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Autore: Fauna96    25/02/2013    4 recensioni
La storia di Jimmy, Gloria e Christian: tre anime inquiete che cercano di sopravvivere nel mondo, legate da un solo destino.
Dal prologo: "Jimmy si morse il labbro. Non era giusto. A nessuno importava di lui, solo perché aveva dieci anni!
Salì di corsa le scale, con gli occhi colmi di lacrime di rabbia. Che aveva fatto di male per essere trattato come un poppante? Sì, non era ancora adulto, ma non era nemmeno uno stupido moccioso!
- Jimmy -.
Sua sorella Gloria lo guardava dalla porta della camera, infagottata in un pigiama rosa. – Che è successo? -
***
Christian si asciugò le lacrime e cercò di guardare fuori dal finestrino: il quartiere industriale dove era nato e cresciuto era sparito; si accorse con stupore che stavano attraversando la strada del centro di Detroit. Ma dove erano diretti? Davanti a lui sfilavano palazzi e case di ogni forma, macchine, persone affaccendate che camminavano sui marciapiedi.
Finalmente giunsero a destinazione. Christian scese dalla macchina e osservò l’edificio che aveva davanti: somigliava a una scuola.
- Perché ci hanno portati qui? – chiese. Nessuno dei suoi fratelli rispose."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christian, Gloria, Jesus of Suburbia, St. Jimmy, Whatsername
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 American Idiot


23 Febbraio 2000
Jimmy accolse con sollievo il suono della campanella. Grazie al cielo era arrivato l’intervallo.
Si alzò stancamente dal banco, osservando gli altri ridere, tirare fuori le loro merendine, riprendere i discorsi di prima...
In verità Jimmy aspettava con impazienza l’intervallo solo perché trovava le lezioni insopportabilmente noiose, non per giocare e ridere con i compagni. Non aveva un vero e proprio amico: quando voleva divertirsi, fare un giro, si aggregava a un gruppo e andavano a mangiare un hamburger, poi alla sala giochi o al cinema. Lo tolleravano, senza dargli troppa confidenza, esattamente come faceva lui. Ma spesso preferiva stare da solo, immerso nei suoi pensieri.
Guardò fuori dalla finestra, nel cortile illuminato dal sole; era in comune con le elementari, e intravide sua sorella che saltava la corda insieme ad altre bambine. Non  c’era dubbio: quanto a socializzare, Gloria se la cavava molto meglio di lui. Nonostante la vita che faceva non fosse l’ideale, era una ragazzina allegra, estroversa, che trovava facile farsi amici. Tutto il contrario di lui, insomma.
Non aveva voglia di uscire. Fece una passeggiata svogliata lungo il corridoio, passando davanti al bagno dei maschi. Alcuni ragazzi si riunivano lì per fumare o altro, ma i professori fingevano di non vedere e non sapere nulla, anche se a volte uscivano le volute di fumo.
- Ehi, tu – Jimmy fece un salto, colto completamente alla sprovvista. La porta del bagno si era socchiusa e una fessura mostrava il viso e la figura massiccia di Dan Hodger. Dan aveva quindici o sedici anni ed era il ragazzo più temuto della scuola. Era stato bocciato un’infinità di volte, tant’è che quell’anno aveva iniziato appena la seconda. Un altro avrebbe abbandonato la scuola, ma non Dan. Si divertiva a fare casino e ad esasperare gli insegnati; be’, quando si faceva vedere.
- Vieni dentro – una mano afferrò Jimmy per un braccio e lo tirò dentro il bagno. Il ragazzino incespicò, deglutendo.
Dan lo fissò dall’alto in basso. – Come ti chiami? –
- Jimmy – rispose lui, incerto se sostenere o no lo sguardo dell’altro.
- Sei un cagasotto, Jimmy? –
- No... no, non lo sono! – si augurò di aver dato la risposta giusta.
Dan gli mise un mano una bustina di carta. – Vedremo subito. Ascolta: se esci fuori, al cancello vedrai un paio di tizi; digli che ti mando io e dagli questa ok? -.
Jimmy annuì, a metà tra il lusingato e lo spaventato per essere stato scelto.
Corse fuori con il cuore in gola. Eccoli là, tre ragazzi appoggiati alla grata, che osservavano con sdegno i bambini. Jimmy si avvicinò con le mani sudate. Sapeva benissimo in che razza di guai si sarebbe cacciato se lo avessero visto e sapeva anche altrettanto bene che Dan lo stava usando tipo postino. Ma d’altra parte, un badilata di botte lo aspettava se falliva, questo era poco ma sicuro. E poi... c’era qualcosa in Dan che lo affascinava incredibilmente. Si chiese se lo avesse scelto a caso o lo avesse osservato accuratamente prima.
Si schiarì la gola per attirare l’attenzione dei tre. – Ehm... scusatemi ma devo darvi questo... da Dan -.
La voce era uscita in un patetico squittio da ragazzina, ma non aveva potuto farci niente. Gli altri lo squadrarono dall’alto in basso.
- Da Dan, hai detto, cocco di mamma? – sogghignò uno. – Sei proprio sicuro? –
- Certo! – ribatté Jimmy, che iniziava a innervosirsi.
- Calma, bimbo, non mangio mai poppanti prima di pranzo – diede un’occhiata al contenuto della busta e annuì, soddisfatto. – Bravo bambino. Ora è meglio che vai, se no fai tardi a lezione – gli diede una pacca in testa e se andò insieme agli altri due con una risataccia.
Jimmy rimase lì. Sembrava... davvero un bimbo? Un “cocco di mamma”? Abbassò lo sguardo sulle scarpe da ginnastica. Oh, cosa avrebbe dato per essere come Dan! Grande e temuto da tutti. Forte.
 
All’uscita, si sentì afferrare per una spalla. Alzò gli occhi, e non fu sorpreso di incrociare lo sguardo beffardo di Dan. – Ehi, piccoletto, ce l’hai fatta? Non ti ho più trovato, dopo -.
Jimmy annuì. – Sì... gliel’ho dato. –
- E bravo Jim. Sei un tipo con le palle. Dove abiti? –
Jimmy sbatté le palpebre, sorpreso, e gli disse l’indirizzo. – Scusa, ma a che ti serve? -.
- Ci vediamo stasera! Non addormentarti, Jim! -.

 
La cena era stata deprimente come al solito; sua madre aveva bevuto parecchi bicchieri di vodka.
Jimmy si rifugiò in camera sua alla solita ora e attese. Dan non gli aveva detto un orario ma dubitava si sarebbe presentato subito dopo cena per riportarlo a casa alle dieci.
Alle undici e mezza si era appisolato; però, poco dopo, sentì un rumore alla finestra. Si svegliò di soprassalto, dandosi del cretino per essersi addormentato. Un sasso colpì di nuovo il vetro.
Si infilò le scarpe e scese le scale come un razzo, fermandosi solo per controllare che Gloria stesse dormendo. Di sua madre non se ne preoccupò.
Fuori lo aspettava Dan, con aria impaziente. I capelli ritti, tinti di uno strano bluastro, spiccavano nel buio.
Il ragazzo, quando lo vide, sorrise con un mezzo sbuffo e si affrettò a guidarlo verso la periferia. Jimmy gli trotterellava al fianco.
- Sai perché ti sono venuto a prendere? – disse Dan all’improvviso. – Perché non sei uno dei soliti coglioncelli. Tu... mi ricordi un po’ me stesso, lo devo ammettere. Ma se non venivo a prenderti, tu saresti diventato uno dei fottuti idioti di questa fottuta città. E sarebbe stato un peccato -.
Jimmy rimase zitto. Aveva capito dove stavano andando: al 7 – 11, il “covo” dei ragazzacci di Jingletown.
Era... be’, non c’era un modo preciso per definire il 7 – 11... era una sorta di parcheggio al chiuso trasformato in locale dai ragazzi, forse. O qualcosa del genere. Già da lontano si vedevano le luci, si sentivano voci gridare e cantare.
Arrivati, Jimmy esitò, ma la grande mano di Dan lo spinse e il ragazzino mise per la prima volta piede al 7 – 11.
Un gruppo di ragazzi era in parte in piedi, in parte seduto per terra appoggiato alle mura coperte di graffiti. Chi beveva, chi fumava, chi litigava...
Un ragazzotto con un piercing al sopracciglio si avvicinò a Dan e Jimmy che se ne stava lì a fissare tutto e niente, spaurito.
- Chi cazzo hai portato? – biascicò. – Qui non c’è mica l’asilo -.
- Chiudi quella cazzo di bocca, Liam. Non ho intenzione di discutere con un coglione ubriaco. Ehi – sbraitò poi, rivolto al resto del gruppo. Potevano essere una quindicina, quasi tutti maschi, a parte quattro o cinque ragazze. – Questo – proseguì Dan – è Jimmy, ed è mio amico. Da questo momento, se ne avrà voglia, farà parte del nostro gruppo, ok? E niente stronzate perché è più giovane, mi sono spiegato? -.
Jimmy si sentì osservato da tutti. Lo valutavano. Poi finalmente parlò una brunetta in minigonna con qualche ciocca colorata: - Non sembra uno stronzetto come quelli della sua età -. Si avvicinò a lui e gli sorrise. Lo superava in altezza di una spanna e aveva un’espressione vivace. – Sono Nan, ciao. Sei fortunato, non sono molti quelli che piacciono a Dan – ridacchiò, facendo l’occhiolino a quest’ultimo.
- Jim – disse Dan serio. – La gente ci tratta come pazzi delinquenti per il semplice fatto che non siamo come loro. Loro non sono altro che idioti, dei grandissimi idioti americani che non fanno altro che ingurgitare quello che gli dicono. Noi non siamo come loro, Jimmy, non vogliamo esserlo. E tu? Vuoi essere un idiota americano? -.
Jimmy osservò i volti intorno a lui, gli occhi bistrati di nero, i capelli colorati, i jeans strappati, i piercing. Com’erano diversi dai bravi ragazzi con le camicie della domenica e i capelli arruffati ad arte e il loro carico di ipocrisia...
Guardò Dan negli occhi. – No. Non voglio esserlo.

 
Vi saluta una Fauna molto gasata perché ha preso un bel voto in filosofiaXD A parte ciò... questo capitolo voleva spiegare come Jimmy è diventato il nostro Jesus of Suburbia... e ho pensato che doveva esserci una specie di predecessore di St Jimmy che gli insegnasse qualcosina... be’ ringrazio Class of 13 che ha recensito e.... commentate, commentate ;)

  
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