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Autore: blackamethyst    28/04/2013    2 recensioni
Anno 2017.
Quando si ha ventitré anni è inevitabile che si pensi al futuro o al mettere su famiglia: Lila Tomlinson è l'eccezione che conferma la regola. Vivendo ancora con sua madre e le sue sorelline, si mantiene facendo la cameriera presso una famosa tavola calda di Londra ed è fermamente convinta che sia destinata a passare il resto dei suoi giorni come una zitella. Ma, forse per uno strano scherzo del destino, si ritroverà a fare da madre ad una bambina un pò troppo vivace. E ad un giovanotto che sembra tutto tranne che un padre.
[Ispirato all'omonimo film, “Tre all'improvviso”.]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                              Prologo
                                                                                                                 seconda parte.








«Perché ci hai messo tanto?»
«Stavamo mooorendo!»
«Abbiamo considerato l'idea del suicidio!»
«Per davvero!» trillarono perfettamente all'unisono le due piccole pesti bionde avvinghiate al mio braccio. Ringhiai. Che diamine, ma perché la mamma non si era fermata a soli due figli? Certo, no. Procreamo un'intera tribù. Una squadra di hockey, perché no? Non guardatemi così. In altri casi potrebbe risultare comodo avere ben cinque sorelle minori, ma per me era una grande rottura di scatole. Soprattutto se erano tutte argute e deliberatamente inclini agli sproloqui. E soprattutto se li facevano quando avevo mal di testa. E i mal di testa, teoricamente, avrebbero dovuto averli le due stronzette che saltellavano ovunque come se avessero una tarantola nelle mutande. Se volete sapere la mia, a me sembravano sanissime. Tipico. Lo facevo anche io; Quale scusa era migliore del non-mi-sento-bene per tornare a casa? Ah.
«Vi conviene non essere così arzille una volta tornate a casa, perché la mamma potrebbe sgamarvi molto facilmente. Lei ha il fiuto di Pluto.»
Le gemelle ridacchiarono nuovamente all'unisono e io dovetti reprimere l'istinto di infilarmi nel primo bidone della spazzatura che avevo a portata di mano.
Oh, certo che volevo bene ad entrambe, erano le mie piccole sorelline, ma non sapete quanto possano essere fastidiosamente fastidiose quando ci si mettono.
«Potevamo ritornare con l'auto di Louis» suggerì Phoebe. «Mi fa male la gamba.»
Ecco perché saltellavi sul marciapiede, allora.
Daisy si mostrò immediatamente d'accordo, scattando sull'attenti ed esordendo con un esagerato gesto d'assenso della testa. Come sempre, d'altronde.
«Purtroppo il nostro Romeo doveva correre da Giulietta.»
Un coro di ooh cospiratorio da parte delle sorelle. A loro Eleanor era già tanto simpatica. Pretendevano Doris Day come sorellina maggiore, non l'isterica, buffa, Lila. Puah, se volevano avere una zolletta di zucchero fatta a persona come piattola personale, okay. A me va bene. Dico, da parte mia avrei preferito avere Lily, Gin e Faye come sorelle. Tz.
«Ma porterà Eleanor da noi?» chiese di nuovo Phoebe. No, no, no, era Daisy. No, Phoebe. Okay, lasciamo stare. Tutto d'accapo.
«Ma porterà Eleanor da noi?» chiese di nuovo una delle gemelle.
«E io che cazzo ne so?» decisi di sbottare brusca, ma mi fermai in tempo, perché rischiai di travolgere l'enorme bidone della spazzatura che mi si era parato davanti. «Oh, acc- mh, no, non lo so.»
 
Quando arrivammo davanti casa notai con una certa espressione sbigottita – Perché lei poteva starsene ad oziare e io invece dovevo lasciare tutto sul lavoro per andare a prendere le due rompicoglioni? Eh? Eh? Eh? Cos'è questa mafia? – una Lottie spaparanzata comodamente sotto il portico. Con un giornale tra le mani. E i biscotti. I miei biscotti. Quelli che mangio sempre quando leggo i miei fumetti Marvel. Quelli che compravo con i miei rispiarmi che mettevo dentro un maiale di porcellana, una volta a settimana. Quelli che hanno le goccie di cioccolato sciolte che ti pervadono il palato di una celestiale sensazione. I biscotti sacri.
Oziava, e con i miei biscotti!
Assolutamente inaudito.
Mi preparai una sbrodolata epica sui divieti che avevo inflitto sulle mie cose e sì, se ve lo state chiedendo non sfiorare nemmeno con lo sguardo i biscotti sacri è fra quelli.
«Charlotte!» tuonai, puntandole contro l'indice accusatorio. «Che fai, tocchi? Molla il malloppo!»
La mia carissima sorella alzò lentamente gli occhi dalle pagine, completamente disinteressata, come se l'avessi chiamata con qualche tono zuccheroso che la mamma usa solo quando vuole qualcosa. Il che accade spesso. Ma il mio tono era tutt'altro che zuccheroso. Poteva essere infatti paragonato a quelli di Odino in Thor, quando sbrocca con il figlio maggiore perché è stato un tale allocco da scatenare una guerra.
«Che hai da urlare? Calmati, è una busta di biscotti, mica una pistola.»
Si lanciò in bocca l'ultimo pezzetto che stringeva nella mano sinistra e poi si mise a sedere, con tutta la calma di questo mondo. Sotto il mio sguardo assassino.
«Quelli sono i miei biscotti.»
«E quella è Betty la pecora!»
Evidentemente voleva deviare il discorso. Ma io non gliel'avrei data vinta tanto facilmente. Sapevo essere crudele.
«Mollali. Sono sacri. Li mangio solo quando leggo i miei fumetti, lo sai.»
«Okay, okay» sbuffa Lottie, alzando gli occhi al cielo e il suo bel culetto dal legno bianco. Rivolse un rapidissimo cenno di saluto a Daisy e Phoebe, stampando
un bacio su entrambe le zazzere di capelli biondi. Mi avviai a passo di marcia verso l'uscio di casa, chinandomi appena per raccogliere la busta di biscotti posta così spassionatamente sul pavimento, sconsolata. Mi trattenni dal pigolare “Bambini miei, cosa vi hanno fatto?”.
«Maaaammaaaaa» ululai ai quattro venti. «Sono a casa e sì, Daisy e Phoebe sono ancora vive.»
Mia madre comparve quasi subito sotto l'arco che portava nel salone. Stringeva tra le mani uno straccio e non ci misi molto a capire che avevamo ospiti e che aveva appena preparato il caffé. Fantastico. Io amo il caffé. 
Ma prima che potessi fare altro, la mamma mi strinse in uno dei suoi abbracci, quelli che di solito ti fanno scricchiolare le ossa e ti lasciano doloranti, e poi passò a Phoebe e Daisy che finsero qualche mugolio di dolore - perché, eh, loro non si sentivano mica bene.
«Grazie, Lila, sei un vero tesoro!» sorrise, un sorriso che rimase impresso. Era stramba, quando sorrideva così tanto, ma decisi di non farglielo notare. «Oh, vieni, di là ci sono Andy e Lily e ho appena fatto il caffé. Tranquille, metterò sul fuoco il tè per il vostro mal di pancia, bambine. Ve l'avevo detto di non mangiare tutta la torta al cioccolato di Faye!»
Che stronzette.
 
«Allora, Lily, a che mese sei?»
«Quasi al nono. Si sta avvicinando il momento critico e questa demonietta qui dentro non fa altro che scalciare.»
«Scommetto ottanta sterline che sono i geni del padre» soffiai. Andy mi spintonò sul divano e quasi non rotolai oltre il bracciolo. Ci eravamo accomodati tutti in salotto con una tazza di caffè e mia madre aveva iniziato a vagheggiare sulla gravidanza di Lily che era oramai giunta al termine, con tanta beata felicità collettiva. Tutti aspettavano il benedetto momento in cui quella sacrosanta creatura fosse uscita dal grembo materno. Me compresa.
Se vi state chiedendo chi fosse Lily, ve lo dico subito: Lily Shepherd era la persona più dolce e sincera che io abbia mai avuto l'onore di incontrare. A volte aveva dei modi di fare da coma diabetico, ma in ogni caso era la mia migliore amica di sempre. La conoscevo dalla prima elementare, quando persi il mio panino al tonno e lei per consolarmi staccò un pezzo dal suo e me lo porse con gentile sorriso. A me non piaceva particolarmente il prosciutto, ma lo trangungiai lo stesso con pigolii enfatici dovuto alla scomparsa della cibaria. Ero già timida di mio, se poi dovevo pure soffocare le lacrime, figurarsi! La capacità di raziocinio era andato a puttane. E se vi state chiedendo anche questo, sì, ho sempre avuto questo strambo attaccamento al cibo.
Andy, Andrew Idiota Samuels se mi girano le scatole, non è altro che il suo consorte e il mio secondo fratello mancato. Ero stata la damigella d'onore al loro matrimonio, anni prima. Andy è un tipo alto, biondo e con il sorriso inebetito, ma, manco a dirlo, era il mio migliore amico. Solo che al contrario di Lily, lui aveva riso di me quando avevo perso il panino. Lily l'aveva schiaffeggiato di santa ragione. Motivo per cui ero finita per esordire con una grossa risata che aveva lanciato per aria dei pezzetti di tonno. Se non altro però mi era ritornato il sorriso. Siparietto mio e di Andy a parte, Lily e la mamma iniziarono a confabulare tra di loro su cose tipo tutù, ciucciotti, pappette e pannolini. Roba che non vorrei vedere nemmeno con il cannocchiale. Spiacente, ho sempre pensato di non essere la persona adatta per fare la mamma. La mia morte la immaginavo come solitaria: Io e i miei quarantaquattro gatti in un appartamento di Chelsea. Poco originale, ma decisamente realistico.
«Come mai non sei di turno al diner?» chiese di punto in bianco Andy, stiracchiandosi. Era felice della cicogna in arrivo, tuttavia non amava parlare di pannolini e bebé e perdersi in tutte quelle frivole chiacchiere, pertanto preferiva punzecchiarmi.
«Dovevo ritirare Daisy e Phoebe da scuola» borbottai, afflosciandomi sul bracciolo del divano scolorito dal sole che entrava dalle veneziane. «Ovviamente Gin ha creduto che mi sia inventato tutto di sana pianta.»
Lui sorrise, qualcosa del tipo “Lo sai com'è Gin”. Accidenti, se lo sapevo. A volte era un tesoro, a volte mi istigava ad afferrarle la testa e sbatterla irripetutamente contro la superficie più solida che si trovasse nelle vicinanze. Tipo il muro. Stavo per dare voce ai miei pensieri veramente poco carini e inclini all'affetto, quando Andy diventò serissimo e questo mi provocò un tale shock che pensai di fare perlopiù trenta sedute dal psicologo.
«Lila, a proposito di Rose...» iniziò, chinandosi in avanti e poggiando gli avambracci sulle cosce, un sorriso beato sulle labbra. A me piaceva il fatto che parlasse della bambina come se fosse nella sua culla, in quell'istante, un'entità presente che potesse udirlo e magari comprenderlo. A non piacermi era la sua espressione mortalmente seria. «Io e Lily ne abbiamo parlato a lungo e teoricamente dovrebbe darti la buona novella lei, ma, davvero non posso aspettare altro tempo per dirti che—»
Una forte suoneria esplose nel salone, accompagnato da chitarre elettriche, batteria, e tant'altro. Quasi fui in grado di vedere la piccola Rose sobbalzare, nel pancino di mamma Lily.
Giusto. La mia suoneria. 
Feci un rapido cenno ad Andy e me la svignai alla chietichella, pronta a rispondere al cellullare. La voce di Nate mi squillò subito in un orecchio, rischiando di farmi saltare in aria il timpano e tramortendomi fatalmente.
«Liiiiiiiiiilli-beaaaar
Ma sì, poteva essere solo lui. Chi altro avrebbe potuto urlare come se avesse una molletta per panni sul naso?
«Nate. Nate, puttana la miseria, cos'hai da urlare?» 
«Abbi un po' più di vivacità, per favore» squittì offeso, e la sua espressione ferita mi si srotolò davanti agli occhi come se ce l'avessi d'avanti. «Sono o non sono io quello che ha portato il culo in questa tavola calda e ti sta sostitue– Oooh, ciao, Conrad caro!»
Udii vagamente l'ultrasuono di Gin che strillava, testuali parole: «Ci penserai dopo alle tue frociaggini, Montrose, pensa a servire i clienti! E guai a te se palpi!»
«Nate, stai palpando i clienti?»
«Io? Ti pare che possa fare una cosa del genere? Quando mai.»
«...»
«E va bene, ma smettila di alitare nella cornetta, sembri uno psicopatico di un film horror.»
Ah, io?
«Mi ripeti il motivo per cui mi hai chiamato, di grazia?»
«Nervosette, eh? Mai provato con lo yoga?»
«Nate, spicciati, ho da fare.»
«Cosa? Lo yoga? Hai seguito il mio consiglio da saggio maestro? Ma è ovvio che ti ho chiamato perché non ho un cazzo da fare, tesoro. Mi annoiavo e t'ho fatto un colpo di telefono. Sai com'è, Conrad è appena uscito e quando il gatto non c'è il topo balla.»
«Una bellissima citazione da Shakespear, i miei più sentiti complimen–»
«Lila! Nel nome di Dio, Lila, vieni subito!»
Un colpo secco e sinistro del collo sottolineò la rapidità con cui voltai il viso verso la porta ad arco che portava al salone.
«Lila, stai facendo cose compromettenti?» squittì Nate nella cornetta.
«Ti chiamo dopo, Nate» mormorai spiccia, lasciando che il telefono scivolasse verso la guancia e staccando la chiamata. Corsi con il cuore in gola, assistendo con un certo sconcerto alla faccia pallida di Andy e a quella contratta di Lily, che, piegata in due sul divano, si teneva la pancia con occhi sbarrati.
«Lily? Lily, stai bene? Lily?»
«Mi si sono rotte le acque.»
Oh, MERDA.
 
Se non avete mai fatto una corsa all'ospedale, perché ovviamente il neo-papà deve rimanere il macchinone in garage!, con l'ansia in corpo e una donna incinta praticamente spalmata sulla clavicola allora non sapete cos'è l'inferno in terra. Non sapete cosa si prova a slogarsi la spalla nè a correre per chissà quanti chilometri con tua madre che ti urla istericamente in un orecchio che Lily sta per partorire, puttana la miseria.
Chapeau, mamma. Quasi non me n'ero accorta. 
In ogni caso, un quarto d'ora dopo mi ritrovavo nella sala d'aspetto, le mani in mano, spinta contro lo schienale bianco della sedia e l'aria più seria che avessi mai avuto in tutta la mia miserabile vita. Intontita com'ero riuscivo solo a realizzare il fatto che Andy stesse marciando avanti ed indietro come un soldato della prima guerra mondiale, l'espressione da Adolf Hitler più orripilante che avessi mai visto – così tanto che quasi m'astenevo dal rincuorarlo. Probabilmente perché i neo-papà nazisti non è che dovessero essere proprio un fior fiore di simpatia, sotto pressione. Ripescai il blackberry dalla tasca, lasciando cadere lo sguardo sul display che segnava le tre del pomeriggio. Quasi mi arresi, pensando che quello schifo si fosse inceppato di nuovo e addio messaggi seminatori di panico che avevo inviato a mezza Londra, quando vidi una sagoma sottile correre verso di me: Le gambe da modella di Victoria's Secret, il bizzarro cappello sul capo scuro, il cappotto e lo smalto azzurro.
Chi altri se non Nate?
Seguivano poi Riley, con i capelli neri che abbattevano ogni legge della fisica per quanto erano rizzati; Gin, gli occhi rotondi come due palline e infine, eccola, Faye, traballante su un paio di pericolosi tacchi a spillo, con il fiatone ma tuttavia nemmeno un capello corvino fuori posto. Gente, la mia banda. Tutti molto psicologicamente stabili. Sospirai sollevata, rizzando la schiena ed assistendo ad uno di quei siparietti al quale i miei amici non possono proprio fare a meno di evitare, anche se sono in ospedale con un neo-papà nazista con le crisi isteriche e le infermiere che concedono loro delle brutte occhiatacce.
«Spero che quella bambina mi sarà riconoscente a vita, è l'ultima volta che corro con questi affari al piede.»
«Faye, porca merda, sei una lagna continua.»
«Prova a farle tu le Olimpiadi con questi strumenti di tortura, checca isterica!»
«La piantate?» 
«I parenti della signora Samuels?»
Silenzio assoluto. Il dottor Jensen, un uomo forse sui quarant'anni dal viso infantile e i capelli biondi, comparve dal nulla come un pupazzo a molla e tutti si voltarono a guardarlo come se fosse la Madonna di Fatima in camice bianco. Mi aggrappai alla sedia, Nate si portò le mani alla bocca, Riley si addossò al muro e Gin, addirittura, perse l'uso della parola. Anche Faye, in preda alla sua crisi isterica, sembrava aver perso la capacità di raziocinio. L'unico a reagire fu Andy; Scattò come un puma e per un momento temetti che volesse aggredire il povero dottor Jensen.
«Sono io. Sono io.»
«Congratulazioni, madre e figlia godono di ottima salute.»
 
«Somiglia a sua madre, guardatela!»
«Per fortuna.»
«Non è carino da dire, Lila.»
«Almeno lei è sincera.»
«Vi drogate tutti, ha gli occhi di Andy.»
«Quanto vi divertite a spettegolare alle mie spalle?»
«Sufficientemente.»
Lily si lasciò scappare un risolino divertito, cullando la bimba tra le sue braccia. L'attenzione generale gravava su Rose, dagli occhi azzurri e lucidi e un bizzarro batuffolo biondo sulla testolina pelata. Andy se l'era quasi fatta sotto dall'emozione ed ero felice di aver assistito allo spettacolo. Rimpiangevo solo il fatto di non essermi portata dietro una macchina fotografica. Avrei potuto immortalare il momento in una gloriosa immagine. Poi l'avrei stampata e appesa al muro come uno stendardo. Dopo avrei ripassato ogni vicolo di Londra.
«Lila... Io ed Andy, un paio di mesi fa, abbiamo deciso una cosa.»
Eccola di nuovo, quell'aria seria che squarciava l'anima. Se possibile, ero ancora più ansiosa di prima. Sembrava qualcosa di importante e forse non ero sicura al cento per cento di voler sapere cosa fosse, in realtà. Ignorai blandamente l'occhiata lucida di divertimento che Andy mi stava rivolgendo e mi rivolsi a Lily, inarcando le sopracciglia, quasi esortandola a continuare - sebbene non fosse mia intenzione. Silenzio generale. Nessuno fiatò. E decisamente non aiutava.
«Sei sempre stata come la nostra sorellina minore. Ti vogliamo bene. E siamo sicuri che sarai una zia fantastica per Rose. Ecco–» e prese una pausa, voltandosi a guardare Andy che le sorrise, annuendo. «Vedi, è proprio per questo che ti abbiamo nominato sua madrina.»
Lasciai penzolare la mascella, sbattendo le palpebre incredula. Io. Madrina. Io! Ma ci pensate? 
Sentii Faye sospirare felice, vidi Riley sorridere, Nate squittire «puttana fortunata!» e Gin battere le mani come se fosse al circo. Evidentemente ero l'unica a fissare sconcertata il lettino d'ospedale.
Per un inquietante secondo persi il controllo delle sinapsi e balbettai stupidamente nel tentativo di spiaccicare una parola.
«Io... io... voglio dire, è fantastico, grazie... Davvero...»
«E indovina chi sarà il padrino?»
Perché, non bastava solo la madrina? Eccola la fregatura.
Grugnii in risposta.
«Zayn!»
Eh?
«Chi?»
«Zayn... Malik. Zayn Malik.»
Ahahah. Divertente.
«Mi stai prendendo per il culo.»
«Non ringraziarmi.»
«Porca merda, no no! Vi prego, non Capitan Sorriso! Dimmi, Lily, le vitamine prese in gravidanza ti hanno rincretinito?»
«Avanti, cos'hai contro Zayn?»
«Nulla, ma un coltello da cucina giapponese farebbe comodo.»
«Stai spaventando la bambina, Lila.»
In realtà erano loro, a spaventare me. Fissai Lily ed Andy come si fissano due idioti. 
«Sono costretta a farlo?»
«Rose ti sta facendo gli occhioni dolci.»
Andy sporse il labbro inferiore all'infuori, prendendo la manina della piccola Rose e muovendola appena come se fosse la zampa di un gattino.
«Non fare la stronzetta, zia Lila, sii la mia madrina» squittì con voce acuta ed infantile. Mi ritrovai con le spalle al muro. Sì, okay – sapevo che non era Rose a parlare, ma se mi guardava con i suoi occhioni era impossibile resistere! Oh, dannati neonati. 
«Okay. Okay, okay! Smettila con quella vocina, Andy, sei raccapricciante.»
Appuntai mentalmente: Marzo - Prima rischio di essere investita, successivamente divento madrina di un'adorabile bambina. Purtroppo l'uomo più odioso del mondo è finito per fargli da padrino. AAA cercasi corda con cui strangolarsi.

l'angolo della miws.
Sono tornata, più demenziale ed agguerrita che mai, dopo questi lunghi, lunghissimi mesi d'assenza. Mi scuso inizialmente con chi magari aveva iniziato a seguire la storia e poi niente, è rimasto con un palmo di naso. Però ho continuato. Non è un periodo piacevole, non ho tempo per scrivere. Comprendentemi. In ogni caso, ecco la seconda parte del prologo! La bambina è nata e, chi ha visto il film, sa anche chi sono i disgraziati: Mi dispiace davvero tanto, non era mia intenzione prendere Andy (L'amico di Liam Payne, chi non lo sapesse, quello che ruttava nelle twitcam) ed usarlo così, ma non sapevo chi altro potesse essere. Per carità, non mi sta mica sulle palle, anzi, lo sposerei. Purtroppo sono piuttosto sadica. In ogni caso, vi lascio qui il cast. Salutateli tutti, sono i coglioni protagonisti di questo scempio!
Lila.
Lily.
Gin.
Conrad.
Nate.
Faye.
Riley.
Dr Jensen.

Visti ad uno ad uno? Piaciuti? Ebbene, vi saluto, e al prossimo appuntamento!
xx,
blackamethyst.

PS. Tutti i membri della famiglia Tomlinson, eccetto Lila, non mi appartengono. Purtroppo. Tutti gli altri personaggi, eccetto Andy Samuels e Zayn Malik, sono personaggi di mia invenzione. See ya.
  
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