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Autore: ToraStrife    04/02/2013    1 recensioni
(Sailormoon - Braccio di Ferro Crossover) + (guests from: Street Sharks, One Piece, La Sirenetta, Mermaid Melody Pitchy Pitch)
Quando la luna si riflette nel mare... cosa comporta l'incontro tra una combattente che veste alla marinaretta e un marinaio mangiaspinaci? Una stramberia, o il volere del destino in vista di una minaccia da...^? Scopritelo! Cause I'm Popeye the Sailor Moo...ehr, man!
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Braccio di Ferro e i suoi (nuovi) amici'
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Popeye Sailor Senshi 3 Il quartiere di Akibahara ai suoi occhi (anzi, al suo occhio), doveva apparire come un enorme formicaio.
Decine, centinaia di persone che andavano avanti e indietro indaffarate, da sole o in gruppo, con pacchi e pacchetti di ogni sorta.
Era una realtà quotidiana che appariva perfettamente normale agli occhi di Usagi e le altre, ma per Braccio di Ferro era tutta un'altra cosa.
Era anche vero che lui,  di estrazione rurale, c
he aveva sempre vissuto in piccoli paesini costieri, e che passava una buona parte dell'anno nella solitudine delle sue battute di pesca, non aveva praticamente mai vissuto in nessuna delle grandi e popolose metropoli americane.
Qualche capatina a New York, certo, ma mai oltre la zona prettamente portuale.
Ma, a parte la grande quantità di persone, a Braccio colpiva la grande varietà che contraddistingueva la moltitudine che si intrecciava sotto i suoi occhi.
Per anni si era sempre figurato i giapponesi come un omogeneo popolo di omini tutti uguali, magri, bassi, con gli occhi stretti, sorriso sporgente, modi formali e un po' ruffiani, capelli cortissimi, a volte con occhiali ben più che spessi, e naturalmente la caratteristica macchina fotografica con flash accecante.
Per come invece 'questi' giapponesi gli si presentassero di tutte le dimensioni, anche alcuni molto più alti di lui; abbigliamenti di tutti i tipi, dal completo giacca e cravatta tipico degli uomini "con i bigliettoni" al trasandato punkettaro, capigliature di tutti i tipi (e di una varietà cromatica da fare invidia alla coda di un pavone). I sorrisi era rimasti. Gli occhi, invece, erano più spalancati che mai. Soprattutto quelli spinti dalla curiosità di vedere un così strano individuo (lui) nel bel mezzo del più grande centro commerciale di Tokyo. Anche le macchine fotografiche c'erano, ma erano piccolissime e stavano sul palmo di una mano.

Ami e Rei sospirarono, divise tra il dover tener d'occhio l'americano, assaltato ogni tanto da qualche passante desideroso di una foto, e le usuali Usagi e Minako, che puntualmente ridiventavano come bambine e si allontanavano attirate dalle vetrine prodighe delle ultime novità del mercato.
Makoto era intanto scomparsa dentro un negozio di floricoltura con la scusa di un "acquisto urgente".
Le due menti superiori del gruppo, oltre che al ruolo improvvisato di Sailor-Sitter, erano anche concentrate a rimuginare su quella strana storia raccontata dal vecchio marinaio.
- A te sembra una storia credibile? - Domandò Ami. - Mi sembra tanto una di quelle storie inventate di cui i famosi "lupi di mare" sono famosi. Per non parlare di quell'inglese masticato che mi ha fatto davvero penare nel tradurlo.
- Ammetto che a sentirla così, sembra uscire direttamente dalle fantasie di un ubriaco. - Rispose Rei. - Eppure qualcosa in me perpecisce del vero in quelle parole.
- Lo sappiamo tutte che sei una potente Miko, Rei. - Convenne Ami. - Ma anche se quella storia non fosse una fandonia, non è certo detto che si tratti di un nuovo nemico.

"Ehy, mocciosetto, dico a te!"

Le due donne si voltarono in direzione della voce, dove si stava consumando una spiacevole situazione.

Spiacevole per uno sfortunato bambino di otto anni, reo, nella sua distrazione, di essere andato a sbattere contro il capo di una banda di teppistelli, e, quel che è peggio, di avergli, nello scontro, rovesciato il gelato addosso, macchiandogli i costosi pantaloni.
Il bullo incalzò, con aria minacciosa, di fronte all'espressione spaventata del bambino.

- Guarda qua che casino hai combinato! Ci vorrà un mucchio di soldi per smacchiare i miei pantaloni!

Il bambino continuava intanto a balbettare scuse, che non soddisfacevano minimamente il tizio.

- Diciamo... diecimila yen! Allora, ce li hai i soldi per pagarmi?

Vedendo che il ragazzino non faceva altro che arretrare impaurito, il capo avanzò e lo sollevò direttamente dalla collottola.

- Vuoi farmi perdere la pazienza, quindi?

Il resto della banda, cinque tipacci uno più minaccioso dell'altro, si preoccupavano, con occhiatacce rivolte ai presenti, di far desistere chiunque dall'intervenire.

Tutte tranne una.

Un geranio completo di vaso volò direttamente sulla faccia del capobanda, che nella caduta lasciò la presa sul bambino.
Quest'ultimo venne afferrato al volo da una figura femminile, che lo porse delicatamente a terra.
Nel voltarsi per vedere la sua salvatrice, il ragazzino vide il gentile sorriso di una ragazza dai capelli castani, raccolti in una coda di cavallo.
Dopo aver rassicurato il piccolino, Makoto rivolse uno sguardo carico di astio nei confronti della banda, il cui leader si stava già riprendendo dal precedente colpo in testa, ed era già pronto a una nuova serie di minacce.

- Lo sai cosa hai fatto, ragazza? - Ruggì. - Te ne rendi minimamente conto?

- Ho sprecato un geranio per una testa di rapa. - Rispose la studentessa, per nulla impensierita.

- Solo perché sei una spilungona, pensi di poter fare la presuntuosa?

Nel mentre, uno degli scagnozzi annuì a un cenno del teppista, e partì all'attacco.
Makoto non si fece trovare impreparata, sistemandolo con un calcio nello stomaco.

- Arti Marziali, eh? - Abbaiò il capobanda. E con uno schiocco di dita diede il segnale al resto della banda.
Cinque coltelli a serramanico vennero estratti.
Makoto si chiuse in posizione di difesa. Lo svantaggio era evidente, e lei lo sapeva. I coltelli, inoltre, rendevano il tutto più difficile.

- Vediamo come te la cavi ora! - Latrò il teppista, pregustando la facile vittoria.

Una voce esterna si intromise.

"STOP!"

- E tu che vuoi, vecchietto? - Lamentò pieno di stizza il vandalo, vedendo il signore che d'impulso era uscito dalla folla per infrapporsi tra lui e la donna.

Rei e Ami trasalirono, quando si accorsero dell'identità del nuovo intervenuto.

Nessuno capì l'inglese sbiascicato con il quale Braccio di Ferro stava rimproverando la vigliaccheria di quei "giovinastri senza midollo, così codardi da mettersi in sei contro una ragazzina, e per giunta armati di coltello".

Tutto ciò che vedeva il capobanda era semplicemente un tizio che non aveva avuto il giudizio di farsi i fatti suoi, e ora ne stava per pagare le conseguenze con una bella coltellata.

Braccio di Ferro aveva cercato di riportare la ragione presso quei delinquenti con un paternale rimprovero, ma evidentemente invano.
Il giovincello non solo non sembrava vergognarsi, ma addirittura gli stava puntando in faccia quel pericoloso temperamatite.
Allora con una mano girò la pipa verso il basso, e vi soffiò dentro.
Una piccola fiammata partì, come una fiamma ossidrica, a surriscaldare la lama del coltello, fino a farla diventare incandescente.

Il coltello divenne così rovente che il capo lo lasciò con un grande urlo.
Braccio sperava che così la banda si sarebbe ritirata senza ulteriori complicazioni: speranza vana.
Il leader, massaggiandosi la mano ustionata, stava già urlando ai tirapiedi l'evidente ordine di attaccarlo in gruppo.
Peccato, pensò il marinaio, non gli piaceva l'idea di dover prendere a cazzotti dei giovincelli che non superavano in vent'anni, ma se proprio non c'era altra via...

La rissa, tuttavia, finì prima di cominciare.

Un'esplosione poco distante scatenò in un attimo il panico tra la folla.
Urla ovunque. Persone che fuggivano.
Cosa diavolo era successo?



Poco lontano, una macchina in fiamme.
Una figura alata, dall'anatomia di un angelo ma con la fisionomia di un rapace, si stava divertendo a distribuire distruzione tramite raggi infuocati che partivano dalle sue mani.
Uno, due, tre colpi, un semaforo, un cratere sull'asfalto e una bancarella incenerita.
Sfoggiando una risata di soddisfazione, l'uomo pennuto si guardò con soddisfazione le mani incandescenti.

- Tremate, umani! - Sentenziò l'uomo. - Questo è solo l'inizio!

-
Venus Love Me Chain!

Una catena composta interamente da cuoricini andò ad avvinghiarsi ad un braccio del nemico, mentre uno strattone lo tirò all'indirizzo della proprietaria, pronto ad accoglierlo con un...

- Sailor V Kick!

Con l'avversario a terra, Sailor Venus, al colmo dell'euforia, esultò.

- Wow! Non usavo questo attacco dai miei tempi di Londra! - Commentò entusiasta, con un segno a V con le dita.

- Non è giusto! Dovevo affrontarlo io! - Si lamentò Sailor Moon, appena arrivata sul luogo e delusa dal fatto che fosse ormai troppo tardi per l'entrata in scena.

- Non ce ne è stato bisogno. Sailor Venus saved the day! - Canzonò Venus, con una piccola linguaccia all'indirizzo della compagna.

- Sei ingiusta, Minako! - Cominciò a piagnucolare Sailor Moon. - La protagonista sono io!

- Non stavolta, carina! - Rincarò la dose Venus. - la guerriera dell'amore è bastata e avanzata!

Le due guerriere vennero interrotte dall'improvviso librarsi in volo del nemico, spezzando con un dispiegamento di ali la Love Chain di Venus.
Prima che potessero reagire, l'uomo rapace le investì con una raffica di attacchi fiammeggianti.
Il fumo si diradò, mostrando le guerriere a terra, stordite e bruciacchiate.

- Non so chi siate, ragazzine - Commentò l'uomo. - Ma non potete competere con il grande Bernard!

- Mercury Aqua Rhapsody!

Bernard riuscì per tempo a schivare il proiettile d'acqua a lui diretto.

- Peccato. - Commentò la sopraggiunta Sailor Mercury. - Avresti avuto bisogno di una rinfrescata!

-  Accidenti, ce n'é un'altra!? - Si lamentò l'incredulo rapace. - E poi l'acqua non mi piace!

- Preferisci allora che combattiamo il fuoco con il fuoco? - Si intromise un'altra voce. - In tal caso, ti accontento: Burning Mandala!

- Fuoco contro fuoco? Perché no? - Rispose Bernard contrapponendo una nuova raffica di attacchi infuocati.

L'impatto tra il Burning Mandala e i colpi del nemico generarono una grossa esplosione che coinvolse l'intero quartiere.
Fortuna volle che la folla avesse avuto il tempo di sgombrare l'area, o almeno era ciò che aveva confermato Ami tramite la visiera computer.

Quello che non era stato previsto fu l'intensità dell'ultima esplosione, tale da sconvolgere i pilastri di un palazzo adiacente, che cominciò a crollare.

Sailor Mercury trasalì, vedendo, al contrario delle sue aspettative, che la sua amica Makoto, insieme al bambino e allo strano americano, erano ancora laggiù, mentre una montagna di macerie si stava per abbattere su di loro.

- Makoto! - Urlò, attirando l'attenzione di Mars, che si unì al grido con Mercury.

Prima che potessero fare alcunché, un paio di colpi a tradimento le presero alle spalle, gettandole a terra.
Bernard ridacchiò, con le mani ancora fumanti.

- Cosa vi preoccupa, umane? Il fatto che ci siano degli umani laggiù?

Il tempo di dire la frase, che il crollo era terminato, lasciando sul posto una piccola montagna di detriti.


Quando Makoto vide il palazzo crollarle addosso, non riuscì a pensare lucidamente a un modo per salvarsi: forse sarebbe stato inutile, forse c'era troppo poco tempo.
Le immagini che le passarono davanti riguardavano in gran parte i suoi indimenticabili attimi con le amiche, i suoi hobby femminili che tradivano in gran parte la visione che la gente aveva di lei, e in quell'occasione, anche un qualche sogno inconfessato, forse un rimpianto, dato che da lì a poco la sua vita sarebbe cessata.
Con un bizzarro desiderio di essere chiamata "Mamma", strinse a sé il bambino, nel tentativo di rassicurarlo, o forse, di cullarsi egoisticamente nell'illusione di recitare, per pochi attimi, quella strana parte che non avrebbe mai potuto recitare.


Braccio di Ferro fece una esclamazione di sorpresa mista a terrore, nel vedere la pioggia di massi e detriti che stava per seppellirlo, e con lui quella donna con il bambino.
I giovinastri maleducati erano vigliaccamente fuggiti quasi subito.
Al contrario, fin da quando era cominciato
il combattimento tra quella sorta di avvoltoio umano e quelle ragazze in minigonna, la donna con la coda di cavallo non aveva mosso un passo, preoccupatasi, nella confusione, di proteggere il bambino.
Quale marinaio ignorante quale era, non aveva assolutamente idea di cosa stesse succedendo: tra scoppi, fiamme e gente in preda al panico, si domandò se non fosse scoppiata una guerra.
Ma in quel momento non c'era bisogno di pensare: bisognava agire.
Toccato dal coraggio e dall'altruismo di quella giovane studentessa, che stava rischiando la vita per proteggere un bambino, rammentò il suo dovere di buon americano, anzi, di buon essere umano: fare tutto il possibile per salvaguardare la vita di quei due innocenti accanto a lui.
E c'era una sola cosa da fare.
Braccio di Ferro mise una mano nella giubba, e si accorse con gioia che c'era un provvidenziale barattolo del suo elisir vegetale.
Lo tirò fuori, strinse la scatola, ingoiò il contenuto, e il miracolo avvenne.

Bernard non credette ai suoi occhi, nel vedere quella massa di detriti venire dispersa da una girandola fatta di pugni, una trottola umana che in pochi secondi sbriciolò l'intero palazzo in rovina.

Makoto e il bambino si guardarono attorno, increduli, avvolti dalla nube di polvere generata dai detriti spazzati via.

Quando la trottola umana si fermò, nell'osservarlo Bernard mutò la sua espressione in terrore.

- Nooo! - Urlò. - Non puoi essere ancora vivo. Non puoi! -

Come se avesse visto il peggior incubo della sua vita, Bernard si librò in volo e partì come un razzo in fuga.

Braccio di Ferro si aggiustò il cappello, domandandosi cosa mai gli avesse preso, a quello strano individuo: la stessa domanda che si porsero, più tardi, le guerriere Sailor.





  
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