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Autore: Cornfield    20/02/2013    2 recensioni
(Dall'ottavo capitolo):
Non riuscivo a crederci. Non riuscivo a guardarla in faccia, non meritavo di guardarla in faccia, non sapevo suonare, non sapevo allacciarmi le scarpe, sapevo solo di non sapere. Ero un completo disastro.
E mia madre aveva ragione.
Scesi di corsa dalle scale e uscii da casa, mentre mia madre piangeva lacrime amare, mentre il cielo piangeva e la mia faccia era completamente bagnata.
Dal sudore, dalla pioggia e da altrettante lacrime.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Per festeggiare il nostro fantomatico successo al Gilman Street ci riunimmo tutti a Christie Road, l'unico posto che ancora non mi aveva tradito.
Tutti avevano portato alcool e spinelli per perdersi in una nuvola di fumo, in un fondo di una bottiglia e per dimenticare un attimo ogni cosa.
Io, Mike e Al Sobrante ci sedemmo su una panchina consumata dove chissà quante persone li avevano perso la verginità. Volevamo anche noi inebriarci per pochi istanti, di illuderci che il mondo è un posto onesto e giusto, per poi vomitare tutto il giorno dopo.
Il batterista stappò le birre con violenza e ce le porse. Una volta che quel caldo liquido gli invase la bocca, già stravolto, articolò qualche frase tipo "Lo spread è basso come quello di Stephane" o "Mi dispiace che a te non piace il vaso, io lo amo e me ne faccio una ragione". Dopo le sue perle di saggezza finalmente sembrò dire qualcosa che non c'entrava con i cani, i telefoni e l'immondizia.
"Devo farvi conoscere una persona" strascicò quasi in preda alla pazzia.
"Tua madre?" fece Mike ubriaco fradicio.
"Quella dopo. E' nuova di qui e vorrebbe conoscere Christie Road e voi."
"E' una pedofila?" Continuò il bassista.
"Si è una pedofila che si chiama Adrienne, mi sembra, non lo so, non mi interessa." A stento Al Sobrante riusciva a parlare, praticamente posseduto dall'alcool.
"Adrienne? Una marca di lavastoviglie?" Mancavo solo io a quella conversazione totalmente senza senso.
"Si sono una marca di lavastoviglie, piacere" Parlò una voce alle mie spalle.
Mi girai. Era alta, la faccia paffuta, gli occhi di un celeste intenso e i capelli stile Bob Marley.
All'inizio non riuscivo neanche a riconoscerla bene visto che la mia vista era offuscata, cosi come lo era il mio intero cervello.
"Questa è Adrienne" Gridò al Sobrante come se volesse annunciarlo a tutti.
Riuscii ad alzarmi a malapena, intontito. Le porsi la mano, se non sbaglio, o forse non lo feci. Ho dei vaghi ricordi del nostro primo incontro, ma so solo che mi comportai come un perfetto idiota, ovvero insomma come mi comportavo tutte le altre volte in sintesi.
Mi ricordo che anche lei si ubriacò senza pudore e scherzava e rideva.
Tuttavia mi era quasi antipatica, forse perché ero solo stordito dall'alcool, o forse ero e sono soltanto un perfetto idiota, ecco tutto.
La rappresentavo quasi come una minaccia, come se io potessi soltanto parlare con Amanda. Non potevano esistere altre ragazze come Amanda.
E invece questa Adrienne era spensierata e fumava anche le canne.
Ero in preda ad una strana confusione, dovuto a due mali: l'alcool e l'amore.
 
Il giorno dopo ovviamente passai i miei 3/4 di ore in bagno, quasi come se fosse diventata la mia casa.
Vomitai tutto quello che avevo dentro, perfino le mie illusioni, e Mike mi faceva da spalla.
Quando finalmente ci riprendemmo, decidemmo di andare a provare a casa di Al. Eravamo ad un buon punto. Io avevo scritto altre 2 canzoni e a breve il nostro prossimo EP sarebbe uscito.
Mentre passavamo per St.James Street incontrammo Drew, uno dei tanti amici che ci eravamo fatti a Christie Road. Li eravamo tutti una famiglia, eravamo tutti emarginati e con gli stessi problemi, con gli stessi sogni e gli stessi occhi da bambini.
"Ragazzi devo farvi vedere una cosa incredibile!"
"E' la settimana delle sorprese?" Fece Mike.
"Basta che non sia una lavastoviglie" Dissi io.
"Meglio, seguitemi".
Lo facemmo per un buon quarto d'ora, finché non ci porto in una vecchia catapecchia in stile punk.
Drew cercò qualcosa tra delle scatole ammucchiate in fondo alla stanza finché finalmente non estrasse qualcosa.
Era una boccetta che conteneva, o almeno quello che mi sembrarono a prima vista, pillole.
"Cosa sono?"
Drew rise a crepapelle, come se avessi detto chissà cosa. Io e Mike ci guardammo straniti.
Dopo che smise con le lacrime a gli occhi fece: "E' una cosa meravigliosa, il dono degli Dei dell'olimpo, anfetamina."
Non avevo mai sentito quel nome. E non avrei mai dovuto sentirlo.
"Ma è droga?"
Il nostro caro amico rise di nuovo, in preda agli spasmi.
"Cos'è la droga? La droga può essere la TV, il letto o la musica come qualcuno sostiene. Ma l'anfetamina è qualcosa di più. E' vita."
Guardai Mike e lui fece lo stesso, mentre Drew era ormai posseduto dalle risate. Anche io volevo essere come lui. Anche io volevo sorridere veramente e non facendo battute squallide.
Anche io volevo cercare il modo per vivere la vita. E se l'anfetamina era la vita, perfetto.
Questo sporco mondo faceva schifo e non potevo rifugiarmi da nessuna parte. L'alcool e gli spinelli, una volta consumati non producevano niente.
Mi ritrovavo sempre li a vomitare in quel fottuto bagno.
Esitai a prendere la boccetta.
Un momento cosa stai per fare Armstrong? Vuoi drogarti? Cerchi conforto in questa schifezza?
Ma alla fine lo feci.
Drew sorrise furbamente.
Guardai ancora una volta Mike, ma cosa potevo sapere da lui se anch'egli era in preda alla confusione?
Aprii la boccetta.
Sei ancora in tempo per rifiutare Armstrong.
Presi una pillola.
Non farlo, ti rovinerai.
La misi in bocca.
Non capii più niente.
Cominciai a ridere goffamente e ad osservare Hot dog volanti che danzavano sulla testa di Drew,
E mentre sorridevo in quella beatitudine non sapevo che mi sarei rovinato.
La droga avrebbe cominciato a corrodermi piano piano,a mangiarmi tutto ciò che avevo dentro.
Non lo stomaco o i polmoni, ma la voglia di vivere la vita stessa.
Un passo verso l'autodistruzione.
Sono sempre stato il mio peggior nemico.
 
  
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