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Autore: Macross    31/10/2007    0 recensioni
Questa storia è ambientata nell'universo di Warhammer 40.000. Un'età oscura, tetra, gotica, dove c'è solo guerra e dove l'imprevisto accade su base giornaliera. In questo racconto ho deciso di narrare l'abbordaggio di una Space Hulk (relitto spaziale) da parte di un Capitolo di Space Marine di mia invenzione, maturato durante le interminabili partite a Dawn of War (classica missione a cui sono adibiti i Marines).
Sono ben accetti commenti, suggerimenti e critiche.
Anche chi volesse saperne di più è pregato di contattarmi.
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All'interno del Relitto Spaziale, tutto sembrava morto. I corridoi erano vuoti, le luci spente. Tutto sembrava immutato da chissà quanto tempo.
Ogni tanto delle volute di polvere si innalzavano a spirale, mosse da un sistema di aereazione vecchio di millenni. Poi tutto taceva, nuovamente.

Nuotava, immerso in un sogno senza sogni, accompagnato da pensieri non suoi.
Non sapeva da quanto sognasse. Non sapeva niente, era a malapena consapevole di se.
Poi, un richiamo: un urlo proveniente dalla propria anima. Comandava di svegliarsi.
Incominciò a muoversi, dapprima lentamente. Poi sempre di più. Alla fine aprì gli occhi.

Non vedeva nulla. Non annusava nulla. Ma doveva uscire. Con un artiglio spaccò il vetro della camera di contenimento. Ruggì, e il suono si perse nel nulla.
Bagnò i piedi nel liquido di sostentamento, goccie di bava increspavano la pozza come pioggia prima di una tempesta.
Cominciò a osservare qualcosa. Annusando circospetto, avanzava cautamente tra le camere di contenimento sempre sigillate, appoggiando prima un braccio, poi l'artiglio, poi l'altro, poi l'altro ancora; seguendo un ritmo naturale ma non per questo meno osceno.

Le sue mani, rese incapaci dalla sua mente limitata di impugnare qualsiasi oggetto o di manovrare una chiave inglese, fendevano l'aria viziata della camera. Il carapace era lucido, ma nell'oscurità risplendeva vagamente delle luci verde paglierino dell'ambiente, facendolo somigliare ad uno spettro.

Avvertiva la presenza dei suoi fratelli, ma su tutti sentiva la presenza del Padre, che lo fissava incessantente. Pozze di fuoco che si rispecchiavano in bracieri ardenti.
Lo sentiva nella propria anima. Proteggerlo, era la sua funzione.

Altri movimenti, altre rotture.
Altri ruggiti, ai quali fecero eco altri ancora.
Sentiva le loro presenze, vedeva la luce del Padre. Doveva proteggere il Padre.
Per il padre, avrebbe portato la morte su molti mondi, ma lui non lo sapeva.
Adesso li vedeva, gocciolanti, nella penombra. Ringhiavano tutti assieme, sommessamente. Aspettavano.

Come avevano sempre fatto.

Presto, avrebbero banchettato. Presto.

La Malleus Hereticis si muoveva maestosamente nel mare nero del cosmo. A poppa, luci sfolgorati come mille soli brillavano nel vuoto. A prua, vicino alla sommità di una delle innumerevoli guglie di quella che sembrava una grossa cattedrale gotica, un paio di occhi grigi osservavano il Relitto Spaziale da dietro una spessa lastra di vetracciaio. Normalmente un essere umano avrebbe visto un puntino di luce, ma i suoi non erano occhi di un normale essere umano. Erano quelli di uno Space Marine.
Abbassò lo sguardo su un datapad, ricontrollando minuziosamente la missione.
Sentì aprirsi la porta alle sue spalle.
Passi pesanti, poi una figura nera si pose al suo fianco. Fece scorrere il suo sguardo sulla figura imponente. Sul suo elmo a forma di teschio.
Sul libro rilegato in pelle marrone che portava alla cintura, sugli spallacci altamente decorati ed intarsiati di litanie.
Sullo strumento di guerra che era anche il simbolo della loro Fede.
Sulla catena composta da piccoli grani a forma di teschio, al centro della quale stava un grosso teschio di rubino rinforzato in titanio.
Sugli occhi, braceri ardenti che fendevano con ferocia le distanze e sembravano scrutare nell'animo di ogni guerriero senza pietà nè compassione.
Poi, si girò nuovamente. Tornarono a contemplare il cosmo per alcuni attimi di silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.
Senza alcun avvertimento apparente, l'uomo con l'elmo di teschio parlò:
- Portiamo la Sua Luce nell'Universo. Il debole verrà accecato, e il forte ne trarrà giovamento.
- Purificate l'Alieno con le fiamme della Sua Giustizia.
- Non ci può essere pietà per il Corrotto.
- Non ci può essere perdono per lo Xenos.
- I tuoi Guerrieri sono pronti, Comandante.
L'uomo senza elmo sorrise.
- Allora andiamo a sterminare quella feccia. Silenzio.
Senza dire nulla, le due figure si allontanarono uscendo dalla stanza.

Il piano era "un classico". Il Codex Astartes copriva ampiamente lo scenario di combattimento. Loro erano pronti, come aveva riferito al Governatore Planetario poche ore prima.
Una scansione preliminare del Relitto aveva indicato che la corazza era più debole sul fianco sinistro, appena sotto il relitto di una nave orchesca, ora fagocitata nel Relitto ed irriconoscibile.
Aveva anche indicato al presenza di forme di vita in una grossa sala locata al centro della nave. Sicuramente quei maledetti alieni li stavano aspettando.
Dovevano attaversare una lunga sezione di corridoi e stanze, prima di arrivare nella sala comando del Relitto, dove avrebbero cercato di riattivare i motori e invertire la rotta.
Un Relitto Spaziale poteva contenere numerosi artefatti tecnologici appartenenti al passato dell'Imperium. Se erano fortunati, potevano trovare perfino un Sistema di prodduzione Modulare o qualche pezzo pregiato di Archeotech, ovvero tecnologia dell'Era dei Conflitti.
Comunque, un piano di riserva era già stato approntato: l'Incrociatore aveva in dotazione due lanciamissili Hellfire, ogniuno dei quali portava un centinaio di bombe a fusione a testata multipla.
Se avessero fallito (il fallimento equivaleva alla morte, "meglio la morte che il disonore"), la nave avrebbe scaricato completamente il suo carico di morte sul Relitto, annichilendolo.
Non potevano permettersi altre opzioni, la vita ddi leali cittadini dell'imperium era minacciata. Peggio ancora, era possibile che sul relitto stazionassero forme di corruzione troppo gravi per essere nominate.Non potevano tollerare che vivessero ancora.
Solamente l'Imperatore sapeva quante minacce c'erano nella Galassia.
Ma loro, erano pronti.

La Baia Sette ferveva di attività: servitori incappucciati stavano svolgendo le ultime operazioni, mentre venticinque guerrieri cantavano una lunga litania, fronteggiati dall'individuo con l'elmo a forma ddi teschio e la corazza nera. L'altro, il Comandante, era a lato del Cappellano, ad un passo indietro.
Il Comandante rimandò per un attimo la sua mente all'incontro con il piccolo ometto del cargo che per prima aveva rilevato la presenza del Relitto (nome in codice: Curse of Abomination).
Il tipo aveva quasi avuto un attacco apoplettico appena l'aveva visto sullo schermo. Era pure svenuto e c'erano voluti alcuni minuti affinchè si riprendesse. Fortunatamente il tecnico di bordo aveva fornito indicazioni sufficienti. Il Cappellano aveva finito, i Guerrieri alzarono la testa e si imbarcarono su cinque navette squadrate che stavano aspettando a pochi metri da loro.
Il Comandante montò sulla prima, il Cappellanos ulla seconda.
Pronunziò la Litania del Sigillare, mentre l'elmo si saldava ermeticamente alla sua armatura. Cinque Artigli d'Attacco pieni di Marines in Terminator Tactical Dreadnought Armour erano pronti al lancio. Queste navette erano incredibilmente veloci, studiate apposta per le missioni di abbordaggio. Armate frontalmente con quattro grosse lame disposte come il quattro di un dado a sei facce e scudi Vacuum, rappresentavano la scelta classica per un attaccco ad un relitto spaziale. Il simbolo del capitolo, una croce bianca a chiave pomata su campo rosso, brillava orgogliosamente su un lato. Sull'altro, il simbolo dell'Adepts Mechanicus, un teschio bianco e nero su un ingranaggio a colori invertiti rispetto al teschio, nero e bianco.
- Da adesso in poi l'unico suono che voglio sentire sono i Catechismi di Guerra.
- Sì, Fratello Comandante.
Statiche, poi una voce.
- Comandante, siamo pronti al lancio, a un suo ordine.
- Lanciare.
Un forte urto e uno scossone, le gabbie di contenimento tremarono ferocemente. Erano partiti.

Sulla Vae Victis, Albertus vide cinque comete partire e impattare dopo pochi minuti sul relitto spaziale.
Chiuse gli occhi e mormorò una preghiera silenziosa.
"E' l'unica cosa che posso fare, ora..."
   
 
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