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Autore: Amber_ G_ Keldridge    24/02/2013    1 recensioni
Cosa succederebbe se al dio degli inganni venisse data la possibilità di redimersi? E se lui accettasse, seppur con reticenze? Se incontrasse , per uno scherzo del destino, una persona capace di cambiargli la vita? E se quella persona, in qualche modo, avesse a che fare con lui più di quanto egli immagini?
E se tutto diventasse ancora più complicato a causa della minaccia di un nemico?
Il primo ad esser scettico è lo stesso Loki, che dovrà far fronte alle conseguenze dei propri piani di dominio su Midgard, facendo così ammenda dei danni verso la Terra.
Ovviamente, quando viene bandito da Asgard in attesa della decisiva sentenza di Odino, non si aspetta di incrociare una giovane vedova e madre dall'oscuro e triste passato, né di accorgersi che forse non è stato tutto soltanto frutto del semplice caso.
Questa storia è ambientata subito dopo gli eventi in "The Avengers" e non segue la trama di "Thor: The Dark World" etc.
Eventuale OOC: Loki
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thanos, Thor, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Allora, miei cari! Finalmente, dopo un attimo di smarrimento (povera me -.-” ) sono tornata sui miei passi, e ho trovato la forza per pubblicare questo capitolo che non si decideva a venir fuori! Avete ogni diritto, e anzi il dovere, di insultarmi, tirarmi rifiuti, e anche picchiarmi direttamente dallo schermo del PC per tutto il tempo che vi ho fatto deliberatamente aspettare! Me lo merito sul serio! Spero proprio che il capitolo, nonostante sia tutto tranne che lungo, sia all'altezza di tutto il tempo che ho fatto aspettare e che possiate perdonarmi, non sapete quanto sia forte il mio imbarazzo e senso di colpa! :(
Un bacio, Snow.


POV LOKI

Arrivarono alla base dello S.H.I.E.L.D un'ora e mezza dopo esser partiti dalla colossale Torre di Tony.
Per tutto il tragitto Loki e Stark non parlarono d'altro se non di come si potesse neutralizzare al massimo l'esercito di Thanos rendendolo innocuo come un gregge di agnellini: Tony pensava di dover ricorrere ad armi necessariamente non nucleari, per la salvaguardia del territorio dove i mostri avrebbero attaccato, e a puntare a formare un esercito il più possibile compatto e renderlo a dir poco invincibile. C'era sempre una piccola, forse minima parte che Loki e i Vendicatori potessero essere sconfitti, e ormai il malinconico Padre degli Inganni aveva imparato a non farsi troppe illusioni, restare con i piedi per terra ma contemporaneamente tenere gli occhi puntati sul traguardo e affrontare la situazione da uomo e non più giovane doppiogiochista e ingannatore. Dopo ciò che era successo con Carey aveva imparato una lezione: la verità, in un modo o nell'altro, viene sempre a galla, e per quanto si tenti di nasconderla, camuffarla o ignorarla essa riaffiorerà presto o tardi. Inevitabilmente ciò che lui aveva fatto gli era poi ricaduto addosso come pioggia gelida, la stessa che era stata testimone di uno dei più grandi dolori che avesse mia provato.
Ma non era il momento di abbandonarsi al pessimismo, bisognava agire e in fretta.

“Dunque tu proponi di usare armi potenti ma, come io ho aggiunto, non nucleari per non devastare il territorio?” “ Si, Uomo di latta, esattamente!” “Beh, è una sfida! Ma le sfide dopotutto mi sono sempre piaciute e questa sarà ricordata come la più grande delle battaglie nell'universo, almeno dopo il secondo conflitto mondiale....” “Il cosa?” lo interruppe Loki, non sapendo a cosa si stesse riferendo Stark, ed egli, gesticolando con una mano, chiarì le parole che all'Ingannatore sembravano così prive di significato: “Vedi, voi Asgardiani non avrete sentito parlare di questa storia successa quasi più di mezzo secolo prima, ma invece mio padre, il quale è venuto a mancare, e in particolare Steve, se lo ricordano bene, come fosse ieri. Una guerra durata anni, costata vite su vite, sacrifici e sofferenze atroci a milioni di persone, a causa di un fanatismo che stava dilagando in quegli anni, e in tempi paralleli intanto il Teschio Rosso stava cercando il Tesseract, che ricorderai bene.... Beh, stavo dicendo che, se da una parte questa sarà una guerra di proporzioni mastodontiche, dall'altro spero che coinvolgerà il minore o nullo sacrificio di vite innocenti di civili. A quel punto sarebbe inutile anche una schiacciante vittoria, se non rimanesse più nulla né nessuno.”; Loki annuì. In effetti, aveva sentito parlare da Odino di una cosa simile anni e anni prima, ma non si era mai interessato più di tanto, essendo ancora il suo disprezzo e senso di superiorità nei confronti degli umani più che vivi nel suo animo.
“Sarà un compito difficile ma nulla per Tony Stark è impossibile, ricordalo bene Bambi!” “Stark, ti ho già detto che...” “Che non devo chiamarti Bambi, né con altri nomignoli ridicoli ! Lo so, scusa non ho resistito!” disse Stark imitando la voce di Loki e la loro cadenza in maniera perfetta. Loki, dopo averlo squadrato male e con disapprovazione marcata, sospirò, alzando gli occhi al cielo: “Oh, per tutti i tuoni, fa' come ti pare, non mi importa più come mi chiami!” “Oh, bene, allora da questo momento potrò abusare di tale permissione?” “NO!!” tuonò Loki esasperato: “Possiamo parlare di cose serie!? Stiamo sull'orlo di una guerra con i Chitauri, per la barba di Odino!” “Va bene, la pianto davvero!” “Bene!” sbottò infine Loki, sfiancato dal nervoso che gli procurava lo scienziato. Era davvero impossibile! Di quel passo Stark non sarebbe mai arrivato a vedere il giorno della guerra perchè Loki lo avrebbe fatto fuori prima! Devo mantenere i nervi saldi o questo qui mi farà prendere un esaurimento nervoso! Avanti Loki, non puoi perdere le staffe per un imbecille del genere! Ritorna in te!


Percorsero di nuovo la sala principale dello S.H.I.E.L.D e arrivarono infine nella sala riunioni, dove erano raccolti tutti i membri, tranne Thor, il quale era partito in missione.
“Allora, come è andata la visita?” chiese ingenuamente Steve, il quale, come gli altri tranne Stark e Loki, era del tutto all'oscuro di quello che era successo con Carey. A quella domanda Loki si rabbuiò e non ebbe il coraggio di rispondere, sentendo le stesse corde vocali tremare per la voglia di piangere ancora. Ma invece, in un attimo di orgoglio, chinò il capo e tacque. Tony, capito il messaggio, rispose per lui, sospirando: “Diciamo che... L'incontro romantico è diventato una seduta per cuori infranti....” “Cioè?” fece di nuovo Steve, continuando a non capire quel linguaggio ermetico per lui, ma semplice per chi era nato nel XXI secolo. Tony alzò gli occhi al cielo, come a dire “Ti prego, non farmi rigirare il coltello nella piaga no!”: “Per farla breve, è andata male!” “Oh, non immaginavo che...” ribattè Rogers imbarazzato, e con gli occhi di tutti, Loki compreso, puntati su di lui. “Non fa niente, ormai è andata.” disse Loki, riacquistato il possesso della voce. Tutti lo stavano guardando con un misto di compassione, malinconia e biasimo. Il dio degli inganni allargò le braccia, sforzandosi di sfoggiare uno dei suoi soliti sorrisetti: “Cosa c'è da guardare? Allora, vogliamo salvare questa dannata Midgard o stare a guardare mentre Thanos ci ammazza tutti?! Eh?!”, ma gli altri lo guardarono ancora più intensamente: “Qual'è il vostro problema? Abbiamo un lavoro da svolgere, o sbaglio? Perchè continuate a fissarmi come se fossi il parente di un defunto appena tornato dal funerale? Sentite.... Se non avete intenzione di collaborare, me ne ritorno nella mia stanza e rimango lì fino a che quel dannato mostro non viene a prendermi, così la faccio finita una volta per tutte!”. Non ottenendo risposta, nemmeno dallo stesso Fury, innervosito si scaraventò fuori dalla stanza, dirigendosi alla sua cabina con passo pesante e un gran peso sul cuore.
Giunto alla cabina, chiusasi la porta automatica, la bloccò con un comando che serviva da serratura.

POV A.C. (ALL CHARACTERS)

Con loro grande sorpresa, erano dispiaciuti per Loki e, con loro stessa meraviglia per lui provavano una forte compassione. Forse per quello, o per il fatto che ancora non aveva digerito la storia, Loki se ne era andato via dalla sala come la Furia in persona, o forse perchè sapeva che in realtà ciò che gli altri vedevano in lui corrispondeva alla verità: era triste, infelice e, soprattutto, nonostante volesse far credere di essere concentrato solo sul da farsi per la guerra, tutti sapevano che la sua testa era da tutt'altra parte, oltre New York, in un quartiere di periferia. In quel momento avrebbero preferito che Loki fosse quello che avevano conosciuto tempo fa: meschino, ingannatore, pazzo e crudele, a quello attuale, malinconico e totalmente immerso nell'autocommiserazione. Ci mancava che si rifiutasse di collaborare e poi sarebbe stata fatta una bella frittata, e gli ingredienti però sarebbero stati loro!
“Qualcuno deve andare a parlargli.” disse poi, dopo un profondo silenzio, Natasha, attirando su di sé l'attenzione di tutti. “Non pretenderete di aspettare che ritorni lui da noi?” “Sei un'abile manipolatrice, perchè non vai tu? Sei una spia, è il tuo lavoro persuadere e carpire informazioni.” ribattè Stark, con fredda ironia. Natasha le lanciò un'occhiataccia: “Non credo di stargli molto simpatica, e sicuramente più che aprirmi la porta mi disintegrerebbe! Non dimenticatevi che voleva farmi distruggere dallo stesso agente Barton! E poi non me la sento di essere magari chiamata di nuovo con simili termini....” “Intendi quando ti ha detto v....” “Si, intendo quello. Non ci penso nemmeno ad andare a parlargli.” “Se solo ci fosse Thor...” disse malinconico Steve, ma Fury lo disilluse: “Non credo che se ci fosse stato Thor sarebbe cambiato qualcosa. Ora come ora Loki detesta Thor e di certo farlo parlare con lui non avrebbe migliorato la situazione. Credo che a questo punto andrò io. Che razza di vigliacchi! Non avete paura di battervi contro un esercito di mostri alieni, e poi per parlare con un dio privo di poteri fate tutte queste storie! Pazzesco!”. E detto questo, la Spia uscì dalla sala, lasciando i Vendicatori da soli.

POV LOKI

Tirò l'ennesimo pugno al muro, ancora più forte delle altre volte, per scatenare tutta la sua rabbia fino ad allora repressa. Rabbia per ciò che aveva fatto a Carey, per averla fatta soffire. rabbia per ciò che era.
 Poi si accasciò infine contro il muro, le ginocchia raccolte in prossimità del petto,sentendo di voler piangere, sebbene nemmeno una lacrima cadesse dai suoi occhi. Si mise una mano fra i lunghi capelli corvini, sospirando amareggiato. Non avrebbe mai pensato di finire in quel modo. Senza una via da percorrere, senza radici, senza passato, né presente né futuro, costretto in esilio, imprigionato da catene che aveva forgiato con le proprie azioni. Forse era proprio insito nel suo sangue il termine “perdente, eterno debole, sempre secondo e ultimo in tutto”. Forse era una maledizione che si portava dietro da quando era nato, da quando era stato abbandonato dalla sua vera famiglia, la quale si era vergognata sicuramente di avere un individuo simile nel proprio cerchio. Lui era stato una vergogna anche per la famiglia che lo aveva accolto, ad Asgard. Una coppia di sovrani lo aveva accolto come figlio loro, e lui non aveva fatto altro che deluderli. Poi, dopo aver appreso la verità, era sprofondato in un vortice, iniziato con l'odio per Thor, Odino e ogni Asgardiano, oltre ai Terrestri. In seguito, dopo il suo “esilio”, aveva avuto una nuova occasione per dimostrare di valere qualcosa, con il Tesseract. Ma anche quel tentativo di colmare la voragine che lo inghiottiva era stato vano, fallendo miseramente. Era dovuto tornare ad Asgard come prigioniero, fuggito dalle proprie responsabilità dovute ai suoi intrighi, e affrontare gli sguardi di delusione di tutti, come segnato da un marchio di vergogna indelebile. Ma soprattutto, aveva provato delusione e disprezzo per sé stesso, per essere stato un incapace, sempre. Ma improvvisamente, quando la speranza sembrava persa, un essere celestiale era venuta a tirarlo fuori dalle sabbie mobili in cui stava sprofondando. Una midgardiana lo aveva aiutato, migliorato. Ma anche in quel caso non era stato capace di tenere a sé quello che aveva di più caro. Anche in quel caso, la sua natura di bugiardo, di malvagio aveva preso il sopravvento, causandogli di nuovo repulsione per sé stesso. E tutto era da ricollegarsi a una sola parola: la sincerità. Nella sua vita, fin dall'inizio, questo era mancato. E ora, ne subiva le conseguenze.
Non era riuscito a essere un vero cattivo, un malvagio, un vero sovrano e condottiero, come sperava dunque di avere una speranza nell'intento di salvare un intero pianeta dall'ira di un mostro proveniente dalle galassie più remote? Era solo patetico, come era sempre stato. Un buono a nulla, capace di causare disgrazie, dolori e vergogna a sé stesso a a chi gli stava intorno. Sarebbe stato meglio se Odino quel lontano giorno a Jotunheim lo avesse lasciato a morire di fame, stenti e pianto. Sarebbero stati tutti meglio, lui in primis.
Un ricordo spiacevole si riaccese in lui, e, per quanto Loki tentasse di scacciarlo, esso prese il sopravvento.

Quella sera, Loki fu mandato a chiamare da suo padre. Mancava poco tempo a quando Odino doveva decidere chi dei due figli dovesse divenire il principe reggente.
Loki, dal canto suo, pur volendo bene a Thor, sperava di essere scelto. Per anni aveva agognato al trono di Asgard. Aveva passato anni e anni a studiare, ad acculturarsi in ogni campo, a seguire ogni insegnamento di Odino, a differenza di Thor, che invece aveva preferito concentrarsi sul suo aspetto di guerriero, trascurando la parte diplomatica del ruolo di futuro re. Loki era invece pronto per essere re, e se solo suo padre gli avesse dato una possibilità glielo avrebbe dimostrato.
Arrivato al cospetto di suo padre, nella sala del trono, appena le porte si richiusero dietro di lui, Odino, che si trovava in piedi accanto al trono, lo chiamò : “Vieni avanti, Loki.”. La voce aveva una punta di amarezza, pur essendo tranquilla e pacata. Loki si avvicinò lentamente.
“Mi avete mandato a chiamare, padre?” “Si” rispose Odino, e dopo una breve pausa, continuò: “Loki, sai quanto io ami te e tuo fratello, vero?” “Beh, si padre, certamente!” rispose Loki, confuso. Odino annuì lievemente, e continuò, mentre Loki ascoltava: “Sai anche che dovrò scegliere a chi affidare il regno, prima o poi.” “Si, padre.” “Bene. È giusto di questo ciò di cui volevo parlarti. Siediti pure sul trono se vuoi.” “Ma, padre, non avete mai permesso né a me né a Thor di sederci sul vostro trono, perchè ora...” “Non fare domande Loki, fa' come se fosse una seggiola qualunque.”. Loki era più confuso che mai per il comportamento del padre, ma fece comunque come gli era stato chiesto, o meglio quasi ordinato, a giudicare dal tono che non ammetteva altre repliche.
“Bene, è giunto il momento che io riveli finalmente chi di voi due diverrà principe reggente...” e a queste parole Loki ebbe un tuffo al cuore, che cominciò a battere freneticamente nel petto, sentì che gli occhi stavano per luccicare come gemme nel suo cranio.
“Ebbene, figlio mio, ora avrai una risposta. Ma prima, voglio chiederti di chiudere gli occhi, disporti come un vero re su questo trono, e immaginare di essere il sovrano di Asgard. Voglio che tu mi dica le prime cose che ti vengono in mente, pensando di essere finalmente il re di Asgard.”. Quella era una delle più strane cose che suo padre avesse mai chiesto, ma Loki obbedì. Chiuse gli occhi, e, rilassando la mente, immaginò di essere re, come un sogno ad occhi aperti. Vide cose piacevoli, ma anche cose agghiaccianti.
“Vedo... distruzione, un potente esercito, conquiste di altri mondi, grida e fiamme, suono di spade che si scontrano... La.... lancia Gungnir nelle mie mani, sta scagliando un potente raggio... contro dei popolani ribelli... Vedo anche.... leggi, riforme, condanne. Alcuni mi chiamano despota, dittatore...” “Basta così, Loki. Apri gli occhi, ora.”. Loki riaprì gli occhi, e vide negli occhi di Odino quello che sembrava preoccupazione, paura, confusione. Non doveva essergli piaciuto ciò che Loki aveva visto e riferito.
“Loki, io... credo che tu non sia adatto a regnare. Ed è per questo che sarà Thor a divenire re, quando verrà il momento.”. Loki sentì il proprio cuore andare in frantumi, come i propri sogni e le aspettative. Sentì delle lacrime salirgli agli occhi, e di non poter quasi parlare. “Co-cos- cosa?” chiese attonito, recuperata un po' di forza. Aveva sentito benissimo, ma sperato anche di aver capito male, malissimo. Ma Odino non esitò a vanificare i suoi dubbi: “Mi dispiace,figlio mio, ma credo che sia meglio così. Ciò che prima hai riferito mi ha fatto capire che consegnarti nelle mani un regno non sarebbe affatto saggio. Ti sfugge il vero senso del regnare, e non posso permettere che Asgard cada nelle mani sbagliate.” “Ma, padre... Io ho impiegato anni su anni per prepararmi a regnare su Asgard! Ho imparato tutti i vostri insegnamenti fino allo svenimento, solo per dimostrarvi di essere degno di un tale compito! Ci ho messo tutta la buona volontà per darvi prova di quanto tenessi a ciò! Ma per voi non è stato abbastanza! Io non sono mai stato abbastanza, nonostante i miei sforzi per esserlo!” “Loki, ascoltami...” “No, padre! Non vi ascolterò più! Non è valso a nulla ascoltarvi per tutti questi anni! Sono sempre stato messo per secondo, sempre dopo Thor! Lui non ha fatto tutti i sacrifici che IO ho fatto per cercare di essere degno del trono! Mai voi lo avete sempre preferito a me, e questa ne è la prova! Ma sapete cosa vi dico, caro padre? Verrà anche il MIO momento, in cui sarò io a trionfare, e né voi, né Thor, potrete fare nulla per imperdire che accada! Tutti vi renderete conto di chi avete di fronte, parola mia! E sarà lì che vi renderete conto, Padretutto, dello sbaglio madornale che avete fatto, e implorerete a me di perdonarvi, ma sarò io a negarvi tutto!” “Loki...I tuoi occhi.... Sono... !” sussurrò Odino, bloccando di colpo Loki, che infuriato si trovava vicino alle porte, pronto per andarsene sbattendole dietro di sé. Il principe notò che negli occhi lucidi del padre vi era allarme e sorpresa. Sapeva di averlo ferito, ma non si rendeva conto di quanto lui avesse ferito Loki con quelle parole.
Ma perchè stava tentando di dire qualcosa sui suoi occhi? Cosa mai potevano avere di strano? Ed è con quelle domande che Loki, non sopportando la vista di suo padre e del suo sguardo, si gettò fuori dalla sala del trono, lontano da suo padre e le sue crudeli parole.
Non bastò a Loki una settimana intera per scrollarsi di dosso il pensiero di vendicarsi di suo padre e di Thor. E fu proprio dopo l'annuncio dell'incoronazione di Thor che mise in atto un piano per far saltare tutto. Avrebbe aiutato i Giganti di Ghiaccio a entrare ad Asgard, così l'incoronazione sarebbe saltata, e sicuramente e prevedibilmente Thor, in preda alla furia, avrebbe voluto dare una lezione ai Giganti, e con questo Odino lo avrebbe punito, e Loki sperava pesantemente.
In lui si era instaurato il seme maligno di vendetta e rancore. Ormai, desiderava ardentemente solo una cosa nel profondo del suo cuore: vedere Thor, insieme al suo stupido ego, la sua idiozia e la sua arroganza insopportabile,cadere in rovina.


 Mentre era immerso nei suoi pensieri, sentì bussare alla porta. Tentò di ignorarlo, non avendo voglia di parlare con nessuno, tanto meno qualcuno di quei perfettini di Vendicatori. Bussarono di nuovo, due volte.
“Chi è?” ruggì infine, adirato. La voce di Fury riecheggiò da dietro la porta. “Loki, apri la porta, dobbiamo parlare.” “Di cosa sentiamo? Di quanto la mia sceneggiata di prima sia stata patetica, oppure di come io sia un fallito? No, ci sono! Vuoi ricordarmi che c'è un pianeta da salvare! Beh, posso dirti che non mi importa più niente di niente. Per me Thanos potrebbe arrivare anche domani, e non farebbe differenza!” “Non ti importa nemmeno se finiremo tutti come schiavi, tu magari verrai giustiziato, e ogni cosa finirà nella disperazione e nel fuoco?” “Non aspetto altro se non una buona occasione per farla finalmente finita, e risolvere tutti i miei problemi! Non mi importa se tutto finirà male!” “ E che mi dici di quella donna, Carey? Non ti importa nemmeno di lei?”. Loki provò un tuffo al cuore a sentire il nome di lei. Non riuscì a parlare, il cuore riprese a fargli più male di prima, fitte al petto lo facevano tremare, e cadde in ginocchio di nuovo, incapace id respirare. Un profondo piacere e un intenso dolore contenuti in un semplice nome, nel ricordo di un volto. Riuscì a malapena a parlare: “Certo che la ricordo...” “E allora? Non ti importa se lei verrà uccisa, massacrata, violentata o chissà cos'altro? Possibile che tu sia così egoista da non curarti nemmeno di chi ami? Non ti ricordavo così codardo e meschino! Dov'è il Loki, quello vecchio, quello che fino all'ultimo ha conservato il proprio orgoglio, la propria forza di volontà, la faccia tosta di sentirsi superiore in ogni situazione, l'ambizione! Che fine ha fatto quel Loki? È morto insieme alla sua malvagità, un leone feroce ridotto a un misero gatto da salotto con tanto di fiocco al collo? È questo che ti ha fatto diventare il tuo esilio sulla terra? Allora sarebbe stato meglio se fossi rimasto a marcire in una cella ad Asgard, almeno un po' di dignità l'avresti conservata!”disse Fury, sbottando, rimproverandolo severamente, quasi come suo padre. E si sentì colpito da quelle parole, qualcosa in lui si risvegliò.
“Allora, vuoi stare a piangerti addosso lì dentro come una donnicciola, o verrai fuori e ci darai una mano in questo disastro, del quale, ad essere sinceri, la causa sei tu?! Sarebbe un bel modo di dimostrare un po' di maturità e buonsenso! Beh, se mai cambiassi idea, sai dove trovarmi.” concluse Fury. Loki sentì poi i suoi passi allontanarsi. Era la prima volta che aveva sentito Fury davvero infuriato. E gli bruciava ammettere che la Spia aveva ragione su tutto, tranne una cosa: lui non era affatto una donnicciola! E quello era davvero un brutto colpo, oltre al fatto che lo aveva messo di fronte al fatto che se la Terra cadeva, allora anche per Carey non ci sarebbero state speranze, e così per suo figlio Jonathan.
Si rese conto di dover smettere di piagnucolare e darsi da fare davvero.
Disinstallò il blocco alla porta, precipitandosi per il corridoio.

POV THOR

Era trascorso un giorno da quando si era fermato presso gli Elfi della Luce.
La mattina dopo il suo arrivo Thor venne chiamato a far colazione con la famiglia reale. Il cibo era come sempre leggero quanto squisito, e la compagnia non era di certo da meno. Thor mangiò tutto avidamente, mentre veniva osservato in maniera serafica dalla regina, con interesse e sguardo trasognato dalla principessa, e il re Galdor lo interrogava fin nei minimi dettagli sulla situazione ad Asgard e su Midgard. Il dio del Tuono non aveva potuto evitare di raccontare tutto senza una punta di amarezza, mentre narrava gli eventi precedenti a quella imminente guerra, i dissidi con Loki, la minaccia di Thanos, i Vendicatori.
“Ah, sono così dispiaciuto che tuo fratello abbia scelto la strada del male, Thor. Avevo sempre sentito parlare di lui come un ragazzo intelligente e astuto, e mi chiedo cosa abbia potuto spingerlo a provocare tutto questo.” “Vedi, Galdor, la colpa è stata anche mia... “ “Tua? E perchè mai?” “Perchè non mi sono comportato da fratello maggiore, sono stato egoista e non mi sono mai accorto dei suoi disagi e di quanto essi fossero profondi. Ha scelto la via del male, è vero, ma ora vuole redimersi. E tutto grazie all'esilio al quale lo avevamo condannato, su Midgard. Privo di poteri e di immortalità, ha imparato cosa sia la vera bontà e, credo, anche l'amore. Grazie ad una semplice umana. È difficile credere quanto possa essere potente questo sentimento...” “Già. Mio caro ragazzo, l'amore è l'arma più potente che ci sia, perchè a doppio taglio. Da una parte sta il sentimento buono e altri derivati, ma dall'altra parte esso spinge a volte alla violenza, alla passione spropositata. Può tanto fare del bene quanto del male, dipende dall'uso che ne facciamo. Ed è anche la risposta a tutto. Nemmeno tutta la saggezza e la sapienza del mondo valgono a nulla, se non c'è dietro di esse un cuore che vive di emozioni, sentimenti e passioni.” “Galdor, le tue parole sono ancora più sagge di quello che avevo sentito dire. Sai dare conforto a un'anima in pena e in conflitto con sé stessa, vorrei che anche Loki fosse qui, per ascoltarti. Sono sicuro che gli avrebbe fatto bene un po' di energia positiva come la tua.” “Puoi sempre riportargli tu le parole che io ho detto.” “Credo che nemmeno mi ascolterebbe. Purtroppo devo ammettere con rammarico che Loki mi odia come fossi il suo peggior nemico. E credo che non avrò mai il suo perdono, come credo che non sentirò più una sola sincera parola gentile uscire dalle sue labbra dirette a me.” “Vedrai che capirà, prima o poi. Credimi quando ti dico che un giorno non lontano ogni incomprensione verrà chiarita e tuo fratello sarà quello di un tempo, se non migliore.” “Vorrei poter avere le tue stesse sicurezze, Galdor.” “Non c'è bisogno di sicurezze. Ma di speranza. Pur non essendo mai abbastanza quello che speriamo, serve a mantenere in noi un po' di fiducia nel domani e nel prossimo, Thor. Non dimenticarlo mai. La speranza è tutto. Senza di essa, molte guerre non sarebbero state vinte e molti avvenimenti non sarebbero mai esistiti. Spera Thor, fino all'ultimo, anche quando tutto sembra un completo disastro e il tuo cuore è in frantumi. Spera.”.
Thor sorrise all'elfo, un sorriso sincero, come di qualcuno che, anche se ha il desiderio di piangere e spaccare tutto, tenta di restare calmo, di provare a vedere uno spiraglio di luce nell'oscuro tunnel di una faccenda spiacevole e dolorosa. Sorrise come chi, nonostante il peso sull'anima, non era ancora deciso a cedere.
“Grazie, Galdor! Grazie per l'ospitalità tua e della tua famiglia e del tuo popolo. Grazie per aver accettato di aiutarci nell'impresa per salvare Midgard!”. Galdor, a quelle sue parole, sorrise di rimando, mettendo una mano su una delle muscolose spalle di Thor, in un gesto quasi fraterno, e rispose: “Non c'è bisogno di ringraziare, amico mio. Saremo sempre pronti ad aiutare chi ne avrà bisogno!”. Thor scorse negli occhi dell'elfo qualcosa simile a tristezza, come se sapesse qualcosa che non riusciva a confidargli. Qualcosa di brutto e amaro. Thor distolse gli occhi, e un presentimento lo assalì.
“Galdor, dimmi... Riguardo ciò che ha detto ieri sul fatto che la vittoria sui Chitauri sarà possibile solo grazie a un fatto doloroso, in particolare per me... Sei sicuro di non poter essere più chiaro e specifico?”. Galdor,a quelle parole, lo guardò con occhi ancora più tristi, anche se il viso era rilassato e privo di tensione. Sembrava esitare e non sapere come rispondergli.
“Mi dispiace, Thor, ma le leggi elfiche sulle doti profetiche non mi permettono di rivelare il significato delle predizioni. Posso solo dirti che in battaglia perderai qualcuno a te molto caro.” “Chi?! Ti prego, dimmelo! Permettimi di impedire in qualche modo che accada! Deve esserci un'altra via! Galdor!” esclamò Thor, afferrando piano per le spalle l'elfo, che lo guardava in maniera compassionevole e malinconica, come se fosse impotente di fronte alle proprie capacità, e infine rispose al biondo guerriero: “Non sai quanto vorrei poterti dire che esiste un'altra via! Perdonami se non posso fare altro se non dirti che in quel momento dovrai essere molto forte e saper reagire...” “Ma sei sicuro di non aver visto altro? Niente dopo questo?” “No... Non ho visto nulla, e non sai come mi logora il non poterti dare una speranza. Non si può cambiare il destino, Thor. Nessuno può.”.
Thor si alzò di scatto, dirigendosi alle porte della sala per uscire.
“Dove stai andando, Thor?” “Ho una missione da compiere. Devo radunare i popoli degli altri sette mondi, e la strada è lunga da percorrere, e i Chitauri potrebbero attaccare da un momento all'altro.” rispose secco Thor, varcando le porte senza voltarsi indietro, lasciando un Galdor sbigottito, come la figlia. Invece la regina, Aranel, sembrava tranquilla,e parlò al marito con voce placida e dolce, quando questi stava per precipitarsi dietro all'Asgardiano: “Lascialo andare, Galdor, sa cosa deve fare e non puoi interferire.” “Ma devo andare con lui. Se si reca presso gli Elfi Oscuri ho paura che il suo carattere impetuoso possa essergli da ostacolo. Ci vuole qualcuno riflessivo al suo fianco. Io sono Galdor, il Saggio, e ora darò prova che quello che si dice su di me è reale!” rispose il re, deciso e sicuro nei suoi propositi, e detto questo si precipitò fuori dalla sala, lasciando madre e figlia sole.

Mentre stava sellando il suo cavallo, Thor sentì la voce di Galdor chiamarlo dietro le proprie spalle, appena a qualche metro di distanza.
“Thor! Volevo dirti che vengo con te!” “Che cosa?!” lo interruppe Thor, il viso contratto in una smorfia di confusione, come se non avesse capito bene ciò che l'elfo gli aveva appena detto. “Vengo con te, amico mio. Non puoi arrivare fino alla terra degli Elfi oscuri da solo, hai bisogno di una guida! E poi loro non sono di certo creature socievoli né troppo benevole e gentili, e deve esserci qualcuno disposto a parlare con loro con diplomazia e pacatezza!” “Non sono più il ragazzo egoista e testardo che ero una volta, Galdor, saprò gestire la situazione, credimi sulla parola!” rispose Thor, girandosi di nuovo verso il suo cavallo, allacciando le ultime cinghie della sella, e preparandosi a salire in groppa al destriero. Ma l'elfo non volle demordere, e proseguì nell'intento di convincerlo a portarlo con sé: “Thor, ascoltami, non dubito delle tue capacità, ma ho paura di cosa potrebbero farti quelle creature alla minima parola sbagliata o mal detta. Se tu mi porterai con te, avrai più speranze di convincerli ad unirsi a noi. Ti prego, lascia che ti aiuti!”. Thor roteò gli occhi verso il cielo, poi, tornando a guardare Galdor, disse: “E va bene. Prepara il tuo cavallo, partiamo subito!” “Contaci!” rispose l'elfo, e si diresse alle scuderie, atteso dal dio del tuono.

Partirono quando ormai era già pomeriggio. Durante il tragitto parlarono della minaccia di Thanos, pensando a delle strategie militari per sconfiggere il mostro una volta per tutte.
 Dopo un'altra ora, quando ancora c'era il sole in cielo, avevano già superato la grotta, ed erano arrivati al punto da cui era partito Thor. 
"Heimdall! Mi senti? Ho bisogno che tu apri il portale!". dopo alcuni istanti, un raggio scese dal cielo in direzione loro. "Straordinario!" sussurrò Galdor, estasiato. Thor sorrise lievemente, mentre venivano trascinati dal raggio, di nuovo verso Asgard.

POV CAREY

Erano circa le quattro del pomeriggio quando il telefono di Carey squillò. La ragazza, che intanto stava guardando un cartone animato per bambini insieme al piccolo Jonathan, mentre lottava contro le lacrime che ogni tanto, ripensando, anche involontariamente, a Loki e le sue bugie, le sgorgavano dagli occhi stanchi e gonfi, andò a rispondere, lasciando il figlioletto ipnotizzato dalle figure in televisione.
“Pronto?” “Carey, sono la mamma!” “Oh, ciao mamma... Co-come stai?” “Bambina mia, io sto bene come al solito! Piuttosto, la tua voce sembra un po' strana, è successo qualcosa?” “No, no! Tranquilla! È solo che sono un po' stanca ultimamente! Sai, sto anche cercando in giro un lavoro.” “Capisco, cara. Senti perchè tu e Jonathan non venite qui da noi, a casa nostra, per qualche giorno? È da tanto che non rivedo il mio nipotino!”. Carey ci pensò un po' su. L'idea in sé non era malvagia, ma se si fosse recata a casa dei suoi genitori, avrebbero notato che qualcosa sotto c'era, e lei avrebbe dovuto dare spiegazioni per gli occhi stanchi e la faccia smunta. Però era anche vero che suo figlio aveva bisogno di rivedere un affetto familiare solido come i suoi nonni, dopo la storia di Loki. “Va bene, mamma. Partiremo domani mattina e arriveremo il pomeriggio, ok?” “Va bene, Carey! Vi aspettiamo!” “Ciao, mamma, ti voglio bene!” “Anch'io, bambina mia, anch'io!”.
Appena riattaccato, Carey tornò in salotto, e notò che Jonathan si era addormentato sul divano. La ragazza, spento il televisore, prese in braccio il bambino e lo portò nella sua stanza, adagiandolo nel suo lettino dalle lenzuola color cobalto. Accarezzò i suoi capelli, morbidi e inanellati, corvini, così simili a quelli di suo padre, e anche a quelli di Loki. Ma come il dio degli Inganni affiorò nella sua mente, lottò con tutta sé stessa per ricacciare indietro i ricordi, per non affondare di nuovo il coltello in una piaga già troppe volte riaperta e sanguinante. Si asciugò una lacrima che stava scorrendo giù per la guancia, e, baciata la testolina del bambino, il quale riposava tranquillo ed innocente, uscì dalla cameretta.
Sì, un po' di ambiente familiare era proprio quello che serviva a lei e a suo figlio. Per dimenticare e stare in pace.

POV LOKI

"Nick! Nick, aspetta!" gridò quasi Loki, raggiungendo Fury che stava per rientrare nella stanza delle riunioni. La Spia si girò verso di lui, serio in volto.
"Ho pensato a quello che mi hai detto,e devo ammettere che... Hai ragione. Su tutto. E sono qui per dirti che da questo momento in poi mi concentrerò sulla questione di Thanos e tutto il resto, e prometto che farò tutto il possibile per rimediare a ciò che ho combinato. Fino alla morte, dovesse essere l'ultima cosa che faccio. Non voglio che altri paghino per i miei errori. Io.... Vi chiedo scusa, a tutti."
Fury continuò a guardarlo serio, senza batter ciglio, e Loki non potè più sostenere il suo sguardo,e abbassò gli occhi verso terra.
Poi a un tratto, la Spia sorrise: "Bene allora! Benvenuto nella nostra squadra!" disse, dandogli una pacca sulla spalla. Entrarono insieme nella stanza.
"Allora, vogliamo darci da fare si o no? Abbiamo nove mondi da salvare!", esclamò Loki, mentre tutti lo guardavano sorpresi e, poi, sorridenti.
Forse c'era davvero una speranza per la Terra.




 

  
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