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Autore: fiammah_grace    15/03/2013    1 recensioni
[Shadow Hearts]
“… Perché tu, dopotutto, sei rimasto fino all’ultimo un bugiardo.
Niente ha potuto cancellare dal viso quella tua espressione ingannevole.
Quella stessa espressione che ti ha accompagnato fino alla fine.
Un volto, il tuo, che hai avuto il coraggio di mostrarmi anche ad
un passo dalla morte, davanti ai miei occhi pieni di compassione …”

[Nicolai Conrad/Karin Koenig]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Bugiardo
 
 
“… Perché tu, dopotutto, sei rimasto fino all’ultimo un bugiardo.
Niente ha potuto cancellare dal viso quella tua espressione ingannevole.
Quella stessa espressione che ti ha accompagnato fino alla fine.
Un volto, il tuo, che hai avuto il coraggio di mostrarmi anche ad
un passo dalla morte, davanti ai miei occhi pieni di compassione …”
 
 
Un giorno, Karin aveva fatto un sogno. Un sogno davvero strano. Qualche volta le capitava di ripensarci, mentre si ritrovava da sola, a vagare con il pensiero nei suoi stessi ricordi confusi.
 
“…era tutto reale?” chiese a sé stessa, impensierita.
 
Si gettò nervosamente sul letto, infastidita al sol pensiero di non riuscire proprio a soprassedere su ciò che la tormentava. Strinse le gambe al petto mentre lasciava che i folti capelli rossi le inondassero prepotentemente il viso. Aggrottò le sopracciglia, agitandosi su quel letto le cui lenzuola presero rapidamente a stropicciarsi. Fortuna almeno che era sola, pensò. Altrimenti non avrebbe saputo come giustificarsi con Yuri. Non faceva che alzarsi e gettarsi su quel letto, in una delle stanze della casa di Saki.
Al momento Yuri era lontano. E con lui anche il resto del gruppo.
 
Stavano accadendo molte, troppe cose. E il tutto aveva trovato l’apice con la morte di Nicolai e di quella donna di nome Ouka, che aveva causato la perdita della ragione dell’agente speciale Kato, vecchia conoscenza di Yuri.
 
“…Nh, basta!” urlò seccata, al che si alzò definitivamente dal letto.
 
Si avvicinò alla finestra, la quale affacciava direttamente nel paese verdeggiante di Inugami. L’ambiente rilassante e sacro non riusciva per niente, tuttavia, a placare il suo spirito, al che chiuse gli occhi e tornò sul letto, sperando di poter riposare. Ne aveva bisogno, ne avevano bisogno tutti.
Passarono diversi istanti ove rimase in un silenzio solenne, mentre quasi le sembrava di aver sentito il suo cuore riprendere un battito più regolare. Tuttavia una singola frase riaccese la veemenza che aveva in corpo.
 
“Te lo meritavi…” disse di getto, in un sussurro, senza nemmeno accorgersene. E il cuore riprese a battere veloce. “…però, perché hai fatto il mio nome?”
 
Se lo chiedeva quasi con ossessione. Non riusciva a passarci sopra.
 
Non riusciva a credere di essere stata l’ultima parola pronunciata da quell’uomo.
 
“Nicolai…perchè lo hai fatto ?”
 
Gli occhi s’inumidirono, mentre la sua mente ripercorreva ancora una volta quel momento.
Egli in preda alla disperazione, in un ultimo grido ad un passo dalla morte, l’aveva chiamata. Il suo urlo era rimasto indelebile nella mente della giovine fino a divenire una martellante ossessione che la stava mandando al manicomio.
Era dura, per lei, avere quella consapevolezza.
Ma dopotutto…perché? Non riusciva a spiegarselo.
 
“…e-era un sogno?” parlò titubante. “Anche quel giorno…in Russia, tu…”
 
La sua mente allora si abbandonò, mentre la confusione andò a far riemergere i suoi ricordi legati alla Russia. Ripercorse quei giorni risalenti a prima che Rasputin si rivelasse.
 
A prima che tutto degenerasse in un circolo dove nessuno sarebbe più tornato indietro.
 
Ritornò a quel giorno, quando fece quel sogno surreale. Ancora si chiedeva se fosse davvero tale o meno, sconvolta com’era da quel ragazzo il cui volto sembrava portavoce solo di menzogne e illusioni. Aggrottò le sopracciglia e ricordò quella lunga notte agitata. Quella notte, Karin aveva sognato Nicolai Conrad.
 
Una lacrima scivolò dal suo viso mentre ricordava con odio le parole del ragazzo.
Che fosse un sogno o meno, Karin si era ritrovata a Domremy. Nella chiesa dove tutto, per Yuri, Nicolai e lei, era cominciato.
 
“Karin. Karin.” diceva lui.
 
Perché l’aveva chiamata? Cosa sperava di ottenere da lei?
 
“Karin, ti prego. Vieni via con me.” le aveva detto.
 
Fuggire via con lui? E dove?  Si chiedeva in cuor suo perché quell’uomo stesse cercando di farla tornare sui suoi passi dopo aver cercato di ucciderla.
 
“Cosa cerchi? Fortuna, fama…qualunque cosa vuoi! Io ti darò l’amore che desideri.”
 
Quel che lei voleva? L’amore che bramava? Ah, nulla che lui avrebbe mai potuto capire…povero Nicolai. Quel giorno, aveva provato molta pena per lui.
Ricordava ancora nitidamente il suo volto, mentre cercava di farla crollare dalle sue stesse certezze. Il suo sguardo ipocrita, la sua ossessione nel distruggerla e farle credere che lui potesse essere l’unica luce nel suo mondo buio.
 
“Ho bisogno di te! Rimani con me. Io ti amo. Io ti amo!” le aveva urlato.
 
Amare? No, lui era incapace di amare. Lui era in grado solo di odiare la gente. Di poterci giocare e poterle sfruttare fino a quando i suoi scopi non venivano raggiunti.
Lui…era solo capace di giocare con il cuore delle persone. Eh, si…le faceva davvero pena.
 
Qualcuno in grado solo di simulare l’amore, il calore dell’affetto… era un uomo distrutto, spogliato di tutto ciò che rimaneva di umano in lui. Colpa del demone? Colpa di Astaroth?
Qualunque fosse la risposta più corretta, Nicolai, già da incalcolabile tempo, aveva perduto la sua stessa immagine davanti allo specchio. Uno specchio, orami, che rifletteva di lui solo un fantoccio.
Egli stesso era divenuto vittima dell’odio che albergava sovrano nel suo spirito, perseguitato e accecato.
 
“Kaaaaariiiin!!” e di nuovo fece il suo nome. Karin. Karin.
 
E ancora una volta…aveva detto “Karin”.
Come un capriccio, aveva furiosamente invocato il suo nome, mentre s’accorgeva che lei non sarebbe stata il suo giocattolo. Convinto che il suo viso fosse capace di nascondere le sue mani sporche e putride di sangue, mentre i suoi occhi ammaliatori incantavano la preda, incapace di accorgersi di essere invece vicina all’oblio.
 
No, lui poteva illudersi di giocare con il suo bel viso. Poteva illudersi che funzionasse. Ma non avrebbe mai ottenuto il suo cuore.
Strinse le lenzuola a sé mentre continuava a stropicciare il letto, con il cuore che le impediva di trovare pace davanti ad un uomo così.
Plagiare la mente di una donna per lui non doveva essere una cosa complicata. E in questo lui si era convinto che con Karin non sarebbe stato diverso.
Da acuto osservatore egli aveva subito saputo cogliere le debolezze della ragazza, convinto di potergliele scagliare contro e farla divenire così più fragile e sua.
 
Karin sospirò, mentre chiudeva gli occhi ricordando ancora le mani del biondo cardinale mentre le sfiorava il viso e giungeva al suo collo, accecato dall’ira che le mostrava più nitidamente l’odio che albergava, in realtà, dentro di lui.
 
In cuor suo, Karin si chiedeva se Nicolai quella notte l’avrebbe uccisa davvero, dopo averle urlato di amarla, se solo il sogno non fosse finito.
Quello strano sogno li aveva avvicinati. Lui l’aveva avvicinata a sé, tuttavia ancora si tormentava nel chiedersi perché lui avesse cercato proprio lei.
Perché avesse infine fatto il suo nome.
 
“Stupida…”
 
Era fin troppo ovvio. Lui aveva visto in lei la preda facile.
La “donna” sola e malinconica che i suoi occhi avrebbero potuto far avvicinare a sé. Tuttavia…perché? Quale tornaconto avrebbe mai avuto nell’averla dalla sua parte?
Cosa aveva visto Nicolai in lei?
Scosse la testa, volendo ignorare tutto. Ancora sdraiata sul letto, morse le labbra nel ricordare di colpo le urla di Nicolai, mentre, prima di morire, urlava il suo nome ancora una maledetta volta.
 
“B-basta!” e strinse gli occhi. “Manipolatore, egoista…”
 
Rimase per lungo tempo in silenzio, mentre gli occhi le bruciavano invocando riposo. La sua mente era ancora in subbuglio, incapace di accettare e comprendere cosa la legava a quell’uomo in grado di pensare al suo egoismo persino davanti alla morte.
 
***
 
“Karin. Karin.”
 
Una voce richiamava Karin con insistenza, mentre lei lentamente riapriva gli occhi. Attorno a sé vi era solo edera ed erba selvatica, illuminata dalla fioca luce del tramonto.
Allora ella si alzò, mentre il vento freddo la costringeva a raccogliersi un pò.
 
Si chiese dove fosse, mentre si voltava a destra e a manca inquietata. Cosa…stava accadendo?
Non lontano da dove si trovava, poteva scorgere una piccola chiesetta antica, contornata da un cimitero militare a lei più che familiare.
Anzi, di più. Più passava il tempo e più la sua mente riconosceva quel posto. Si trovava a Domremy, costatò confusa. Si domandava perché fosse lì, come potesse mai essere possibile. Si chiedeva se stesse semplicemente sognando.
 
Cominciò a muoversi, oltrepassando quella campagna fino a giungere alle porte di legno consumato della chiesa. Un sibilo agghiacciante risuonò proprio mentre le sue mani facevano per toccare e aprire l’ingresso, al che si ritrasse sgomentata.
 
“C-chi c’è?”
 
Non vi fu nessuna risposta dall’altro lato. Karin, con gran premura, si apprestò dunque ad aprire. Per qualche ragione non ebbe alcun indugio nell’entrare nella chiesetta antica. D’altro canto, non poteva fare altrimenti.
Così le doppie porte si aprirono, lasciando che quell’ambiente buio e umido fosse illuminato dai tenui raggi del sole che intanto stavano sparendo dietro le montagne.
Le ci volle un po’ per riabituare la vista a quell’oscurità improvvisa altalenata a quella luce, sicché rimase immobile davanti all’ingresso per alcuni secondi.
 
Davanti a sé poi notò un uomo. Era dentro la chiesa ed era l’unico lì presente.
Era alto, dai capelli biondo ramato e ben pettinati all’indietro. Le volgeva le spalle e indossava un’elegante divisa bianca.
 
“Nicolai??” sbandò.
 
Subito si avvicinò non potendo credere a chi aveva davanti agli occhi. Si sentì mancare il fiato mentre la distanza fra i due diminuiva sempre di più. Si chiedeva cosa stesse accadendo, perché si trovassero a Domremy. Che ci faceva lì Nicolai.
Quando lei fu distante da lui poco meno di due metri, il ragazzo non si voltò. Tuttavia le inveì contro mostrandole che impugnava saldamente in mano un lucente spadino dalla guardia dorata.
 
“Ferma.”
 
Karin si frenò immediatamente, guardandolo sorpresa. Rivolse lo sguardo all’arma domandandosi se fosse davvero pronto a usarla ostilmente. Si fermò dunque appena dietro di lui, che ancora le dava le spalle. Nicolai sembrava non accennare minimamente nello stabilire un contatto con Karin. Osservò quindi il giovane costatando solo allora la notevole differenza d’altezza che v’era fra loro.
 
“E’ un sogno…di nuovo?” chiese lei.
 
La rossa sussurrò quasi quelle parole, mentre di lì a pochi attimi un sibilo feroce rimbombò nuovamente nell’ambiente. Era esattamente come quello che aveva udito prima di solcare la soglia della chiesa.
Karin si accorse che proveniva dall’interno del luogo stesso, al che si girò attorno fino a focalizzarsi nuovamente sull’immagine di Nicolai.
Si chiese ancora una volta perché fosse li. Come potesse essere mai possibile che fosse davvero di fronte a lei, visto che lui era…
 
“…Tu sei morto sotto i miei occhi. Che…cosa ci fai…”
 
Di colpo s’interruppe, portando le mani davanti alla bocca e cadendo all’indietro in preda al panico. Solo in quel momento si accorse che un alone di luce circondava Nicolai, creando attorno a lui la sagoma di un demonio dal volto scheletrico.
Karin lo riconobbe con sgomento nel diavolo Astaroth, il Dio dell’odio.
 
Tremò sgomentata, mentre vedeva il ragazzo cominciare a lamentarsi, piegandosi con la schiena come fosse in preda al dolore. Sotto lo sguardo inerme di lei, egli cominciò a urlare, mentre prese a dimenarsi, come a voler scacciare quel dolore.
 
“Nh, il diavolo…Astaroth…io l’ho visto! Ah, ah..!” e prese a ridere, come se il dolore di Nicolai venisse ingoiato dal demone, che s’intravedeva appena attorno a lui. Un demone che lo perseguitava e che, al contrario, godeva di tutto quell’odio covato in corpo. “Si ciba…di quello che...Ah! A-aiutami, Karin!”
 
Karin lo vide di colpo accasciarsi sulle ginocchia, così senza pensarci nemmeno fu subito dietro di lui. Si avvicinò toccandogli le spalle, ma allora egli si ritrasse e la scacciò violentemente via. Karin così cadde a terra dolorante, mentre i capelli le cascarono davanti al volto.
Nicolai invece rimase inginocchiato a terra, continuando a toccare la sua fronte dolorante, non voltandosi mai indietro.
 
“Si ciba…Astaroth? Di cosa?” chiese lei.
 
“Vendetta, odio…più rimangono nel cuore, più si fondono alla tua anima. Karin…oh, Karin…” si rialzò e le si rivolse cercando di controllarsi. “Ho odiato tanto. Ho…desiderato la vendetta. E ancora adesso io desidero…odiare. Astaroth…lui mi aveva permesso di farlo.”
 
Karin lo guardava incapace di credere a quelle parole. Strinse le mani in un pugno sofferto.
 
“Ti sei maledetto. La vendetta ti ha consumato a tal punto…perché lo hai fatto!? Sai cosa avrebbe significato la guerra che volevi scatenare? Sai cosa significa…quel che volevi commettere in Russia??” sospirò. “Volevi vendicarti contro tuo padre. Per il tuo onore, la tua vita rubata…ma a cosa ti ha portato, invece, l’odio!?”
 
Nicolai scosse la testa, mentre chinava appena il capo verso di lei. Karin non riusciva a scorgergli il viso, era ancora di spalle.
 
Il cardinale Conrad, comunque, non le dava tutti i torti. Egli stesso era consapevole di conoscere solo e soltanto il terribile sentimento della vendetta, capace solo di consumare lo spirito e l’anima di chi ne era vittima, trasformando la vita stessa in un mondo triste e desolato.
Anche per Nicolai, il figlio bastardo dello Tsar di Russia, era così.
Per quel motivo egli aveva accettato un patto con il Dio dell’odio, non sapendo che, invece, sarebbe stato lui, il demonio, a consumarlo e bruciarlo definitivamente.
 
“Karin…promettimi che non mi guarderai in viso.” disse improvvisamente.
 
“C-cosa?”
 
“Voglio…avvicinarmi a te.”
 
Karin sgranò gli occhi paonazza mentre, ancora a terra, calò il viso verso il pavimento gelido. Per qualche strana ragione, il suo corpo si mosse da solo, sicché lasciò avvicinare Nicolai a sé che vide inginocchiarsi proprio di fronte a lei.
 
Riusciva a vedere le sue gambe, il suo petto. Vedeva gran parte della sua elegante divisa bianca, ma non fu capace di alzare gli occhi e guardarlo anche in viso.
Si chiedeva il perché di quella richiesta, ma soprattutto…si chiedeva perché dentro di sé trovò la volontà di rispettarla.
Come se…ci fosse qualcosa nel profondo che le dicesse di non guardarlo.
 
La mano del ragazzo si protrasse intanto verso di lei, mentre in un gesto insolitamente dolce andò a sfiorarle il viso col dorso della mano, con fare desideroso, bramoso…di stabilire un contatto con lei.
 
“Hai degli occhi bellissimi.” disse continuando a sfiorarle in viso. “Tenacia, forza…parlano molto di te.”
 
“…finiscila.” rispose di getto, infastidita, e scostò la sua mano schiaffeggiandola via da lei. “Cosa t’è mai importato di me?”
 
Egli rimase con il braccio sospeso per un attimo, mentre lentamente lo riportava sul ginocchio piegato. Karin continuava ad avere il capo chino, mentre sentiva il cuore battere, distrutta dall’idea di non poter sopportare ancora lo sguardo artificioso di quell’uomo.
Ripensava ai giorni in Russia, a palazzo, quando Rasputin aveva gettato la sua maschera mostrando il suo reale volto malvagio.
Anche lui le aveva parlato di come i suoi occhi avevano affascinato Nicolai. Occhi che avevano sedotto quel ragazzo fino a divenire una martellante ossessione. Un’ossessione che Karin stentava ancora a credere che fosse reale.
 
“Gentilezza, cordialità…fascino...” disse improvvisamente la rossa. “…sono il tuo biglietto da visita, che ti rendono attraente e rassicurante. Questo solo per nascondere il male che alberga in te e che ti ha logorato, fatto marcire. Quanto più sei impeccabile fuori…tu sei putrido dentro! A te non importa nulla di me. Né di nessuno! Dunque finiscila con questa farsa!”
 
Sentì Nicolai ridere soffusamente di quelle parole, dondolava lievemente il capo quasi per biasimare la ragazza. Schiuse le labbra e le sussurrò tenue.
 
“…ma io ti amo. Karin.” le disse e ripeté con insistenza. “Ti amo. Ti amo davvero!”
 
Il silenzio piombò nuovamente nell’aria. Karin si sentì profondamente presa in giro da quelle parole.
Amare? Lui cosa ne sapeva del significato della parola “Amare”?  
 
Dal suo canto, Nicolai guardava intensamente l’adorabile viso imbronciato di quella fanciulla, quasi incantato da quell’espressione determinata e fiera. Non batteva ciglio tant’era ammaliato.
Quel silenzio fu per lui il momento dove la sua mente si concentrò pienamente e completamente sulla ragazza, fonte delle sue attenzioni fin da quando l’aveva conosciuta in Vaticano e a Domremy.
 
Inarcò le sopracciglia con un fare leggermente beffardo, poi prese parola, riflettendo ad alta voce.
 
“Non ho mai conosciuto una donna come te. Fin dall’inizio non hai accettato alcuna mia lusinga. Era come se tu…assurdamente, potessi leggermi dentro. Potessi andare oltre e scorgere ciò che nessun altro aveva visto albergare in me. Era terribilmente irritante.”
 
Karin si sorprese di quelle parole e si rese conto che Nicolai, più parlava, più perdeva coscienza di ciò che diceva. Rimase in silenzio ad occhi sgranati, mentre lui continuava a pensare e parlare.
 
“Però mi piacevi. I tuoi occhi mi hanno ineluttabilmente perseguitato. Karin.”
 
Nicolai si alzò da quella posizione costretta, e guardò poi la ragazza chinando il capo verso il basso. Solo dopo le diede nuovamente le spalle avvicinandosi all’altare della chiesa.
Karin alzò finalmente il volto verso la sua figura e lo vide allontanarsi.
 
“Se ora, con quelle stesse parole, ti urlassi di venire via con me. Di ricambiare il mio amore. Riusciresti a seguirmi?”
 
Il silenzio piombò ancora un’altra volta. La rossa aggrottò le sopracciglia, indignata di quelle parole. Di quel nuovo inganno. Stesso Nicolai era curioso di sapere lei come avrebbe reagito.
 
“Sei patetico, Nicolai. Anche prima di morire… tu hai avuto il coraggio di plagiarmi.”
 
La mente di Karin andò in panne, ricordando quelle urla. Le urla di Nicolai quando le mani dell’agente Kato gli spaccarono la testa.
Ella strinse gli occhi nel ricordare quello strepito di ossa, proprio prima che il viso impeccabile di lui si tingesse di rosso.
 
“A-anche davanti alla morte, nonostante tutto…non hai avuto un attimo di redenzione!” digrignò i denti e in lacrime urlò:
 
“…E ti aspetti che io ti creda??”
 
Come un tuono, la sua voce rimbombò nella chiesa. Karin si lasciò andare ad un profondo sospiro, mentre portava le mani sul capo confusa.
 
“Perché hai fatto il mio nome?” ripeté urlando sempre più disperata. “Perché?! Lo sei sempre stato.… sei rimasto fino all’ultimo un bugiardo. Fin dal primo istante, quando ci siamo conosciuti in Vaticano. Niente ha potuto cancellare dal viso quella tua espressione ingannevole. Niente. Quella stessa espressione ti ha accompagnato fino alla fine. Un volto, il tuo, che hai avuto il coraggio di mostrarmi anche ad un passo dalla morte, davanti ai miei occhi pieni di compassione…Io sarei…per davvero…se solo tu, almeno prima di morire, fossi stato reale. E ora la tua voce mi perseguita, mentre mi chiama proprio prima di sparire per sempre. Mentre io ho la consapevolezza di quanto tu sia incapace di amare.”
 
Gli occhi verde chiaro di Nicolai si persero languidi nelle parole della ragazza, mentre osservava in una direzione vaga ed indefinita. Guardò successivamente le sue stesse mani, portandole dinanzi a sé. Adirato e sconsolato dalle parole della ragazza.
Egli…non aveva conosciuto l’amore. Questo era esatto. Ancora una volta Karin lo sorprendeva e lo incantava.
 
La sua gentilezza, la sua impeccabilità…avevano sempre celato la sua reale insofferenza per un mondo che l’aveva rifiutato fin dalla nascita. Che gli aveva rifiutato l’amore in tutte le sue sfumature.
L’odio, al contrario, era un qualcosa che ribolliva in lui da sempre. Il suo sentirsi un rifiuto, disonorato e diseredato dalla società, lo aveva condotto in un oblio che gli aveva destato una forte irritazione nei confronti di chiunque avesse a che fare con lui.
 
E la vendetta
Quel sentimento corrosivo si era scavato velocemente in lui fino a consumarlo.
 
Ogni qualvolta si presentava la possibilità, aveva usato ogni carta a sua disposizione per i suoi scopi: fama, bellezza, inganno…tutto. Ogni azione per giungere al suo fine ultimo, in ode ad un onore che non avrebbe mai potuto, in realtà, riottenere.

Una vita triste e meschina, la sua. Era strano per lui ammettere che tanto odio fosse solo frutto di un’indicibile sofferenza che non aveva saputo sostenere.
 
Astaroth, nella sua vita, aveva facilmente potuto soggiogarlo, masticando e lacerando il suo dolore fino a trafiggerlo con una ferita già esistente nel suo cuore. Una ferita che aveva solo allargato ulteriormente.
 
Schiuse la bocca, mentre davanti ai suoi occhi apparve Karin. Presero a riaffiorare uno dietro l’altro, nella sua mente, una serie di ricordi legati al Vaticano, quando lei era ancora una militare.
 
Si. Era sempre stato così.
 
Ogni qualvolta si presentava la possibilità, aveva usato ogni carta a sua disposizione per i suoi scopi: fama, bellezza, inganno…tutto. Ogni azione per giungere al suo fine ultimo, in ode ad un onore che non avrebbe mai potuto, in realtà, riottenere.
 
Sgranò gli occhi, rendendosi conto che invece per lei non era stato così.
 
“Karin…” sussurrò.
 
Scioccato, girò gli occhi ora tremanti verso quella donna così determinata, risoluta. Quella donna che aveva veduto in lui ciò che nessuno era mai riuscito a scorgere nemmeno.
Acquisì così una nuova consapevolezza, comprendendo per la prima volta che, per lui, era diventato impossibile essere reale. Nemmeno per se stesso.
 
E anche il suo modo di amare era filtrato dall’inganno e dall’egoismo nutrito dall’odio che oramai lo aveva corrotto.
Karin…lei era bellissima. I suoi occhi trasmettevano forza, incorruttibilità.
Aveva, a differenza sua, fiducia nel prossimo, nei valori, nella gioia delle piccolezze della vita…
E quegli occhi, per lui erano insostenibili e meravigliosi. Questo da sempre. Da quando l’aveva vista.
In cuor suo si chiedeva se quello fosse…amore?
Si voltò di scatto verso di lei, dopo averle negato di guardarlo fino a quel momento.
 
“Io ti amo.” urlò improvvisamente, mentre le rivolgeva degli occhi per la prima volta sconvolti. “Davvero! Ti amo!”
 
Sebbene il biondo oramai non le desse più le spalle, Karin non ebbe la tentazione di guardarlo in volto.
Si rialzò da terra, mentre egli si girava definitivamente in sua direzione.
Per quanto Nicolai cercasse con tutte le sue forze di convincerla, oramai fra loro si era creata un’insormontabile voragine.
 
“Sei un bugiardo. Sei rimasto, nonostante tutto...bugiardo.” disse con sguardo gelido.
 
“Ti amo!” insisté lui, ma Karin inveì prontamente.
 
“Smettila!”
 
Nicolai chinò il capo, sconvolto e consapevole che lei non sarebbe mai stata sua. Strinse le mani in un pugno e allora le si avvicinò adirato da quella reazione.
 
 
Non conosceva l’amore. Non aveva mai amato. In compenso, l’odio era un qualcosa che era cresciuto in lui da sempre fino a corroderlo.
E anche il suo modo di amare, oramai, era pieno di odio.
E così, ancora accecato dall’odio, si avvicinò a lei e portò violentemente le sue mani sul suo collo.
 
 
“Sei mia. Io ti avrò. Karin.” strinse le mani più forte. “Perché io ti amo.”
 
Karin, provata da quelle parole, aveva ancora lo sguardo chino. Proprio non riusciva ad alzare gli occhi verso di lui, proprio non riusciva ad accettare quanto un uomo potesse essere così bugiardo.
Gli occhi di Nicolai erano dunque come un qualcosa di offensivo, tagliente, che colpiva il suo animo distrutto. Tuttavia mai come in quel momento avrebbe dovuto specchiarsi in quegli occhi, per accorgersi quanto fossero bramosi di lei a ogni costo.
La ragazza infatti non aveva visto la rabbia che si era repentinamente sostituita alla bramosità e alla disperazione.  Così non poté vedere le sue robuste braccia protratte violentemente verso di lei.
 
La giovane donna non ebbe nemmeno il tempo per opporsi, che subito ebbe le mani del biondo sul suo collo.
 
Portò tempestivamente le mani su quelle muscolose di Nicolai, spaventata e disorientata. Il respiro le venne velocemente  a mancare, mentre si compiva quel gesto folle che offuscò i suoi sensi e la mandò in panico.
 
“Nh….aaaah! N-Nicolai…!!”
 
Aveva paura, sentiva che egli aveva perso il senno, adirato dal suo modo di affrontarlo che leniva direttamente il suo cuore.
 
Improvvisamente poi…sentì il respiro tornare.
La sua gola si liberò, la violenta presa allentò quell’oppressione.
Spalancò gli occhi scioccata, affannata. Guardò dinanzi a sé d’impulso, dimenticando i principi che prima le avevano impedito di alzare i suoi occhi verso di lui.
Sgomentata, stavolta fu incapace di calare lo sguardo dalla figura dell’uomo dinanzi a se, mentre notava adesso il suo petto sporco di sangue fresco.
 
Karin lo osservò confusa, mentre per la prima volta si ritrovava a ricambiare quegli occhi verdi intensi.
Attraente, perfetto, bello. Egli aveva il viso esattamente come lo ricordava.
Questo, meno che una profonda impronta rossa di sangue che gli contornava la fronte.
 
Le sue mani si fecero fredde e la sua espressione mutò, mentre si riempiva di sgomento.
Il volto di Nicolai marchiato dalla morte s’impresse nella sua mente in un’immagine torbida e angustiante che le fece gelare il sangue.  Adesso che i suoi occhi avevano veduto, adesso che aveva deciso di alzare lo sguardo verso di lui, la verità di quella visione fu insostenibile.
 
Quella profonda ferita rossa. Quella stessa che gli aveva dato la morte.
Anche dalla bocca e dal naso scorse sangue. Un sangue rappreso, scuro…rosso e simbolo di grande violenza.
La divisa candida era macchiata dello stesso sangue che gocciolava dal viso. Come fosse ancora assurdamente fresco.
Nicolai sembrava avere un volto folle, angosciato, mentre ricambiava il suo sguardo con le braccia ancora tese verso di lei.
 
Lo vide sconvolto dal fatto che lei lo avesse guardato in viso. Che avesse visto il suo volto oramai tracciato dalla morte.
 
“Luogotenente, gli occhi che mi rivolgi sono crudeli.”
 
Mentre parlava, Karin guardava i suoi occhi verdi, incapace di distaccarsi dal loro contatto.
Più li osservava, tuttavia… più si rendeva inquietantemente conto della loro immaterialità. Attraverso di essi poteva infatti scorgere l’intera navata alle loro spalle. L’altare stesso cominciava a riflettersi oltre il corpo di Nicolai, intravedendosi sempre più nitidamente.
 
“Io ho…bisogno di te, Karin. Karin. Karin…” 
 
Osservava impotente e angosciata Nicolai che era ancora di fronte a lei, mentre la sua figura si faceva sempre più trasparente.
 
Nicolai si avvicinò verso Karin, chinando il viso sempre più vicino al suo.
La ragazza schiuse le labbra d’istinto, confusa da quelle parole e con occhi sgranati, mentre cominciava ad avvertire il suo respiro soffiarle sul viso. 
Gemette, disorientata da quella vicinanza, accecata dal fascino e dall’incanto che Nicolai continuava a destare, nonostante lei sapesse chi fosse...
 
A quel punto però, quel leggero e quasi impercettibile fiato smise di soffiare bramoso sulla sua pelle.  
Nicolai svanì, prima che Karin potesse reagire lucidamente alle sue parole, alla sua vicinanza. Prima ancora che potesse interpretare quegli occhi ammaliatori per natura, capaci di nascondere le mani sporche, putride di sangue.
 
***
 
Karin spalancò gli occhi. Era buio adesso ed era nella sua stanza nel paese di Inugami. Si alzò mentre stringeva le lenzuola al petto, provando molto freddo. I suoi occhi s’inumidirono, mentre si capacitava che ciò che era accaduto non era stato reale. Un sogno, forse. Un sogno tormentato.
Ripensò a Nicolai mentre, prima di morire, urlava il suo nome disperato.
A quel punto lei non trattenne più le lacrime. In cuor suo ancora ripensava a lui mentre si avvicinava alle sue labbra. Si chiedeva come mai si fosse svegliata solo in quel momento. Si chiedeva perché fosse sempre stato così.
E Nicolai…la amava davvero?
 
“…Bugiardo.”
 
[…]
 
 
 
 
 
 
Breve oneshot dedicata a Nicolai e Karin, che sono anche un pairing di shadow hearts covenant che io trovo davvero molto interessante. Nicolai per natura è un uomo affascinante ed ingannevole. Un uomo che sfrutta il suo fascino a favore dei suoi interessi personali. Egli è anche un uomo disperato e triste, accecato oramai dall’odio e dalla vendetta.
Karin si rivela essere una delle persone pronte a divenire una delle sue vittime, ma lei non cade nella trappola del suo fascino. Al contrario, gli dimostra risolutezza, forza e determinazione. Ella non cede alle sue lusinghe da amabile tentatore.
Nicolai, al contrario, rimane affascinato da quella giovane donna che rimane, in qualche modo, legata ai suoi pensieri, fino a divenire un’ossessione. Nella sua perversione e malvagità, io sostengo che Nicolai fosse davvero invaghito di lei. Un amore tuttavia, che è incapace di donare o di non sfruttare a suo vantaggio, vista la vita sofferta e ingiusta che ha dovuto patire essendo figlio illegittimo dello Tsar Nicholas.
Nicolai è un personaggio molto particolare che si scava un ruolo decisivo nella trama di Shadow Hearts covenant. E’ un personaggio che mi ha attratta fin dal primo istante e sul quale conto di argomentare ancora. Specie alla luce della relazione che gli autori hanno voluto sott’intendere con la protagonista femminile Karin.
  
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