quattro zampe, raggiunge con gli occhi la sommità della testa di Ares; intorno a lui una miriade di uomini, armati di spada ma nudi, gli danno battaglia.
Il Leone però non sembra in difficoltà, anzi orgogliosamente spazza via orde di dannati con un ruggito, ne affetta altre con una sfuriata di artigli e completa l'opera sbranando e mordendo.
Ares e il suo cicerone alato atterrano a pochi piedi da lui.
Dopo aver sputato via una carcassa maciullata, l'attenzione del Leone viene rapita dagli ultimi arrivati.
A parte le dimensioni e le due zanne che gli spuntano dai lati della bocca, ha lo stesso sembiante di un comune leone, ma la maestosità e la fierezza che gli smuovono la criniera e gli brillano negli occhi felini non hanno eguali sulla Terra.
«Sorella... qual buon vento?» inizia quello, parlando inaspettatamente.
«Sono qui per chiedere il tuo aiuto...»
«Lui chi è?» la interrompe, facendo cenno al Dio.
«Beh, lui è... Ares, Dio della Guerra...»
«E futuro Re degli Dei» precisa l'Enialo.
Il Leone sembra indispettito dalla risposta, serra le fauci e inizia a ringhiare avvicinandosi ai due.
«E perché mai avresti portato un Olimpico nel luogo del mio supplizio?»
«Il tuo supplizio?» lo interrompe questa volta Ares.
Il Leone è ormai in faccia all'Olimpico.
«Pensi che io mi diverta!? Guardali!» urla spostando l'aria.
Ares allora rivolge lo sguardo ai dannati: stranamente, praticamente tutti si muovono ancora anche se gravemente mutilati.
«Non riconosci nessuno nelle loro facce maledette e tutte uguali!?»
Sebbene quei volti, anche se contratti e deformati dal dolore, non sembrano avere particolari peculiarità, non sono tutti uguali, nè tantomeno il Dio vi riconosce qualche faccia conosciuta.
Stufo di non vedere quello che vedono gli altri, sbotta:
«Non capisco di cosa tu stia parlando...»
«ERACLE! - urla sollevando un polverone e smuovendo il suo interlocutore - Hanno dato loro la sua faccia per tormentarmi in eterno! Non posso ucciderli perché il supplizio non è la morte nè il dolore fisico, ma quello interiore che ferisce i loro orgogli, che in vita furono così smisurati da assicurare loro un posto quaggiù. E anche se li uccidessi i loro corpi verrebbero rimpiazzati con altri, sempre copie dell'unico uomo che riuscì a sconfiggermi... e io non posso tollerare di trascorrere l'eternità senza riscattare quell'oltraggio!»
Prima che possa aggiungere altro. Delle urla giungono dall'entrate dell'arena alla base delle tribune: da quei bui corridoi spuntano i centauri.
Enormi creature, il cui torso umano spunta dal corpo equino elevandosi sopra il Leone e Ares; il loro volto corrucciato in un'espressione terribile fulmina i due e la Sfinge al centro dell'arena, mentre galoppano a tutta velocità, facendo sobbalzare ritmicamente le loro lunghe criniere nere. Al frastuono dello loro urla agghiaccianti e della loro cavalcata impetuosa, si aggiunge anche il severo schiocco delle fruste che fanno roteare in aria, fendendola con sibili taglienti e veloci.
Il mostro e il Dio, allora, mettono da parte la loro chiacchierata e si posizionano a triangolo, proteggendosi le spalle a vicenda insieme con la Sfinge.
Un ruggito del Leone apre le ostilità, spazzando via due centauri, nonostante la loro mole considerevole; subito dopo Ares, avendo trasformato le sue braccia nelle solite lame, si getta contro un centauro schivando un colpo di frusta, sferra un fendente ad una delle zampe anteriori forzandogli un inchino e poi gli sale in groppa; raggiunta la schiena umana del mostro, prima gli ci infila un braccio fino al gomito, facendolo spuntare in mezzo all'addome, e poi usa l'altro per tranciargli di netto la testa.
Il sangue del centauro imbratta tutto il corpo del Dio e forma grandi pozzanghere sulla sabbia altrimenti arida, ma Ares non se ne cura poiché la sua attenzione, ora come per tutta la durata della precedente azione, è stata tutta canalizzata dal Leone.
Costui, d'altro canto, ha ricambiato e sostenuto l'incrocio di sguardi a mo' di sfida, mentre sbranava e squarciava i due centauri.
«Solo uno, eh? Per essere il Dio della Guerra sei lento...» commenta pungente il Leone.
«Mi stavo solo riscaldando...»
  
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