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Autore: Leo    13/04/2013    1 recensioni
Silent Hill - 1997
Dio è morto. Sembra un trattato di filosofia, ma qui è successo per davvero. Dio è morto, l'ha ucciso lei. Lei, che ora non dovrà più nascondersi. Lei, che ora dovrà tornare a casa. Lei, che ora non ha più nessuno. Sembrava solo uno stupido gioco, fin'ora; ma tutto cambia quando torni a casa e ti accorgi che non era un sogno, che è davvero finita, la tua vita è finita. Già, Cheryl, come potrai vivere ora senza tuo padre che ti protegge?
Genere: Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cybil Bennet, Douglas Cartland, Harry Mason, Heather Mason
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le assomigli sempre di più. Hai il suo stesso nome, ma non puoi essere tu, vero?! Sono cinque anni che me lo ripeto. Il tuo faccino si volta, e incrocio i tuoi occhi, grandi, profondi, sembrano due nocciole. Mi sorridi, e mi chiami, agitando le tue manine per cercare il mio abbraccio. Sei ancora nuda per il bagno, ma sembra non interessarti minimamente. Vuoi solo un mio abbraccio.

Sorrido anch’io finalmente, abbandonando del tutto quei pensieri.

“Aspetta, fatti prima mettere il vestitino”

Ti agiti ancora, e cominci a ridere con la tua voce angelica. Poi ti sporgi ancora di più, e finalmente ottieni ciò che volevi.

“Papà” mi ripeti mentre strofini il faccino sul mio petto. “Sei un papà bellissimo”

Ti accarezzo la testa, stringendoti forte.

piccola mia

 

 

Correvo disperato.

La notte si allontanava alle mie spalle e i boati delle esplosioni diventavano sempre più flebili. Le lacrime mi offuscavano la vista e non riuscivo a vedere bene incontro a cosa stavo correndo. Ma correvo sicuro, senza mai fermarmi. Quel fagottino di stracci lo tenevo stretto al mio petto. Era un neonato, ma stranamente non piangeva, non strillava, non un suono usciva da quelle fasce. Ma io correvo, sicuro del potere che mi stava proteggendo.

Stupido, stupido, stupido! Smetti di piangere. Andrai a sbattere, potresti inciampare! Hai un bambino tra le tue braccia, devi proteggerlo.

La vista annebbiata colse un cambiamento nell’aria. Sembrava schiarire, e la sentivo più leggera, più fresca. Sentivo il vento! Oddio, sentivo il vento! Che sensazione meravigliosa. Sentivo l’ossigeno penetrare violentemente le mie narici, e inondare i miei polmoni, rinfrescandoli. Dopo ore di aria pesante, di odori marci, di sangue e pus, di fetori di ruggine e di medicinali, ora finalmente sentivo la brezza soffiare tra i miei capelli, sul mio viso e rinfrescare le narici e la bocca.

Istintivamente mi fermai, sentivo pervadermi da una debolezza improvvisa. Così, caddi sulle ginocchia, tenendo sempre stretto a me il neonato. Respiravo a fatica a causa della lunga corsa, e prendevo delle grandi boccate, affamato com’ero di quell’aria così agognata. Mi voltai, cercando con gli occhi il luogo buio e cadente che avevo abbandonato. Ma non ve n’era traccia.

Dietro di me un’altra persona stava correndo. Sorrisi.

Ce l’aveva fatta anche lei

 

 

La presi in braccio, e mi avvicinai allo specchio.

“Guarda quant’è bella la mia piccola!” dissi con tono gioioso. “Questa vestina ti fa sembrare una piccola principessina!”

Lei si guardava compiaciuta, e batteva leggermente le mani. La feci sedere a terra, e lei continuava a guardarsi allo specchio. Le diedi un bacio sulla testa.

Così piccola, così innocente

Come ho fatto anche solo a pensarlo?!

No, non ti abbandonerò mai.

Ti proteggerò sempre.

Tu sei la mia piccola.

La mia piccola Cheryl.

 

 

Intorno a me c’era la nebbia.

Possibile?! Non sono ancora riuscito a fuggire?!

No, era diverso questa volta.

Era una nebbiolina leggera, umida, che non impediva allo sguardo di arrivare lontano.

Riconobbi poco distante da me il lago, e all’orizzontesi, non mi sbagliavo

Era il sole! Era una magnifica alba, e i raggi tingevano d’oro ogni cosa, mi abbagliavano, e mi tranquillizzavano. Ogni tanto sentivo delle folate di vento che rinfrescavano l’aria e spazzavano via le foglie. Era un’atmosfera così tranquilla. Mi sentivo svuotato all’improvviso, e tutta la tensione era sparita. Lentamente i muscoli si rilassavano e l’adrenalina si disperdeva dentro di me, lasciando solo vuoto e stanchezza. Volevo solo godermi appieno quella sensazione, inspirare quell’aria così pulita, così fresca, e sentire il vento asciugare le lacrime sulle mie guance.

Il movimento tra le mie braccia mi riportò alla realtà. La sentii piangere finalmente, cacciando dei gemiti soffocati. La sollevai dal mio petto, fino a incrociare i suoi occhi imbronciati.

Quando i suoi occhi chiari incontrarono i miei, smise di piangere, come se mi avesse riconosciuto. No, ero troppo suggestionabile in quel momento. Smise semplicemente di piangere

Ma tu

 

 

“Chi sei?”

Eh?! Maera stata lei a parlare?

Mi affacciai dalla cucina, e vidi solo Cheryl che ancora si ammirava davanti allo specchio. Sembrava tutto normale, e non c’era niente di strano. Mahforse me l’ero immaginato. Per cui tornai a preparare il pranzo.

“Mi dici chi sei?”

No, non mi ero sbagliato. Posai il coltello e corsi verso la bambina. La trovai con una mano poggiata allo specchio, mentre guardava la sua immagine riflessa con fare curioso.

Spaventato, la presi in braccio rapidamente.

“Cheryl! Cheryl Con chi stai parlando piccola mia?”

Lei mi guardava confusa e un po’ spaventata. Ma io non ci feci caso subito.

“Dimmelo, Cheryl. Dimmi con chi stavi parlando”

Lei indicò lo specchio. Mi voltai di scatto, ma tutto quello che vidi fu la mia immagine terrorizzata che teneva in braccio la bambina. Tornai a guardare Cheryl.

“Chi è quella bambina uguale a me, papà?”

Chissà che faccia devo aver fatto

Scusami piccola. Ti ho fatto paura, vero?! Ho fatto paura alla mia piccola Cheryl. Dannazione. Quell’incubo non va più via. Eppure sono già passati cinque anni

No, non credo che il tempo possa cancellare ciò che è stato. Tu, piccola mia, sarai sempre più simile a lei, lo so. La maledizione mi tormenterà per tutta la vita, e io dovrò lottare ogni giorno, farmi forza sempre di più, per non cedere alla pazzia, alla vista del tuo viso così uguale al suo.

Tu sei la mia piccola meravigliosa maledizione

 

 

Ricominciare costava.

Costava in tutti i sensi: costava fatica, costava delle perdite, costava anche del denaro. Ma era necessario. Una bambina sparita, una neonata comparsa dal nulla, e un’assurda storia di incubi e terrore, sangue e ruggine, demoni e mostri come unica spiegazione. Una storia a cui pochi avrebbero creduto.

Ti guardavo, nella tua culla. Dormivi beata, immobile.

Chi sei?

Ti guardavo mentre la mia mente vagava verso la piccola Cheryl, la bambina che tanto avevo amato e che ora avevo perso. Eri forse tu?

Per quanto mi fossi sforzato a cercarla, anche se mi ero spinto fin nelle profondità più recondite dell’inferno stesso per riportarla a casa sana e salva, di lei non c’era più nessuna traccia. “Tornata al suo io originario” era l’unica spiegazione che avevo.

E allora perché la cercavo in te?

 

Ma eri davvero tu?

 

Mi ritrovai con una mano sul suo piccolo petto.

Certo che non potevi essere la mia dolce Cheryl. Ma io credevo che lo fossi. Io volevo che lo fossi.

E se

ma che vado a pensare

Accidenti!

eppure

potresti essere davvero tu

Ma se invece tu fossi quell’altra?

Se tu fossi Alessa?!

Saresti la donna che me l’ha portata via

 

Mi svegliai dai miei pensieri sussultando. Mi accorsi che la mia mano era salita fino a stringerle il collo. Il suo minuscolo collo stava tutto dentro la mia mano. Il terrore a cui ero abituato mi aveva reso talmente tanto pazzo?

“Harry

 

 

 Stavo scrivendo. Una cosa buona che quell’incubo tremendo aveva lasciato in me era proprio la capacità di creare storie dell’orrore che piacevano molto al pubblico. Chissà, forse era il mio modo di esorcizzare quei ricordi, cercare di rinchiuderli dentro alle storie che inventavo, di sigillarli all’interno di quelle pagine. Ammetto che serviva a poco.

La piccola era per terra vicino al tavolo dove ero seduto, e giocava con una bambola. Mi concessi una pausa, dedicandogliela completamente: la osservai a fondo mentre ne afferrava un’altra e inscenava un piccolo dialogo fra le due.

“No” disse sforzando un po’ la voce, per cercare di assomigliare a un adulto. “Questa cosa non si fa!” e così dicendo lanciò una delle due bambole alle sue spalle. Solo allora mi accorsi che ce n’era una terza più piccola delle altre stesa al suolo. In quel momento la afferrò tenendola davanti alla prima, quella che doveva essere l’adulto della situazione. Le costrinse in un abbraccio. “Stai tranquillanessuno più ti dirà quelle cose cattive”

Rimasi un po’ perplesso da quella scenetta, ma lei all’improvviso scoppiò a ridere di gusto, con la sua risata innocente e angelica. Sorrisi a mia volta.

Sarei tornato a scrivere, ma sentii quei colpi alla porta. Era presto, non poteva certo essere lei

Mi alzai per andare a controllare. Un grosso difetto di quell’appartamento era proprio l’assenza di uno spioncino. Ma chissà, forse avrei aperto lo stesso

Il colpo mi sbilanciò, e caddi a terra rovinosamente, sbattendo con la schiena. Mi rialzai a guardarlo: cercavo di riconoscerlo, ma sembrava ch’io non l’avessi mai visto prima. Aveva lo sguardo fermo e risoluto, e mi guardava facendo trapelare una rabbia e un odio profondo.

Mi rialzai con un po’ di fatica. “Chi sei?” gridai forte, forse sperando che qualcuno del vicinato si affacciasse per aiutarmi.

Lui si avvicinò velocemente. Non fui in grado di capire, a causa della rapidità dell’azione. Sentii solo quel dolore lancinante alla pancia.

Per un attimo avvicinò la sua bocca al mio orecchio. Sentii un sussurro: “Sono venuto a riprendere ciò che è nostro”

Poi i sensi si offuscarono. Caddi di nuovo a terra, toccandomi il punto dolorante.

Ne sentivo il caldo. Lo riconoscevo. Si, mi ricordavo bene il calore, l’odore.

Era sangue.

Colava copiosamente tra le mie dita. Guardai verso quell’uomo. Aveva un coltello fra le mani. Ed era tutto insanguinato. Poi lo vidi allontanarsi, all’interno del mio appartamento. Sentii le urla di Cheryl

 

Cheryl!

 

 

“Harryche stai facendo?”

Non staccava gli occhi dalla bambina, e dalla mano che stava stretta intorno al suo collo.

“Non capisciquesta bambina…è lei

me l’hanno portata via

me l’ha portata via lei

È colpa sua se Cheryl non c’è più!”

…è una bambina Harry! Lei non ha colpe”

È il demonio!

E io non dovrei lasciarla vivere!”

Il suo polso fu afferrato da una mano con una presa forte

“Vuoi ammazzare una bambina, Harry?”

“Ho già ucciso per colpa sua!”

“Erano mostri Harry”

“Anche lei lo è!”

Copiose, le lacrime scendevano lungo le guance dell’uomo, che aveva preso a tremare. La rabbia si era impossessato di lui, eppure qualcosa lo tratteneva ancora dall’eseguire il macabro gesto che avrebbe posto fine a una vita inspiegabile.

La bambina spalancò gli occhi. Con il passare del tempo il colore delle iridi era cambiato, diventando più scuro e assumendo un colore castano intenso. È incredibile quanto velocemente mutino i bambini, e crescano, e siano ogni giorno diversi dal giorno passato.

I due sguardi si incrociarono: quello innocente, privo di emozioni, e quello caldo in cui lacrime e sangue si incrociavano.

Sbadigliò rumorosamente, contorcendosi e costringendo Harry a mollare la presa e ritirare la sua mano.

“Guardala Harrynon è nessuna delle due!

È solo una bambina che ha bisogno di una famiglia

L’uomo si inginocchiò davanti alla culla appoggiando il viso tra le sbarre metalliche, e continuando a guardare la creaturina che accennava un pianto leggero continuando a muoversi tra le lenzuola.

“Mi dispiace

 

 

“Sono venuto a riprendere ciò che è nostro”

 

Quello era

no! Non è possibile!

Cheryl gridava, e la sentivo avvicinarsi.

Era venuta a prenderla!

No! Non di nuovo!

non la toccare

Non ne hai il diritto, bastardo

lasciala andare

Non te lo permetto

 

Mi avventai su di lui, usando la mia disperazione come inaspettata forza. Penso che lui non si aspettasse una tale furia, tant’è che, sbilanciato, cadde a terra insieme a me e Cheryl. Gli fui addosso, ma potevo fare ben poco in quelle condizioni, infatti in breve la situazione venne capovolta, e me lo ritrovai sopra, con le sue mani serrate intorno al mio collo.

I suoi occhi trasmettevano una furia indescrivibile. Folle. Solo così potevo chiamarlo. Era semplicemente un folle. Come lo era Dahlia.

Pensai di essere morto. Ma non potevo abbandonare la mia piccola Cheryl, no, non dopo aver visto l’inferno per lei. Tastai con le mani ovunque, cercando qualsiasi cosa che avrebbe potuto far allentare la presa di quella morsa micidiale. Non respiravo già da qualche secondo, e riuscivo ad emanare solo dei rantoli sommessi. Toccai con la mano qualcosa di metallico. Era unapistola?! Doveva essere caduta a quell’uomo durante la colluttazione.

La mancanza d’aria cominciava ad offuscarmi la vista, non avevo più tempo di pensare, non avevo più tempo di cercare altre soluzioni. La puntai a casaccio e poi

 

Ci sentivo molto poco. Non ricordavo che un proiettile esplodesse con quella forza. Mi fischiavano le orecchie, ma sentivo che a poco a poco tornavo a respirare liberamente.

Cheryl era dietro di me e piangeva.

Povera piccola.

Non piangere.

Lasciai la presa sulla pistola, facendola cadere a terra con un tonfo. Poi, con un enorme sforzo, scostai l’uomo liberandomi il petto, in modo da riuscire a respirare meglio.

Cheryl

La bambina si avvicinò piangente. Me la ritrovai davanti con il suo faccino delicato imbrattato leggermente dal sangue di quell’uomo, che era schizzato via per il colpo.

No, piccolina mia. Il tuo viso angelico non può essere deturpato in questo modo

Avvicinai la mia mano alla sua guancia, cercando di pulire quella macchia così inappropriata, ma anche se riuscii a portare via il sangue di quell’uomo, ben presto la sporcai con il mio.

Cominciai a piangere anch’io, ma dovevo farmi forza.

“Piccola mia

Riuscivo a parlare solo con un grande sforzo, e ciò che usciva era una voce strascicata e debole. Ma volli continuare.

non devipiangereil tuoil tuo papà…ti proteggerà…sempre

Sortii l’effetto contrario, e il mio tesoro scoppiò in un pianto incontrollabile appoggiandosi al mio petto.

L’abbracciai, e così ci trovarono le persone che accorsero, allertate dallo sparo

 

 

L’ospedale carcerario non era affatto un bel posto per una bambina. Ma acconsentirono a farla rimanere con me. Il merito chiaramente fu proprio della piccola e della sua insistenza. “Il mio papà non lo lascio!” esclamava quando cercavano di spiegarle la situazione e di portarla in un istituto come momentaneo alloggio. Anche io mi opponevo, ma la ferita rendeva tutto più difficile. Persino quando lei si aggrappava a me per far capire che non mi avrebbe abbandonato facilmente, sentivo un dolore lancinante. Resistevo a mala pena dal chiederle di lasciarmi.

Quell’uomo era morto, per cui ero stato accusato di omicidio e ora mi stavano ricucendo in attesa del processo. Ma era meglio del previsto, quasi tutti avevano compreso la mia situazione, e qualcuno mi disse anche di stare tranquillo, perché era palese il pericolo che avevo corso, e che si trattava quindi di legittima difesa.

Non avevo un avvocato, non conoscevo nessuno. Era il prezzo da pagare per la vita della piccola Cheryl, il prezzo per poter ricominciare. Ma era servito a poco. Mi avevano trovato, e ora Cheryl era in grave pericolo, e di certo non potevo raccontarne il perché.

Passai parecchie notti insonne, e vegliavo sul sonno della mia bambina senza chiudere un occhio o accusare alcuna stanchezza. Il giorno riuscivo a riposare solo poche ore, quando sapevo che Cheryl era al sicuro sotto lo sguardo dei poliziotti e dei medici.

Sentivo la stanchezza accumularsi sotto i miei occhi, e per questo motivo le mie ferite guarirono ancor più lentamente.

 

 

“Heather?!”

Non so come scelsi quel nome. Dovevo averlo sentito di recente, ma non ricordavo affatto dove.

La bambina dal giorno dell’aggressione non era più la stessa. Sorrideva sempre di meno, e spesso la trovavo fissa a guardare tristemente la sua immagine allo specchio, accarezzandosi i capelli, che diventavano sempre più lunghi. Erano bellissimi, neri lucenti, e a lei erano sempre piaciuti. Ma adesso li guardava con una strana espressione

“Perché mi vuoi chiamare così?”

Perché tu non sei lei, piccola mia. Non sei la mia Cheryl

Cheryl non tornerà!

Ma, si sa, agli adulti piace tanto mentire, raccontare storie che faranno stare meglio sé stessi, ingannandosi e dicendo che lo fanno per gli altri. E specialmente ai bambini raccontano tante storie diverse, piccole meravigliose bugie a cui vorrebbero poter credere loro, disincantati dal tempo e da un’innocenza irrimediabilmente macchiata

…è un gioco, piccola mia…è solo un giocoe noi due dobbiamo giocare, e dobbiamo rispettare le regole di questo gioco

 

Nel frattempo avevo raccolto tutto, e quella casa ora era piena di scatoloni e valigie all’ingresso e vuota nel resto delle stanze. Lei stringeva la bambola al petto, osservandomi attentamente, mentre spostavo le ultime cose.

“Dove andiamo papà?”

 

 

 

 

La realtà è che questa potrebbe essere quasi un’altra storia, ma facendo bene i conti ci sta abbastanza bene, a parere mio. Chiaramente si tratta di una pausa, in cui do più spazio al nostro amato Harry considerando che fino ad ora, in questa storia è stato visto solo dall’esterno, e si ricollegherà al racconto di Cybil nel prossimo capitolo.

Quindi a presto!

Ps: ho voluto usare uno stile di scrittura che rispecchiasse i pensieri "macchiati" di Harry, e il fatto che sia una storia a parte, che sporca il filone che stava seguendo.

Grazie a chi legge, segue e commenta

 

  
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