Storie originali > Azione
Segui la storia  |       
Autore: BeautifulMessInside    09/02/2013    2 recensioni
"Non hai paura di morire?" - "Non ho molte ragioni per vivere."
Cara non sarebbe dovuta salire su quell'aereo, non sapendo che Joseph Michaelson, detto il Lupo, sarebbe stato sul suo stesso volo.
Joseph non avrebbe dovuto salvare la ragazza, non sapendo chi lei fosse. Ma Joseph non ha idea di chi sia Cara e lei non può sapere che lui davvero farà il grosso sbaglio di salvarla.
Assassini, famiglie potenti, attrazioni pericolose e segreti nascosti in una storia dove non tutto è come sembra.
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
cap4

“Ti avevo detto di non farmi arrabbiare.”

La breve distanza tra loro fu coperta in un secondo. Joseph l’afferrò stretta per la vita tappandole la bocca con l’altra mano e la trascinò fuori senza troppa grazia. Appena qualche passo e Cara rimbalzò di nuovo sul letto, stavolta sbattuta con forza contro il materasso. Cercando di tenere l’asciugamano stretto a sé ignorò il dolore alle costole e si tirò su con la schiena.

Il ritmo del suo respiro era diventato frenetico, l’assassino stava dritto di spalle, i muscoli del dorso e delle spalle vistosamente contratti sotto la maglietta. Cara rimase immobile mentre lui chiudeva a chiave la porta, cercando poi di tirar fuori qualcosa dalla tasca dei jeans.

Cara sentì il cuore mancarle un battito, lo scatto del coltello arrivò alle sue orecchie amplificato e forte come lo scoppio di una bomba. Scosse la testa, gli occhi sgranati e la pressione sanguigna a mille, mentre cercava affannosamente una qualsiasi arma di difesa.

Joseph inspirò profondamente fissando l’italian stiletto stretto nella sua mano, il rumore del terrore di Cara un sottofondo appena percepibile, ogni fibra del suo essere assorbita dal riflesso della luce sul metallo. Le lame erano la sua arma prediletta, lo strumento di morte che aveva scelto alla fine del suo lungo addestramento. Ogni volta che teneva tra le mani un coltello, un pugnale o una katana, poteva sentire il gelo dell’acciaio impossessarsi di lui, annullando ogni ombra di sentimento nei confronti della vittima di turno. L’utilizzo delle armi da taglio rendeva il suo lavoro inevitabilmente più lungo, sporco e complicato, ma vi era un innegabile fascino poetico nel poter scegliere come e quanto infliggere ai propri nemici, con la piacevole possibilità di guardarli in viso durante tutto il procedimento.

La ragazza tuttavia non era un nemico della sua famiglia, né una vittima prescelta da suo padre, quell’omicidio sarebbe stato un’eccezione al codice, un atto di puro e necessario sadico piacere. Sospirò stringendo le dita attorno all’impugnatura, non poteva commiserare null’altri che sé stesso per quella situazione. Sentì in bocca il fastidioso sapore di qualcosa simile al rimorso, come sull’aereo. Imprecò in silenzio masticandolo via, decise di voltarsi e guardare la ragazza.

Cara stava iperventilando, inginocchiata sul letto stringeva l’asciugamano al petto con entrambe le mani, così stretto che le sue dita si erano fatte rosse di sangue. Sembrava ancora più pallida, eppure aveva il viso colorato dall’ansia e le labbra scarlatte. I suoi lunghi capelli biondi andavano lentamente asciugandosi in boccoli crespi e scomposti, mentre i suoi occhi blu lo fissavano, lucidi e spalancati.

“No..”

Sussurrò appena al suo primo passo, Joseph inclinò il viso verso di lei con le labbra leggermente protratte in avanti, sul suo volto l’accenno di un broncio sardonico. Cara sentì un brivido freddo correrle lungo la spina dorsale, c’era qualcosa di davvero spaventoso nella sua espressione, la guardava come fosse un patrigno arrabbiato pronto a punire la sua bimba disobbediente, come se cercasse disperatamente di mostrare compassione, ma in realtà stesse per esplodere dall’eccitazione.

“Cosa dovrei fare adesso con te, eh?”

L’assassino finalmente parlò, il tono apparentemente impassibile, la voce morbida e liscia come un liquido caldo pronto a scorrerle addosso. Più si faceva vicino e più sembrava calarsi nei panni del sadico torturatore. Mentre lentamente passava il coltello da una mano all’altra, riprese a fissarla nel modo che lei conosceva, il suo sopracciglio destro si sollevò piano, come se stesse davvero attendendo una risposta.  

Cara rimase lì sul letto a tremare, i suoi occhi dritti in quelli di lui, la pace nella stanza in completa antitesi al subbuglio interiore.

“Dovrei liberarmi di te?”

Un angolo della sua bocca si sollevò in un mezzo sorriso

“O forse dovrei farti male soltanto un po’?...”

Avanzò di un nuovo passo sollevando la lama, l’acciaio rifletteva la luce del tramonto imminente, spandendo un alone arancione per tutta la stanza.

“…Qualcosa che ti ricordi chi è che comanda.”

Ormai era a pochi centimetri, il coltello puntato verso di lei, così che la punta segnasse una linea immaginaria tra l’impugnatura ed il suo petto, in mezzo alle costole, là dove il suo cuore sembrare voler esplodere. Cara deglutì, aveva la gola secca ed il sentore che anche se avesse provato ad urlare, non le sarebbe uscito un filo di voce. Ormai riusciva ad immaginare chiaramente che tipo di dolore avrebbe provato una volta coperta l’ultima breve distanza tra lei e l’assassino, simile alla carta che ti taglia la pelle, rapido, fastidioso, acuto. Il tipo di dolore che svanisce ancor prima di vedere il sangue.

Lui sbatté piano le palpebre, ormai le sue ginocchia toccavano il letto e la ragazza era sempre immobile di fronte a lui, come se, ancora una volta, fosse pronta a morire. Inspirò l’odore della sua paura e sentì il sangue scorrergli più veloce nelle vene, totalmente combattuto tra la sua natura, l’istinto di uccidere e la voglia immensa, lussuriosa, di spingere la ragazza fino al limite.

Sollevò il coltello senza fretta ed avvicinò la curva della lama al viso di Cara, accostando lentamente pelle e metallo. La vide chiaramente fallire nel tentativo di contenere lo spasmo del suo corpo, stringere le spalle e trattenere il respiro.

Cara chiuse gli occhi d’impulso alla sensazione improvvisa di freddo, non solo in faccia, ma in ogni centimetro del suo corpo. Il coltello prese a muoversi lentamente, indugiando con la punta sulle sue labbra schiuse, sulla curva del suo mento, sulla linea della mandibola. Finalmente Joseph si fermò, il coltello pressato sul collo della ragazza, la lama inclinata contro la giugulare. Cara sentì che di lì a poco avrebbe iniziato a tremare, spaventata all’idea che, anche solo respirando o ingoiando, la lama le sarebbe entrata nella pelle. Non era più il dolore a farle paura, bensì l’idea di sanguinare a morte, sentire freddo, assaporare l’aroma ferruginoso del proprio sangue, perdere la vista e l’udito prima ancora di svenire e farla finita.

“Guardami.”

L’ordine dell’assassino la risvegliò dalla trance. Schiuse le palpebre espirando, lui le stava di fronte, gli occhi dritti nei suoi mentre si passava la punta della lingua sulle labbra. Sentì il coltello iniziare a scorrere verso il basso e si lasciò sfuggire un sospiro, la tremante premessa del pianto o forse della preghiera.

Joseph sorrise a labbra strette, in quel momento sentirla supplicare sarebbe stata dolce musica per le sue orecchie. Solitamente non avrebbe impiegato così tanto tempo per uccidere qualcuno, ma in questo caso specifico non aveva alcuna urgenza anzi, ogni secondo passato in quell’impasse accresceva la sua eccitazione. Nel retro della sua mente la tentazione di prolungare all’infinito quella deliziosa tortura.

Tutta la rabbia era scemata senza che nemmeno se ne rendesse conto e solo in quel momento l’assassino realizzò che Cara gli stava davanti, inginocchiata ed avvolta in nulla più che un asciugamano. Le sue pupille scorsero lente lungo la sua figura minuta, accompagnando l’impercettibile carezza con la punta del coltello. L’estremità del metallo, ormai calda del suo tepore corporeo, segnò una linea dritta dalla gola in giù, sbattendo contro la spugna in cui era avvolta.

Cara respirò a pieni polmoni, notando che gli occhi di lui non la stavano più fissando. Seguì il suo sguardo e sentì presto la lama toccarla di nuovo, stavolta in gola e poi più giù, scorrendo sopra il tessuto e lo sterno, nello spazio tra i seni, lungo la linea dell’aorta addominale. Un nuovo sospiro, più simile ad un gemito, sfuggì alle sue labbra. Sotto quell’asciugamano era nuda, completamente nuda e lui, ancora una volta, la stava guardando come fosse una torta di mele calda, come se non vedesse l’ora di addentarla.

Smise di muoversi, Cara riportò immediatamente l’attenzione al suo viso.

“Convincimi.”

Chiese. Lei deglutì cercando di capire.

“Convincimi a non ucciderti.”

Precisò, la voce bassa e vibrante, la richiesta quasi sussurrata. Cara colse un nuovo luccichio negli occhi dell’assassino, impossibile ignorare il modo in cui il suo sguardo le si spalmava addosso, difficile far finta che non ci fosse qualcosa di incredibilmente seducente in ogni sua mossa. Cara comprese di colpo come doveva essersi sentita Cappuccetto Rosso nel bosco con il lupo, perfettamente consapevole che lui l’avrebbe divorata, ma incapace di resistere al suo invito. Lei se ne stava lì, persa nello stesso medesimo dilemma, spaventata fino al midollo, ma attratta dalla sua sfida come un’ape dal miele. Convincimi a non ucciderti.

Cara abbassò il viso bagnandosi le labbra, il suo pugnale si era fermato proprio sotto l’ombelico, la punta rivolta verso quello che sembrava essere il reale desiderio dell’assassino. Inspirò ancora una volta sentendo un brivido correrle lungo la schiena. Si era persa nel bosco ed ora il suo lupo chiedeva pegno in cambio di una via d’uscita. Sollevò il mento per guardarlo dritto negli occhi

“Ti prego…”

Iniziò in un filo di voce

“…Ti prego non uccidermi.”

Joseph rimase saldo nella sua posizione, sollevando appena un sopracciglio. Il suo sussurro tremolava, tuttavia il tono era deciso. La ragazzina non voleva morire. Staccò il coltello dal suo corpo e distese il braccio, lei era bella, troppo bella, con le guance infiammate da una sorta d’imbarazzo e la presunzione di sembrare più coraggiosa di quanto non fosse.

“Convincimi.”

Insistette. Joseph strinse la presa attorno al coltello ancora una volta, stavolta per cercare di contenersi, e non dal pugnalarla. Cara raddrizzò la schiena e si fece più vicina, il respiro le tremava tra le labbra e le sue mani sembravano bollenti. Le sollevò lente, chiudendo gli occhi per un secondo, cercando di arrivare a lui nel tempo più lungo possibile. Gli toccò il viso, sentendo sotto le dita l’ispido della sua barba. L’assassino sussultò al contatto

“Ti supplico…”

Ripeté. Gli era pericolosamente vicino, ormai riusciva a sentire il calore del suo corpo e quello del suo respiro.

“…Farò tutto quello che vuoi… Non uccidermi.”

Joseph sentì tutto il sangue arrivargli nei pantaloni, ormai l’idea di ucciderla era lontana mille miglia. Le sue piccole fragili dita lo stavano toccando, inaspettatamente calde. La sua voce lo stava pregando, dolce come lo zucchero, disperata come il canto di un uccello in gabbia. Non poteva più resistere.

“Non è quello che voglio farti.”

Rispose chiudendo lo spazio. La sua bocca si lanciò contro quella di Cara in un bacio tutt’altro che delicato, lei rischiò di perdere l’equilibrio, ma Joseph la trattenne premendo il suo corpo contro il proprio. Ancor prima che potesse reagire, Cara sentì la lingua dell’assassino spingersi tra le sue labbra cercando accesso, nel suo respiro sapore di menta, fumo e metallo. Lo sentì emettere una specie di lamento e ben presto si sentì afferrata con forza per i capelli, costretta a sollevare il viso ed aprire la bocca. Nemmeno un istante ed ebbe coscienza che la lingua di Joseph stava danzando con la sua, mischiando saliva e sospiri.

Cara si rese conto troppo tardi che stava rispondendo al bacio, solamente dopo aver avvertito un’inaspettata fitta al basso ventre, lì dove non avrebbe mai dovuto. Gli passò le dita tra i capelli stringendo all’altezza della nuca, l’altra mano premuta contro il suo torace, provando con tutte le forze a spingerlo via.     

Joseph si sentì esplodere di aggressiva lussuria non appena le sue labbra l’avevano toccata. Erano carnose, morbide e sapevano ancora di sale. La voleva, la voleva in quel momento più di ogni altra cosa, ma non poteva permettersi di perdere il controllo, non con un ostaggio pronto a tutto per sopravvivere. Sentì la mano di Cara poggiarsi sul suo petto e si staccò dal bacio, ancor più eccitato all’idea di riprendere il potere. Scosse piano il capo afferrandola per i polsi, tenendoli entrambi serrati in una sola mano, mentre l’altra stringeva ancora il coltello. Passò la lama un’ultima volta sulle sue labbra, gonfie ed arrossate per il loro bacio violento, poi la gettò via in un angolo. Ormai non gli serviva più, avrebbe usato ben altre armi per rimettere la signorina al proprio posto.

Ancora bloccata, Cara lo sentì avvicinarsi e lasciare una scia di baci bagnati lungo il collo e la curva della spalla, la mano libera pronta a farsi strada dalla coscia in su. Strinse il labbro tra i denti, anticipando la sensazione delle sue dita tra le gambe. Era sbagliato, tremendamente sbagliato, ma non riusciva più a controllare gli spasmi del suo corpo. La realtà se ne stava lentamente andando, al suo posto la fantasia erotica più perversa, la scena di un film che, sperò, fosse proiettata solo nella sua testa.

Joseph le sollevò i polsi sopra la testa e la baciò di nuovo, cercando di esplorare ogni angolo della sua bocca, quasi fino a toglierle il respiro. L’altra mano era ferma sulla coscia della ragazza e lui determinato a non renderle le cose troppo semplici. Il modo in cui Cara aveva schiuso le gambe, probabilmente senza neanche accorgersene, era un chiaro segno della sua eccitazione. La ragazzina voleva essere toccata, oh sì… Solo che, Joseph sorrise tra sé e sé, la ragazzina non aveva ancora pregato abbastanza.

“Vuoi che ti tocchi, non è vero?”

Sussurrò nel suo orecchio. Cara si irrigidì al suono compiaciuto della sua voce, tese le braccia e cercò di scuotere la testa. Era inammissibile. inammissibile desiderare il proprio aguzzino, inammissibile che lui se ne accorgesse.

“No.”

Rispose, cercando di suonare decisa nonostante la voce bassa. Lui le sfiorò l’orecchio con le labbra.

“Ricordi? Riesco a capire quando stai mentendo.”

Bisbigliando le parole lasciò scivolare le dita sotto l’asciugamano e Cara si tese come una corda contro di lui. La mano continuò lenta la sua risalita, trovando la propria strada tra le cosce, adesso serrate, della ragazza. Non stava cercando di forzare una via, stava sapientemente accarezzando la sua pelle, pregustando il calore che riusciva già a percepire, aspettando che fosse lei a cedere e spalancare le gambe per lui.

“Dillo.”

Ordinò, usando la lingua contro il lobo del suo orecchio. Cara chiuse gli occhi, cercando disperatamente di non reagire a quel piccolo gesto. Poteva sentire le gambe tremare, non più sicura se fosse per paura o desiderio. La situazione era surreale, sconvolgente… Lui era sconvolgente, in ogni suo piccolo movimento, in ogni sillaba pronunciata… Lo stomaco le si annodò al solo pensiero di ammettere quell’inaccettabile voglia, un misto di vergogna, incredulità e repulsione.

“Dillo.”

Chiese di nuovo. Cara provò a pensare razionalmente per almeno un secondo. Stava cercando di salvarsi la vita e quello, in fondo, era solo un modo come un altro per sopravvivere.. Giusto?

“S..sì.”

Joseph riuscì a malapena a sentirla, ma era certo di aver capito. Riportò la faccia davanti a quella di Cara, prendendole il viso nella mano, stringendo quel poco che bastava per catturare la sua completa attenzione.

“Dillo come si deve.”

Scandì. Ed eccola di nuovo, la sua espressione seria, quasi sadica. Questa volta Cara si sentì come una scolaretta che ha sbagliato il compito di grammatica, pronta ad essere bacchettata dal maestro cattivo.

“To..Toccami.”

Disse, incapace di guardarlo negli occhi mentre glielo chiedeva. Le sue guance erano in fiamme.

“Ah. Ah. Ah…”

Obiettò lui, accompagnando le parole con la testa.

“…Hai dimenticato qualcosa.”

Quella era l’ultima, l’ultima goccia del suo autocontrollo. Il gioco era divertente, ma Joseph non sarebbe riuscito ad aspettare un secondo di più.

Cara inspirò a fatica. Era troppo, davvero troppo. Si ritrovò, quasi quanto l’assassino, a desiderare che quella tortura finisse e che lui prendesse finalmente ciò che tanto voleva.   

“…Ti prego.”

Sussurrò guardando a terra, immaginando sul suo viso un grosso sorriso soddisfatto. Joseph la strinse, poggiando la testa nell’incavo del suo collo, lì dove riusciva a sentire il battito accelerato del suo cuore, lì dove nessun sospiro o gemito sarebbe potuto sfuggire alle sue orecchie. Poggiando un ginocchio sul letto lo spinse con decisione tra le gambe della ragazza per obbligarla ad aprirle, la sua mano immediatamente pronta a farsi strada verso la meta.

Cara chiuse gli occhi aspettando il contatto, ormai totalmente spogliata del suo falso coraggio e della sua morale. Lui però non la toccò, bensì la spinse giù con forza, lasciandola cadere di schiena sulle lenzuola sgualcite. Scomposta, agitata e tremante, era l’immagine più invitante su cui mai avesse poggiato gli occhi. Ogni donna della sua vita era stata una conquista facile, senza sforzi o attese, ogni amante pronta e disponibile, ognuna di loro disposta a soddisfare le richieste più scellerate per poi sparire, senza rimorsi o sprazzi di dignità.

Ed eccola lì invece, la ragazzina dell’aereo, incerta, spaventata, accaldata, in attesa come una vergine la sua prima notte di nozze. Joseph rimase immobile in piedi davanti a lei, gli occhi incollati nei suoi, la voglia di esplodere sotto i vestiti. Non riusciva a muoversi, totalmente perso in quel momento di perfezione, l’attimo in cui sai di aver vinto e puoi già pregustare il sapore della vittoria. Il premio gli stava di fronte e lui avrebbe assaporato ogni secondo prima di stringerlo tra le mani.

Cara sentì i suoi muscoli perdere forza, come se gli occhi dell’assassino la stessero lentamente consumando. Nessun uomo l’aveva mai guardata in quel modo.. Dio mio.. Sembrava davvero volesse mangiarla. Ed una parte di lei, una minuscola parte di lei, sorrise in un angolo buio della sua mente.

Joseph sospirò un’ultima volta prima di avvicinarsi, poggiando le mani sulle ginocchia della ragazza, sollevando il tessuto mentre le accarezzava la pelle. Prese a sbottonarsi i pantaloni, deciso ad interrompere il più presto possibile quella specie di incantesimo, sicuro che una volta svuotato, ogni sorta d’emozione che quella ragazzina suscitava in lui sarebbe sparita.

Si spinse tra le sue gambe, pronto a liberarsi dell’asciugamano, pronto a scaricare su di lei tutta la tensione degli ultimi giorni, in qualche modo determinato a punire anche la ragazza per il suo arresto, per l’aereo, per quella stupida scelta, per la sua vita. Per tutta la sua vita.

Al suono improvviso di passi sul ponte Joseph si bloccò immantinente. Premendo una mano sulla bocca di Cara, affinché non avesse la brillante idea di urlare, tese le orecchie verso il rumore e nel giro di pochi secondi riconobbe il peso ed il ritmo di quei piedi. Cara lo sentì imprecare il suo disappunto tra i denti e tirarsi su

“Non provare ad urlare. Nessuno è venuto a salvarti, è solo mio fratello.”

Lei si tirò su in un secondo, memore di ciò che lui le aveva detto in precedenza. I suoi fratelli non sarebbero stati contenti di trovarla lì anzi, si sarebbero subito liberati di lei. Prese a guardarsi attorno nervosamente, senza capire se fosse più delusa o sollevata per l’interruzione. Se avesse fatto l’amore con l’assassino, forse poi, lui si sarebbe sentito in colpa ad ucciderla. Ragionamento idiota. Gli assassini non hanno sensi di colpa.

Joseph sospirò ancora una volta, avvicinandosi ad un cassettone nell’angolo opposto. Ne tirò fuori un ammasso stropicciato di tessuti e colori.

“Tieni. Mettiti qualcosa. E resta qui.”

Ordinò senza darle troppa attenzione, come se avesse completamente dimenticato la sua presenza. Del resto altri pensieri occupavano ora la sua mente, primo fra tutti cosa fare del suo ostaggio. Conoscendo Nathaniel, non l’aspettava nulla di buono.

“Aspetta!”

Cara cercò di bloccarlo prima che sparisse, Joseph inchiodò e sbuffò rivolgendole un’occhiata impaziente. Lei sollevò le spalle per un istante, anche se lui sembrava aver rimosso tutto al volo, lei non riusciva ancora a togliersi dalla testa ciò che stava per fare, rendendosi conto, all’improvviso, di non sapere neppure con chi stesse per farlo.

“Non so nemmeno come ti chiami.”

Precisò a bassa voce, lasciando la domanda implicita. Joseph le rivolse finalmente attenzione, sentendo nel petto il peso del proprio nome, pieno d’orgoglio come ogni singola volta che gli veniva offerta l’opportunità di pronunciarlo. Non era per vanità, ma per rispetto, sempre e comunque fiero di portare  quel cognome. 

“Joseph. Il mio nome è Joseph Michaelson.”

Disse con un lampo negli occhi, sparendo subito dopo. Buona cosa, pensò Cara. Se fosse rimasto lì l’avrebbe vista tremare, se fosse rimasto lì avrebbe senz’altro colto l’ombra di una smorfia di disgusto sul suo viso, l’inevitabile contrazione al suono di quelle parole.

 

////////

 

Nathaniel. Saliti i pochi scalini lo vide di spalle, i capelli scuri mossi dal vento e le mani poggiate sui fianchi. Anche guardandolo da dietro riusciva a vedere il suo perenne sorriso compiaciuto. Lui si voltò quasi immediatamente, come previsto due lunghe file di denti bianchi riflettevano la luce della luna sul suo viso da bambino.

“Fratello!”

Esclamò con entusiasmo allargando le braccia, quasi si aspettasse un caldo abbraccio di benvenuto. La sua voce squillante, ancora forte di accento inglese, riecheggiò in mare aperto. Joseph digrignò i denti afferrandolo per il colletto della camicia e sbattendolo forte contro la cabina di pilotaggio.

“Stupido idiota! Ti avevo chiesto solo una cosa, una soltanto! Tutto quello che dovevi fare era essere puntuale!”

Nathaniel non smise di sorridere, sforzandosi di aggrottare le sopracciglia

“Sono stato puntuale! Voglio dire, lo sarei stato.. Ero già praticamente per strada quando..”

“Quando cosa Nate?”

“Pushkin.”

Fu come se un’incudine da mezza tonnellata fosse piombata tra loro.

“Vladimijr Pushkin?”

“Il solo ed unico! Me lo sono trovato di fronte mentre uscivo dal bar per venire a prenderti…”

Joseph mollò la presa sul fratello e Nathaniel si ricompose immediatamente

“…Inutile dirti che ho dovuto sprecare il mio prezioso tempo per ripetergli, ancora una volta, che non abbiamo idea di dove sia finita quella cagna di sua figlia.”

Quello era ovviamente un eufemismo. Erano stati necessari cinque uomini, due pistole, nonché una spranga di ferro affinché il russo ed il suo entourage mollassero la presa.

Joseph si passò una mano sulla faccia, senza alcun bisogno di pronunciare quel nome ad alta voce. Katrina. Katrina Pushkina. L’unico grande errore di Elia. Il peggiore. La donna in questione era effettivamente la moglie di suo fratello, se non altro legalmente. Il loro matrimonio era stato pianificato da suo padre e Pushkin come una qualsiasi altra transazione di lavoro, il modo perfetto per siglare un’alleanza tra famiglie in vecchio stile regency. Purtroppo però, Elia non era riuscito a trattenersi, si era innamorato della ragazza, sia stato per i suoi grandi occhi scuri o per la crudeltà pura celata dietro il viso d’angelo. Ad ogni modo la stronza aveva deciso di sparire due anni prima, fuggendo nel cuore della notte, senza lasciarsi tracce dietro. Joseph era convinto che suo fratello sapesse più di quanto non volesse ammettere riguardo le ragioni di Katrina, tuttavia lei non sembrava voler essere trovata e alla fine tutti loro avevano smesso di cercare. Tutti eccetto Vladimijr. Quell’uomo era davvero una spina nel fianco.

“Come faceva a sapere che eravamo a Johannesburg?”

Nathaniel sollevò le spalle

“Non ne ho idea. Suppongo che ci spii ancora.”

Joseph afferrò il suo stesso mento come se avesse bisogno di riflettere

“Ed io suppongo che ci sia lui dietro il repentino arrivo degli sbirri.”

Sentì le mani stringersi in due pugni chiusi. Maledetto il giorno in cui quell’arpia sovietica aveva varcato la soglia della loro casa.

Nathaniel sospirò rumorosamente passando le dita tra i capelli

“Beh…Visto che siamo in tema, Elia ci aspetta!”

Esclamò trillando come un ragazzino, entusiasta al pensiero di passare finalmente un po’ di tempo con i suoi fratelli maggiori. Pur sembrando strafottente e vanesio la maggior parte del tempo, aveva davvero un gran senso della famiglia, esattamente come ogni altro Michaelson.

“Lui dov’è?”

“Comodamente seduto in elicottero, sulla spiaggia di una deliziosa isoletta deserta qui vicino.”

Joseph sospirò, sentendo lo stomaco smettere di contorcersi per un po’. Aveva bisogno di rivedere Elia, una grossa dose della sua imperturbabilità gli avrebbe davvero fatto comodo.

 

///////

 

Cara frugò tra gli stracci che aveva in mano, individuando una specie di prendisole bordeaux ed un bikini nero. Non esattamente i suoi colori, ma in mancanza di una boutique e di biancheria intima pulita, sarebbero andati più che bene.  Portò i vestiti al naso e riconobbe profumo di crema solare e cocco. Odoravano di vacanze, pensò, come se fossero stati indossati durante un romantico viaggio alle Hawaii. Iniziò a pensare alla donna cui potessero appartenere e lentamente unì i pezzi del puzzle, sommando quell’odore e quei vestiti ai cosmetici che aveva intravisto nel bagno. La barca doveva appartenere a qualcuno, qualcuno che senza dubbio non era Joseph Michaelson. Lentamente, ma chiaramente, iniziò a tracciare le possibili conclusioni, trovando risposta ai suoi precedenti interrogativi. L’assassino aveva rubato la barca, togliendo di mezzo i legittimi proprietari. Dopodiché aveva navigato il più lontano possibile dal punto d’impatto dell’aereo. O forse i suoi fratelli l’avevano presa per lui, lasciandola a portata di mano dopo il volo in paracadute. Senza dubbio qualcuno ci aveva rimesso la vita.

Il suono distante di una risata mascolina la riportò alla realtà. Cara sospirò ficcandosi velocemente costume ed abitino, poi tese le orecchie al piano di sopra. Non riusciva a cogliere le parole precise, ma si trattava senza dubbio di una chiacchierata amichevole. Quello sarebbe stato il momento migliore per tentare una nuova fuga. Peccato che tutt’intorno ci fosse solo acqua e lei non avesse la minima possibilità di riuscire a nuotare per miglia fino alla terra ferma. Ascoltò ancora una risata e si decise a muoversi, cercando di spiare il nuovo venuto. Suonava contento dopotutto, forse non l’avrebbe uccisa seduta stante.

Presa dall’urgenza di capire almeno che faccia avesse, Cara cercò di sbirciare senza far rumore, sollevando la testa al di sopra della scaletta. Sembrava solo un ragazzo, notò, più giovane del “suo assassino” e dai tratti diametralmente opposti. Capelli scuri e lisci, occhi castani dal taglio vagamente orientale, pelle rasata, tratti delicati, non fosse stato per le folte sopracciglia ed il sorriso beffardo.

Il ragazzo colse la sua presenza quasi immediatamente, interrompendo l’ultima frase a metà e piantandole gli occhi addosso come macigni. Quello non era certo lo sguardo di un ragazzino innocente. 

Nathaniel sollevò le ciglia senza distogliere l’attenzione da Cara

“Oh Oh Oh!”

Esclamò, come una specie di raccapricciante Santa Klaus. I suoi piedi si mossero verso la scala, i passi intervallati da sguardi divertiti ed ammiccanti verso il fratello.

“Cosa abbiamo qui?”

Afferrò la ragazza per il vestito e la costrinse e venir su per gli scalini. Esaminò Cara dalla testa ai piedi per poi rivolgersi a Joseph con un gran sorriso

“Hai preso un souvenir?”

Lui restò serio, cercando di ignorare l’estremamente fastidiosa consapevolezza che la ragazzina aveva ignorato i suoi ordini, ancora una volta. Doveva restarsene sotto fino al suo ritorno. E lui avrebbe fatto meglio a legarla. 

Nathaniel sollevò le mani incapace di togliersi l’espressione compiaciuta dalla faccia

“Tranquillo fratello, non sto giudicando! Lo so che un uomo ha bisogno di tenere le mani occupate in certe situazioni.”

Il suo tono si era fatto allusivo, tornando a guardare la ragazza. Cara trattenne il respiro sentendosi scrutata come sotto ai raggi x. Quella era di certo un’abilità che i Michaelson avevano in comune, ciononostante lo sguardo del più giovane era forse ancor più inquietante. E perverso.

Lui si avvicinò, passandole due dita tra i capelli, portandosi una ciocca al naso. Inspirò profondamente.

“Ha un buon odore.”

Commentò, rivolto al fratello come se lei non ci fosse nemmeno. Cara strinse le labbra e cercò di divincolarsi dalla sua presa.

“E non l’hai ancora domata a quanto vedo.”

Nate ridacchiò al suo tentativo, afferrandola con forza all’altezza del braccio. Serrò la presa e la strattonò verso di sé

“Sta’ buona dolcezza.”

Ordinò, serio di colpo.

Cara sgranò gli occhi avvertendo la sua mano addosso e le dita che giocherellavano col laccetto del suo bikini.

“Ora basta.”

Joseph si decise finalmente a parlare. La vista di suo fratello minore spalmato addosso alla sua ragazza dell’aereo iniziava a dargli la nausea. Nathaniel mollò la presa su Cara pur restandole accanto    

“Oh Joseph…”

Sospirò

“…Sempre così restio a condividere! Toglie punti al tuo fascino, sai?”

“Ho detto basta Nate.”

Il tono ancora fermo, gli occhi puntati sul fratello come un’aquila. L’altro sollevò le mani allontanandosi finalmente dalla ragazza

“Come vuoi…”

Sospirò, passando i palmi sul colletto della camicia per accertarsi che il suo aspetto fosse ancora una volta impeccabile

“…Ad ogni modo, cosa vuoi farne di lei? Come stavo dicendo pocanzi Elia attende.”

Cara divenne di pietra. Il momento era arrivato ed un sospiro le sfuggì dalle labbra. Un assassino appassionato di coltelli ed il suo terrificante fratellino stavano decidendo della sua vita, le sue chance di sopravvivere erano praticamente inesistenti.

Joseph però non lasciò cadere quel suono ed il suo sguardo incontrò subito quello di lei. Era stranamente difficoltoso, per una volta, riuscire a capire cosa stesse pensando. Aveva paura, era evidente, ma una paura diversa…  Come se l’dea di morire per mano di Nathaniel fosse più spaventosa di qualsiasi morte lui potesse offrirle. Tutta la sua attenzione era per lui, come se suo fratello fosse divenuto trasparente, i suoi grandi occhi blu gli brillavano addosso e Joseph sentì finalmente il peso della vita tra le mani. Cara stava aspettando, in religioso silenzio aspettava qualcosa. L’assassino sbatté le palpebre più volte sperando che quell’immagine in qualche modo sparisse.

“Se preferisci me ne occupo io.”

Si offrì “gentilmente” Nathaniel, pronto a tornare sui suoi passi con espressione del tutto ordinaria.

Joseph chiuse i pugni

“No.”

“Ok, pensaci tu allora.”

Mandò giù. Il sapore dolce salmastro delle sue labbra ancora in bocca.

“Non la uccideremo.”

Sentenziò. Sia Nathaniel che Cara gli puntarono gli occhi addosso come se avesse appena detto qualcosa di assurdo.

“Non ancora almeno.”

Si sentì di precisare, rivolgendosi esclusivamente a suo fratello

“Era sull’aereo. Sapeva chi ero e perché mi trovavo lì.”

L’altro arricciò il naso

“Credi sia una spia? La spia di Pushkin magari?”

Cara si morse il labbro per non parlare. Non aveva idea del perché l’assassino stesse mentendo, o se davvero fosse convinto di quello che stava dicendo, ma se ciò voleva dire restare in vita ancora un giorno, certo non avrebbe commesso di nuovo l’errore di proclamarsi del tutto innocente.

Joseph sollevò le spalle, serio ed impassibile

“Non lo so ancora. La ragazzina non è stata molto disponibile al dialogo, ma sono convinto che presto canterà.”

Nathaniel non trattenne il sorriso

“Conoscendo i tuoi modi fratello, non ho dubbi!”

Digrignando i denti, prese a sfregarsi le mani

“Bene…In tal caso prendi pure il tuo nuovo cucciolo e andiamocene. Tutta questa umidità mi rovina i capelli.”

Il più giovane saltò giù dalla barca con agilità, senza nemmeno barcollare, mentre tornava alle redini del motoscafo che l’aveva portato fin lì.

Cara e Joseph si guardarono di nuovo senza dir nulla. Davvero credeva che fosse una spia? O aveva qualche altra incomprensibile ragione per portarla con sé? Lui abbassò gli occhi per primo, si stava chiedendo se non fosse meglio prendere le chiavi della barca e mollarla lì. Non avrebbe avuto nulla da bere, e non mangiava già da due giorni, forse sarebbe morta prima che quelli della guardia costiera si decidessero a controllare come mai la barca degli Schultz non fosse rientrata in porto.

E se invece l’avessero trovata prima? Per il resto del mondo Il Lupo era morto in quell’incidente aereo ed è così che le cose dovevano restare, almeno per un po’. Si leccò le labbra. Se l’avesse lasciata lì si sarebbe per sempre ricordata di lui come del bastardo che l’aveva rapita, quasi violentata, e poi condannata ad una morte di stenti. Sarebbe stato solo quel brutto ricordo per lei e, sicuramente, la ragazzina avrebbe mosso mari e monti purché lo trovassero e ficcassero a vita in una cella senza uscita.

Ma perché se ne stava preoccupando? Poteva spararle, strangolarla, annegarla o tagliarle la gola in qualsiasi momento. Tutto quello che doveva fare era scegliere un’opzione.

“Muoviti Joseph! Non abbiamo tutta la notte!”

No. Non l’avevano. Dopo le prime 24 ore dallo schianto probabilmente stavano allargando la zona di ricerca e ben presto avrebbero notato la loro barca nella stessa medesima posizione. Anche se i coniugi Schultz avevano lasciato il porto con le dovute autorizzazioni ed il permesso di attraversare le acqua internazionali, ormai sarebbero dovuti arrivare a Capo Verde già da un po’.  Senza contare che Elia li avrebbe certamente abbandonati tutti e due al loro triste destino se non fossero tornati nel tempo stabilito.

Indicò al di là del parapetto con un rapido cenno della mano.

“Avanti.”

Cara schiuse le labbra senza emettere suoni. Avrebbe potuto chiedergli di lasciarla lì, ma a che scopo?

Guardò avanti a sé e strinse il metallo tra le dita mentre scivolava sull’altra imbarcazione. Così vicina all’acqua, completamente avvolta dall’oscurità e dai suoi rumori, strinse le braccia al petto. Joseph le fu subito dietro, mollando poi la cima che teneva lo scafo legato alla barca.  Le si sedette accanto, ma non la guardò più, per tutto il tempo di quel viaggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Azione / Vai alla pagina dell'autore: BeautifulMessInside