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Autore: Querthe    04/10/2007    6 recensioni
Una sorta di poliziesco a metà strada tra un noir e X-file, o così spero di riuscire a farlo. Scusate se ogni tanto nella storia uso qualche imprecazione, ma non conosco poliziotti da film non scurrili. Mamoru e Rei compagni di squadra, un rapimento e un mistero attorno alla figura di un angelo biondo a cui mancano solo le ali e l'aureola, ma con dei bei codini...
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Rei/Rea, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie, Contesto generale/vago
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Era un luogo buio. Non era nero, solo buio, una sorta di grigio scuro che le dava fastidio, perché non le dava nessun riferimento. E lei, abituata alla sua piccola cella illuminata, era sull'orlo delle lacrime.
- Dove sono? - chiese Usagi, accorgendosi di essere in piedi, scalza, su un pavimento rigido e tiepido, come se fosse fatto di piastrelle alla sua stessa temperatura. - Dove sono? Dottoressa Meiou? Doc? C'è qualcuno?
Nessuna risposta, se non un piccolo bagliore in lontananza, un leggero rossore che si stava velocemente diffondendo e avvicinando.
- Cucciola, certo che c'è qualcuno... - disse una voce dolce, calda e gentile, proveniente dal nulla, o forse dal rossore, visto che il colore pulsò al ritmo delle parole.
- Chi sei?
- Io sono te. E sono oltre te.
- Hai la voce della mia amica, ma non ti vedo. E perché sono qui?
- Stai dormendo, o meglio, ti hanno fatto dormire con un potente sonnifero. Non possono fermarmi se non impedendoti di avere una coscienza, e senza la tua coscienza io non posso emergere nel loro mondo.
- Loro chi? - continuò a chiedere Usagi, mentre il rossore si stava concentrando di fronte a lei, prendendo le forme della sua amica che spesso la visitava quando aveva gli occhi chiusi. Il corpo rosso e tremolante iniziò a coagularsi e a vestirsi di bianco.
- Gli uomini, gli umani, quelle maledette scimmie senza pelo!
Usagi rise, mettendosi una mano davanti alla bocca, una risata fanciullesca e semplice.
- Ogni volta che li chiamo con il loro nome tu ti metti a ridere. Che cosa hai tanto da essere divertita? Se non ci fossi io con te tu saresti solo una di loro...
- Ma ci sei, quindi rido. - sorrise la biondina, osservando l'altra che era la sua copia esatta, se non per il vestito bianco e di taglio classico, con piccole pieghette lungo la gonna, una cintura dorata alla vita e le maniche a sbuffo a coprire giusto le spalle. L'attacco dei lunghi codini dorati erano impreziositi con dei gioielli di platino e rubini, come una sorta di tiara con una mezzaluna crescente adornava la fronte. - Come mai mi hanno addormentato? E perché mi trovo qui?
- Te l'ho già detto... - sospirò la sua copia, accovacciandosi vicino a lei e sistemandosi la gonna, come se volesse evitare di stropicciarla. - Mi hanno messa tranquilla, stavo facendo un po' di caos dalle loro parti, e francamente anche se mi facevano male, non volevo mollare nemmeno di fronte a quei maledetti simboli.
- Perché loro ti considerano cattiva e ti fanno male? Tu sei buona...
Lei sorrise facendo una smorfia.
- Non credo che la penserebbero così gli altri. Non sono esattamente una persona gentile o accondiscendente.
- Ma io so che sei buona.
- Solo con te, Usagi, solo con te. Io e te siamo un'unica cosa, e non posso di certo essere cattiva con me stessa, no? Su, ora alzati, che andiamo a fare un giretto.
- Dove?
- E' una sorpresa, ma credo che ti piacerà. Hanno bloccato buona parte dei miei poteri, ma credo che questo non possano farlo, e così tu potrai vedere una persona che ci sta molto a cuore... Lui e i suoi panini bruciacchiati.
- Panino. Buono. Andiamo da Mamoru?
- No, cucciola. Non possiamo andarci come l'altra volta. Sei riuscita ad arrivare ai miei poteri, ma non sai come controllarli, e francamente non saprei nemmeno io come mai sei arrivata a poterli usare volontariamente a parte quelli che ti ho concesso in quanto siamo fuse assieme. Ma dopo quella volta hanno aumentato le difese e i blocchi, e credo che non potremo ripetere il trucco. Ma possiamo ancora uscire dal nostro corpo e fare un giro come fai spesso.
- Facile facile. Ma tu come sai dove si trova il mio amico?
- L'ho cercato un po' prima di venire da te, sapendo che ti avrebbe fatto piacere. Ci vorranno un paio di secondi per raggiungerlo. Ti va?
Lei annuì vigorosamente, ed entrambe scomparvero da quel luogo buio e spoglio, che smise di esistere nell'istante in cui loro se ne andarono. Usagi aveva chiuso gli occhi per un istante, e quando li riaprì si ritrovava in cielo, sopra una città che non conosceva, la sua mano destra stretta in quella dell'altra sé stessa, che si diresse decisa verso un locale dall'insegna luminosa. La bionda notò di sfuggita una macchina su cui due uomini stavano caricando di peso una donna dai capelli neri che si agitava e imprecava. Si stupì dei pensieri nella testa della donna che si chiamava Rei, ma si stupì anche che lei conosceva Mamoru.
- Chi è? - disse indicando la donna.
- Un'amica del nostro amico. Nulla di interessante. Anima appetitosa ma monotona. Manca di sale e troppo carica di passioni momentanee. Ecco chi ci interessa, anche se credo per motivi diversi.
- Fa dei panini stupendi...
- Diciamo che ti interessa per quello. E che ci interessa anche per un altro motivo... - sorrise la donna più adulta, mentre il loro corpo spirituale si infilava nei muri e si arrestava a mezz'aria nella stanza dove il poliziotto stava ascoltando Minako, come lo stavano facendo le sue due figlie.
- Mi sembra famigliare...
- Certo che è famigliare. E' tua sorella, anche se non esattamente la tua, ma quella di una tua vecchia te. Credo che sia il numero uno la sua vera sorella. Brutta fine, e mi spiace di esserne la causa.
- Non ti capisco. - piagnucolò lei. - Parli come fanno a volte la Dottoressa Meiou o Doc.
- Immagino. Ascolta, la storia è appena iniziata.
- Come ti dicevo, i nostri genitori si erano interessati per anni alle pratiche magiche e sciamaniche giapponesi, iniziando ad intuirci uno schema ripetibile e riconducibile ad una vera e propria scienza sotto la coltre di superstizioni e di sciocchezze che l'avevano ricoperto. Erano convinti che fosse possibile creare vere e proprie equazioni per spiegare il sovrannaturale, per evocare esseri di altre dimensioni e controllarli. Le loro ricerche li avevano portati a contatto con un dottore che era stato espulso dalla comunità scientifica ufficiale, uno studioso delle nuove tecnologie legate alla biologia ed estremamente interessato alle potenzialità dei materiali radioattivi nel mutare le cellule viventi. Questo scienziato era arrivato a credere che le mutazioni non erano errori, bensì tentativi del corpo colpito di adattarsi ad una evoluzione troppo repentina, e che spesso portava alla morte dell'organismo. I dati raccolti da quest'uomo avevano mostrato ai miei genitori che c'erano delle forti analogie con i risultati da loro conseguiti, finché non arrivarono a formulare una teoria per cui mutazioni e possessioni avevano un'origine comune. I loro studi si spostarono sul pilotare le mutazioni tramite evocazioni e riti, ed ebbero alcuni buoni risultati, che li portarono, o meglio portarono nostra madre a fare forse il suo più grande errore della sua vita. Durante uno dei tanti esperimenti, non sapendo ancora di essere incinta di noi, nostra madre ha dimenticato di portare un amuleto che l'avrebbe protetta durante l'evocazione per pilotare una mutazione su una mucca, e solo dopo che tutto fu finito si accorse dell'errore, visto che l'esperimento fu un pieno fallimento.
- Era stata posseduta?
- No, poliziotto, non lei. Noi. Io e la mia gemella, Usagi, anche se in modo decisamente diverso, ma nessuno se ne accorse se non dopo la nostra nascita, dopo che gli esperimenti ebbero notevole successo e provocarono non solo la felicità dei miei e del loro collega, ma anche l'ingordigia di quest'ultimo, che inoltre aveva contratto notevoli debiti con dubbie persone, che a quel punto erano molto, troppo interessate ai risvolti economici di quanto da noi scoperto.
- Fammi indovinare. L'accordo scientifico saltò per vile denaro?
Minako sorrise forzatamente e annuì.
- Saltare è esattamente il termine giusto.
Usagi iniziò a piangere copiosamente.
- Cosa hai, piccola?
- Sto vedendo due persone insanguinate, sofferenti, e anche se non le conosco sono triste. Perché le vedo, se non le conosco?
- Mi spiace, sono i miei pensieri, i miei ricordi. Tu, scusa, la tua vera tu, era troppo piccola, ancora un feto nel ventre materno, quando accadde, ma io ero conscia già di tutto. Sono decisamente più antica di te, dei tuoi e credo di buona parte di questa palla di terra e acqua. Ma ascolta, credo che questo ti potrebbe interessare, anche se non sarà piacevole.
- Mi terrai la mano?
- Certo, sciocchina... - sorrise la donna, stringendole dolcemente la mano con entrambe le sue e annuendo.
- Grazie.
- Esplosivo?
- Già. Un regalino degli amici dello scienziato. Lui aveva venduto loro i suoi segreti... quasi tutti, non era così stupido, e loro volevano essere sicuri che nessuno potesse sfruttarli oltre a loro. Quello che non sapevano era che per qualche oscuro motivo mio padre morì sul colpo, praticamente dilaniato, mentre nostra madre si salvò. - La donna accanto ad Usagi sorrise furba. - Era grave, ma sopravvisse abbastanza per mettere al mondo due sanissime bambine prima di morire. Anche se entrambe erano segnate da un piccolo problema.
Mamoru aggrottò le sopracciglia.
- Una delle due era nata con una malformazione stranissima alla gamba sinistra. Era secca, come un ramo senza linfa. Era rigida, immobile, come finta, ma non ebbero il coraggio di amputargliela, Non sarebbe migliorata con una protesi. L'altra ragazza era segnata da una strana voglia a forma di mezzaluna sulla fronte. Nulla di particolarmente strano, se non che questo simbolo appariva e spariva senza alcun senso logico.
- Lei e sua sorella, immagino. Usagi. Anche se non le ho visto il simbolo.
- Ringrazia il cielo che non si è mostrato ... - mormorò cupa la donna. - Le poche volte che si è fatto vedere erano i momenti in cui compariva l'altra Usagi, quella pericolosa, quella crudele.
- Non è vero che sei crudele! E' cattiva quella donna.
- Buona, Usagi. E' sempre tua sorella, e non è cattiva. Ha ragione. I primi tempi ero impossibile, e intrattabile. Non ero una persona facile...
- Ma...
- Zitta e ascolta. E poi vediamo se dici ancora che la dottoressa Meiou è gentile. - Usagi borbottò qualcosa di inintelligibile e si rimise in ascolto, incrociando le gambe a mezz'aria in maniera molto poco femminile. - E mettiti composta, che non sei una bambina. Guarda tua sorella...
- Sembra mia nonna...
Lei scosse la testa divertita e rassegnata. La bionda si mise composta, sedendosi su un'immaginaria sedia, le mani in grembo.
- Quella crudele? Che cosa sta dicendo?
- Usagi, la vera, prima Usagi, ma credo che anche le altre non siano dissimili, aveva una doppia personalità, se così la si può chiamare... Era una bambina stupenda, gentile, fragile, forse anche un po' troppo innocente, ma a volte affiorava un altro carattere, duro, crudele, inumano, che mostrava un'età che mal si addiceva a quella reale. Era adulta, e con la maturità oltre che un intelletto superiore aveva con sé la cattiveria propria delle persone ormai disincantate dalla realtà. Quando eravamo piccole, credo avessimo poco più di sette anni, lei si arrabbiò moltissimo con una nostra amica che si era rifiutata, all'orfanotrofio, di farla giocare con la sua bambola. In pochi minuti il simbolo sulla sua fronte si fece ben visibile e quasi pulsante, e sia la bimba che la bambola presero fuoco, improvvisamente, dall'interno. Non fu uno spettacolo piacevole, e ancora spesso ho l'incubo in cui rivedo la scena, io che piangevo disperata e lei che sorrideva divertita, per poi mettersi a piangere come se non si ricordasse nulla di quello che aveva fatto.
- Terribile.
Lei annuì.
- Poi le nostre strade si divisero. Io venni adottata, lei rimase all'orfanotrofio, ma seppi poco dopo che anche lei non era più là. Qualcuno ne aveva ottenuto l'affido, ma non certo per darle una bella casa e una famiglia tranquilla.
- Una bella bustarella a chi dico io e i bimbi li danno anche agli orchi. - borbottò lui, visibilmente contrariato.
- Anima nobile decisamente. Sarà un piacere leccarlo... - sorrise la Usagi adulta.
- Cosa?
- Niente, niente Usagi. Torna ad ascoltare.
- Sarebbe stata fortunata se fosse finita con un orco. Invece finì con quelli che avevano ucciso i nostri genitori, e con lo scienziato che li aveva traditi. Era riuscito ad ottenere un campione dei tessuti di Usagi, forse del sangue o altro, e facendo delle analisi aveva scoperto che lei era stata posseduta durante il fatidico esperimento, e che quindi lei era la prova vivente che le teorie sviluppate da lui e dai nostri genitori erano corrette. Usagi credo fu usata per esperimenti di ogni tipo, coperti dal governo, da imprenditori e da gente decisamente oltre la legalità. Tutti sotto il nome della Garnet Laboratories.
- Posseduta? Come nei film dell'orrore?
- Non esattamente, poliziotto. La possessione in quel modo rimuove la volontà dell'umano e sostituisce quella dell'essere, mentre nel suo caso la possessione è a un livello infinitamente più sottile. Non è la sua mente ad essere posseduta, ma le singole cellule. Ogni fibra del suo corpo, ogni molecola è posseduta da questa entità, conferendole poteri inimmaginabili, ma che fortunatamente non è mai riuscita a controllare, e l'utilizzo degli stessi da parte del demone all'interno è così spossante per lui che non può reggere oltre pochi minuti. Ma era comunque un'arma da sfruttare, e non poteva certo morire, anzi bisognava preservarla per altri esperimenti e per manipolare le sue cellule per poter meglio controllarne le potenzialità.
- Clonazione! - strabuzzò gli occhi lui. - Decenni prima che si sapesse anche solo cosa volesse dire questa parola.
- Esatto, ma non solo. Mutazioni, indotte con radiazioni, operazioni chirurgiche, riti magici. Non sempre andati a buon fine.
- Immagino. Ma lei, se mi permette la domanda, come fa a sapere tutto questo? Intendo dire, se ci sono arrivato io, ci sarà arrivata anche la Garnet, e lei è una sorta di testimone scomodo...
- Vero, ma ho anche io i miei contatti, e sanno che se mi succedesse qualcosa, o se capitasse anche il minimo incidente alle mie due figlie, un bel po' di informazioni finirebbero nelle mani delle persone giuste, che sarebbero entusiaste di far saltare un po' di poltrone e teste in giro per il Giappone e il mondo.
- Lei sa tutto questo e non lo divulga, o nemmeno si preoccupa di sua sorella, tenuta prigioniera nei laboratori?
- Non è più mia sorella, quella ragazza che tu hai visto! - alzò la voce e gli occhi Minako, pestando il bastone a terra con forza. - Se non ho le informazioni sbagliate, lei è l'esemplare undici, il primo dopo quattro esperimenti che non è impazzito, non si è ridotto ad un ammasso fumante di tentacoli viscidi o che non ha mangiato tutti i presenti prima di ridursi in cenere o tornare nella sua dimensione originaria. La Usagi che tu conosci è solo un essere che ha la pelle di lei, ma il cuore di un mostro.
- Quella la ammazzo... - brontolò l'essere accanto ad Usagi.
- Ma non è lei che lo ha voluto.
- Vero, Mamoru, vero. Siamo tutti vittime delle macchinazioni di pochi folli, e solo il Cielo sa che cosa potrà succedere se riusciranno davvero a poterla controllare e usare come arma. I suoi poteri sono illimitati. Lei è oltre l'uomo. E' un angelo, o un demone, è un dio per adesso sciocco, ma che un giorno prenderà coscienza dei meschini che le stanno attorno. E allora saremo finiti. Io, tu, l'umanità, la Terra stessa forse.
- Non sta esagerando?
- No cucciola, no... Non sta assolutamente esagerando, e io ci sono vicina, maledettamente vicina... anche se ora...
- Ora cosa?
- Niente niente, non ci pensare. - Disse lei prendendola per mano e portandola fuori, oltre le pareti del locale, in altro, verso il cielo, finché non si fermarono quando la Terra non fu che una grossa sfera bianca e azzurra con tracce di marrone.
- Ti piace? Posso dartela. E' tua, potresti farci quello che vuoi. Bruciarla, sommergerla, distruggerla, abbandonarla al suo destino nel buio del vuoto senza la dolce e calda stella gialla qui vicino.
- Posso anche farci i panini e mangiarli con Mamoru?
Lei rise.
- Certo, ma solo se poi con Mamoru ci facciamo anche qualcosa d'altro. Ora torniamo, il sonnifero sta finendo il suo effetto sul nostro corpo.
Scomparvero, un lampo invisibile nel buio della notte.
Mamoru alzò gli occhi, rabbrividendo leggermente fuori dal locale, perso in quello che Minako gli aveva raccontato. Un'idea gli frullava nella testa. Si odiò per averla avuta.
   
 
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