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Autore: Annika Mitchell    27/01/2013    3 recensioni
Una raccolta di stralci di storie mai nate, ritratti di persone conosciute e sconosciute, pezzi di una me che non conosco, anime di persone che ho incontrato una volta per strada e di cui non ho mai conosciuto la storia, vite mai vissute ma scritte, briciole e rimasugli di chi non c'è più e di chi semplicemente non c'è mai stato.
Storie che hanno senso solo grazie a quel lettore che si ferma ad ascoltarle e, perché no, a leggere di sé.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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"Chase your dreams away
glass needles in the hay
The sun forgives the clouds
You are my holy shroud."
- Muse.

 

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- Lettera di un poeta disincantato.



Cara Catastrofe,
ti scrivo per dirti che non mi importa se tutto ciò non è reale, se noi stessi non lo siamo più, e se forse non lo siamo mai stati.
Tuttavia ti chiedo un favore, prima che tu continui a leggere. E' necessario, fondamentale anzi, che ti assicuri che ci sia silenzio, quello assoluto.
Spegni quella dannata radio che da sempre ti tiene compagnia solo perché dici di aver paura dell'oblio.
La verità è che hai il terrore di affrontare te stessa, i tuoi pensieri, e quelle parole mute che puoi percepire solo nella quiete della solitudine.
Ora che tutto tace, immagina la mia voce.
Hai paura? Io sì.
Ho paura di essermi innamorato di qualcuno che non esiste, che non c'è. Come quell'isola in cui viveva Peter Pan. Isola che non c'è, si chiamava,
eppure riuscivo a rifugiarmi lì ogni qual volta lo desiderassi. Non so più volare, Wendy.

E' tremendo volere qualcosa da morire, da arrivare a voler morire davvero. Tremendamente inesatto.
E' che mi sono sempre illuso che io e te fossimo anime gemelle, capisci cosa intendo?
Ho sempre creduto che l'altra metà fosse esattamente uguale a quella che si possiede già, per  una di quelle assurde convinzioni che hanno solo i
matematici, sai. Una storia di simmetrie, oltreché di ordini cosmici e di equilibri naturali.
In realtà non saremmo stati capaci di creare altro che disordine: disastri e cataclismi.
Come quella volta che ci avvicinammo tanto da ascoltare i nostri respiri sincronizzati, e che non ci baciammo, perché troppo concentrati ad
osservarci allo specchio.
Ci guardavamo e vedevamo noi stessi, non ci toccavamo per paura di scottarci.
Come i binari di una ferrovia, se solo avessimo provato a sfiorarci, avremmo fatto deragliare i treni.
Che assurda pretesa è stata, la nostra, quella di provare ad amarsi.
Siamo nati uguali e incompatibili, per desiderarci al punto da non voler null'altro che noi stessi.
Ti amo, sai.
Mi odio, sai.
Ed è questo a rendere tutto così incoerente, impossibile.
Come si fa ad odiare se stessi al punto di volersi togliere la vita, ma amare alla follia il proprio riflesso?
Perché non siamo nient'altro che questo. Due calzini identici, ma spaiati, destinati a cercarsi sempre e a non trovarsi mai.
Cosa potrà mai riservare il futuro a due come noi, eternamente immobili nelle emozioni calde che ci scoppiano nel petto?
Sono convinto che, così come quando sole e luna si trovano posizionate lungo lo stesso asse, se solo noi decidessimo di stare assieme,
tutto il senso del nostro essere si spegnerebbe in un'eclissi. Infinita, però. Il buio interminabile di una meravigliosa catastrofe.

Non voglio spiegare cosa significhi il mio gesto, ma farti capire cosa vorrebbe dire se non lo facessi.
Ci spegneremmo entrambi, e l'ultima cosa che desidero è vederti sparire nella monotonia di gesti forzati, con la sola abitudine a dettare legge sul
tuo modo di esistere.
Siamo ineffabili.
Tu sei il sole, ed io la luna.
Non spegnerti mai, meravigliosa stella.
La luna qualche volta sparisce.
Chissà se un giorno verrà in mente anche a lei, di farlo per sempre.

Eternamente tuo,
Perduto. 




"Iiiiii 






Note: 
Questo capitolo ha partecipato al contest "Nonsense -edite&inedite" di Gaea, autrice dello splendido banner a inizio capitolo. Ti ringrazio. 
   
 
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