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Autore: Theresa_94    06/02/2013    2 recensioni
Una Long-fic tutta Jisbon. Un caso difficile ma risolto in poco tempo e per ricompensa una vacanza forzata; suddivisa in una parte completamente romantica (e comica,molto comica ;)) e un’altra parte Thriller,perché John non va dimenticato.
Genere: Comico, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio | Coppie: Jane/Lisbon
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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E piango, piango lacrime di felicità.

Invio un messaggio a Risgby, ho bisogno di cambiarmi.

Mi avvicino alla finestra e il mio sguardo si posa sul suo viso. E’ teso, ma allo stesso tempo rilassato.

E’ preoccupata, ma allo stesso tempo è felice.

E’ la dura agente Lisbon, ma allo stesso tempo è la fragile e sensibile Teresa.

E’ incredibile come quel corpo esile e piccolo ci sia tanta forza di rialzarsi, di vivere. Nonostante la possibilità che quella vena si possa rompere mettendo fine alla sua e a quella di suo, no, di nostro figlio, ha mantenuto per tutto il tempo un atteggiamento sereno e rilassato, pur sapendo che potrebbe perdere tutto.

E così mi ritrovo a pregare, non so chi, ma so per chi, questo è quello che conta. Prego che lascino questo angelo sulla terra.

Perché ne ho bisogno io.

Perché ne ha bisogno lei.

Perché ne ha bisogno il bambino.

Già, il bambino. Non ci credo ancora. Sento le farfalle nella pancia al solo pensiero che se tutto va bene potrò creare una famiglia con lei che tanto amo. E poso una mano sul suo ventre. Li’ c’è anche lui o lei che sia, che non vede l’ora di vedere la luce, di poter far parte anche lui/lei di questo mondo, di poter vivere.

Improvvisamente sento bussare e vedo Van Pelt con una busta nella mano destra. Mi alzo lentamente con l’intento di aprire la porta. Il problema è che vengo fermato da una mano calda, che mi strige lievemente e dolcemente il  polso.

“Ti ho detto che non mi devi lasciare”

“Si,amore, so che sono la tua linfa vitale, ma credo che per cinque minuti potresti anche sopravvivere.”

“Non esiste tu non ti muovi di qui.” E’ spaventata, i ricordi sono ancora troppo vividi nella sua mente. Ma io cerco di rissolevarle il morale.

“Mmm potrei anche approfittare del tuo stato per disubbidirti una volta tanto..”

E questa volta non replica, non parla. Semplicemente sorride come mai aveva fatto prima. Allenta la presa non lasciandomi ancora del tutto però.

“Sei la solita” e lentamente mi avvicino alle sue labbra, solleticandole col mio respiro.

“Cosa aspetti a baciarmi?”

“Aspettavo proprio questo, che fossi tu ad incitarmi.” Chiudo gli occhi. Inizialmente ci sfioriamo solamente. Ho quasi paura di farle male.

Ci separiamo  per qualche secondo.

Ci avviciniamo di nuovo, facendo combaciare perfettamente le nostre labbra, intrecciando intensamente le nostre mani, sorridendo.

“Se hai finito, vorrei salutare il capo!”

Quasi come un ragazzino scoperto dalla mamma con le mani nella marmellata, mi allontano, sorrido a Van Pelt e le prendo la busta che ha in mano.

“Vi lascio sole, ripasso fra qualche minuto, il tempo di cambiarmi.



***quattro giorni dopo***


POV TERESA

Mi alzo di scatto. Sento il sudore freddo scendermi sulla fronte. Sarà almeno il terzo incubo nell’arco di due ore.

Eh, il dottore mi aveva avvisato che ormai i dolori fisici sarebbero stati gli ultimi dei miei problemi. Non ci avevo dato troppo peso e ora capisco quanto mi sbagliavo.

La vena si è cicatrizzata autonomamente e questo è un bene, anche la vita nella mia pancia è a posto. E quindi l’unico problema è che sussulto a ogni rumore, a ogni fitta nella gamba; l’unico problema è che continuo a sognare quel terribile momento, senza far a meno di piangere; l’unico problema è che ho bisogno di lui ventiquattrore su ventiquattro. Mi spiego meglio, il problema è che in questo modo il suo ego è lievitato enormemente.

“Così mi offendi. Sono tremendamente affascinate, è la pura realtà, non è il mio ego che lo dice.”

Sorrido e mi poggio sul suo petto nudo.

“La verità è che l’amore rende cechi.”

“La verità è che sono talmente bello che sei accecata da codesta bellezza.”

“La verità è che hai un ego sconfinato.”

Si, può essere… - poi facendosi serio- tutto a posto?  Vuoi raccontarmi cosa hai sognato?”

“Il solito, questa volta era solo più violento.” dico stringendo le mani in due pugni.

“Non ti preoccupare, passerà prima o poi. Io sono qui, e rimarrò con te fin quando lo vorrai, questo lo sai vero?”

“Si, lo so, e ti chiedo infinitamente grazie per tutto, per sopportare un’ invalida come me ogni giorno.”

“Beh,anche il tuo non è un compito facile…” dice, baciandomi con passione, troppa passione.

Mi ritraggo velocemente, portandomi una mano sul petto. Fa ancora male, molto male.

“Scusami…” sussurra e mi abbraccia, mentre io mi addormento cullata dal suo respiro e assicurata dal calore del suo petto.


 
***un anno dopo***


 
La rigiro più volte fra le mani. E’ una foto che ho fatto rimpicciolire e che porto sempre con me. La sera in particolare,  prima di tornare  a casa, mi perdo ad osservarla.

Io indosso un abito molto semplice, verde, lungo fino sotto le ginocchia. Patrick porta una camicia bianca, abbottonata a metà, con dei pantaloni neri. Entrambi abbiamo i capelli scompigliati dal vento, entrambi stringiamo tra le braccia una meravigliosa bambina di nome Diana, una piccola principessina di appena due mesi, con capelli biondi e occhi verdi.

Si, come avete sicuramente compreso, insieme avevamo superato il brutto periodo dopo il fatale evento.

Dopo otto mesi Patrick  aveva chiuso definitivamente col suo passato, liberando la sua mano destra dalla fede, riposta sulla tomba della moglie. Non che le avesse dimenticate, i fiori non mancavano mai, semplicemente ora le ricordava con gioia.

Dopo nove mesi esatti era venuta alla luce la piccola Diana, un perfetto mix di entrambi i genitori.

Dopo undici mesi Patrick Jane mi aveva chiesto di sposarlo.


 
***falsh-back, un mese prima***



“Si può sapere dove stiamo andando? Questa benda inizia a infastidirmi, parecchio.”

“Fidati Teresa e pazienta ancora un poco.”

Sbuffo, so che non ho speranza contro la sua testardaggine di un bambino di cinque anni. Ho appena terminato il mio lavoro al CBI e sono stanchissima. Mi ha pure costretto a lasciare Diana da Van Pelt ( è in cinta anche lei, tre mesi, di Risgby. Sapevo che prima o poi sarebbero tornati insieme.) Improvvisamente inizio a sentire profumo di salsedine e una piacevole frescura mi accarezza il viso.

“Siamo quasi arrivati” sussurra lui, con voce roca, decisamente troppo sensuale, tanto da far si che la mia schiena sia percorsa da un lungo brivido. E poi in una frazione di secondo lo sento scendere dall’auto, prendermi in braccio e dirigersi verso l’ignoto.

“So benissimo dove sto andando!” interrompe il miei pensieri e inizia a lasciarmi una dolce scia di baci sul collo e sulle guance.

“Dovresti iniziare a fidarti, sai?”

“Di te? Mai.”

“Teresa non mentire, ormai non ne sei più capace, oppure sono io che sono troppo bravo?”

Non gli rispondo e impegno semplicemente le sue labbra con le mie.

Dopo qualche minuto mi appoggia a terra, tenendomi la mano destra. Quello che sento sotto i piedi (scalzi per suo ordine) non è asfalto, non è nemmeno terreno… è sabbia! Mi investe un’ odore di salsedine, di verde. Il rumore delle onde che si infrange sul bagnasciuga è troppo forte, tanto che capisco velocemente che su questa spiaggia ci sono anche scogli. Mmm sto iniziando a capire dove mi ha portato.
 
“Lisbon, calmati, sei al sicuro no c’è bisogno che inizi a controllare in così ossesionamente ciò che ti circonda. Calma il tuo istinto di agente, per favore”

“Jane, è la mia natura. Hai in mente di farmi entrare in acqua?  Perché io ho delle robe non proprio adatte…”

“Ssh, Teresa, goditi questa meraviglioso silenzio…”

Lentamente mi leva la benda e per poco non piango nel vedere quello spettacolo.

La spiaggia è quella di Rockport, il cielo stellato, la luna…sulla riva c’è una piccola barchetta apparecchiata per due e lui ha in mano un vestito. Ma non un vestito qualsiasi: è proprio quello che mi aveva regalato tempo prima, che avevo indossato quella magica sera.

Mi fa segno di indossarlo, mentre vedo che ha pronto anche lui il cambio giusto.

Senza rompere il silenzio, ci svestiamo, con calma; chiudo gli occhi per un momento, respiro profondamente.

La pace di questo luogo è davvero magica e la presenza di Patrick mi rasserena ancora di più.

Apro gli occhi e noto i suoi vestiti cadere, per lasciare posto al completo di quella sera. Tutto questo lo fa senza smettere di fissarmi, con quei suoi occhi cerulei, lucidi per l’emozione.

Io non mi muovo, sono troppo in pace, felice…

Appena finisce di sistemarsi si avvicina e mi sfila quello che ho indossato per tutta la giornata. La mia pelle sembra bruciare al contatto con quella delle sue mani, calde, fredde allo stesso tempo. Prende il vestito e delicatamente me lo fa indossare.

I nostri occhi sembrano incantati gli una da quelli dell’altro. verde ne blu, blu nel verde. Entrambi sono lucidi, trattengono lacrime di felicità e gridano parole che non hanno bisogno di essere gridate, trasmettono sentimenti , sentimenti che possono essere detti solo con lo specchiarsi del blu nel verde, del verde nel blu.

E poi lo vedo sorridere, come solo lui sa fare. Mi prende le mani, le bacia. Entrambi abbiamo paura di parlare, la pace che si è venuta a creare è surreale e magica, proprio come questo luogo.

Dopo un tempo indefinito mi porta sulla barca, che spinge in acqua, per saltarci dentro anche lui poco dopo.

Mangiamo in silenzio e poi lui finalmente si decide a parlare.

“Teresa”

Il cuore mi sale in gola. Apre una piccola scatola di velluto rosso. Un piccolo anello, tempestato di piccoli smeraldi.

“Vuoi sposarmi?”

“Si!”

“Ti amo”

“Anch’io Patrick.”
 

***Fine flash-back***


Leggete se potete ascoltando happy Handy di Mika.

…Avevamo deciso di sposarci su quella spiaggia il giorno dopo. Non voleva perdere tempo e io ero d’accordo. E’ passato un mese, forse più, ma ricordo ancora tutto come fosse ieri.

“Ei” mi saluta un uomo dalla testa bionda, un uomo che ormai è mio marito.

“Ei, Jane”

“Odio quando mi chiamo così.”

“Io invece amo farlo, perché ricordo ogni volta cosa abbiamo passato insieme prima che tutto iniziasse. Mi fa capire che ne è valsa la pena.”
“E’ stato un po’ l’inizio dopo la fine, eh?” dice, riferendosi e indicando la foto.

Mi abbraccia da dietro  e inizia a baciarmi.

“Patrick, non qui.”

“Mmm…- si interrompe improvvisamente- Diana!” grida poi e corre nel bullpen. Ripongo la foto nel…beh questo è un segreto… e raggiungo gli altri.

Ringrazio Grace per essere stata così gentile ad averla portata.

“Ei, piccola” prendo tra le braccia il mio angioletto. Gli occhi verdi, i pochi capelli biondi. Patrick si avvicina, abbraccia anche lui Diana e fa segno agli altri, che ormai sono diventata parte integrante della nostra famiglia, di avvicinarsi.

“Non è bellissima?”

“Con due genitori così!” La piccola Grace, la solita.

“Si”-Cho, non cambierà mai..



Mi giro per vedere che fine abbia fatto..

“Risgby credi che un panino sia così importante da ammirare? Almeno mangialo.” Ecco l’ammonizione della sua fidanzata, nonché sua futura moglie, in cinta.

Nel frattempo Jane mi bacia dolcemente, mentre Diana applaude e sorride.

L’amore è l’arma più forte che esista. Può far male, ma quando è nelle tue mani potrai superare tutto.

Si, questo Teresa Lisbon lo sapeva bene…
 
 
 
 
Sto piangendooooo :’’) è finita! :’( scusatemi per il ritardo, non mi aspetto di essere perdonata, ma sapete la scuola mi ha occupato parecchio in questo periodo. Spero solo vi piaccia come ho concluso questa long che ho amato tanto scrivere e aggiornare.
Ringrazio tutti, quelli che hanno solo letto, quelli che hanno con pazienza recensito qualche capitolo (Fras,  Elina, Akiko__,  kate24, CarmenLove, bluebox) o chi li ha recensiti tutti, come mici71. GRAZIE!!!
Sono arrivata fino alla fine di questa impresa grazie a tutti voi, ve ne sono grata.
Ho già in mente un’altra long, in cui le protagoniste saremo noi! Inizierò a pubblicarla appena la scuola me lo permetterà.
*piangendo* alla prossima long, vostra
Th.
 
   
 
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