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Autore: EmaEspo96    29/01/2013    5 recensioni
[ STORIA INCOMPLETA ] Le aveva promesso di dimenticarla, di non trasformarla e di seguire suo fratello Niklaus pur non accettando quanto egli avesse fatto in passato. E lui l'aveva fatto, cercando di seppellire l'insopportabile ricordo di quella notte fresca e cupa in cui l'aveva vista morire. Ma lei non è morta, lei è tornata e non potrà mai più morire.
Dal secondo capitolo:
– Il mio nome è Sofia. – gli disse improvvisamente mentre avanzava lungo quel marciapiede di Firenze al fianco di quell’individuo. Indossava vecchi abiti risalenti agli anni ‘70 che le davano l’aria di una bambola di porcellana. Il vampiro volse lo sguardo verso di lei notando il suo tentativo di rompere il silenzio, un tentativo che era andato piuttosto bene.
– Elijah. – le rispose freddo, guardandola di sottecchi. Lei sorrise piegando le labbra di quel rosso acceso e socchiudendo gli occhi per pochi istanti.
[...]
– Trovo che Sofia sia uno splendido nome. – affermò il vampiro, complimentandosi con lei.
Lei sorrise divertita ed abbassò timidamente lo sguardo – Io invece penso che Elijah sia un nome davvero strano. – commentò, offendendolo.

- E' la mia seconda fanfiction. Spero di vedervi presto leggere e/o recensire. :) -
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Era almeno mezz’ora che era ferma lì, distesa comodamente su quel letto, a fissare attentamente il bianco soffitto della sua stanza. Ed era rimasta così sin da quando Elijah aveva lasciato quella casa, lasciandola avvolta nel solo ricordo di quel bacio. Una parte di lei avrebbe voluto tenerlo al suo fianco per tutta la notte, probabilmente anche per tutta la vita, ma la realtà dei fatti era che nel momento in cui il cellulare dell’Originale aveva preso a squillare annunciando la voce di Rebekah, ancora posseduta da Esther, che chiedeva al vampiro di fare il suo ritorno alla loro dimora per parlare di alcuni dettagli, lei aveva dovuto lasciarlo andare. Le esili mani di Sofia stringevano il tessuto delle pallide lenzuola sino al petto, mentre gli occhi verdi erano sognanti e fissi sul soffitto. Li socchiuse solo ad un tratto, lasciando che il ricordo di quel bacio si facesse spazio nella mente per accompagnarla tra le braccia del sonno. Si girò su un fianco, affondando i soffici capelli biondi ed il capo nella morbidezza del cuscino. Le labbra si piegarono involontariamente in un sorriso mentre si raggomitolava su sé stessa cercando definitivamente di addormentarsi. Avrebbe dovuto affrontare un’estenuante giornata di scuola la mattina seguente, vista la sua decisione di seguire una vita assolutamente normale; di certo non voleva perdere l’anno. Ma gli occhi si sgranarono quando sentì alcuni rumori provenire dall’esterno della stanza. Si voltò di scatto verso la lignea superficie della porta chiusa della stanza, cercando in qualche modo di capire la fonte di quei rumori. Sembrava che qualcuno stesse spostando l’intero divano del salone, il tavolino e le sedie. Si portò subito in piedi infilando le piccole ciabatte e avviandosi, subito dopo, verso la porta. La aprì lentamente guardando l’esterno intimorita. Il salone sembrava normale, tranquillo, se non fosse stato per quei mobili spostati sui quali si estendeva una scia di sangue che li sporcava completamente. Il beige del divano aveva lasciato spazio ad un rosso scuro che colava sino alla pavimentazione mentre sul tavolino al centro della stanza si presentava un’enorme macchia di liquido vermiglio che anch’essa andava macchiando anche il pavimento. Sofia corrugò la fronte sconvolta, intimorita, perplessa e spaventata mentre apriva ulteriormente la porta per portarsi interamente nel salone.
– Oh mio Dio… – mormorò, guardandosi intorno alla ricerca della fonte di quel sangue. La stanza era completamente buia, ma lei riusciva a vedere perfettamente grazie alle sue capacità vampiriche. Si avvicinò al punto del salone in cui quel sangue si concentrava, colando dal mobilio, e fissava la scena sconcertata. Quel sangue, però, non aveva odore. La porta della camera alle sue spalle cigolò e lei si voltò di scatto. Il suo corpo si pietrificò quando incontrò col solo sguardo quegli occhi chiari e gonfi che la scrutavano con dispiacere.
– Molly… – balbettò Sofia, indietreggiando istintivamente e scontrandosi con la poltrona che la bloccò in quel punto della stanza. Molly la fissava vestita di quella piccola, pallida e sgualcita camicia da notte. La stessa camicia da notte che indossava la sera della sua morte. Gli occhi azzurri puntavano spaventati sulla figura della vampira, mentre il pallore del viso era quasi inquietante. Le manine piccole della bambina ricadevano lungo i fianchi e su un lato del collo si apriva una profonda ferita dalla quale colava copiosamente sangue, imbrattando il tessuto della camicetta da notte di lei.
– Ho freddo, Sofia. Voglio la mamma. – piagnucolò la bambina, sollevando le sue manine sporche di sangue verso la vampira. Erano distanti, non poteva nemmeno toccarla pur volendo, ma con quel gesto sembrò in qualche modo supplicare un aiuto.
Sofia scosse il capo davanti a quella scena, gli occhi sgranati mostravano nient’altro che paura e stupore. Non poteva credere di rivederla, non con quella ferita che lei stessa aveva procurato. Fu mossa dall’istinto e dal timore, ed in poco tempo si ritrovò davanti alla porta d’ingresso della casa, grazie a quella velocità vampirica.
– Sofia! – esclamò Molly. Nel momento stesso in cui la vampira spalancò la porta di casa, totalmente intenzionata ad andare via nella consapevolezza che non poteva contrastare uno spettro, l’urlo del fantasma riecheggiò, come fosse un eco, nella dimora sino a sparire. Ma lei non riuscì nemmeno ad uscire dalla casa che si ritrovò ad impattare con l’intero corpo contro qualcosa di marmoreo ma morbido al contempo. Due mani la afferrarono per le spalle impedendole di perdere l’equilibrio, e lei sollevò lentamente lo sguardo spaventato verso quel viso. Erano quegli occhi, ed erano del tutto inaspettati.
– Dolcezza, dove stai correndo? – domandò la voce ambigua di Klaus, mentre la fissava e la teneva, sorridendole sornione. Lei si scostò improvvisamente e bruscamente, indietreggiando verso l’interno e sottraendosi da quelle prese che lui aveva sul proprio corpo.
– Niklaus, cosa ci fai qui? – gli chiese lei, corrugando la fronte timorosamente. Sebbene avesse voluto tenere su Klaus tutta la propria attenzione, non poté fare a meno di voltarsi verso l’interno della casa ritrovandosi a guardare nuovamente quel salone. Il sangue era sparito, e con esso anche la figura di Molly. Ma la vampira sentiva ancora la paura salirle dentro con forza, soprattutto in quel momento che lo sguardo poco rassicurante di Klaus puntava su di lei.
– C’è qualcosa che non va, piccola Marilyn? Stavi correndo da Elijah dopo aver fatto qualche brutto sogno? – le domandò lui ironico e divertito delle sue stesse parole. Sofia corrugò la fronte ritornando a guardare l’ibrido. Le ritornarono alla mente i due ibridi che avevano assalito lei e Elijah qualche giorno prima, e il disprezzo che aveva provato nei confronti di Klaus. L’espressione della vampira divenne improvvisamente pungente, mentre stringeva timorosamente le mani al petto, indietreggiando verso l’interno e distanziandosi da lui.
– Dovresti andare via. – gli disse lei, macchiando il suo tono di una nota di acido disprezzo. Nello stesso momento, però, il volto dell’ibrido perse ogni sorriso lasciando spazio ad una rigida espressione seria.
– Invece credo che abbiamo bisogno di parlare, io e te. – intervenne Klaus, avanzando di un unico passo verso la porta. Lei, di conseguenza, afferrò prontamente la superficie di quest’ultima intenzionata a richiudersi all’interno. E stava per farlo, fino a quando il palmo di una mano di lui impattò con forza contro il legno sbattendolo nuovamente indietro e facendo il suo ingresso. Sofia indietreggiò sotto la forza che lui aveva messo in quel colpo e lo fissò con due occhi sorpresi e perplessi, quanto spaventati. Klaus la guardava mentre richiudeva la porta alle sue spalle, tenendo la fronte corrugata e la mascella irrigidita.
– Non ho niente da dirti, adesso vattene Niklaus. Ti prego. – ringhiò lei, distanziandosi da lui di altri passi. Gli occhi dell’ibrido si immersero involontariamente in quelli verdi di lei e scorse facilmente la paura che lei stava provando. Non seppe spiegarsi se quella paura era stata creata da lui o la stesse semplicemente alimentando. Ammorbidì la sua espressione, distogliendo istintivamente lo sguardo da lei.
– Non chiamarmi in quel modo. – le sussurrò l’ibrido intensamente, sebbene tenesse lo sguardo lontano da lei – Se proprio vuoi pronunciare il mio nome, preferisco Klaus. – aggiunse, ritornando a guardarla. Sofia si paralizzò, sollevando le mani e stringendosele al petto mentre lo guardava con la fronte corrugata e gli occhi attenti a qualsiasi movimento di lui. Quella serata che era iniziata davvero benissimo, con il bacio di Elijah, stava prendendo una piega del tutto negativa. Klaus continuava a fissarla e solo in quel momento piegò nuovamente le sue labbra carnose in un sorriso, provocando la nascita di quelle adorabili fossette sul suo viso.
– Avanti, Sofia. Hai così tanta paura di me? – le domandò, curiosamente.
– Sai, penso sia un po’ strano che tu ti presenti a casa mia durante la notte. – rispose la vampira, con tono sprezzante. Klaus rise, sebbene lievemente, voltandosi verso il resto del salone e andando ad accomodarsi su una delle due poltrone presenti. Distese le braccia sui braccioli, elegantemente, fissando la bionda ancora in piedi e ancora paralizzata da una paura che lui non riusciva a giustificarsi.
– Dovevo aspettare che Elijah tornasse a casa. Ho pensato che non fosse di suo gradimento sapermi a casa tua, e non volevo che ci fosse tra i piedi. – rispose l’ibrido sinceramente. Sofia strinse i pugni mentre lo fissava, ma non riuscì a controllare il sussulto che seguì il nome di Elijah. Anche sentirlo pronunciarlo da qualcun altro, quel nome le portava inspiegabili sensazioni in tutto il corpo. Klaus sembrò scorgere quell’improvviso cambiamento e sorrise maggiormente, piegando il busto in avanti e appoggiando i gomiti sulle ginocchia per sporgersi verso di lei.
– Oh, vedo che ho toccato un bel tasto. Qualcosa mi fa pensare che avresti preferito Elijah lì fuori, e non me. – ammise l’ibrido, fingendo un’espressione offesa. Sofia assottigliò lo sguardo verso di lui.
– Dovresti farti gli affari tuoi, Klaus. – lo ammonì, mostrando un tono di voce infastidito. Ma fu una reazione che divertì Klaus maggiormente.
– Avanti, prova a confidarti anche con me. Ti assicuro che sono bravo ad ascoltare. – affermò l’ibrido, sicuro di sé.
– Non ho alcuna intenzione di dirti niente. Avevi detto tu di voler parlare, quindi dì quello che volevi dire e vattene via. – rispose la vampira prontamente, fissandolo con astio.
A quelle parole l’espressione di Klaus divenne nuovamente rigida e infastidita. Irrigidì la mascella mentre la fissava. Si riportò in piedi guardando distrattamente ciò che lo circondava, la sua espressione era diventata semplicemente seria. Sfiorò un oggetto presente sulla superficie del tavolino al centro della stanza, prima di ritornare a guardare lei.
– Oggi, Elijah mi ha detto una cosa riguardo due ibridi. – iniziò a dire l’Originale, guardando l’altra intensamente. Sofia si irrigidì sotto quello sguardo, restando ferma nello stesso punto della stanza, ma a sentire quelle parole la sua espressione divenne nuovamente dura. Odiava l’essersi fidata di lui, odiava l’avergli dato più di una possibilità ed odiava il fatto che lui era andato lì solo per sbattergli in faccia l’evidenza: aveva cercato di ucciderli come aveva promesso.
– Non mi ha spiegato tutto, ma ho capito poco dopo quello di cui lui stava parlando. E sono stato io ad ordinare a quei due ibridi di tenere d’occhio il corpo di mia madre e uccidere chiunque si avvicinasse a quella grotta. – ammise l’Originale, continuando a guardarla. Sofia sorrise nervosamente davanti a quella confessione.
– Sapevo che eri stato tu a mandarli, che senso ha venire qui a dirmelo? – domandò lei con aria critica. Klaus piegò le sue labbra in un nuovo sorriso ambiguo, continuando a fissarla.
– Pensi che avessi voluto farvi del male? – chiese l’ibrido curiosamente.
– Non lo penso, io so che tu vuoi farci del male. Sei stato tu stesso a dirlo, no? Mi pento soltanto di essermi fidata di te, mi pento di averti dato una nuova possibilità. Ti avevo chiesto di dimostrarmi di aver fatto la scelta giusta, ma a quanto pare mi ero sbagliata. – affermò Sofia, corrugando la fronte verso di lui. Klaus la fissò per lunghi istanti, dopo quelle parole, prima di riuscire nuovamente a pronunciarne altre. Non doveva darle importanza, non aveva mai fatto una cosa del genere, eppure ogni cosa lei gli dicesse riusciva a colpirlo fino in fondo. Non smise di sorridere in quella maniera ambigua e, velocemente, corse verso di lei afferrandola delicatamente per le spalle e spingendola verso una parete della stanza. Lo fece con forza e velocità vampirica, tanto inaspettato che lei si rese conto della situazione solamente quando si ritrovò ad impattare con la schiena contro il muro, sussultando sonoramente. Gli occhi si sgranarono fissando intimoriti quelli dell’ibrido che, in quel momento, si ritrovavano a pochi centimetri da lei. La situazione era praticamente identica a quella vissuta con Elijah, ma Klaus non le trasmetteva alcuna piacevole sensazione. Lei si sentì percorrere da un gelido brivido di paura nel momento stesso in cui si perse in quegli occhi chiari dell’ibrido, stringendo i denti per quella vicinanza.
– Io so che tu non pensi davvero questo di me. – affermò Klaus improvvisamente, interrompendo quel silenzio. Sussurrò quelle parole in una maniera profonda, da far gelare l’anima di lei, paralizzata contro quella parete.
– E comunque, avevo ordinato tempo fa a quegli ibridi di controllare mia madre. Quando tu e Elijah mi avevate chiesto di svelarvi dove la nascondevo, avevo completamente rimosso quel particolare. Se lo avessi saputo, avrei impedito a quegli ibridi di attaccarvi. – confessò l’ibrido, continuando a guardarla. Sebbene non ne sapesse il motivo, dentro sé Sofia sapeva di potersi fidare di quelle parole. Lo sentiva, più di qualsiasi altra cosa. Klaus si scostò bruscamente da lei lasciandola ferma contro quella parete, con quegli occhi verdi perplessi puntati sulla sua stessa figura.
– Al contrario di quello che Elijah pensa, non gli farei del male. E’ mio fratello, dopotutto. – continuò lui, senza lasciarle la possibilità di commentare al riguardo. Si voltò verso la porta della casa e si avviò verso quest’ultima, aprendola e facendo entrare quella fioca luce che apparteneva alla notte.
– Con questo ti auguro buonanotte, Sofia. – terminò lui.
– Klaus, aspetta! – esclamò Sofia. L’ibrido stava per andarsene quando quelle parole lo bloccarono, costringendolo a voltare nuovamente gli occhi verso la figura della bionda. Lei nel frattempo si era scostata da quella parete avanzando di alcuni passi verso di lui.
– Perché me lo stai dicendo? – gli domandò, timorosamente. Klaus piegò le labbra in un nuovo sorriso ambiguo scrollando le spalle con aria indifferente.
– A quanto pare il tuo parere su di me conta più di quello che pensi, piccola Marilyn. – le rispose semplicemente, avviandosi definitivamente all’esterno della dimora e richiudendosi la porta alle spalle. La lasciò tra le braccia della solitudine in quella casa buia. Quando Sofia si rese conto di essere nuovamente sola nello stesso salone in cui poco prima aveva visto Molly, venne percorsa da un nuovo brivido di timore.
 
Le faceva strano ritornare a sedersi dietro quel banchetto, dopo tutti gli strani avvenimenti che stavano accadendo. Sebbene i suoi occhi verdi posassero falsamente attenti sulla figura dell’insegnante, davanti agli occhi aveva ancora stampate le immagini della sera e la notte precedente. Caroline era seduta un paio banchi più dietro, nella fila centrale, mentre Sofia era sfortunatamente seduta al primo banco di una delle file a lato. Non riuscì a percepire, durante tutta la durata della lezione, lo sguardo della Forbes puntato su di sé. Quando la campanella di fine lezione trillò fastidiosamente nei corridoi della scuola, Sofia raccolse tutto ciò che aveva sul banco e si portò in piedi. La classe si svuotò velocemente ma lei non fece nemmeno in tempo ad avviarsi verso la porta che una mano la bloccò, afferrandola delicatamente per un braccio. Virò velocemente il capo incrociando facilmente gli occhi di Caroline.
– Ehi. – le mormorò, sorpresa. La Forbes la guardò, non mutando la sua espressione preoccupata.
– Ehi, sembri stanca, va tutto bene? – le domandò Caroline premurosamente. Sofia piegò le labbra in un leggero sorriso, sentendo la mano di Caroline scostarsi lentamente dal proprio arto, ed annuì cercando di apparire convincente.
– Ho dormito un po’ male stanotte, ma niente di preoccupante. – rispose Sofia, poco dopo. Si avviarono verso l’uscita della classe portandosi in quel corridoio affollato. Ma affollato non solo per il cambio d’ora, in cui tutti gli studenti uscivano dalle classi per raggiungere i loro armadietti ed i loro compagni, ma anche per i preparativi che si stavano mettendo in atto per la festa a tema di fine anno, prima delle vacanze natalizie. Infatti, numerosi addetti a ciò avanzavano avanti e indietro per la scuola trasportando l’occorrente.
– Andiamo, siamo vampire Sofia. Non abbiamo molto bisogno di dormire. – commentò Caroline dopo poco, costringendola ad accompagnarla verso il proprio armadietto. Sofia la seguì, tenendo comunque lo sguardo lontano da lei per nascondere quel vano tentativo di nasconderle la verità, appoggiandosi stancamente all’armadietto accanto a quello di Caroline. La Forbes aprì il proprio, frugandovi attentamente all’interno.
– Sputa il rospo, muoviti. Sei preoccupata per questa situazione dell’incantesimo? Hai paura che possa non funzionare? – la incalzò nuovamente Caroline, richiudendo l’armadietto e fissandola intensamente negli occhi. Sofia ricambiò quello sguardo deglutendo rigidamente. Cosa avrebbe dovuto dirle? Tutto ciò che era in grado di spiegare gli avvenimenti della sera prima, non le sembrava in alcun modo adatto. Distolse lo sguardo dal viso dell’altra per pochi secondi, prima di fissarla e piegare le labbra in un leggero sorriso.
– Io ed Elijah ci siamo baciati, ieri sera. – rispose. Caroline si irrigidì contro l’armadietto sgranando gli occhi chiari e fissandola perplessa. Non si aspettava una rivelazione del genere, era palese, ma le bastò poco prima di disegnare un ampio e radioso sorriso sul volto.
– E qual è il problema allora? Ti ha tenuta sveglia tutta la notte? – domandò la Forbes maliziosamente, continuando a sorriderle. Fu un sorriso che coinvolse anche Sofia, costringendola a piegare le labbra rosse in un sorriso più largo.
– No…solo che sono confusa. E’ strano, non so come comportarmi. E’ la prima volta che mi ritrovo in una situazione come questa. – mormorò Sofia titubante, spostando nuovamente lo sguardo. Caroline sorrise maggiormente in quella maniera premurosa. Ai suoi occhi, la piccola Marilyn italiana che aveva davanti era estremamente tenera. Le si avvicinò quasi d’istinto, divaricando le braccia e stringendola in un abbraccio inaspettato. Un abbraccio che sorprese Sofia, costringendola a sgranare gli occhi quando si ritrovò improvvisamente tra le braccia dell’amica. Durò pochi secondi, prima che Caroline sciogliesse quell’unione mantenendosi comunque davanti a lei e tenendole le spalle. La fissava con un sorriso contento e due occhi emozionati.
– Sii semplicemente te stessa. Segui l’istinto e fai quello che senti. E’ così che ho fatto io. – commentò Caroline. Si scostò definitivamente da Sofia quando riuscì a vedere Bonnie e Elena avvicinarsi a loro con passo spedito. Anche Sofia si voltò verso di loro, piegando le labbra in un nuovo sorriso cordiale verso le sue amiche.
– Ehi Bonnie, come stai? – domandò la vampira immediatamente, voltandosi verso la strega. Bonnie la fissò intensamente, annuendo col capo.
– Io sto bene. Ho sentito mia madre, oggi faremo l’incantesimo. – affermò la streghetta, guardando subito anche le altre due presenti.
– Sei sicura di farcela, Bonnie? Non voglio che ti succeda qualcosa. – commentò Sofia, fissandola con sguardo preoccupato. Bonnie ritornò a fissarla, annuendo ancora una volta.
– Sono sicurissima, Sofia. Posso farcela. – rispose, prontamente. Il suo tono di voce era determinato, non voleva che gli altri pensassero di lei come una strega debole. Piegò le labbra carnose in un sorriso coinvolgendo anche le altre, prima che Caroline portasse la sua attenzione su Elena lì nei pressi.
– Ah, ma lo sapete cos’è successo alla nostra adorabile Sofia? – esclamò improvvisamente la Forbes, piena di entusiasmo. Gli sguardi delle altre si portarono su di lei, in particolar modo gli occhi verdi della vampira bionda si sgranarono quando capirono di cosa Caroline volesse parlare. Non ebbe il tempo di ribattere che l’altra bionda riprese tranquillamente il suo discorso.
– Ieri sera ogni mio tentativo di far sbocciare una nuova coppia a Mystic Falls, sono serviti a qualcosa! Come avrete capito, finalmente Sofia e il vampiro dai bei capelli si sono baciati. – affermò Caroline di nuovo. Elena e Bonnie sgranarono gli occhi al sentire quelle parole. Elena sorrise sinceramente colpita e contenta, portando il suo sguardo sul volto di Sofia che andava sempre più nascondendosi timidamente mentre Bonnie cercava di mostrare anche solo un pizzico dell’entusiasmo che stava provando. Dopo quanto accaduto in passato, proprio non riusciva a farsi piacere Elijah.
– Mi fa piacere, Sofia. – iniziò Elena, sorridendole – Allora? Com’è stato? – domandò ulteriormente la Gilbert, fissando Sofia con un sorrisino malizioso. Quest’ultima incassò la testa nelle spalle, distogliendo immediatamente lo sguardo dalle amiche.
– Beh…è stato…insomma… – balbettò la bionda.
– A proposito di fidanzatini, Elena. Dov’è Stefan? – domandò curiosamente la Forbes, guardandosi intorno con aria interrogativa prima di ritornare a guardare la Gilbert. Elena spostò su di lei il suo sguardo, scrollando debolmente le spalle.
– Non so. Stamattina mi ha chiamata dicendo che aveva delle cose da fare non troppo importanti ma che non poteva rimandare, quindi ho deciso che passerò a casa sua subito dopo la scuola. – spiegò Elena, spostando subito dopo il suo sguardo su Bonnie. – Ovviamente, se per voi non è un problema. – terminò, riferendosi all’incantesimo da attuare quel pomeriggio. Bonnie sorrise e scosse il capo nei confronti dell’amica.
– Non preoccuparti, va pure da Stefan. – le disse la streghetta, sorridendole sinceramente.
 
Stefan aprì con cautela il piccolo cancello che chiudeva il giardino della casa di Sofia. Aveva riflettuto tutta la notte su quella decisione, e alla fine era arrivato alla conclusione che avrebbe agito prima di Damon. Ormai conosceva il fratello da troppo tempo, sapeva come si sarebbe comportato dopo le parole di Alaric del giorno prima, e lui doveva precederlo scoprendo che Sofia non aveva nulla da nascondere e chiudendo definitivamente quella storia. Raggiunse la porta d’ingresso della casa con passi tranquilli, avvicinando una mano alla maniglia. Sofia era a scuola ed Elijah non sarebbe sicuramente stato lì ad attenderla, o comunque Stefan lo sperava. Si guardò intorno con aria attenta, ancora all’esterno della casa, cercando di scorgere eventuali occhi indiscreti. Quando fu certo di non essere visto, la sua mano forzò la maniglia della porta costringendo quest’ultima ad aprirsi e permettergli di fare il suo ingresso in quella casa. Era silenziosa, tranquilla ed immersa nel buio. Richiuse la porta alle sue spalle prima di premere l’interruttore apposito ed illuminare i dintorni. Era stato spesso in quella casa, ma in quel momento sentì di aver completamente sbagliato a varcare quella soglia. Sospirò pesantemente, iniziando a muoversi veloce tra quelle pareti. Avrebbe frugato tra le cose della vampira bionda nel tentativo di trovare qualcosa che avesse potuto dimostrare il contrario di quello che Damon stava pensando, perché dentro di lui sentiva che Sofia non avrebbe mai potuto nascondere loro qualcosa. Raggiunse la porta della camera da letto della vampira, entrandovi senza tante cerimonie. Il timore che Elijah, o anche solo Sofia, potessero arrivare e beccarlo, lo sovrastava in ogni piccolo movimento. Si avvicinò alla bianca toletta sopra la quale vi erano alcune piccole bottigline di profumo ed una spazzola, prima di aprire uno dei cassettini a lato. Cosmetici, fermargli per capelli, gioielli. Niente che potesse servigli. Si voltò a scrutare la stanza con ansia, avvicinandosi al letto e chinandosi per scorgere ciò che vi era posto sotto di esso. Ma nulla. Si risollevò guardandosi intorno ancora e ancora. Ogni piccolo dettaglio in quella casa era totalmente semplice, nulla lo stava conducendo a quello che avrebbe voluto raggiungere. Sospirò ancora una volta, avvicinandosi subito dopo al grande armadio presente nella stanza ed aprendone le ante. Vestiti su vestiti cadevano lì dentro maniacalmente ordinati. Ne scostò alcuni distrattamente, come se sperasse di vedere qualche nascondiglio sbucare dal nulla ma tutto ciò che scorse, curiosamente, fu un grande scatolone adagiato sul fondo dell’armadio e nascosto in buona parte dagli abiti. Stefan si chinò, scostando definitivamente i vestiti per sfilare lentamente lo scatolone dall’armadio. Lo adagiò sulla pavimentazione davanti ai suoi piedi e lo aprì. La fronte si corrugò quando scorse il suo contenuto. Lettere, vecchie e nuove, si ammassavano l’una sopra l’altra senza nemmeno essere richiuse. Le spostò leggermente, sfilandone delicatamente una dal fondo. La sua carta era secca, rigida e vecchia. Sembrava risalente a molti anni prima. Scartò lentamente la busta, la quale non era stata definitivamente chiusa come se non dovesse essere inviata, e sfilò accuratamente il foglio ch’essa conteneva. Al tatto dava l’impressione di essere stato bagnato ed asciugato alla bene e meglio. Le labbra di Stefan si schiusero debolmente per lo stupore quando riuscì finalmente a leggere ciò che era scritto ordinatamente su quel foglio, tramite una perfetta calligrafia nera.
 
“Cara mamma,
questo è il quinto giorno dopo la trasformazione. Dopo i due guardiani al cimitero, non ho più ucciso persone. Non voglio più farlo, devo imparare a resistere se voglio sopravvivere. Se voglio restare la persona che ero. Oggi ho chiesto ad un ragazzo di darmi un po’ del suo sangue, l’ho soggiogato. L’ho costretto a fare una cosa che probabilmente non voleva fare e mi sento in colpa per questo. Tanto che alla fine gli ho dato un po’ del mio sangue per rimettersi in sesto. Ma se morisse adesso? Diventerebbe come me, diventerebbe anche lui un orribile mostro della notte. Non posso permetterlo, non voglio obbligarlo a vivere un’esistenza del genere.
 
Sono stata da quel ragazzo, l’ho soggiogato di nuovo. Gli ho detto di non uscire di casa per nessun motivo e di evitare di morire o di essere coinvolto in incidenti. Sono ansiosa, e spaventata. No, mamma, la realtà è che io sono totalmente sola. Sono totalmente sola ad affrontare una cosa che non voglio affrontare, ogni giorno riapro gli occhi chiedendomi se vale o meno la pena di continuare a vivere così. Ma poi penso a Lui, penso che voglio trovarlo. Ho bisogno di Elijah, mamma, ho bisogno di lui più di qualsiasi altra cosa. Non posso morire…non voglio…
 
P.s.: sono una stupida, ho pianto di nuovo ed ho bagnato la lettera. Ma sono ancora più stupida se penso che questa cosa ti preoccuperà, tu non leggerai mai queste lettere. Ti voglio bene, mamma.”
 
Gli occhi verdi di Stefan erano rimasti incollati su quelle parole, ripetendosele nella testa. Una parte di lui la capiva, comprendeva il senso di colpa che Sofia provava. Riusciva a sentire di aver sbagliato a leggere quella lettera molto più di prima, sentiva di essere a conoscenza di pensieri che probabilmente Sofia non avrebbe mai voluto rivelargli. Eppure, nonostante questo, richiuse quella lettera e la ripose nello scatolone al suo posto estraendone un’altra. Erano tutte destinate alla stessa persona, ognuno di quei fogli racchiudevano i pensieri di una vampira che non voleva vivere come tale, racchiudevano le sue paure, i suoi sensi di colpa, i nomi delle sue vittime. Stefan deglutì rigidamente richiudendo velocemente lo scatolone e riponendolo al suo posto nell’armadio. Si passò una mano sul viso, sospirando affranto. Richiuse immediatamente l’armadio e si allontanò definitivamente da lì, cercando di rimettere a posto la casa per evitare di lasciare tracce. Sofia non aveva nulla da nascondere, lo sentiva, e probabilmente riusciva a comprenderla più di chiunque altro.
 
Gli occhi color ghiaccio di Damon si portarono sul fratellino al vederlo entrare in casa con un’espressione indecifrabile.
– Ehilà, Stefan. Ho appena saputo che stamattina hai saltato la scuola. Come fratello maggiore dovrei sgridarti, lo sai? – commentò sarcasticamente il fratello maggiore dei Salvatore sventolando il bicchiere pieno di bourbon che aveva in mano e restandosene nei pressi del tavolino nel salone del pensionato. Stefan gli si avvicinò portandosi proprio davanti a lui, guardandolo con quegli occhi verdi ancora colmi di stupore e compassione.
– Sono stato a casa di Sofia. – disse improvvisamente Stefan, cancellando il sorriso sghembo che era andato formandosi sul volto del fratello.
– E cosa hai scoperto? Dalla tua espressione, suppongo sia qualcosa di forte. Avevo ragione? – rispose Damon prontamente, sorseggiando un po’ del bourbon dal bicchiere. Sembrava ancora apparentemente tranquillo, ma si era sentito scuotere dentro quando aveva saputo quel piccolo particolare. Probabilmente avrebbe dovuto immaginarlo.
– No, Damon. Hai totalmente torto. Penso che dovremmo lasciarla stare, Sofia non ha nulla da nascondere. Smettiamo di essere paranoici e, soprattutto, di ficcarci negli affari degli altri. Non muore? Non è un problema nostro. – rispose Stefan, tirando un profondo sospiro. L’espressione di Damon s’indurì davanti a quelle parole.
– Stai scherzando, suppongo. Quella ragazza potrebbe essere qualsiasi cosa, magari un alieno venuto per sterminarci, e tu vuoi chiudere così presto un occhio? Cosa diavolo hai trovato in casa sua? Chi ti ha soggiogato? O magari hai paura di Elijah, hai paura che se scopre che stiamo indagando sulla sua fidanzatina ci strappa il cuore ad entrambi. Beh, io non ho paura, fratellino! – ribatté Damon appoggiando violentemente il bicchiere sul tavolino a lui adiacente. Stefan scosse il capo, distogliendo lo sguardo per alcuni istanti.
– Non ho paura di Elijah. O meglio, ce l’ho ma non è lui il motivo per cui dobbiamo tirarci fuori da tutto questo. Voglio che tu la lasci stare, Damon. Sono certo che Sofia non stia nascondendo un bel niente. Stiamo sbagliando. – continuò Stefan, sollevando le mani ad afferrare morbidamente le spalle del fratello. Damon ringhiò a quel tocco.
– E’ arrivata in città in un momento davvero strano, si è avvicinata ad Elena, è una cara amica degli Originali e chissà per quale motivo è l’unica che può tenere a bada Klaus. Oh no, è una persona assolutamente brava e che sicuramente non ha segreti! – cantilenò Damon sarcasticamente, scostandosi bruscamente dalla presa del fratello.
Fu nello stesso momento che la porta d’ingresso del pensionato Salvatore si aprì rivelando la minuta figura di Elena, il cui sguardo si macchiò di una leggera confusione nel notare l’espressione visibilmente arrabbiata di Damon e quella visibilmente sconvolta di Stefan.
– Che sta succedendo qui? – domandò la Gilbert, corrugando la fronte. Damon sorrise sghembo, lanciando un’occhiata di sfida a Stefan.
– Scoprirò cos’ha da nasconderci, a qualunque costo. Ti consiglio di non interferire, Stefan, o mi costringerai a fare cose poco carine. – sussurrò Damon minacciosamente, prima di avviarsi verso la porta della casa ed ignorare completamente la domanda di Elena, uscendo da lì per richiudersi violentemente la porta alle spalle.
Intanto l’espressione di Elena si era fatta ancora più confusa mentre si avvicinava a Stefan con passi decisi.
– Stefan, si può sapere cosa sta succedendo? – gli domandò insistente, avvicinandosi a lui e mettendogli una mano su una spalla per costringerlo a voltare i suoi occhi verdi verso di lei. Stefan la guardò dubbioso, storcendo le labbra in una smorfia.
– Dobbiamo parlare, Elena. Di Sofia. – sussurrò il fratello minore dei Salvatore, immergendosi in quegli occhi scuri che tanto amava.
– Di Sofia? – domandò ulteriormente la Gilbert. Stefan le cinse dolcemente le spalle guardando i suoi occhi con determinazione e serietà.
– So che questa cosa potrebbe non piacerti, ma ti prego ascoltami attentamente. – disse lui. Elena lo guardò per alcuni istanti, schiudendo le labbra per la confusione che la percorreva, prima di annuire con convinzione.
 
Appena finite le lezioni, avevano avuto giusto il tempo di passare a casa di Abby per recuperarla. Bonnie sedeva al volante, tenendo lo sguardo attento sulla strada che la sua auto stava percorrendo, mentre al suo fianco sedeva Sofia e sul sedile centrale tra quelli posteriori, sedeva tranquillamente Abby. Gli occhi verdi della vampira puntavano sullo schermo acceso del cellulare che mostrava direttamente l’sms appena ricevuto. Le sue magre dita iniziarono a toccare i tastini virtuali che quel touch possedeva, digitando la risposta. Bonnie le lanciò un’occhiata tranquilla e breve, prima di ritornare sulla strada.
– E’ Elijah? – domandò curiosamente la streghetta. Sofia annuì distrattamente.
– Loro sono già pronti, manchiamo soltanto noi. – mormorò la vampira, sollevando gli occhi verdi verso la strega al volante. Quest’ultima sorrise.
– E cosa ti ha scritto? Qualcosa come “Amore, dove sei? Noi siamo già pronti. Mi manchi.”? – domandò Bonnie, sorridendo divertita. Sofia sussultò a quella domanda e le regalò un’occhiata incredula e veloce prima di abbassare timidamente lo sguardo e riposare il cellulare.
– Non iniziare anche tu! Sono già abbastanza confusa. – mormorò la vampira. Abby le ascoltava in silenzio, almeno fino a quel momento. Si sporse verso i sedili anteriori, guardando le due davanti a lei.
– Oh, posso partecipare anch’io alla conversazione? Sono una donna adulta, sono sicura che potrò aiutarvi. – commentò la donna, sorridendo cordialmente verso le due. Per alcuni secondi Bonnie perse il suo sorriso, scrutando la madre attraverso lo specchietto retrovisore posto all’interno dell’auto. Avrebbe avuto molto da ridire riguardo quell’affermazione ma preferì restarsene in silenzio ed annuire distrattamente, ritornando a fissare la strada. Sofia, intanto, sollevò lo sguardo per incrociare gli occhi scuri di Abby.
– Non si preoccupi, non è nulla di importante. – mentì la vampira, sorridendole di rimando – Piuttosto, siete davvero pronte ad affrontare quest’incantesimo? – domandò Sofia, guardandole entrambe.
Abby annuì prontamente prima di lanciare un’occhiata preoccupata alla figlia al volante, vedendo Bonnie annuire a sua volta.
– Prontissima. – constatò la streghetta, sorridendo tranquilla. – A proposito, Sofia. – iniziò a dire Bonnie fermando l’auto nell’ampio giardino della dimora dei Mikaelson. Il suo sguardo scuro si portò sull’amica accanto, fissandola intensamente.
– Ti ricordi quella volta in cui Mikael ti rapì? – domandò la strega e Sofia corrugò la fronte sorpresa, annuendo subito dopo. – Per effettuare l’incantesimo di localizzazione, Elijah mi diede una tua collana. Dimenticai di rimetterla a posto, per cui volevo restituirtela adesso. – affermò la streghetta, piegando le labbra in un leggero sorriso.
– Una collana? – domandò Sofia, incuriosita. Possedeva diverse collane, ma non aveva mai notato la mancanza di nessuna.
– Si, solo che ho apportato una piccolissima modifica. – ammise la strega, infilando una mano all’interno della borsa ed estraendo una sottile catenina dalla quale penzolava un piccolo topazio azzurro. Gli occhi verdi della vampira restarono sorpresi al vederlo lì, maledicendosi per non aver notato prima la mancanza di quella collana. La stessa collana che apparteneva a sua madre, l’unica collana che aveva conservato dal giorno della morte della donna che l’aveva messa al mondo. Piegò le labbra in un sorriso leggermente nervoso.
– Una modifica? – domandò Sofia, raccogliendo delicatamente la collana in una mano ed alternando i suoi occhi tra essa e gli occhi scuri della streghetta lì vicino.
– Funziona come gli anelli di Stefan, Damon e Caroline. Se tutto è andato bene, dovrebbe proteggerti dal sole. O comunque dovrebbe impedirgli di darti tutto quel fastidio. – ammise la strega sorridendole premurosamente. Sofia annuì, infilando la collana in un taschino della giacchetta che indossava.
– Grazie mille, Bonnie. – mormorò la vampira gentilmente, piegando le labbra in un ampio e rosso sorriso. Dopodichè uscirono dalla vettura avviandosi a passi spediti verso l’ingresso dell’enorme casa dei Mikaelson. Abby era sicura di poter incontrare nuovamente lo stesso Mikael che aveva imprigionato tempo prima, e pertanto si sentì percorrere da uno strano brivido. Sperava, almeno, che lui avesse messo da parte i rancori. Si fermarono davanti alla porta d’ingresso permettendo a Sofia di bussare, ma ancor prima che potesse farlo la porta si spalancò. La bionda sussultò sgranando appena gli occhi quando essi caddero sul volto palesemente nervoso ed infastidito di Klaus. Lui la guardò per pochi istanti, mantenendo la fronte corrugata, poi la scostò bruscamente facendosi strada tra loro per superarle ed allontanarsi da quella casa con passo veloce. Anche Bonnie e Abby lo seguirono con occhi sorpresi prima di guardare Sofia ed infine verso l’interno, scorgendo Rebekah, Mikael e Elijah fermi al centro dell’ingresso. Le labbra di Rebekah, o per meglio dire Esther, si piegarono in un morbido sorriso.
– Benvenute, stavamo aspettando proprio voi. Vorreste accomodarvi? – domandò la ragazza cordialmente, avvicinandosi di alcuni passi alla porta. Sofia guardò le due streghe dietro di sé prima di annuire e varcare la soglia. Mikael concentrò il suo sguardo sul volto scuro di Abby, guardandola con un’espressione indecifrabile. Sorrise gelido verso di lei, mettendo da parte i rancori. Sapeva che quella donna era di fondamentale importanza per sua moglie, non le avrebbe tolto nemmeno un capello. E mentre le due streghe scambiavano i loro saluti falsamente cordiali nei confronti dei due genitori lì presenti, gli occhi di Sofia sembrarono incollarsi a quelli scuri di Elijah. Le sembrò di ritornare alla sera prima mentre quell’emozione ritornava a percorrerle interamente il corpo. Piegò le labbra in un sorriso che Elijah ricambiò con un sorriso gelido, mentre si avvicinava a lei di alcuni passi.
– Cos’è successo con Klaus? – domandò lei, vagamente impacciata. Elijah spostò il suo sguardo per alcuni istanti.
– Nulla di importante. – rispose Elijah freddamente, facendo annuire la bionda. Le bastò quella risposta per capire che la rabbia di Klaus era provocata sempre dalla solita cosa: lui non voleva i suoi genitori tra i piedi. Gli occhi verdi di lei si spostarono verso le due streghe e gli altri due vampiri Originali che intanto avevano deciso di avviarsi nella stanza in cui avevano lasciato la bara contenente il vero corpo di Esther. Quando li vide iniziare a muoversi, scrollò le spalle tesa. Era preoccupata per Bonnie, non riuscendo a togliersi dalla testa il pensiero che avrebbe potuto non reggere la forza di quell’incantesimo. Ma proprio mentre ci pensava, sentì una mano appoggiarsi gentilmente alla propria schiena per invogliarla a seguire il resto del gruppo. Gli occhi verdi si sgranarono appena si rese conto che quella mano apparteneva ad Elijah, il quale la sospinse gentilmente verso la sala in cui gli altri si stavano radunando. Anche quel piccolo gesto la fece sussultare, mentre prendeva a muoversi ed a seguire il resto del gruppo. Il lungo tavolo posto al centro del salone era stato spostato verso una parete, lasciando quindi un ampio spazio al centro della stanza. Quest’ultimo veniva occupato dalla bara dal legno scuro, adagiata al suolo ed ancora chiusa, intorno alla quale si formava un cerchio di candele spente. Mikael si fermò non troppo distante da tutto ciò, osservando Rebekah, o comunque la moglie, avvicinarsi tranquillamente alla bara ed aprirla. Bonnie, vicina alla madre, si fermò a guardare ciò che gli stessi Originali avevano preparato in onore dell’incantesimo e deglutì rigidamente. Temeva di non riuscire nell’intento, ma mai l’avrebbe ammesso. Rebekah si riportò eretta ritornando a guardare le due streghe Bennett. La sua espressione era seria, ma ugualmente gentile, mentre scrutava le due donne che le avrebbero permesso di ritornare nel suo corpo e lasciare stare definitivamente quello della figlia.
– Credo voi sappiate già come agire. – disse la bionda Originale, interrompendo l’improvviso silenzio che si era venuto a creare. Bonnie e Abby annuirono quasi nello stesso momento, colme di una certa sicurezza. Il sorriso gentile e cordiale che piegò le labbra di Rebekah apparì quasi inquietante. Mentre quest’ultima si posizionava in piedi nei pressi della bara e veniva raggiunta da Abby, che tramite i suoi poteri aveva permesso alle candele di accendersi tutte nello stesso momento, Bonnie si voltò ad incrociare gli occhi verdi dell’amica ferma sotto la soglia del salone nei pressi di Elijah. Cercò in essi una sorta di appoggio, un appoggio che trovò facilmente nel sorriso che piegò le labbra rosse di Sofia. Le fece capire, in quel modo, che credeva in lei e che sapeva benissimo che ce l’avrebbe fatta. La streghetta annuì e sorrise di rimando avvicinandosi alla madre.
– Ricordi tutto perfettamente, vero? – domandò Abby alla figlia, vedendola assentire lentamente.
– Concentrati su di loro. – sussurrò Abby, guardando intensamente Bonnie – Concentrati su Rebekah e poi su Esther. – continuò. Per un attimo temette di aver errato i nomi, ma quando nessuno sembrò correggerla capì di averli rammentati nella maniera giusta.
La stessa Abby sollevò le sue mani afferrando delicatamente quelle della figlia e cingendole morbidamente, in quell’unico contatto fisico che le avrebbe permesso di trasmetterle abbastanza potere durante tutto l’incantesimo. Che Bonnie potesse non reggerlo era una delle sue paure, ma volette credere nelle capacità della figlia. Bonnie annuì, sospirò ed infine socchiuse gli occhi poco prima della madre. Quando le labbra delle streghe Bennett si schiusero permettendo a quelle strane, antiche ed incomprensibili parole di fuoriuscire, gli occhi di Sofia, Elijah e Mikael si concentrarono su di loro.
Elijah teneva la fronte aggrottata, una mano nascosta all’interno di una tasca dell’elegante giacca che indossava e l’altra si era comodamente appoggiata ad una spalla di Sofia in un gesto quasi involontario. Sebbene cercasse di non darlo a vedere, agli occhi della biondina imbarazzata che aveva al suo fianco, quell’espressione nascondeva qualcosa. Qualcosa che Elijah non voleva dirle. Lei serrò la mascella mentre lo fissava spudoratamente, costringendo l’Originale a virare curiosamente lo sguardo verso di lei.
– Possiamo andare da un’altra parte ad attendere che l’incantesimo finisca, se non ti va di restare qui. – sussurrò lui, e lei scosse bruscamente il capo ritornando con gli occhi verdi sulla figura di Bonnie. Mikael riuscì a sentirli, o almeno sentì Elijah parlare, e quasi incuriosito voltò i suoi occhi gelidi a fissarli per alcuni istanti prima di ritornare a guardare la scena.
Nel frattempo, le fiammelle delle candele si agitarono vorticosamente. La luce artificiale accesa in alto nel salone, iniziò a spegnersi e riaccedendersi ripetutamente. Bonnie strinse maggiormente le mani della madre cercando di incalanare il potere dalle fiamme e di contare sulla forza di quell’elemento senza dipendere troppo da Abby, come una buona strega dovrebbe fare. Il viso di Rebekah si corrugò improvvisamente quand’ella avvertì una sorta di scossa percorrerle il corpo. Fu una sensazione veloce, prima che la sua mente si spegnesse. La luce ritornò stabile, le Bennett smisero di pronunciare quelle incomprensibili parole, le candele si spensero e Rebekah cadde al suolo priva di sensi. Solo in quel momento Elijah scostò la sua mano dalla spalla della bionda e si mosse a passi veloci verso la sorella, superando il cerchio di candele, ormai consumate e spente, e perfino le streghe Bennett. Anche Mikael si mosse, lasciando ad Elijah il compito di prendersi cura di Rebekah ed avvicinandosi al corpo della moglie ancora adagiato all’interno della bara. Sofia, di conseguenza, si avvicinò all’amica strega.
– Bonnie, stai bene? – le domandò prontamente guidandola, insieme alla madre, all’esterno del cerchio. Bonnie riaprì gli occhi ed assentì, piegando le labbra in un sorriso.
– Ce l’ho fatta. – mormorò la streghetta, tradendo un pizzico di felicità. Anche Sofia, insieme ad Abby, sorrise a quell’affermazione.
– Sapevo che ce l’avresti fatta. – le disse, sicura, carezzandole morbidamente una spalla. Dopodichè i suoi occhi verdi saettarono verso Abby, decisamente molto più in salute rispetto alla figlia. – C’è il divano di là, potete riposarvi lì. – commentò Sofia usufruendo di un’espressione seria. Abby annuì, aiutando Bonnie a camminare verso l’altra stanza in cui avrebbero potuto trovare il divano. Sofia le seguì con lo sguardo per poco, prima di voltarsi verso Elijah ed avvicinarsi a lui. Lo vide raccogliere delicatamente la sorella, come fosse una principessa.
– Sta bene? – gli domandò prontamente. Elijah le lanciò un’occhiata fugace, prima di spostare i suoi occhi scuri sul volto ancora dormiente della madre.
– Lo spero. – sussurrò lui semplicemente. Mikael guardò il figlio e mosse il capo in un cenno, per fargli chiaramente capire di badare a sua sorella. Quando Elijah iniziò a muoversi, Sofia lo seguì varcando la soglia della porta del salone ed avvicinandosi sempre di più alle scale. Lo vide iniziare a salire probabilmente diretto verso la camera di Rebekah, ma lei si fermò proprio al primo scalino.
– Avviso un secondo Bonnie e sua madre, ti raggiungo fra poco. – gli disse Sofia, fissandolo dal basso. Elijah si fermò per alcuni istanti al centro della scalinata, virando il capo indietro per quanto poteva. Annuì, piegando le labbra in un mezzo sorriso gelido, prima di riprendere a salire e raggiungere definitivamente il piano di sopra. Sofia si mosse velocemente raggiungendo l’altra enorme stanza in cui riuscì a vedere Bonnie e Abby sedute comodamente su un elegante divano, intente a riposare. Si avvicinò a loro con passi incerti, sollevando le mani e stringendosele al petto.
– Io resterò qui un altro po’, se volete ritornare a casa. State bene? – disse Sofia interrompendo il silenzio che era nato tra le due. Abby annuì, guardando poi Bonnie che assentì debolmente con la testa. Quando Sofia piegò le labbra in un morbido sorriso, le due Bennett si portarono in piedi. Bonnie si avvicinò alla bionda guardandola con un sorriso amichevole.
– Ti ringrazio, Bonnie. – commentò Sofia. Bonnie scosse piano il capo, prima che si abbracciassero in una maniera veloce. Il fatto che Bonnie l’avesse definitivamente perdonata, fece nascere in Sofia una sorta di emozione. Si scostò da lei portando il suo sguardo su Abby.
– La ringrazio, signora Bennett. – mormorò verso di lei, ed anche Abby scosse il capo in risposta. Dopodichè si allontanarono dalla casa. Erano arrivate fin lì per aiutare Esther a ritornare nel suo corpo, il loro compito era terminato. Sofia le seguì fino alla porta d’ingresso prima di salutarle definitivamente. Richiuse lei stessa la porta della casa e si voltò, accorgendosi che Esther e Mikael sembrarono spariti dalla sala. Si guardò intorno curiosamente ma percepì nient’altro che silenzio. Per cui si mosse velocemente verso le scale salendole frettolosamente per raggiungere il piano di sopra. Il corridoio che si aprì davanti a lei, ornato da porte chiuse ai lati, la costrinse a cercare Elijah e Rebekah dall’odore che lui si era portato indietro. Fu in quel modo che ci mise davvero poco a ritrovarlo. Si avvicinò alla porta socchiusa di una delle prime stanze dentro la quale sentiva una sorta di strozzato singhiozzare. Una delle sue mani si era sollevata pronta ad aprire definitivamente la porta, ma qualcosa dentro di lei le disse di non farlo. Di restare fuori dagli affari di quella famiglia, di restare in quel corridoio ad attendere un eventuale ritorno di Elijah. Indietreggiò di un paio di silenziosi passi, appiattendosi definitivamente con la schiena contro la parete accanto. Da lì fuori, riuscì a sentire Rebekah parlare, o comunque provarci mentre quei singhiozzi le strozzavano le parole, e cercare conforto nelle braccia del fratello. Sentì Elijah assentire, cercare in qualche modo di fare la parte del bravo fratello maggiore e di confortarla per quel che gli riusciva. Sofia, lì fuori, appoggiò la nuca alla parete corrugando la fronte. Si pentì, in quel momento, di aver dato troppa importanza agli spettri e ai loro tormenti, tanto da aver dimenticato che una delle vittime era proprio Rebekah. Aveva sempre pensato che la vampira fosse d’accordo sul prestare il suo corpo alla madre fino a quando non avrebbero risolto il problema del corpo di Esther, ma da quel che stava sentendo sembrava esattamente l’opposto. Gli occhi verdi di Sofia puntavano verso un punto indefinito del corridoio quando sentì una sorta di stretta al cuore, quello stesso cuore ormai morto da tempo, e istintivamente sollevò una mano a carezzarsi il petto. D’un tratto Rebekah smise di parlare, dalla stanza provenivano soltanto singhiozzi ovattati, e Sofia sussultò quando sentì improvvisamente la porta scricchiolare ed aprirsi. Elijah corrugò la fronte sorpreso di vederla lì fuori ferma come un’estranea. La guardò dubbioso per alcuni istanti prima di richiudersi la porta alle spalle.
– Sta bene? – domandò lei, scostandosi dalla parete e fissando l’Originale lì nei pressi. Quest’ultimo scosse il capo, distogliendo lo sguardo. Solo in quel momento Sofia corrugò maggiormente la fronte.
– Cosa c’è che non va, Elijah? – domandò ulteriormente lei. Per un istante, un piccolissimo istante, nella sua testa si fece spazio l’idea che quell’improvviso malessere e disagio del vampiro potesse dipendere dal loro bacio della sera precedente.
– Nulla, perché dovrebbe esserci qualcosa che non va? – chiese lui freddamente ritornando a guardarla, immergendo i suoi occhi neri in quelli verdi di lei. Era una sfida, quella di guardarla direttamente negli occhi. Lei più di tutti sapeva scavare a fondo nell’oblio di quello sguardo per leggerne i reali pensieri. Sofia deglutì, in qualche modo intimorita da ciò che lui stava cercando di nasconderle.
– Stai mentendo. – gli disse lei, sinceramente convinta. L’espressione si fece quasi più dura. Elijah sembrò restare stupito da quelle parole, piegò le labbra in un sorriso divertito e distolse lo sguardo per alcuni istanti prima di ritornare a guardarla.
– Mi stai dando del bugiardo? – le domandò, falsamente incuriosito. Sofia scosse il capo.
– Sto solo dicendo che mi stai nascondendo la verità. E non è solo ora, anche ieri lo hai fatto. – pronunciò lei, fissandolo con un’espressione dura. Tralasciò il motivo per cui non si era preoccupata il giorno prima di quel senso di disagio che Elijah si stava portando dietro, e capì in quel momento che non poteva dipendere dal loro bacio. L’Originale perse nuovamente il suo sorriso, passandosi distrattamente la lingua sulle labbra.
– Non voglio parlarne. Non ora. Non qui. – sentenziò lui gelidamente, regalandole un’occhiata autoritaria. Sofia corrugò la fronte a quell’affermazione. Stava per obiettare ulteriormente quando una mano di Elijah si sollevò raccogliendo il viso di lei nel suo palmo. D’un tratto, l’espressione dura e la voglia di sapere che erano in lei andarono sciogliendosi, quando i suoi occhi entrarono davvero in contatto con quelli di Elijah. Sentì il desiderio di baciarlo, di nuovo, come la sera prima. Un desiderio che l’Originale sembrò ricambiare, dandone dimostrazione nel momento in cui si chinò col viso verso di lei appoggiando le sue labbra a quelle rosse di lei. Quasi istintivamente, Sofia socchiuse gli occhi sollevando una mano a carezzare il dorso di quella di lui che ancora le teneva il viso. Ma fu un bacio veloce, un bacio che diede giusto il tempo di farsi sentire prima di interrompersi. Lui si ritirò, riaprendo gli occhi a guardarla da quella breve distanza, avvertendo un’inspiegabile sensazione di relax salirgli dentro. La fissò in silenzio per alcuni istanti, prima di far scivolare la sua mano lontana dal suo viso.
– Forse dovresti ritornare a casa adesso. – le sussurrò lui. Sofia tenne i suoi occhi fermi in quelli dell’Originale, godendosi le meravigliose sensazioni che ogni suo tocco, ogni loro scambio di sguardi e ogni suo bacio riuscivano a portarle dentro. Annuì debolmente, lanciando un’ultima occhiata al legno della porta chiusa che dava direttamente alla camera di Rebekah.
– Vieni, ti accompagno io. – continuò Elijah, invogliandola a muoversi.
L’ultimo pensiero che balenò nella testa di Sofia riguardò la sua scarsa utilità in quella casa, avuta quel giorno. Era rimasta lì per aiutare Rebekah, e non era riuscita a farlo. Avrebbe voluto essere con Bonnie e non era riuscita nemmeno in quello. Ma la cosa positiva, la cosa che le permise di sentire una sorta di sollievo, fu il pensiero che si stavano sempre più avvicinando alla risoluzione dei loro problemi.
 
Erano rimasti in silenzio durante tutto il viaggio. In onore dei vecchi momenti trascorsi a Firenze, sotto il buio della notte appena giunta, Elijah e Sofia avevano deciso di raggiungere la casa di lei a piedi. Elijah aveva mantenuto un passo elegante durante tutto il tragitto e, per un motivo che la bionda ignorava, aveva evitato l’argomento chiuso precedentemente nel corridoio alla dimora dei Mikaelson.
– Mi dispiace per Rebekah. – ammise la vampira, alternando lo sguardo tra il lungo marciapiede che stavano percorrendo e il profilo perfetto che Elijah le stava freddamente donando. L’Originale annuì distrattamente.
– Si riprenderà. – sussurrò lui, mentre le faceva varcare il piccolo cancelletto del giardino della casa di lei, percorrendo subito dopo il piccolo sentiero che li guidava alla porta ed infine raggiungendo quest’ultima. La bionda sospirò debolmente mentre apriva la porta della casa, inoltrandosi in essa. Premette l’interruttore per illuminare il salotto spoglio e permise anche all’Originale di seguirla verso l’interno. Fu lui a richiudere la porta mentre lei si privava di quell’inutile giacchetta riponendola sullo schienale del divano ed avviandosi a passi spediti verso la cucina. Elijah la seguì con lo sguardo in ogni piccolo movimento, avanzando di altri passi per il salone. Si guardò intorno distrattamente facendo scorrere i polpastrelli di una mano sul tessuto morbido dello schienale di una poltroncina. Sentì Sofia prepararsi da mangiare come ogni volta che tornava a casa, armeggiare con bicchieri e bottigline. Attese che lei consumasse la sua cena, prima di sollevare gli occhi scuri e puntarli sulla figura della bionda oltre il bancone della cucina. La vide appoggiare il bicchiere ormai vuoto del suo sangue sulla superficie del bancone, mentre ricambiava il suo sguardo con un’espressione assorta, compiaciuta, probabilmente soddisfatta di essersi appena nutrita. Ed in effetti Elijah riusciva a leggerglielo in faccia, sebbene lei cercasse in tutti i modi di nasconderlo, quale elevata soddisfazione lei riuscisse a provare nel momento in cui si nutriva. Era perfettamente una vampira. L’Originale si scostò dalla poltroncina, superandola ma mantenendosi comunque di fronte alla vampira.
– Mia madre potrebbe aver organizzato tutta questa storia dei fantasmi. – disse lui improvvisamente, fissando l’altra con un’espressione seria. Sofia corrugò la fronte perplessa e sconvolta, non aspettandosi una simile rivelazione.
– A detta della madre della tua amica Bonnie, se mia madre può davvero riportare i fantasmi nel loro mondo è perché è stata lei stessa a richiamarli. – continuò lui, sostenendo facilmente lo sguardo confuso della vampira. Sofia si mosse dal bancone per uscire dalla cucina ed avvicinarsi ulteriormente ad Elijah.
– Non potrebbe semplicemente essere forte? – domandò lei. Capiva ben poco di magia, ma pensava semplicemente che la madre di Elijah potesse affrontare un incantesimo del genere solo perché esageratamente potente. L’Originale distolse lo sguardo da lei, fissando un punto indefinito della stanza.
– E’ un incantesimo potente. Può essere attivato da un’unica strega, ed annullato sempre dalla stessa. Non vi è altra strega che potrebbe, in quel caso. – rispose lui, ritornando a guardarla. Sofia mantenne la fronte corrugata per dimostrare quanto fosse sorpresa, confusa e perplessa. Si mosse sul posto passandosi distrattamente una mano nei capelli biondi, battendo velocemente e continuamente le palpebre nel vano tentativo di allontanare quei pensieri. Era strano perfino per lei venire a conoscenza di una cosa del genere, e non riusciva ad immaginare come potesse sentirsi Elijah. Si voltò nuovamente verso di lui.
– Magari potrebbe essere stato un errore. Magari è ritornata in vita, si è portata dietro qualche fantasma e solo lei può allontanarli perché sono tra di noi solo per colpa sua. Non deve essere stata per forza lei direttamente. – spiegò la vampira, agitando le braccia in maniera confusionaria. Elijah la guardò ed annuì debolmente col capo. Una parte di lui voleva credere tutto questo. Non riusciva nemmeno a pensare che sua madre avesse potuto scatenare una cosa del genere. Sofia lo guardò a lungo, cercando nei suoi occhi una qualsiasi reazione. E alla fine Elijah piegò le labbra in un sorriso, appoggiandosi ancora una volta con una mano allo schienale della poltroncina nei suoi pressi, per puro gesto involontario.
– Alla fine hai saputo quello che volevi sapere. – affermò lui, sorridendole. Sofia sorrise di rimando.
– Vedrai che non è come pensi, che tua madre non sta facendo altro che aiutarti. – sussurrò lei, facendolo annuire.
– Vedremo. Adesso va a prepararti, ti aspetto qui. – le disse Elijah, allargando le braccia per indicare platealmente le poltrone del salotto. Lei piegò le labbra in un sorriso più ampio, annuendo distrattamente e vedendolo accomodarsi elegantemente sul grande divano. Si voltò lentamente avviandosi verso la sua camera da letto, aprendone la porta ed entrandovi all’interno. Ma quando fu all’interno, un piccolo particolare attirò la sua attenzione. Il viso pallido di lei perse il suo sorriso mentre gli occhi verdi si muovevano per la stanza indagando. Un odore familiare le aveva invaso il naso, un odore che sapeva di vampiro. Entrò all’interno con passi titubanti mentre si guardava intorno. La fronte si corrugò quando riuscì a riconoscere quell’odore, quando capì a chi appartenesse. Era di Stefan, ed era un odore nitido. Un odore che si concentrava nei pressi del grande armadio della stanza. Stefan era stato lì, non molto tempo prima. Il fratello minore dei Salvatore era stato in quella casa, mentre lei non c’era.
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Note dell'autrice:
Salve!
Finalmente sono riuscita a finire questo capitolo ed a postarlo. :3 A me, come al solito, non convince molto. Sto un po' accelerando i tempi per questa cosa degli incantesimi, vanno fatti. Ma non preoccupatevi, poi ci saranno altre cose che i nostri protagonisti dovranno affrontare. u.u E Elijah? Non sto uscendo troppo dal personaggio, vero!? >.< Mi farebbe piacere sapere vostri commenti al riguardo, e un commentino veloce su tutte le restanti caratterizzazioni. :3 Insomma, siamo al tredicesimo capitolo. >w<
Ma detto questo, termino coi soliti ringraziamenti <3
Ringrazio elyforgotten, Ria_27 e Iansom per aver recensito il capitolo precedente. E ringrazio anche meiousetsuna e TheSensitiveGirl94 che stanno leggendo e recensendo i capitoli poco alla volta, grazie! <3
Inoltre ringrazio le sette persone che hanno aggiunto la storia tra le preferite, le due persone che l'hanno aggiunta tra le ricordate e le venti persone che l'hanno aggiunta tra le seguite!

Infine, per coloro che hanno Facebook (suppongo tutti v.v) vorrei chiedervi qualche piccolo semplicissimo favore.
Pagina Facebook - Questa è la mia pagina facebook. :3 Diciamo che è più un passatempo che altro, se vi va di seguirmi anche qui, basta un mi piace!
Immagine Concorso - Quest'immagine l'ho fatta io, appunto per questo concorso. Mi farebbe moltissimo piacere se voi mi lasciaste un 'mi piace' (un voto) a questa foto. :D E' per vincere, ecco. u.u

Credo di aver detto tutto. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!

   
 
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