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Autore: elsie    27/09/2007    2 recensioni
Seguto di "Into the Fire". John e Meredith si sono ormai lasciati alle spalle i loro nomi e il loro passato e sono diventati Pyro e Medusa, soldati di Magneto nella Confraternita. Ma insieme alla guerra tra umani e mutanti, i due ragazzi dovranno combattere una battaglia molto, molto più importante, e che riguarda loro due soli. AVVISO: in questo racconto si parlerà di aborto. Se non vi sentite di affrontare questo argomento, allora per favore non leggete.
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Confraternita, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: tutti i personaggi presenti in questo racconto, a parte Meredith St.Clair/Medusa, appartengono a Stan Lee e Jack Kirby, alla Marvel Comics e alla Twentieth Century Fox.

Salve a tutti! Ecco il secondo capitolo di "Winning a Battle, Losing the War". Ad essere sincera, viste le critiche favorevoli che avevo avuto per "Into the Fire", mi ero aspettata un esordio un po' più brillante. Vedete? Così imparo a montarmi la testa; il Karma non perdona mai.
Se qualcuno volesse lasciarmi anche solo due righe per dirmi che ne pensa di questa fanfic ne sarei felicissima. Anche "fai schifo, ritirati" andrebbe bene, almeno so se continuare a postare oppure no.

Ad ogni modo, adesso basta pippe mentali e parliamo di cose inerenti al racconto. I nomi dei mutanti che si uniscono alla Confraternita la sera in cui Magneto e Pyro partecipano alla riunione nella chiesa (la ragazza con i capelli neri e il bustino di pelle che percepisce i poteri degli altri mutanti e i suoi due amici, tanto per intenderci) non vengono mai pronunciati nel film X Men 3, così ho fatto una ricerca su Wikipedia, Dio la benedica. Se sono sbagliati, prendetevela con i redattori di Wikipedia, non con me. ^__^

C'è un po' di lemon verso la fine del capitolo. Come al solito, niente di esplicito o dettagliato, ma tanto per farvelo sapere.

Buona lettura!

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Medusa guardò preoccupata il cielo plumbeo all’orizzonte. Probabilmente ci sarebbe stato un temporale entro il tramonto, e sperò ardentemente che la tenda giù all’accampamento reggesse all’acquazzone.

Brava, molto professionale, si rimproverò. Sei nel bel mezzo di una missione e tu pensi alla tenda. Ringrazia dio che Magneto non è in grado di leggere nel pensiero.

Medusa fissò il suo capo che se ne stava in piedi a qualche passo da lei, intento anche lui a scrutare l’orizzonte. Sapeva bene che non stava guardando il cielo. Stava aspettando che il convoglio militare apparisse da oltre la curva, così avrebbero potuto entrare in azione e liberare il suo braccio destro, da ormai quattro mesi nelle mani del governo degli Stati Uniti d’America.

Medusa sbuffò impaziente, e fortunatamente nessuno se ne accorse. Tra lei e Mistica non era mai corso buon sangue, ma Medusa non avrebbe potuto spiegare il perché. Si detestavano e basta, fin dal primo giorno in cui lei e Pyro si erano uniti alla Confraternita. Questione di carattere, forse. O di rivalità tra donne.

Pyro si appoggiò ad uno degli alberi che offrivano loro riparo, e si accese una sigaretta. Medusa cominciò a sentirsi addosso una certa stanchezza. Ormai stava in piedi ad aspettare da quasi quaranta minuti, e provò il desiderio di sedersi per terra, ma poi si trattenne. Non voleva fare la figura della debole davanti ai nuovi acquisti della Confraternita. In fondo, lei era pur sempre Medusa, una delle guardie del corpo di Magneto e, ora che Mistica era impegnata altrove, tanto per usare un eufemismo, anche uno dei suoi luogotenenti.

Magneto aveva chiesto a lei e a Pyro di occuparsi dell’inserimento dei ragazzi nuovi, reclutati, come le aveva raccontato il suo fidanzato, a quella riunione in cui lui e Magneto avevano fatto irruzione. Il suo sguardo scivolò su di loro: Kid Omega, il ragazzo asiatico con gli aculei a porcospino, Archlight, con il suo sguardo arcigno e i suoi guanti viola, e il loro capo, Callisto, che aveva trovato Mistica su ordine di Magneto.
Non avrebbero partecipato all’azione oggi, ma si sarebbero limitati a guardare. Sul campo di battaglia sarebbero scesi loro tre: lei, Pyro e Magneto, i veterani.

Non era la prima volta che partecipava ad uno scontro. Da quando aveva lasciato la scuola le era capitato più volte di usare i suoi poteri, sia per difendersi, sia per attaccare. Ormai piegare le persone alla propria volontà e trasformarli in burattini di cui lei teneva i fili non le faceva più né caldo né freddo. Non ne provava piacere, ma nemmeno la disturbava come succedeva un tempo: era routine, ordinaria amministrazione. Era semplicemente quello che faceva per sopravvivere. E sopravvivere era tutto.
Si era però imposta di non uccidere, a meno che non fosse strettamente necessario. Per fortuna, controllare la volontà delle persone per il momento si era rivelato sufficiente, e non si era mai trovata nella situazione di dire “o me o loro”.

“Sono vicini.” disse Callisto. “Un chilometro, non di più.”

Magneto la guardò brevemente ed annuì. “Aspettate finché non mi sarò liberato del convoglio.” disse rivolto a Medusa e Pyro. “Poi raggiungetemi.”

Si gettò il lungo mantello nero oltre le spalle e si incamminò verso la strada, a circa un centinaio di metri da loro. Medusa sapeva quello che stava per succedere. Era un copione già visto. pensò. Stupidi umani, pensò. Troppo pieni di sè per imparare dai propri errori.

Pyro schiacciò la sigaretta contro la suola del suo stivale e si mise a fianco della sua fidanzata. “Lavoretto facile?” disse guardando Magneto, ormai solo una figurina ferma nel centro della strada.

“Assolutamente sì.” rispose lei.

“Guardie?”

Medusa alzò le spalle. “Due o tre, se Magneto si libera della scorta.”

Pyro annuì pensieroso. “Se ne libererà.”

“E noi che facciamo?” si intromise improvvisamente Kid Omega.

Medusa e Pyro si voltarono a guardarlo. “State di guardia.” rispose lei.

Le piacevano quei tre ragazzi, le sembravano in gamba. Se fosse stato per lei li avrebbe fatti partecipare alla missione, ma gli ordini di Magneto erano stati chiari: il loro ruolo sarebbe stato puramente d’osservazione. Dovevano ancora imparare come lavorava la Confraternita.

Kid Omega alzò le spalle, incredulo. “Ma se non verrà nessuno!” protestò.

“Beh, tanto meglio per voi.” gli rispose Pyro. “Potrete godervi con comodo lo spettacolo.”

“E a proposito di spettacolo.” disse Callisto indicando la strada. “Guardate là.”

Una colonna di auto era appena spuntata da dietro la curva. Due fuoristrada neri con i lampeggianti della polizia precedevano un enorme tir, che trainava quello che sembrava essere un container d’acciaio. Dietro il tir, altri due fuoristrada chiudevano il convoglio.

Pyro rise. “Cristo santo, c’è metallo ovunque!” esclamò. “Ma come fanno ad essere così cretini?”

Medusa si limitò a sorridere mentre i primi due fuoristrada venivano spazzati via da Magneto con un semplice gesto della mano. Sentì Callisto e gli altri mormorare stupefatti, esattamente come aveva fatto lei la prima volta che aveva visto Magneto all’opera.

Anche gli altri due fuoristrada carambolarono nel prato, uno da una parte e uno dall’altra, e a quel punto il container si staccò dal tir che lo trainava e scivolò sull’asfalto, sollevando una cascata di scintille. Il tir, ormai fuori controllo, procedette a folle velocità verso Magneto. Dietro di lei, Medusa sentì Archlight trattenere il respiro.

“Porca puttana, guardate che roba!” gridò Kid Omega a metà tra l’elettrizzato e l’atterrito, mentre il tir si librava in aria e poi si sfracellava sull’asfalto alle spalle di Magneto.

“Te l’avevo detto che si sarebbe liberato della scorta.” disse Pyro rivolgendosi a Medusa.

Magneto alzò una mano, e il container rallentò la sua corsa sull’asfalto fino a fermarsi a pochi passi da lui.

“Andiamo.” ordinò Pyro, e i cinque ragazzi corsero in direzione del loro capo, in attesa tra i rottami delle auto. Medusa evitò accuratamente di guardare i cadaveri degli agenti stritolati tra le lamiere.

Raggiunsero il retro del container e Medusa ordinò a Callisto, Kid Omega e Archlight di rimanere di guardia all’esterno.

“Non riesco a credere di essere venuta fin qui solo per restarmene con le mani in mano.” protestò Callisto.

“Fidati.” le disse Medusa. “Quando conoscerai Mistica sarai felice di essere rimasta fuori.”

Callisto le sorrise, e Medusa ne fu contenta. Voleva farsi rispettare, ma non voleva essere una stronza piena di boria come era Mistica, che guardava tutti dall’alto in basso solo perché era così in confidenza con Magneto da potersi permettere di chiamarlo con il suo vero nome. Per essere una che si dà tutte quelle arie, non ha fatto una gran figura facendosi catturare come una rubagalline qualsiasi, pensò Medusa ridacchiando malignamente dentro di sé.

Si piazzò davanti al portellone d’acciaio del container. Magneto, alla sua destra ma leggermente più arretrato rispetto a lei, la guardò negli occhi. “Pronta?” le chiese.

Medusa guardò il portello e si concentrò. Sentiva il cuore pomparle l’adrenalina in circolo battendo ad una velocità folle, ma sapeva benissimo che non era paura, solo eccitazione. I muscoli delle gambe si fletterono leggermente, pronti a scattare. Sapeva quello che doveva fare. Era una tecnica collaudata.

“Pronta.” rispose, e in quel preciso istante il portellone d’acciaio si staccò dai suoi cardini e volò via, e Medusa saltò nel container, gli occhi spalancati davanti a sé.

Una pistola le si puntò immediatamente contro la faccia, e dietro la pistola c’era un agente sudato e con l’uniforme tutta spiegazzata che ansimava spaventato. La guardò negli occhi.

La guardavano sempre tutti negli occhi. Possibile che non avessero ancora capito?

“Che vuoi fare, burattino?” chiese all’agente con tono di scherno, e quello abbassò immediatamente la pistola, le braccia che ciondolavano mollemente lungo i fianchi come se non avessero ossa nella carne.

“Ecco, bravo, a cuccia.” gli disse guardandolo sdraiarsi faccia a terra.

Il rumore di un applauso le fece alzare la testa. Mistica era in fondo al container, davanti alla porta spalancata di una cella. Il corpo di una guardia giaceva esanime ai suoi piedi.

“Brava.” le ghignò. “Erano anni che non mi divertivo così.”

Medusa alzò le spalle con finta indifferenza, ma dentro di sé bruciava dalla rabbia. Mistica era davvero bravissima a farla andare fuori dalla grazia di dio.

“Sai com’è.” rispose. “C’è stato parecchio da fare in questi mesi. Peccato che tu te lo sia perso.” Mistica aprì la bocca, il volto contorto dalla rabbia, e Medusa esultò per essere riuscita a colpirla sul vivo.

“Signore, vi prego.” le richiamò la voce di Magneto prima che Mistica riuscisse a dire qualcosa.

Medusa si voltò. Lui e Pyro erano saliti sul container e ora si guardavano in giro con curiosità, facendo vagare lo sguardo dall’agente sdraiato accanto al portellone a quello morto vicino alla cella di Mistica, alle porte numerate che si trovavano sulla parete destra del container.

La cambiaforma avanzò verso il suo vecchio amico, la disputa con Medusa già dimenticata. “Era ora.” disse rivolta a Magneto. Probabilmente il tono voleva essere risentito, ma più che altro suonò sollevato.

“Sono stato occupato.” replicò Magneto con un tono di scusa. “Che cosa hai scoperto?”

Mistica alzò le spalle. “La fonte della Cura è un mutante. Un ragazzo dei laboratori Worthington.” rispose. “Senza di lui non hanno niente.”

Magneto annuì con aria soddisfatta. Fece volare una cartelletta d’acciaio che giaceva sul pavimento fino a Pyro, che l’afferrò al volo. “Leggi la lista degli invitati.” gli disse.

Pyro obbedì. “Detenuto 1475, James Madrox .” lesse indicando la prima cella.

Magneto scardinò via la porta. Dentro c’era un uomo con i capelli scuri, una maglietta colorata e un giubbotto di pelle. Fece un passo avanti e improvvisamente c’erano due uomini con i capelli scuri e la giacca di pelle, uno dentro la cella, l’altro appena fuori. Poi un’altra copia si staccò da quello che era rimasto nella cella e si piazzò davanti ai mutanti della Confraternita, poi si staccò un’altra copia, e un'altra ancora, e un’altra ancora. Alla fine anche l’uomo della cella fece un passo avanti, e tutte le copie (ormai ce n’erano una mezza dozzina) si riunirono al corpo originale, che sorrise serafico ai suoi liberatori.

Medusa lo fissò a sua volta. Aveva degli splendidi occhi verdi e adesso che lo guardava meglio, il suo sorriso non era serafico, tutt’altro. Era un sorriso sexy. Davvero molto, molto sexy. Che gran bel pezzo di...

La voce di Mistica la distolse brutalmente dai suoi pensieri. “Ha rapinato sette banche.” spiegò. “Contemporaneamente.”

Per la prima volta da quando si erano conosciute, Medusa provò un’ondata di gratitudine per la cambiaforma. Dentro di sé stramaledisse gli ormoni che le erano impazziti a causa della gravidanza, e che la portavano dalla depressione alla ninfomania compulsiva almeno sei o sette volte al giorno.
Le era capitato altre volte di fare pensieri su qualche uomo che incontrava, e che non era John. Beh, non era mica di legno. Ma mai fino al punto di sentirsi sessualmente attratta da lui.

Magneto squadrò Madrox dalla testa ai piedi. “Mi farebbe comodo uno con il tuo talento.” disse.

Lui alzò le spalle. “E va bene, ci sto.” rispose.

“Benvenuto nella Confraternita.” gli disse Magneto, e Madrox si incamminò verso il portellone, ma non prima di essersi voltato a squadrare Mistica. Medusa dovette girarsi di scatto e fissare la parete di fondo del container per impedire ad una serie di pensieri molto sexy e molto sconci di riversarsi nel suo cervello.

Passarono alla cella successiva. “Detenuto 3982, Cain Marko.” lesse Pyro. Mentre scorreva con gli occhi il contenuto della cartelletta, qualcosa sembrò catturare la sua attenzione. “Ehi, sentite questa: “Il detenuto deve essere tenuto sempre sottochiave.” citò. “Se si mette in moto, niente può fermarlo.”

Magneto piegò leggermente la testa di lato, genuinamente incuriosito dalla nota che le guardie avevano aggiunto al suo profilo. “Che cosa interessante.” bisbigliò, e la pesante porta d’acciaio di spalancò di colpo.

Alla parete della cella era legato un uomo gigantesco, i muscoli del torace e dall’addome gonfi come quelli di un pugile, o di un culturista. Aveva decisamente le spalle più larghe che Medusa avesse mai visto. Rimase in attesa di qualche pensiero a luci rosse, ma grazie a dio non ne ebbe nemmeno uno. Non poteva esserne sicura al cento per cento, dato che indossava un elmo di ferro simile a quello di Magneto, ma il tizio, per quanto muscoloso, non era certo né bello né sexy. Meno male che ancora non sei caduta tanto in basso, pensò con un certo sollievo.

“Come ti chiamano?” chiese Magneto all’uomo nella cella.

Lui alzò il mento in una posa d’orgoglio. “Il Fenomeno.” rispose.

Magneto sollevò un sopracciglio con aria vagamente schifata. “Mi domando il perché.”

Il Fenomeno non sembrò cogliere il sarcasmo nella voce di Magneto. “Fatemi uscire, devo fare pipì.” disse semplicemente.

Le morse di ferro che lo tenevano imprigionato si spaccarono in due e il Fenomeno uscì dalla cella, guardando uno per uno i suoi liberatori.

“Bello il tuo elmo.” disse Pyro quando lo sguardo del Fenomeno si posò su di lui.

Medusa cercò con una certa ansia del sarcasmo nella voce di Pyro. Voleva molto bene al suo ragazzo e sapeva che era imbattibile con il suo lanciafiamme, ma il Fenomeno, a giudicare dalla stazza, sarebbe stato capace di metterlo al tappeto con una sberla.

Per fortuna il Fenomeno, forse anche lui indeciso come Medusa, optò per la strada della non violenza. “Mi dona, vero?” rispose.

Poi accadde, e accadde molto in fretta. Medusa sentì un click, come un caricatore che viene infilato in una pistola, e un urlo.

“No!”

Si voltò di scatto e vide che l’agente si era rialzato e puntava la pistola verso di loro. Il suo cervello fu, per un istante, annebbiato dalla paura, ma la sua mano destra si mosse veloce e per conto suo, senza bisogno di alcun ordine o autorizzazione, e si posò sul suo grembo per fare da scudo al bambino dentro di lei.

Mistica scattò in avanti, e il proiettile che era diretto a Magneto la colpì poco sotto la spalla sinistra. Prima che la guardia potesse sparare di nuovo, prima ancora che riuscisse a capire cos’era successo, Magneto gli fece volare via la pistola dalle mani e Pyro lo investì con una potentissima fiammata.
Il poliziotto cadde a terra senza un lamento (più tardi, quando ripensò a quello che era successo nel container, Medusa ringraziò dio per questo: era sicura che se lo avesse sentito gridare sarebbe impazzita), il corpo avvolto dalle fiamme. L’odore dolciastro della carne bruciata si diffuse nel container, e immediatamente Medusa fu travolta dalla nausea.

Si aspettò di vedere il sangue colare copioso dalla ferita di Mistica, ma invece, quando la cambiaforma cadde a terra, Medusa potè vedere che aveva una fiala conficcata nella carne. Il liquido che vi era contenuto si iniettò rapidamente dentro il corpo di Mistica, che cominciò a tremare, squassata dalle convulsioni.

I suoi capelli furono i primi a cambiare, passando da rosso fuoco a nero corvino. La sua pelle perse rapidamente il colorito blu scuro e le scaglie che ricoprivano il suo corpo furono inghiottite dall’epidermide, che divenne liscia e rosea. Alla fine una Mistica completamente diversa, una Mistica che Medusa non conosceva, li guardò terrorizzata e tremante, sdraiata nuda sul pavimento d’acciaio del container.

“Grazie per avermi salvato.” le disse Magneto, distogliendo lo sguardo.

Mistica sollevò la testa, i suoi occhi azzurri (azzurri, non gialli, come erano stati fino a quel momento) pieni di lacrime. “Eric...” chiamò con un filo di voce.

Lui tornò a guardarla. “Mi dispiace, mia cara.” disse. “Non sei più una di noi ormai.”

Medusa si voltò a guardare Magneto, incapace di credere a ciò che aveva appena sentito. Fu proprio questo, il fatto che lui cacciasse via il suo miglior luogotenente dopo anni e anni di fedele servizio, che si liberasse della sua unica amica dopo che lei aveva rischiato la vita per salvarlo dalla Cura, a stomacarla maggiormente in tutta quella giornata, ancor più del cadavere della guardia che ancora bruciava a pochi passi da lei.

“Che peccato.” Medusa sentì dire da Magneto mentre si allontanava insieme a Pyro e al Fenomeno. “Era così bella.”

Si tolse la giacca e l’appoggiò sulle spalle di Mistica, cercando di coprirla meglio che poteva, detestandosi per non averci pensato prima, per averla lasciata nuda ed esposta sotto gli occhi di tre uomini, per non averle risparmiato almeno quella degradazione.

Mistica la guardò senza parlare, incapace di smettere di tremare. Non si erano mai piaciute, anzi, avrebbero potuto tranquillamente dire che si odiavano, eppure Medusa non aveva mai voluto questo, non glielo aveva mai augurato, mai.

Avrebbe voluto dirlo a Mistica, avrebbe voluto dirle che le dispiaceva, che era tutta colpa sua se aveva perso i suoi poteri, era colpa sua se Magneto l’aveva abbandonata, se quella guardia era morta in maniera orribile...

Ma la nausea ormai era diventata troppo forte, e Medusa si voltò e corse fuori dal container, cercando di non guardare il cadavere carbonizzato del poliziotto. L’aria pura e fresca le fece guadagnare alcuni secondi preziosi e riuscì a fare il giro del container, arrivando alla parte anteriore, e lì cadde in ginocchio e vomitò con violenza.

Si rimise in piedi, ma improvvisamente il pensiero di aver lasciato dentro Mistica, di non averla aiutata ad alzarsi e ad uscire, di non aver neppure provato a contraddire Magneto quando l’aveva buttata fuori dalla Confraternita le provocò un'altra serie di conati. Si aggrappò al metallo contorto e annerito del container.

“Ehi, va tutto bene?”

Medusa alzò gli occhi e vide Callisto che la guardava con aria sospettosa.

Si pulì la bocca con il dorso della mano. “Sì, sì, certo.” rispose cercando di darsi una contegno.

“Sicura?” insisté Callisto. “Perché non sembra che tu stia bene.”

Medusa cercò di controllare il tremito che le impediva di reggersi in piedi senza appoggiarsi al container.

“Sto bene.” ripeté, e mosse qualche passo verso Callisto.

“Ma che è successo là dentro?” chiese la ragazza.

“Non importa.” rispose Medusa. “Andiamocene via di qui.”

****

“E’ colpa mia. E’ tutta colpa mia.”

Medusa e Pyro erano seduti per terra davanti alla loro tenda, nell’accampamento che la Confraternita aveva stabilito nella foresta. Medusa guardò il falò che scoppiettava a qualche metro da loro, guardò le fiamme che rischiaravano debolmente la notte, e rabbrividì ripensando al poliziotto che era morto bruciato. Distolse in fretta lo sguardo prima che la nausea potesse tornare ad assalirla.

Aveva passato quasi un ora sotto la doccia, nel bunker sotterraneo che Magneto usava come rifugio privato, eppure non riusciva a togliersi di dosso quell’odore stomachevole di carne bruciata. John le aveva assicurato che se lo immaginava, che lui riusciva solo a sentire il profumo del bagnoschiuma e dello shampoo, eppure Medusa non si dava pace.

“Non è stata colpa tua.” ripeté Pyro per l’ennesima volta quella sera. “Sai bene che non è così.”

“Avrei dovuto stare più attenta.” insisté lei testardamente. “Ordinare alla guardia di gettare la pistola.” Scosse la testa, frustrata. “Come ho potuto essere così stupida?”

“Non era mai successo che qualcuno riuscisse a liberarsi dal tuo controllo prima d’ora.” replicò Pyro. “Non lo potevi prevedere.”

“Beh, avrei dovuto.” obiettò lei stizzosamente.

Sospirò e diede un calcio al terriccio polveroso e secco ai suoi piedi. Non c’era stato alcun temporale e la terra implorava acqua. “E’ che mi era sembrato così debole e spaventato... Pensavo che l’energia che avevo utilizzato bastasse per tenerlo sotto controllo.”

“Appunto.” disse Pyro. “Hai fatto tutto quello che dovevi.” Allargò le braccia. “Senti, Meredith, facciamo una vita pericolosa. Non sempre possiamo controllare tutto quello che succede durante le nostre missioni. Ci sono dei rischi. Questo lo sappiamo noi, lo sa Magneto e lo sapeva anche Mistica.”

Medusa scosse la testa e guardò il gruppetto che sedeva attorno al falò poco distante. C’era un uomo sulla quarantina, con i capelli scuri lunghi fino alle spalle e la pelle olivastra, che teneva banco raccontando qualcosa agli altri mutanti che erano lì con lui.

“... e allora io mi giro verso il ciccione,” Medusa sentì l’uomo dire. “e gli faccio: Se ti piace così tanto, perché non te lo sposi?”

Il suo pubblico, di cui faceva parte anche Kid Omega, scoppiò a ridere di gusto.

“La odiavo, la odiavo davvero, sai?” disse Medusa a bassa voce. “E adesso mi sento una merda. Come se le avessi sparato io.”

Pyro la guardò. “Hai ordinato al poliziotto di alzarsi e sparare?” chiese.

Medusa lo fissò scioccata. “No!” esclamò. “No, certo che no! Come puoi solo pensare...”

“Allora ho ragione io.” la interruppe Pyro. “Non è stata colpa tua.”

Medusa scosse la testa e appoggiò il mento sulle ginocchia, cominciando a piangere. Incolpò di nuovo i suoi ormoni impazziti, ma la verità era che si sentiva troppo stanca e troppo sconvolta per lottare ancora contro le lacrime, e questa volta il pensiero che uno dei veterani della Confraternita non potesse mostrarsi debole davanti ai suoi sottoposti non servì a niente.

Pyro le mise un braccio attorno alle spalle e le girò il viso verso di lui. “Non è colpa tua.” ripeté, e si chinò a darle un bacio sulle labbra. Era la prima volta da quando era iniziata la loro relazione che John si lasciava andare ad una simile dimostrazione di affetto in pubblico, e Meredith ne fu così sorpresa e così felice che la sua voglia di piangere scemò.

John le sorrise. “Andiamo a dormire?” chiese indicando la tenda.

Meredith annuì e si alzò in piedi. In quel momento le giunse dal falò la voce di Kid Omega.

“Che cos’è quello, amico, un rosario?” chiese al tizio con i capelli lunghi.

“Questo? Ah, sì.” rispose lui. “E’ una strana storia, pensa. Me l’ha dato anni fa una ragazza che avevo incontrato a Chicago. Io non lo volevo neanche, ma lei continuava a dire che aveva abbandonato la sua bambina sulle scale di Saint Mary of Grace a Detroit e che ora non era più degna di tenere Dio su di sé, e allora...”

Medusa si girò di scatto. “Come hai detto?” chiese all’uomo con i capelli lunghi.

Tutto il gruppetto attorno al fuoco si gelò immediatamente quando vide la luogotenente di Magneto avanzare a grandi passi verso di loro. L’uomo con i capelli lunghi deglutì e la fissò con uno sguardo spaventato.

“Beh,” iniziò cauto. “si parlava di questo...”

Si interruppe, evidentemente insicuro su come procedere, e alzò la mano sinistra. Attorno al polso portava avvolto quello che sembrava essere un lungo rosario di pietre scure. La croce d’argento che pendeva dalla catena brillava alla luce del fuoco.

Medusa fissò la croce. “Hai detto che te l’ha dato una ragazza?” chiese. “Dove?” Sentì Pyro arrivarle alle spalle e fissare anche lui il rosario avvolto attorno al polso dell’uomo.

“A Chicago.” ripeté lui. “E’ stato...” Corrugò la fronte nello sforzo di ricordare. “Sì, alla mensa dei poveri di Joliet Street. Non è che io mangiassi lì, avevo un amico che ci lavorava, quindi capitava spesso che andassi a...”

“Ed è lì che hai incontrato quella ragazza?” lo interruppe Medusa. “Che aspetto aveva?”

L’uomo scosse la testa. “Non ricordo. E’ successo... mah, una quindicina di anni fa, più o meno.”

“Sei sicuro che abbia parlato di Saint Mary of Grace, a Detroit?” lo incalzò Medusa. “Proprio sicuro?”

“Sì, su questo non posso sbagliarmi.” rispose l’uomo. “Lo ha ripetuto almeno un migliaio di volte.”

Medusa guardò di nuovo il rosario che luccicava riflettendo debolmente la luce del falò. Poi, con un rapido sguardo a Pyro, si incamminò verso gli alberi che costeggiavano l’accampamento, lasciando dietro di sé il gruppetto di mutanti che la guardarono nervosi e stupiti.

Il cuore le batteva impazzito nel petto, e Medusa si mise a camminare avanti e indietro tra gli alberi come aveva fatto quando aspettava il risultato del test di gravidanza. Un tumulto di emozioni le si rimestava nello stomaco, e Medusa non avrebbe potuto dire, nemmeno sotto tortura, quale fosse la prevalente in lei.

Pyro la raggiunse e le rivolse uno sguardo interrogativo. Solo la parte destra del suo viso era distinguibile nel buio, illuminata dal chiarore del falò. Il resto del suo corpo era in ombra.

Medusa lo guardò in silenzio. “John, credo che quella donna fosse mia madre.” sussurrò quando riuscì a racimolare il fiato che le serviva per parlare.

Lui spalancò gli occhi. “No, aspetta, aspetta un momento.” disse alzando una mano. “Come fai a sapere...”

“La chiesa.” rispose Medusa. “E’ per questo che il mio secondo nome è Grace, perché mi hanno trovata sulla scalinata di Saint Mary of Grace a Detroit. John, e se...”

“Non puoi esserne sicura. Si tratta di una chiesa, chissà quanti bambini, negli anni, sono stati lasciati lì davanti. Voglio dire, si sentono di continuo storie del genere.” disse Pyro.

Medusa considerò per un po’ le sue parole. “Sì, questo è vero. Ma la chiesa corrisponde, e la città, e anche il periodo, più o meno.” Fissò di nuovo Pyro, cercando di distinguere i suoi occhi nella penombra. “John, potrebbe essere lei.”

Pyro le restituì lo sguardo e rimase in silenzio. “Andiamo a dormire, adesso.” disse piano, dopo un po’. “Domani ci penseremo.”

Tornarono nella loro tenda e si prepararono per la notte. Medusa si spogliò dei vestiti che indossava e si mise la maglietta di John che utilizzava come pigiama. Nonostante fossero ormai in maggio, la temperatura non era molto alta di notte, ma il sacco a pelo che avevano comprato era abbastanza grande per tutti e due, e se Meredith sentiva freddo le bastava stringersi a John per scaldarsi.

Quando si voltò, Medusa vide che Pyro era già nel sacco a pelo e la stava fissando con un sorriso sulle labbra.

“Sono felice di averti ceduto quella maglietta.” le disse facendo correre gli occhi sulle sue gambe nude.

Medusa sorrise a sua volta. “Dovrai indossarla di nuovo, qualche volta.” rispose indicando la maglietta. “Ormai ha quasi del tutto perso il tuo odore.”

Pyro annuì e le tese le braccia. “Quando vuoi, ma adesso vieni qui.”

Medusa obbedì e si infilò nel sacco a pelo insieme a lui, avvolgendogli le braccia attorno al corpo e attirandolo a sé per un bacio. John rispose con altrettanta passione, le sue mani che vagavano libere sul corpo di lei finchè non furono entrambi nudi, e Meredith dovette premere forte la bocca contro il suo petto per soffocare il gemito che le salì alle labbra quando raggiunse l'orgasmo. Alla fine crollarono uno a fianco all'altra, stremati e coperti di sudore.

“Da dove viene Meredith allora?” chiese improvvisamente Pyro mentre l’abbracciava.

“Il paramedico che mi portò in ospedale mi diede il nome di sua madre.” rispose lei appoggiando la testa sulla sua spalla. “O almeno così mi hanno detto.”

Rimase a lungo sveglia a guardare la luce del falò che filtrava attraverso il telo della tenda, sempre più fievole, sempre più fievole, finché non si spense completamente e tutto fu buio.

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Spero di non aver offeso nessuno, ma ho voluto fare un omaggio a Eric Dane, che in X Men 3 interpreta James Madrox (alias Multiple Man), e che secondo me è l'uomo più sexy della galassia. Non per niente in Grey's Anatomy ha ricevuto il soprannome di "Dottor Bollore"...
Comunque non vi preoccupate: la fantasia di Meredith su Madrox rimarrà, appunto, una fantasia senza alcuno sviluppo.
Se ci riuscite, non ve la prendete troppo con Meredith, non è stata del tutto colpa sua. A parte il fatto non trascurabile che sono io, il suo burattinaio (Buahhahhahh, risata malvagia), Meredith è in preda agli ormoni della gravidanza, e Eric Dane è, oggettivamente, un gran bel pezzo di gnocco, tanto per usare un francesismo che fa molto chic.
E poi a chi non è capitato di fare pensieri sconci su qualcuno che non è il proprio ragazzo? Allora? Nessuno? Forse c'è una mano alzata là in fondo... No, nessuno.


Forse il ruolo di Medusa e Pyro nella Confraternita potrebbe a prima vista sembrare eccessivo, ma se ci pensate bene, nel film Pyro è con Magneto ovunque vada, e sull'isola di Alcatraz è proprio lui a trasmettere l'ordine d'attacco al resto della Confraternita. Non mi sembra eccessivo affermare che, a causa anche della "demutantizzazione" (lo so, andrei picchiata per quest'orrore che ho appena scritto) di Mistica, Pyro diventi il braccio destro di Magneto.

Bene, anche per questa volta è tutto. Un saluto a tutti e a presto!
  
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