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Autore: viktoria    12/03/2013    1 recensioni
[Jonathan Rhys-Meyers]Quanto avevo sognato di incontrarlo, di fare una foto con lui e di parlargli. Come quelle ragazzine idiote che vanno dietro i propri idoli per anni. Potevo dire, con un certo orgoglio, che io i miei pensieri idioti su di lui me li ero tenuti per me benché avessi sempre ammesso di far parte di quel 99% della popolazione che ha un suo idolo famoso con cui sogna quella storia romantica da fiaba.
Jonathan Rhys Meyers era il mio.
[STORIA IN REVISIONE]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Whatever works'
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Mi aveva presa tra le braccia con molta calma annullando quasi del tutto la distanza tra me e lui. Avevo la mano destra schiacciata tra il mio petto ed il suo e lo sentivo alzarsi e abbassarsi ritmicamente come il suo respiro. Sembrava calmo. Forse era stata solo una mia cattiva impressione quella che fosse agitato. Mi teneva l’altra mano in una morsa ferrea che mi avrebbe impedito di liberarmi anche se lo avessi voluto. Quello mi dimostrava che non sbagliavo a credere che fosse agitato.

- Ti stai divertendo- mi domandò acido guardando oltre la mia testa e impedendo a me ogni possibile movimento che mi permettesse di guardarlo.

- Sì, grazie.- risposi altrettanto acida dopo aver cercato in ogni modo di allontanarmi dal suo petto.

- Lo vedo.- costatò semplicemente stringendo se possibile anche di più.

Non risposi nulla. Quella dimostrazione di forza non meritava parole di nessun tipo. Anzi. Avrei voluto mandarlo a cagare, dirgli che non ero il suo giocattolo a piacimento ma mi risparmiai l’inutile scenata. Onestamente mi era oscuro il motivo del suo comportamento.

- Lui non mi piace.- mi confessò candidamente senza rallentare la presa o mostrarsi in qualche modo affettuoso o gentile.

- Neanche tu piaci a lui.- gli feci presente semplicemente.

- Sembra che sia pronto a toglierti i vestiti anche qui stesso davanti a tutti.- mi fece notare sbuffando disgustato. Che c’era di male se mi trovava attraente?

- Non so di che parli.- risposi semplicemente indifferente.

- Parlo del francese.- rispose irritato alzando un po’ il tono di voce.

- Non gridarmi contro l’orecchio!- lo rimproverai dandogli un colpo sul petto cercando di allontanarlo. Missione fallita miseramente.

- Lui ha già una ragazza.- mi rivelò abbassando la voce e avvicinandosi al mio orecchio.

- Non mi importa Jonathan, non me lo devo sposare.- gli risposi allontanando il viso.

- È borioso, pieno di se, saccente, egocentrico, egoista e…- lo bloccai scoppiando a ridere. Era più forte di me alcune volte resistere allo spasso che rappresentava per me quel ragazzo.

- Stiamo ancora parlando di lui o siamo tornati a parlare di te, come sempre?- domandai candidamente meritandomi un’occhiataccia di fuoco.

Adesso riuscivo a vederlo bene in viso. Mi aveva scostata appena e si era abbassato su di me puntandomi i suoi occhi azzurri come il ghiaccio contro facendomi rabbrividire.

- Lo stai facendo per farmi arrabbiare?- mi domandò in un sussurro.

- Come?- domandai io seriamente colpita da quella domanda.

- Non voglio che ti stia appiccicato ok? Pensi di fare qualcosa in proposito?- mi chiese tagliando il discorso. Si era abbassato su di me ed era ad un passo dal mio naso.

Lo guardai per un istante negli occhi. Bastava che mi muovessi di mezzo millimetro e lo avrei potuto baciare, lì, davanti a tutti. Ma non riuscivo a muovermi cavolo.

- Vuoi baciarmi?- sussurrò lui quando era evidente che non gli avrei risposto.

Scossi la testa in un modo che rendeva incomprensibile la mia risposta. sì o no Laura? Decidi.

- Se vuoi puoi baciarmi Lorie, io voglio che tu mi baci.- sussurrò passandomi la mano sulla schiena.

- No, non voglio farlo.- menti a me stessa scostando lo sguardo.

- Perché?- mi domandò lui abbassando ancora di più la voce.

- Lo stai facendo solo perché trovi antipatico Gaspard. È una sfida tra uomini a chi fa pipì più lontano. A me questo gioco non piace Johnny.- risposi velocemente fermandomi solo a quel punto per riprendere fiato. – una donna, ogni tanto, ha bisogno di sentirsi speciale perché è lei, anche se non ci fosse nessuno a volerla oltre quell’uomo.- sussurrai imbarazzata per il discorso assurdo che stavo facendo.

- Devo farti una lista di tutte le volte in cui mi ha rifiutato?- mi rimproverò lui arrabbiato.

- Tu mi fai proposte carine solo quando sai che sono praticamente impossibilitata a dire di sì- gli feci presente esasperata. – sembra che tu lo faccia di proposito per farti dire di no.- conclusi cercando di nuovo di liberarmi della sua presa. – vuoi sapere perché non voglio baciarti qui?- gli domandai quando era chiaro che non mi avrebbe lasciata andare senza un motivo valido. – perché Gaspard mi piace. È carino, simpatico, francese, raffinato ed elegante. Sembra pendere dalle mie labbra e non è criptico come te.- conclusi riuscendo a liberare una mano. – noi siamo quasi finiti a letto insieme e il massimo che posso dire è che mi hai regalato un libro che poteva farmi credere un milione di belle cose che non ho più visto nella realtà.- gli ricordai sentendo la sua mano allentare la presa dalla mia.

- Io non volevo che…- cercò di parlare ma lo interruppi con un cenno della mano.

- Non importa. Posso anche aver travisato le tue intenzioni, è probabile anzi.- acconsentì facendo spallucce nell’ammettere la mia ossessione. – lui è disposto ad un impegno più…duraturo.- confessai a malincuore. – anche se non sono affatto interessata alle sue moine non vuol dire che sono disposta ad accontentarmi dei tuoi attacchi di testa quando potrei avere un uomo così.- conclusi allontanandomi di un passo.

Jonathan mi afferrò per entrambe le braccia e mi riportò nella stessa posizione da cui ero riuscita a liberarmi con tanta fatica.

- Sai una cosa rompipalle?! Non ho capito una parola del tuo discorso confuso e senza senso.- ammise lui innervosito. – fammi capire…- cominciò guardandomi attentamente negli occhi agitato. – tu vuoi stare con me. ti piacciono i miei modi e ti è piaciuto il mio regalo giusto?- domandò alzando un sopracciglio.

- Contrattabile.- risposi io facendo spallucce.

- No, niente del genere, dì solo sì o no!- controbatté lui nervosamente spingendomi a guardarlo negli occhi.

- Sì.- risposi controvoglia dopo un attimo mordendomi la lingua.

- Però pensi che lui sia più serio e ben disposto.- tentò di capire lui.

- Sì.- ammisi per la seconda volta guardando altrove.

- Non solo sei vanesia ed egocentrica, ma sei anche dotata di una genuina grossolanità.- mi rimproverò seccamente. Con parecchia rabbia e rancore.

Rimasi parecchio colpita dalle sue parole. Sembrava davvero molto arrabbiato. Alzai appena lo sguardo su di lui che adesso mi guardava con gli occhi ridotti a due fessure.

- Come?- domandai incredula alzando un sopracciglio. Ma che gli era preso?

- Io non sono quello spocchioso francese, non ti farò nessun tipo di promessa e non mi impegnerò in modo duraturo con te.- mi avvisò con la voce grave e seria di chi sta avanzando una proposta importante. -Devi scegliere di buttarti.- concluse guardandomi seriamente negli occhi facendomi gelare.

- Tutta la mia vita adesso è un enorme punto interrogativo- costatai mostrandomi in tutta la mia insicurezza. Non si parlava solo di lui ma anche della scuola, degli amici, della famiglia. Stava per cambiare tutto per me. - non credo di essere pronta ad aggiungerne un altro enorme come te.-

- Allora mi spiace ma non posso proprio aiutarti. La mia proposta è questa: prendere o lasciare.- concluse semplicemente sospirando è lasciandomi andare le mani.

- È un ultimatum?- domandai lasciando scivolare il braccio che stava ancora a mezz'aria lungo il fianco, inerte.

- Chiamalo come ti pare Lorie.- concluse lui mordendosi il labbro.

- Che poi…- ripresi io aggrottando la fronte colpita. – di che stiamo parlando Jonathan?- domandai meritandomi una sua stupenda espressione basita.

- Come?- quella era la mia battuta per quella sera e lui adesso me l’aveva rubata.

- Io non capisco di che stiamo parlando.- ammisi semplicemente facendo spallucce. – io credevo che…-

- Tu sei un’idiota!- sbottò lui indispettito e arrabbiato. –sai che ti dico? Che probabilmente hai ragione, il francese è proprio il tipo perfetto per te.-

- Ma che ti prende adesso? Ho solo fatto una domanda.- gli ricordai afferrandogli la mano con cui aveva cominciato a gesticolare.

Quella era una nuova abitudine tutta italiana. Ne ero piuttosto fiera.

- Una domanda che dimostra tutta la tua idiozia!- concluse lui irritato guardandomi negli occhi con risentimento e sottraendo la sua mano dalla mia presa con uno scatto furioso. – buon proseguimento di serata.- mi augurò voltandosi e andando via a passo svento, seriamente irritato.

Lo stavo ancora guardando. La fronte aggrottata per lo stupore di quella reazione improvvisa, un milione e mezzo di domande che mi passavano per la testa senza riuscire a rispondermi. Non riuscivo ad interpretare quel suo comportamento e non riuscivo a capire se facesse sul serio.

- Amicizie selettive eh?- scherzò una voce alle mie spalle spingendomi a tornare alla realtà.

Ero rimasta ferma, bloccata al centro della pista, le braccia lungo i fianchi e una voglia incredibile di andare a prendere a schiaffi quel ragazzino, uomo, impertinente e antipatico. Mi voltai appena solo con la testa per capire da chi venisse quella voce. Anche se in realtà lo sapevo. Lo aveva detto in un francese morbido e seducente e quella sera c’era solo una persona di mia conoscenza che parlasse in francese.

- Dovrei cominciare anche io.- ammisi tornando a guardare il punto in cui era sparito tra la folla degli invitati che i pugni chiusi e le braccia lungo i fianchi come me.

L’uomo dietro di me mi si accostò e mi prese la mano portandosela sulla spalla mentre io ero ancora in preda alla rabbia contro quell’antipatico trentacinquenne. Mi costrinse quasi a voltarmi verso di lui distogliendo i miei pensieri dalla sfuriata appena ricevuta. Una genuina grossolanità? Solo perché mi ero persa un passaggio della sua follia? Ma quella povera Allie doveva pure subirsi la sua follia o era una mia prerogativa? Quasi quasi mi faceva pena.

- Mi dovevi un ballo ricordi?- mi domandò sollevando un angolo delle labbra mostrando la sua fossetta.

- Sì, scusami. Ero un tantino presa dalla mia idiozia.- scherzai con una punta di amarezza nella voce.

- Perché sei idiota?- mi domandò lui cercando di rimanere serio ma con veramente scarsissimi risultati.

- Non lo so.- ammisi facendo spallucce. –probabilmente è andata male con Allie e adesso ha deciso di sfogarsi sulla poveretta di turno.- conclusi io facendo spallucce.

Avrei voluto girarmi e andargli dietro. Perché dopo tutto io non ci volevo stare tra le braccia di quel ragazzo perfetto dalla camicia perfetta e dai gemelli in oro bianco che erano tanto sexy. Il blu dei suoi occhi non era quello che piaceva a me e neanche i suoi capelli perfettamente in ordine. Non avrei potuto passarci le mani in mezzo, mi sarebbe sembrato male rovinargli i capelli. Jonathan aveva i soliti capelli un po’ disordinati anche se corti, anche se era il suo compleanno. Aveva la barba sistemata eppure dava sempre l’impressione di essere un po’ trasandata. Gaspard davanti a me aveva il viso perfettamente liscio. Doveva essere morbido.

Sì, lo è.

Costatai dopo aver involontariamente sollevato entrambe le mani che avevo poggiato sulle sue spalle per passargliele sul viso in una carezza che partì dalla tempia per arrivare al mento circondandogli il viso perfetto. Per lo meno non era truccato come sembrava e come mi aspettavo. Ripresi il movimento solo con la mano destra verso la sua fossetta sul viso. Fu lui a fermare la mia mano quando le dita sfiorarono il solco quasi invisibile adesso che i suoi lineamenti erano seri e distesi.

- Non ha nessuna storia romantica questa cicatrice.- ammise lui amaramente stringendo la mano che teneva ancora contro il viso.

- Però ti ha reso famoso lo stesso.- mormorai io ancora rapita da quella situazione.

- Dicono che abbia un non so che di…sexy.- rispose lui con una smorfia nella voce come se non fosse del tutto convinto di quello che stava dicendo.

- Sexy.- ripetei io sotto voce piegando leggermente la testa di lato e avvicinandomi ulteriormente.

- Non ti piace?- mi domandò lui aggrottando la fronte.

- Che importa?- chiesi semplicemente sollevando gli angoli delle labbra in un sorriso di circostanza togliendo la mano dal suo viso.

- Te lo sto chiedendo. Vuol dire che mi importa.- rispose lui facendosi serio accarezzandomi la schiena con le dita fredde. Dalla base fino alla nuca provocandomi un brivido di piacere.

Corpo traditore.

- Non potrei immaginarti senza.- risposi con semplicità meritandomi con quella risposta un sorriso che gli illuminò gli occhi.

Se c’era qualcosa di positivo in quel ragazzo, qualcosa facilmente comprensibile che me lo fece risultare immediatamente simpatico, era il suo carattere. Per descriverlo bastava prendere l’esempio Rhys-Meyers e capovolgerlo. Tutto l’opposto.

Mi maledii mentalmente una terza volta. Perché ogni volta che parlavo di qualcuno dovevo subito paragonarlo a lui? Dovevo decisamente finirla. Ogni persona era completamente svincolata da quell’incubo ambulante e ricorrente di Meyers.

- Quanti anni hai?- mi domandò dopo un attimo continuando a tenermi una mano dietro la nuca e l’altra alla base della schiena come fossi una bambola da tenere dritta. Non sapevo se ritenerlo un bel gesto o meno. Comunque dava un certo senso di protezione che non era male.

- Diciassette.- risposi semplicemente. chissà come mai a tutti sembrava interessare così tanto la mia età.

- Cavolo, sei proprio piccina, come una bambolina.- scherzò lui sorridendo. –chariote (*bambolina).- ripeté divertito provocando in me una smorfia.

- Tu quanti anni hai grand’uomo?- gli domandai alzando un sopracciglio il segno di sfida.

- Più di te.- mi rispose semplicemente passandomi una mano sulla guancia con infinita gentilezza.

- Avevi già fatto sesso quando sono nata?- domandai con una punta di acidità nella voce anche se il mio tono in francese risultava alle mio orecchio dolce e smielato oltre ogni immaginazione.

- No, non ancora. Avevo solo dieci anni quando sei nata.- mi rispose svelando il mistero della sua età.

- Quindi hai solo ventisette anni, sai che mi credevo.- risposi io ridacchiando prendendolo affettuosamente in giro.

- Non ti sembrano tanti?- mi domandò lui scettico.

- No.- risposi io semplicemente – anche se in effetti hai l’età per sposarti e mettere su famiglia.- lo presi in giro. – una moglie, dei figli, un cane. Un’utilitaria.- conclusi alzando gli occhi con falsa spensieratezza.

A me, dalla mia famiglia, era stato sempre detto che quello era il raggiungimento di un obbiettivo importante, la costruzione di una famiglia, e che non c’era nulla di male. Ma ero ancora troppo piccola per non vedere tutto quello come la tomba perpetua della propria vita.

- Ne parli come fosse una cosa tremenda.- costatò lui con pochissimo senso critico.

- non voglio prendere l’argomento.- deviai semplicemente quando avvertii nella sua voce un tono di rimprovero.

Non mi andava di imbarcarmi in quell’ostico argomento da cui non sarei uscita forse mai più. Tra l’altro non volevo nemmeno prendere argomenti seri perché non era proprio il caso ne la situazione.

Sentì una mano poggiarsi sul mio braccio scoperto. Una mano calda che riconobbi subito. Mi voltai togliendo la mano dalla spalla del mio compagno con cui occupavo il centro della pista da ballo e vidi gli occhi castani della mia amica dai capelli corti e dalle labbra a cuore.

- Dobbiamo tornare a casa.- mi avvertì semplicemente toccando il suo orologio come se volesse avvertirmi dell’orario.

- Sì, arrivo.- risposi togliendo anche l’altro braccio.

Lui aveva solo liberato la mia nuca dalla sua presa mentre l’altra mano rimaneva ferma alla base della mia schiena. La mia compagna teneva ancora lo sguardo basso e balbettava un saluto che neanche io riuscii a capire bene.

- Oh Gaspard lei è Benedetta. Bens, lui è Gaspard.- li presentai semplicemente con un cenno della mano mentre la mia compagna gli porgeva la mano senza sollevare lo sguardo.

Allora la mia migliore amica non era sparita del tutto, c’era ancora una parte di lei in quella ragazza, anche se era nascosta molto in fondo.

- Ciao Benedetta, è davvero un immenso piacere conoscerti.- la salutò lui stringendo la sua mano con una certa affettuosità.

Lei rispose biascicando qualcosa di incomprensibile e tornando a guardare altrove. Prima verso il nostro tavolo da cui tutti si erano ormai alzati mettendo il cappotto, poi verso la pista alle nostre spalle.

- Che cosa è successo?- mi domandò lui quando era evidente che Bens fosse troppo occupata a ricordarsi di respirare per rispondere.

- Dobbiamo andare.- risposi io sorridendo compiaciuta dalla scoperta fatta.

- Ti accompagno io- mi promise lui tornando poi alla mia compagna - non preoccupatevi se stavate aspettando lei, andate pure.- la rassicurò il ragazzo sfoderando il migliore dei suoi sorrisi.

Lei rispose con un’espressione corrucciata e preoccupata. Preoccupata per me? davvero? Poi gli sorrise complice e sorrise anche a me.

- Cerca di riportarla tutta intera.- gli raccomandò come avrebbe potuto fare mia madre o mio padre dopo avermi accompagnato una festa a cui avevo assicurato di tornare con qualcuno dei miei compagni.

- Sarò prudente.- promise lui continuando a sorridere.

- E comunque fa che sia a casa ad un’ora decente ok?- lo rimproverò questa volta prima di sorridere, stringergli la mano e tornare al tavolo delle ragazze dopo avermi dato un frettoloso bacio sulla guancia.

La guardai allontanarsi nascondendo il viso contro la mano imbarazzata. Alcune volte sapevano davvero come mettermi in imbarazzo. E pensare che avevo quasi creduto che lo avesse fatto solo per gentilezza. Era un modo come un altro per farmi capire che le cose erano cambiate da quando eravamo amiche. Presi un respiro profondo e sfortunatamente non riuscii a concentrarmi il resto della serata.

 

Ero seduta sul sedile della sua auto stretta nel mio elegante cappottino nero con la borsetta sulle ginocchia. Fuori era buio pesto e l’orologio del cruscotto segnava che erano quasi le tre del mattino. Non avrei avuto molto tempo per riposare ma onestamente non ero sicura di riuscirci. Il caso Gaspard, il caso migliori amiche stronze, il caso Meyers. In quel momento però il ragazzo francese seduto al mio fianco doveva avere la priorità. Era stato di una gentilezza sconvolgente. Era stato con me praticamente tutta la sera, non avevamo fatto che parlare e mi aveva chiesto quante più cose possibili. Scuola, esami, prospettive per il futuro, famiglia, ex fidanzati. Anche io avevo scoperto parecchie cose sul suo conto ma ricordavo davvero poco e comunque non avevo indagato troppo quando lui rispondeva in modo criptico. Chissà se aveva capito che si trattava disinteresse o l’aveva preso come discrezione. Io non ero affatto una persona discreta. Se volevo sapere una cosa ero disposta a fare le peggiori brutte figure pur di saperla. Anche pregare se c’era bisogno.

- Grazie.- mormorai sorridendo appena e arrossendo voltando appena il viso verso di lui che mi guardava con l’angolo delle labbra sollevate.

- È stato un piacere.- rispose semplicemente mentre aprivo la portiera.

Scesi dall’auto mentre lui richiudeva il suo sportello con un tonfo sordo e, con le mani in tasca, si avvicinava a me che stavo per chiudere la portiera dell’auto.

- Quando torni a casa?- mi domandò mentre si avvicinava.

- Domani pomeriggio ho il volo alle sei.- risposi semplicemente salendo sul marciapiede.

- Hai bisogno di un passaggio per andare in aeroporto?- domandò lui gentile come sempre. Io mi morsi il labbro e scossi piano la testa.

- Non torno da sola.- credo. Aggiunsi parlando più a me stessa che a lui in realtà.

- Torni con Jonathan?- chiese lui aggrottando leggermente la fronte. Sembrava contrariato. Non volevo che si contrariasse proprio a fine serata.

- Anche se potrebbe sempre non essere così, non sono sicura che abbia preso il volo per domani.- aggiunsi velocemente. – se avessi bisogno di un passaggio…-

- Chiamami.- completò la frase per me sfoderando un nuovo sorriso anche più luminoso dei precedenti.

Non potei fare a meno che sorridere divertita e incrociare le braccia al petto fingendomi offesa. Era divertente farlo perché vedevo i suoi occhi brillare di divertimento. Non avevo mai visto nessuno divertirsi tanto con i miei capricci da bambina. Era appagante come minimo.

- La cavalleria francese non vorrebbe che sia l’uomo a chiamare la donna dopo la prima uscita?- domandai fingendomi piccata.

- Forse.- rispose lui fingendosi pensieroso.

- Allora vuoi scaricare a me l’onere perché non vorresti risentirmi e speri che io perda il numero di telefono? O me lo stai dando sbagliato?- lo presi in giro divertita provocando la sua risata coinvolgente.

Non riuscii a trattenermi anche io dallo scoppiare a ridere e appoggiai la fronte sul suo petto e una mano sulla sua spalla scossa dalle sue stesse risate.

- No, non è sbagliato.- mi rassicurò prendendo dalla tasca della giacca un bigliettino da visita e scrivendo con una penna un altro numero di telefono. – e che di solito deve richiamare quello meno interessato dei due.- mi informò lui sollevando lo sguardo su di me quando ebbe finito di scrivere e porgendomi il biglietto.

- Come mai tre numeri?- domandai io guardando il bigliettino.

- Quei due sono i numeri del lavoro, diciamo così. L’altro è il mio telefono personale. Mi trovi sempre a quel numero, quando hai bisogno…- mi informò distogliendo lo sguardo.

Non avevo ben capito la sua precedente battuta ma dopo questa affermazione non riuscì a fare a meno di arrossire e distogliere lo sguardo a mia volta. Avevo una voglia immensa di scappare via velocemente da quella brutta situazione che si era creata.

- Grazie.- ripetei per la seconda volta infilando il bigliettino in borsa e prendendo il vialetto di casa verso la porta.

Dopo aver suonato, voltatami per vedere la sua macchina andare via e salutarlo un’ultima volta con la mano, me lo trovai invece di fronte, vicinissimo più di quanto non lo fossimo stati tutta la sera. Si abbassò su di me con una lentezza estenuante mentre io allontanavo il viso per sottrarmi a qualsiasi contatto indesiderato. Purtroppo lo spazio fino alla porta non era infinito. La mia testa batté contro la superficie in legno e le sue labbra trovarono l’angolo delle mie con troppa facilità.

- Ho dimenticato di augurarti la buonanotte.- si giustificò lui prima di sorridere e allontanarsi leggermente dal mio viso. –Bonne nuit, ma chariote.- mi salutò dolcemente prima di voltarsi e andare via.

La porta di casa finalmente si aprì ed io mi infilai dentro tremante. Non era stato un vero bacio. Aveva solo sfiorato molto discretamente l’angolo delle mie labbra. Un errore di percorso, ci eravamo erroneamente scontrati, avrei potuto sostenere se a qualcuno fosse importato. Le mie amiche invece mi circondarono impazienti di ricevere tutti i particolari della serata.

- Forza, non farti pregare, qualche particolare?- mi domandò Caro curiosa seduta a gambe incrociate sul letto.

- Che vuoi che ti dica? Che è fidanzato?!- scherzai ricordando fin troppo bene le poche parole che avevo scambiato quella sera con il festeggiato.

- Davvero?! Cavolo non l’avrei mai detto.- asserì lei aggrottando la fronte pensierosa. – sembrava così preso da te.- continuò a sognare lei.

- Quindi non c’è stato niente?-

- Già, ha insistito tanto per riaccompagnarti che credevamo almeno che ci fosse un bacio…o che so io.- concordarono Betta e Bens annuendo vicendevolmente e dandosi manforte.

- Ha provato a baciarmi…ma niente di fatto in realtà.- conclusi io prima che potessero lanciarsi in chissà quali congetture.

- Sai cosa? Secondo me lo ha spaventato il tuo atteggiamento quando ballavi con Jonathan Meyers.- spiegò Caro incrociando le braccia al petto.

- Perché?- domandai io seriamente curiosa delle nuove congetture che avevano fatto per un ballo di due minuti esatti.

- Beh sembrava che ti volevi attaccare a lui e non staccarti più, ad un certo punto pensavamo che lo avresti baciato. Ti avvicinavi ogni secondo un po’ di più e ad un certo punto eravate così.- concluse unendo le mani e intrecciandole per sottolineare meglio l’idea.

- Non che lui sembrasse disgustato dal fatto che tu lo stessi assalendo…- concluse Ale parlando per la prima volta. – a me non fa più tanta antipatia…- cercò di dire prima di essere interrotta dalle altre.

- Sì, però adesso non diciamo cazzate eh? Gaspard sembra il principe azzurro delle favole. Che vuoi di meglio Laura?- mi domandò Caro cominciando ad agitarsi per l’emozione.

- Non credo che il principe azzurro delle favole avesse un’altra principessa prima di incontrare Biancaneve.- cercai di spiegarle io ridacchiando.

- Errori di percorso.- tagliò corto lei appoggiata dalle altre due sue comari mentre Ale appoggiava me. grazie al cielo qualcuno che sembrava ragionare.

Comunque non mi lasciarono addormentare prima che, sbuffando sonoramente, non ammisi che sì, Gaspard Ulliel era l’uomo dei sogni, il principe che ogni bambina si aspetta da grande.

Quella notte però io sognai due occhi celesti, ghiacciati e arrabbiati, che mi giudicavano. Sognai un viso più maturo, dei capelli più corti e un vero bacio.

Un sapore di nicotina, menta e cioccolata.

  
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