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Autore: viktoria    28/04/2013    2 recensioni
[Jonathan Rhys-Meyers]Jonathan e Laura sono finalmente riusciti a capirsi. Sembra che non parlino più una lingua diversa ma che siano arrivati effettivamente al loro Happy Ending. Eppure conosciamo tutti il caratteraccio di Laura, il passato di Jonathan e le cicatrici che ha lasciato in lui. Sarà Laura abbastanza “adulta” da guarirle o almeno da impedire che sanguinino? E Jonathan saprà capire che lei, infondo, è solo una ragazzina?
“L'amore è una forma di pregiudizio. Si ama quello di cui si ha bisogno, quello che ci fa star bene, quello che ci fa comodo. Come fai a dire che ami una persona, quando al mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più, se solo le incontrassi? Il fatto è che non le incontri.”
[STORIA IN RISCRITTURA E REVISIONE]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Whatever works'
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quella notte non successe nulla.

Dormivamo nello stesso letto, si addormentava tenendomi stretta facendomi maledire di non aver deciso di dormire nella camera degli ospiti e riusciva a resistere? Qualsiasi cosa lo spingesse a farlo dovevo semplicemente pregare che non fosse l'indecisione di fare un passo così importante. E poi dovevo calmarmi. Cavolo non potevo sembrare io la pazza che voleva soltanto fare sesso con lui.

Quel giorno arrivai a scuola con largo anticipo. Fu lui ad accompagnarmi prima di andare a lavoro e prima di scendere dall'auto mi aveva dato un bacio passionale in cui sentivo finalmente il suo buon sapore sulla lingua. Non avevo parlato molto durante il tragitto sia per la stanchezza dovuta a quella notte quasi insonne sia per un po' di rabbia e delusione depressa a causa della mancata prima volta. Mi rifugiai subito in biblioteca dove Annie già aveva cominciato a studiare.

- ciao, italiana.- mi salutò lei con un sorriso dolce.

- Ciao.- la salutai a mia volta prendendo posto al mio fianco.

- Allora, com'è andata ieri col fidanzato?- mi domandò sottovoce utilizzano un tono più consono al luogo di quello utilizzato il giorno prima da Taylor.

- Oh ti prego lasciamo stare...- mugugnai abbattuta mentre scorgevo la curiosità nell'occhio della mia amica.

Fortunatamente Annie non era Taylor e non fece mille domande e poi, meglio di ogni altra cosa, non ne fece parola quando arrivò la bionda tutto pepe a cui stavo pensando.

- ciao, bella gente, già si studia così presto la mattina?- domandò alzando un sopracciglio come se quello fosse un pub e noi gente strana.

- Ty, avevamo davvero buone intenzioni noi, hai deciso che non vale la pena avere buone intenzioni?- la prese in giro la ragazza ridendo piano e meritandosi una linguaccia.

- Le buone intenzioni sono delle martiri e dei cretini e comunque entrambi hanno fatto una brutta fine.- costatò lei con enfasi. - dov'è Gary?- domandò dopo un attimo guardandosi intorno per trovare la presenza dell'amico.

Proprio in quel momento il ragazzo, con il naso coperto da un imponente fasciatura, si sedette al tavolo sbattendo la borsa sul tavolo con delle profonde occhiaie sotto gli occhi. Mi sentivo profondamente colpevole, avrei voluto chiedergli come andava e pregarlo di non dire nulla ma Ty mi anticipò.

- cavolo Gary che hai fatto al naso?- domandò lei preoccupata.

Lui, con un'indifferenza invidiabile, tirò fuori il libro dalla borsa e se lo mise davanti, spingendo la cartella giù dal tavolo facendola atterrare con un tonfo sordo che mi fece sobbalzare.

- ho avuto un incontro ravvicinato con un coglione sull'autobus ieri sera.- sdrammatizzò lui lanciandomi un'occhiata sottecchi che fortunatamente le altre due, troppo prese dal male del loro amico, non colsero.

Lo ringraziai con lo sguardo e lui mi sorrise appena. Gli dovevo un enorme favore.

Quando ci dirigemmo a lezione, un corso che avevamo in comune da soli, ebbi finalmente la possibilità di ringraziarlo a dovere.

- sei stato davvero gentilissimo a coprire quel coglione di Jonathan...- mormorai senza riuscire a guardarlo in viso.

- Tranquilla, era parecchio nervoso...- lo giustificò lui.

- Questo non gli dava il diritto di picchiarti.- costatai io ancora seccata.

- Piuttosto com'è stato il dopo?- domandò lui ridacchiando e guardandomi alla ricerca di pettegolezzi che anche io avrei voluto volentieri dargli.

- Deludente.- risposi scocciata. - non capisco perchè non risponda alle mie “provocazioni”. Ci credi che dormiamo insieme e non mi ha ancora toccata?-

- neanche in prima base?- chiese lui sgranando gli occhi.

- No, neanche una palpatina!- convenni io facendomi acida.

Avrei volentieri fatto io se non mi fossi vergognata tanto. E poi santo cielo per una volta poteva farlo anche lui il primo passo no? Quella era una cosa importante per me. Si lamentava di prime volte perse perchè Gaspard mi aveva accompagnato a scuola ma non gli importava di avere la prima volta più seria di tutte. Era un cretino! Sbuffai spazientita.

- comunque, tralasciando la stupidità di Johnny...- continuai io sorridendogli appena. - ti devo un enorme favore.- lo informai.

Lui sembrò pensarci per un attimo e mordersi il labbro dubbioso.

- il mio favore è molto più grande di questo.- mi fece notare come se stesse lottando con se stesso per chiedermelo ma in realtà non volesse farlo.

- Più di un pugno in faccia? Non credo.- risposi io spronandolo a parlare.

- La mia famiglia non sa che sono gay e sono mesi che mi sono inventato una finta ragazza che loro non vedono l'ora di conoscere e...- si bloccò e arrossì.

- Ok, quando?- lo interruppi io cercando di far svanire il suo nervosismo.

Lui si voltò verso di me e sgranò gli occhi come se fosse pronto a saltarmi addosso e baciarmi. Gli feci la linguaccia e in quel momento suonò la campana dell'inizio delle lezioni.

- domenica. Ti passo a prendere io.- mi rispose lui mentre prendevamo posto e il professore iniziava la sua lezione.

 

Pov. Gary

Finita la lezione Laura tornò subito a casa sorridendomi caldamente e stringendomi in un abbraccio. Io avevo appuntamento con le ragazze al bar dove lavorava Trevor, il ragazzo con cui mi frequentavo nell'ultimo periodo. In realtà avevo chiesto io quella riunione speciale. La sera prima avevo avuto il piacere di conoscere il pazzo fidanzato di Laura e la brutta impressione che mi aveva fatto mi aveva impedito di dormire tutta la notte. Certo, anche il dolore al naso aveva influito ma il pensiero che fosse rimasta sola a casa con quel pazzo aveva certamente provocato parte della mia insonnia. Mi sedetti al bancone e Trevor arrivò velocemente servendomi il mio solito martini ghiacciato.

- ciao Gary.- mi salutò con un bel sorriso in viso.

Trevor era un ragazzo di quelli normalissimi, Ty diceva che mi stavo accontentando ma non era per il suo aspetto che stavo con lui. Dai capelli castani e dagli occhi scuri quel ragazzo dal suo metro e settanta rappresentava tutto ciò che avrei mai potuto desiderare. Era dolce, romantico, e sembrava pendere dalle mie labbra. Era anche molto discreto così evitavo scene inutili sulla mia omosessualità. Mi sarebbe piaciuto presentare lui alla mia famiglia. Sicuramente sarebbe piaciuto un sacco ai miei se fossi stata Cassidy, mia sorella.

- ciao Trev- lo salutai a mia volta.

Si stava mordendo il labbro con fare molto seducente eppure vedevo la preoccupazione nei suoi occhi dovuta alla fasciatura che mi copriva il viso. Alzai la mano per fermare la sua domanda sul nascere.

- appena arrivano le ragazze ne parliamo, siamo qui per questo oggi.- lo avvisai tranquillamente.

Neanche dieci minuti dopo le ragazze mi avevano affiancato, una a destra e l'altra a sinistra e aspettavano che iniziassi ad esprimere i motivi di quell'incontro. Presi un respiro profondo. Forse stavo tradendo Laura e la sua buona fede ma era per il suo bene che lo facevo.

- allora...ieri sera ho accompagnato Laura a casa perchè si era fatto davvero tardi.- cominciai vedendo subito interrotto da Ty che sbuffò.

- Sì ok lo sappiamo, e sul bus hai incontrato un omofobo che ti ha picchiato. Vuoi sporgere denuncia contro ignoti per l'ennesima volta?- mi prese in giro lei meritandosi un'occhiata tremenda sia da Annie che da Trev.

- No, Taylor, non sono stato picchiato sul bus, è stato il ragazzo di Laura appena sono entrato in casa loro.- conclusi io dando subito la notizia shock che fece tacere tutte e due.

- chi è Laura?- domandò Trevor aggrottando la fronte.

Annie, che si era ripresa dalla notizia, raccontò la breve storia di Laura e Trevor si posò la mano sulla bocca spaventato.

- oh mio dio, e ha picchiato anche lei?- domandò in apprensione.

- No, non davanti a me per lo meno. C'era un altro ragazzo lì che non conosco ma quando sono andato via Laura ha mandato via anche lui. Giuro per un attimo ho avuto paura che la picchiasse...- mormorai spaventato dal ricordo della sera prima.

- Stamattina sembrava stare bene...- costatò Annie con un filo di voce.

- Non importa se anche l'avesse picchiata lei cercherebbe di dissimulare.- la interruppe Ty con lo sguardo ancora perso nel vuoto.

- Cosa facciamo?- domandò Trevor.

- Direi che dobbiamo sporgere denuncia.- costatò Annie come se fosse la cosa più ovvia ed era assurdo che noi non ci fossimo arrivati da soli.

- Ah, ultima cosa. Indovinate chi è il ragazzo di Laura.- buttai lì meritandomi l'attenzione completa di tutti e tre i miei amici. - Jonathan Rhys-Meyers.- annunciai semplicemente trovandomi davanti tre paia di occhi sgranati.

- E tu come fai a saperlo?- mi domandò Annie alzando un sopracciglio.

- Perchè guardavo i Tudor e mi masturbavo davanti alla televisione.- risposi senza vergogna un po' seccato che si dubitasse così della mia conoscenza sull'argomento.

- Ok basta dettagli.- ci interruppe Ty.

- Ma Jonathan Rhys-Meyers ha trentacinque anni, quanti anni ha questa Laura?- domandò Trevor pensieroso.

- Secondo me ne ha massimo venti.- costatò Anne.

- Ha diciassette anni, me lo ha detto lei. Si è diplomata a Luglio.- risposi io provocando di nuovo lo sconcerto nel gruppo.

- Cazzo, dobbiamo fare necessariamente qualcosa..- mormorò Taylor.

Sapevamo tutti e tre che fare una simile denuncia contro un personaggio dello spettacolo gli avrebbe creato problemi e noi non volevamo creare problemi a Laura. Rimanemmo a discutere della cosa a lungo poi finalmente giungemmo ad una conclusione.

Avremmo aspettato un po' tastando il terreno con Laura per accertarci che le cose andassero bene o per lo meno fossero minimamente accettabili. Poi, qualora o meglio quando, si sarebbe verificato l'incidente, avremmo fatto il nostro passo. Cercammo anche di capire chi potesse essere il ragazzo in casa loro la sera prima attraverso delle ricerche sul web ma io sentivo come un vuoto di memoria. Non riuscivo proprio a ricordare la sua faccia.

- poteva essere un attore anche lui?- domandò Annie per l'ennesima volta.

- Anne, potrebbe essere davvero chiunque, non lo ricordo.- risposi anche io nello stesso modo come avevo fatto già sedici volte.

- Ricordi almeno se era alto?- domandò ad un tratto Trev.

- Sì, era alto quando Jonathan.- risposi ricordando quel particolare di quando si era avvicinato a lui ordinandogli di calmarsi.

- Possiamo chiedere a Laura, tipo domenica quando l'accompagni fatti raccontare qualcosa sulla sua vita e butta giù il discorso come se ti piacesse quel ragazzo per fartelo presentare.- propose Ty meritandosi l'approvazione degli altri due.

Quando finimmo i preparativi per il nostro piano salva Laura ci salutammo col cuore pesante e ritornammo ognuno a casa propria. Anne e Taylor andarono via insieme, io aspettai che Trevor finisse il turno e lo invitai a cena a casa mia. Quella sera non riuscimmo a fare l'amore tanto era il nervosismo per la giornata appena finita. Nessuno di noi due fece il primo passo ma rimanemmo seduti sul divano, stretti in un abbraccio romantico a guardare Nothing Hill sperando che tutte le brutte impressioni che aveva suscitato in me quell'uomo rimanessero solo impressioni.

Quando tornai a casa nel pomeriggio Jonathan non era ancora rientrato. Era da tantissimo tempo che non mi davo alla cucina e la colpa era principalmente dei mille impegni. Per quella sera forse avrei potuto fare qualcosa per addolcire la pillola dell'impegno di quel weekend. Andai in camera da letto per cambiarmi. Indossai dei vecchi pantaloni della tuta grigi e una maglietta a maniche corte che mi ricordava dei vecchi giochi studenteschi del liceo. Sollevai i capelli in una coda e scalza, su quel parquet caldo, tornai in cucina e mi misi ai fornelli preparando una cena degna di mia madre. Antipasti di pesce, un risotto alla marinara e un dolce al limone per finire. Mi rilassava stare ai fornelli e quella cucina era il sogno di qualsiasi cuoco. Erano passate quasi due ore quando mi resi conto di non essere più sola. Lui ero poggiato all'isola su cui avevo posato la torta alle mandorle che avrebbe accompagnato il sorbetto al limone che avevo messo in frigo e mi guardava in silenzio. Gli sorrisi appena ma lui rimase fermo dove si trovava continuando a guardarmi.

-che c'è?- domandai scostando lo sguardo dai suoi occhi indagatori che mi facevano arrossire tremendamente. Ancora silenzio dall'altra parte. Quando risollevai lo sguardo su di lui lo sentì sospirare.

- sei davvero bella.- mormorò muovendosi finalmente avvicinandosi a me e prendendomi il viso tra le mani con infinita dolcezza.

Posò le labbra sulle mie in un bacio semplicissimo e pieno di tenerezza che non ricordava affatto quello dell'uomo che la sera prima sembrava quasi sul punto di picchiarmi. Gli strinsi le mani sui fianchi tenendomi alla sua camicia perfettamente inamidata e mi sollevai sulla punta dei piedi per baciarlo ancora una volta.

- com'è andata a lavoro?- domandai mentre mi stringeva in un abbraccio e guardava ciò che avevo preparato.

- Sono felice di aver finito per oggi.- concluse semplicemente. - hai preparato la cena?- domandò come se fosse incredibile che lo avessi fatto davvero.

- Sì, volevo farmi perdonare per ieri sera.- lo informai senza però abbandonare la posizione di attacco nel caso in cui mi avesse fatto capire che non si riteneva nemmeno in minima parte responsabile di un atto sconsiderato e violento.

- Anche io ho una cosa per farmi perdonare.- mi rispose invece spiazzandomi.

Si allontanò uscendo dalla cucina per andare a prendere qualcosa in salotto. Io intanto recuperai una tovaglia e cominciai ad apparecchiare. Misi i piatti, i bicchieri, uscì il vino bianco dal frigo e quando tornò guardai la busta bianca e sottile che teneva in mano.

- dammi dieci minuti!- lo avvisai sparendo in camera da letto.

Aprii l'armadio tirando fuori un vestito nero che avevo comprato qualche anno prima. Sarebbe dovuto essere molto aderente ma i chili persi a giugno non erano ancora tornati tutti. Mi feci una doccia veloce, legai i capelli in una treccia ancora bagnati e mi vesti sperando che quella sera le cose sarebbero andate come previsto. Quando tornai in salotto lui si era seduto sul divano e guardava le notizie al telegiornale. Mi guardò un attimo distrattamente tornando alla televisione e poi tornando di nuovo a me basito.

- Laura, sei davvero crudele!- mi apostrofò aggrottando la fronte e alzandosi dal divano.

Non lo ascoltai ma servì gli antipasti e lo invitai a sedersi a tavola.

Accettò l'invito immediatamente tenendo ancora quella piccola busta tra le mani. Ero piena di curiosità ma riusci a darmi un contegno prendendo posto. Lui sembrava aver capito benissimo quanto stessi fremendo dalla voglia di sapere di cosa si trattasse e la posò sul tavolo senza porgermela.

- comunque direi di goderci la cena prima, te la darò insieme al dolce.- mi avvisò meritandosi un'occhiataccia da parte mia che lo fece ridere.

- Sei crudele.- mormorai abbattuta sperando di far leva sul senso di colpa ripetendo la battuta detta da lui pochi minuti prima.

- Lo so, che vogliamo farci?- domandò retoricamente ridacchiando.

Comunque in breve l'idea della lettera passò in proscrizione. Ero troppo impegnata a guardarlo mentre cercava di mascherare la soddisfazione per quella cena. Sapevo che non si trattava delle mie doti di cuoca che a dire il vero erano piuttosto scadenti quanto più che altro probabilmente per il gesto in se. Non mangiai molto tra l'altro, avevo lo stomaco chiuso per tantissime ragioni. Lui non smetteva di sorridere.

- perchè sorridi?- gli domandai ad un tratto mordendomi il labbro.

Lui mi guardò come se fosse la cosa più ovvia del mondo e si passò distrattamente una mano sul mento come se cercasse le parole migliori per esprimere un semplice concetto che però io avrei fatto fatica a capire.

- così, non lo so.- rispose invece alla fine.

Aggrottai la fronte confusa e mi alzai da tavola prendendo i piatti e tornando in cucina. Esitò un attimo in salotto poi mi seguì come aveva fatto già prima e mi fermò quando stavo per prendere la torta.

- aspetta, balla con me prima...- sussurrò prendendomi per mano e riportandomi in salotto.

Aveva messo della bassa musica di sottofondo che si avvicinava al jazz anni cinquanta, le note riempivano la sala e in un attimo mi ritrovai stretta tra le sue braccia con le sue labbra sorridenti poggiate sulla fronte e il mio viso contro la sua spalla. Aveva un odore spettacolare. Sorrisi tra me seguendo i suoi movimenti controllati. Mi baciava la tempia, la guancia, il collo. Io lo lasciavo fare scostando il viso per permettergli di baciarmi. Ero praticamente un giocattolo nelle sue mani che sicure mi accarezzavano la schiena e i fianchi.

- domenica non lavoro...- mi avvisò sussurrando contro il mio orecchio con la sua voce bassa e suadente.

- Mmm.- mormorai senza capire davvero, troppo presa da quel momento perfetto.

- Voglio portarti in un bel posto...- continuò senza smettere di muoversi e senza smettere quel suo assalto che mi sembrava così erotico.

- Mmmm...- mugugnai di nuovo col cervello scollegato.

- Ti va?- domandò allontanandosi appena per permettermi di rispondere.

- Cosa?- domandai a mia volta scocciata che si fosse allontanato e che avesse smesso con le sue carezze.

- Andare da qualche parte per il weekend.- propose di nuovo con un mezzo sorriso.

Io non potei fare a meno di aggrottare la fronte. Porca miseria perchè ogni volta proponeva queste cose un attimo dopo che si presentava il problema che mi avrebbe fatto dire no? Mi morsi il labbro pronta a dargli la brutta notizia che avrebbe rovinato la nostra perfetta serata romantica. Tra l'altro anche il sabato avevo la festa dei Middleton a cui dovevo andare per forza. Anne ci teneva.

- Jonathan questa domenica devo fare un favore ad un amico...- lo avvisai sperando che non reagisse alla Jonathan.

- Un favore ad un amico?- chiese lui aggrottando la fronte. - digli che sei impegnata.- trovò semplicemente la soluzione facendo spallucce.

- Non è così facile, gli ho promesso che sarei andata a pranzo dalla sua famiglia e...- la sua espressione arrabbiata mi fece bloccare.

- A pranzo dalla sua famiglia?- domandò lui sempre più indisposto. - e perchè mai dovresti andare a pranzo dalla sua famiglia scusa? A me questa sembra una cosa un po' troppo intima.- mi rimproverò neanche fosse stato mio padre.

- Gli devo un enorme favore.- conclusi io facendo spallucce come se non mi importasse di ciò che avrebbe detto oltre.

- Tu non ci andrai Laura.- mi avvisò lui con fare minaccioso.

- Oh si che ci andrò visto che non ha fatto il tuo nome davanti a tutti quando avrebbe avuto tutti i buoni motivi per farlo!- risposi lanciandogli un 'occhiata di sfida che colse al volo.

Avevo ancora le sue mani intorno alla vita e le mie erano poggiare sulle sue spalle. Strinse la presa e ridusse gli occhi a due fessure.

- ah quindi lo staresti facendo per me?- domandò lui piccato.

- Esattamente.- risposi io seria spingendolo via. - siediti, vado a prendere il dolce.- gli ordinai sparendo in cucina.

Presi la torta di mandorle ancora pensierosa e uscì il sorbetto dal frigo mettendolo nei bicchieri. Se mio padre avesse visto in che razza di situazione vivevo sicuramente mi avrebbe riportata a casa tirandomi per i capelli. Eppure non riuscivo proprio a non farlo. A non amarlo. La serata comunque era ormai rovinata. Non mangiai neanche il dolce e non lo fece neanche lui. Rimase pensieroso a guardare la sua torta.

- domani hai lezione?- domandò ad un tratto mentre stavo caricando la lavastoviglie.

- No, domani devo venire a lavoro con te.- risposi chiudendola.

La programmai e poi lo seguì in camera da letto. Si spogliò con calma sbottonandosi la camicia come per darmi il tempo di ammirarlo in tutta la sua sconvolgente bellezza. Tirai giù la sola la cerniera del vestito e mi diressi in bagno ancora in intimo. Ne uscì che lui era già a letto con il copione in mano che ripassava le sue battute, gli occhiali sul naso e il petto nudo. Io indossavo il mio solito pigiama. Avrei dovuto fare compere. Sospirai e mi infilai sotto le coperte chiudendo gli occhi e sospirando.

Lui rimase sveglio ancora per un po' mentre io cercavo disperatamente di prendere sonno senza successo. In quella settimana avevo dormito ogni sera stretta tra le sue braccia e adesso mi sembrava strano che non fosse così. Quando finì chiuse il copione e lo poggiò sul comodino. Lo sentì armeggiare per un attimo, spegnere la luce e infilarsi a sua volta sotto le coperte. Sentivo la presenza del suo corpo caldo accanto al mio.

-comunque è stata un'ottima cena.- si complimentò Jonathan contro il mio orecchio stringendomi nel tanto desiderato abbraccio in cui mi addormentai.

 

 

La settimana passò molto lentamente. Jonathan non sembrava molto arrabbiato anche se mi aveva già annunciato che la settimana seguente sarebbe stata tutta per lui. Niente scuola e lavoro. Niente di niente. Avevo accettato di buon grado anche perchè una settimana da soli non mi dispiaceva per niente.

Quel weekend infatti era passato tutto alle prese con i miei nuovi amici. Sabato sera, dopo le riprese, Annie e Ty vennero a casa mia, casa di Jonathan per meglio dire, con uno zaino sulle spalle ciascuna e un sorriso enorme. Andai ad aprire ripensando a quando quelle serate si svolgevano in Italia, con le mie amiche di sempre, con i loro sorrisi rassicuranti, con i trucchi perfetti di Betta, i vestiti firmati e bellissimi di Caro, le chiacchiere di Ale e le battutine scontrose di Bens. Adesso loro non c'erano, sarebbe stato strano fare le stesse cose con altre amiche? Sospirai e mi stampai in viso un bellissimo quanto forzato sorriso.

- ciao italiana!- mi salutò Taylor abbracciandomi stretta.

- Ciao, bella bionda!- risposi io ridacchiando.

Le feci accomodare nell'esatto momento in cui quell'uomo meraviglioso che ancora facevo fatica a credere fosse il mio ragazzo ci passò davanti in jeans e maglietta bianca, con i suoi disarmanti occhi azzurri sorridenti e i capelli in disordine.

- ciao ragazze.- le salutò lui meritandosi una mia occhiataccia di fuoco.

Lo avevo pregato, scongiurato di non farlo. Gli avevo spiegato e rispiegato che già per me la situazione era parecchio difficile solo per essere italiana e che sarebbe solo peggiorata sapendo anche con chi vivevo.

- Laura, dovrei forse pensare che ti vergogni di me?- mi domandò posando il bicchiere che teneva in mano e guardandomi attentamente.

- Non ho detto questo!- risposi piccata. - tu prendi sempre le mie parole e le cambi come ti conviene.- lo accusai arrabbiata.

- Allora perchè non dovrei conoscere le tue amiche visto che vengono qui?- mi chiese di nuovo incalzante.

- Perchè la situazione sarebbe ingestibile.- gli feci notare cominciando ad arrabbiarmi.

- Prendila come una prova, se mantengono il segreto sono buone amiche altrimenti nulla.- mi invitò lui con semplicità prendendo un boccone di carne e portandosela alle labbra. - e poi, quando uscirà il telefilm, diventerai comunque famosa, tanto vale cominciare da queste piccole cose no?-

ovviamente non avevo saputo come ribattere a quello perchè, volente o nolente, dovevo semplicemente ammettere che aveva ragione. Le mie amiche avevano una faccia meno stupita di quanto pensassi anche se entrambe sembravano stessero cercando con tutte le loro forze di trattenersi dal gridare.

- ciao.- salutarono loro praticamente in coro con una vocina un po' stridula.

- Ragazze, lui è Jonathan, loro sono le mie amiche Taylor e Annie.- li presentai cercando di ignorare il sorriso divertito del mio carnefice davanti la loro faccia.

- È davvero un piacere conoscervi, Annie, Taylor. Se vi serve una mano sono in salotto.- salutò cordiale lui allontanandosi.

Entrambe lo seguirono finchè non fu sparito dietro la porta e sospirarono pesantemente entrambe. Da un lato ne ero estremamente fiera in modo ridicolo, dall'altro avrei voluto prendere tutti e tre a schiaffi.

- va bene, sfilata finita, andiamo a cambiarci.- annunciai io spingendole in bagno.

Mi ero fatta insegnare qualche make-up a lavoro, qualcosa di facile che avrei potuto riprodurre e mi dedicai a questo mentre Taylor le intrecciava i capelli chiacchierando del più e del meno.

- comunque sarai una stra figa e se Kevin non ti guarda è scemo, davvero! Cioè quel vestito è splendido e poi tutto il pacchetto è davvero “wow”...io non capisco come potrebbe non volere te.- stava appunto dicendo.

- Guarda che siamo accompagnatrici di Lorie ok? Presente la ragazza che sta con quel dio seduto sul divano del salotto? Quello per cui stavo avendo un orgasmo solo guardandolo tre minuti fa?- le domandò retoricamente come se non fossi davanti a me.

- Non preoccuparti.- la tranquillizzai dando l'ultimo tocco di ombretto. - non ho intenzione di truccarmi, solo un filo di matita nera e basta.- promisi.

Ci vestimmo velocemente. Oltre al vestito che avevo procurato ad Annie, ne prestai uno a Taylor di un bel rosa antico che metteva in risalto i suoi occhioni azzurri e i capelli d'oro che avevamo raccolto sapientemente. Io ne indossai uno semplicissimo del tutto anonimo che avevo comprato durante una gita a Roma. Quando finalmente finimmo mi diressi in salotto a salutarlo. Si voltò verso di me e mi studiò attentamente per un secondo.

- Non avevi detto che stasera dovevi sembrare anonima?- mi domandò alzando un sopracciglio.

Fino ad un secondo prima mi ero sentita in vena di dolcezza e avevo avuto quasi voglia di chiedergli di accompagnarmi. Avevo cambiato idea.

- Che c'è che non va? Non sono neanche truccata.- mi difesi incrociando le braccia al petto.

- Gridi “sono un'italiana” da ogni parte. Dove l'hai preso quel vestito a Roma o a Milano?- mi prese in giro cercando di rimanere serio con scarsi risultati.

- È un abito vecchio, che mi fa sciatta anche. E anche se apprezzo che mi trovi bella non hai visto le mie amiche di la.- gli risposi alzando il mento in segno di sfida e tornando da loro con passo sicuro.

Ovviamente non c'era una volta in cui lui non accettasse la sfida. Mi seguì in salotto e analizzò entrambe le mie amiche con quel suo sguardo ipercritico che all'inizio mi faceva sempre sentire tremendamente inappropriata. Non fece nessun commento grazie al cielo, ci augurò buona serata e ci invitò a non tornare troppo tardi.

La serata di per se, forse proprio a causa dell'augurio poco sentito di Jonathan, andò uno schifo.

Quando arrivammo Felicia guardò con malcelato disprezzo le mie amiche incrociando le braccia al petto dopo aver lasciato la mano al suo palestratissimo ragazzo.

- cosa ci fate voi due sfigate alla mia festa?!- domandò dando l'impressione di essere vicina ad una crisi isterica. - non voglio ciccione ne troie sfascia famiglie qui!- precisò lei.

Taylor stava per rispondere a quegli insulti che io non avevo capito del tutto ma prima che potesse parlare fu bloccata dal gridolino entusiasta della ragazza.

- oh mio dio, Laura, sei venuta, sono così felice di vederti.- mi salutò riuscendo finalmente a vedermi dietro le mie amiche. Le spintonò via e mi baciò con trasporto entrambe le guance.

- Ciao, Felicia.- la salutai io leggermente disgustata allontanandomi. - spero non ti dispiaccia se Anne e Taylor sono con me.- era un modo gentile per informarla che non erano affatto delle imbucate.

- Cosa? Sono con te?- domandò lei sconcertata. - oh tesoro, no, è un piacere.- rispose con una vocina di qualche ottava più alta del normale posando una mano sulla spalla a Anne. - divertitevi ragazze, io ve la rubo un attimo.- le avvisò, trascinandomi via.

La seguì cercando di mantenere il suo passo sbuffando infastidita di tanto in tanto.

- devo farti conoscere mio fratello e altri miei amici.- mi avvisò lei. - sei davvero splendida, è italiano il vestito vero? Meraviglioso. Kevin!- gridò sollevando la mano.

Un ragazzo si voltò annoiato e si avvicinò dando l'impressione che quella non fosse la prima interruzione della serata. Dietro di lui si muoveva, come fosse la sua ombra, una ragazza dai lunghi capelli neri e dalla cortissima gonnellina inguinale.

- Kevin, lei è Laura Caruso, la mia nuova migliore amica. È italiana sai?- si vantò come fossi una strana conquista. Io storsi il naso.

Gli occhi del fantomatico Kevin, che poi non era neanche il gran modello che mi avevano descritto Anne e Tay, si illuminarono un attimo.

- wow, quindi tu sei Laura, sono felicissimo di conoscerti, e sei bellissima come diceva mia sorella il che è davvero strano. Lei dice sempre molte idiozie.- scherzò lui avvicinandosi troppo e invadendo il mio spazio vitale.

Per il resto della serata non riuscii a liberarmi ne di lui ne dei suoi amici e vano era il ripetere che fossi impegnata con un altro ragazzo. Non vidi Anne e Ty tutta la sera quindi sapevo che le cose non stavano andando come previsto neanche per loro. Le ritrovai quando riuscii a convincerlo a lasciarmi andare in bagno da sola dato che la prima volta aveva insistito per accompagnarmi. Stavano cercando me, i cappotti già messi ed il mio in mano.

- grazie a tutti i santi.- scherzai afferrandolo e scappando via con loro.

Non raccontai a Jonathan come fosse andata e neanche a Anne e Ty che altro non fecero se non ridere della bruttezza di quella serata. Meglio vederle divertite che arrabbiate.

 

Garrison era venuto a prendermi il giorno dopo di prima mattina e in macchina mi aveva dato qualche suggerimento per sopravvivere a quella domenica in famiglia.

- vuoi avere dei bambini, vuoi sposarti e aspetterai il matrimonio per fare sesso.- mi avvisò seriamente tamburellando con le dita sullo sterzo.

- Ok, ricevuto capo, adesso rilassati o ti verrà un infarto prima di arrivare a casa dei tuoi.- gli consigliai massaggiandogli una gamba gentilmente.

Eravamo arrivati dopo un'oretta di strada, Gary mi teneva un braccio intorno alle spalle mentre camminavamo sul vialetto d'ingresso di quella bella casetta della periferia di Londra. Sapevo che c'era già chi ci stava guardando quindi evitai di mostrarmi insicura. Ero un'attrice. Dovevo ricordarmelo. Sorrisi voltandomi verso di lui e gli passai una mano sul petto in modo intimo e rassicurante.

- puoi immaginarti chi vuoi al mio posto ma devi sembrare...preso ok?- gli sussurrai sollevandomi sulle punte e baciandogli una guancia prima di fingere una risata sommessa per gli osservatori.

Quando suonò alla porta venne ad aprire un ragazzone dalle spalle larghe molto simile al mio amico. Era sicuramente un bel ragazzo anche se non era decisamente il mio tipo. Sorrise in una sorta di sfotto che mi fece venire voglia di afferrare Gary e portarlo via.

- ehi fratellino Gay.- scherzò storpiando il suo nome. - ma non mi dire la tua fidanzatina si è sentita male e sei dovuto venire solo?- domandò.

- No, a dire il vero no.- rispose lui con la tristezza nella voce. Si scostò appena dopo essersi messo completamente davanti a me occultandomi alla vista di suo fratello. - Allen, lei è la mia ragazza, Laura. Laura, lui è mio fratello Allen.- ci presentò Gary.

La faccia del suo fratellone mostrava chiaramente tutto il suo stupore. Io sorrisi dolcemente e gli porsi la mano. Sembrava totalmente rincitrullito. Non ricambiò il mio saluto ma semplicemente si fece da parte per farci passare e Gary, presami la mano, mi portò in sala da pranzo.

Era una famiglia molto numerosa, quasi come la mia. Aveva un che di italiano. Il capo famiglia era seduto su una poltrona con un quotidiano in mano. Ai suoi piedi giocavano tre bambini molto piccoli che potevano avere massimo tre anni. Uno di quelli cercava di arrampicarsi sulle sue gambe e veniva accolto dal nonno con un sorriso e una pacchetta affettuosa. Tre donne giovani apparecchiavano la tavola. Due di quelle assomigliavano incredibilmente al mio “fidanzato” e ad Allen, l'altra era invece bionda, con dei lineamenti molto delicati, forse proveniente dall'est Europa. Non sapevo bene con quante persone avrei avuto a che fare quella sera ma già la situazione mi sembrava in qualche modo famigliare. Forse ero io Jonathan quella volta. Una specie di pasqua posticipata. L'uomo sulla poltrona sollevò appena lo sguardo dal suo giornale e si alzò dalla poltrona vedendo il figlio.

- Gary, sei arrivato finalmente.- lo salutò avvicinandosi e stringendolo affettuosamente come solo un genitore sa fare.

- Papà, lascia che ti presenti la mia ragazza. Lei è Laura.- mi presentò per la seconda volta.

L'uomo mi guardò sgranando leggermente gli occhi e poi il suo viso si illuminò di un bellissimo sorriso che mi abbagliò. Mi strinse la mano con vigore e poi mi abbracciò.

- è davvero un piacere conoscerti Laura, finalmente. Sei bellissima proprio come diceva mio figlio.- si complimentò. - Mary tesoro, vieni qui a vedere chi c'è.- chiamò l'uomo ad alta voce. - io sono Otto in ogni caso.-

Era chiaramente più grande di mio padre. Probabilmente doveva avere quasi settantanni ma bisognava dire che se li portava piuttosto bene. Era alto, atletico, dalle spalle larghe e dai capelli brizzolati ma folti. La donna che entrò in quel momento sorrideva a sua volta rivolta al figlio e lo abbracciò di slancio con affetto materno.

- guarda Mary, finalmente Gary ci presenta la sua bella fidanzata di cui ci ha tanto parlato.- mi presentò l'uomo spingendomi in avanti.

La donna dai capelli bianchi e dagli occhi chiarissimi, quasi bianchi, mi sorrise e mi abbracciò. Era il secondo della giornata e aveva un che di tenero e materno. Eppure non riuscivo a sentire il buon odore della mia mamma. Sospirai e cercai di tornare a sorridere.

- tesoro, sei davvero bellissima, io sono Mary, la madre di Gary. Sono così felice di conoscerti.- sorrideva e mi resi conto solo quando fui libera dal suo abbraccio che le tre ragazze che erano lì per apparecchiare la tavola si erano voltate a guardarmi.

- Ehi fratello, non ci presenti?- domandò una di loro dai capelli neri come quelli degli altri due fratelli.

- Sì, antipatica. Laura, lei è mia sorella Meredith. Questa è Cassidy e lei è mia cognata Olga. L'unica pazza che poteva sposare Allen.- scherzò Gary mentre le tre ragazze, coetanee, mi stringevano la mano e si presentavano.

Ripetevo nella mia testa i nomi che mi erano stati detto fino a quel momento e sperai di non dimenticarli visto che tecnicamente Gary ed io stavamo insieme da mesi.

- è un piacere associare finalmente una faccia al nome.- risposi io ad ogni sorriso.

- Anche per noi. Anche se il tuo nome ci è nuovo. Gary non si è mai sbilanciato.- scherzò Meredith lanciando un'occhiata eloquente a suo fratello che al mio fianco si limitò a ridacchiare stringendomi un braccio intorno alla vita.

In quel momento dalla cucina uscirono due donne, una delle due sembrava avere l'età di mia madre più o meno. Due dei bambini che fino a quel momento erano rimasti buoni a giocare si lanciarono verso di lei.

- mamma!- gridarono entrambi cercando di arrampicarsi sulle sue gambe per farsi prendere in braccio.

La donna rise e venne subito raggiunta da un uomo, probabilmente suo marito, che mise d'accordo le due piccole pesti prendendole in braccio. Uno alla sua destra e l'altro a sinistra.

- da quello che capisco tu devi essere la ragazza di Gary.- dedusse l'uomo avvicinandosi con sua moglie. - scusa se non ti do la mano ma come vedi questi due mostriciattoli hanno occupato il territorio. Io sono Will comunque.- si presentò. - loro sono i miei figli, Otto ed Henry e lei è mia moglie Sandra.-

strinsi la mano a ciascuno di loro e finalmente finii con le presentazioni. Ripassai a mente i nomi e cercai di imprimermeli a fuoco in modo da non sbagliare.

- stiamo aspettando il ragazzo di Meredith e mia sorella con la sua famiglia, ti va di aiutarci in cucina?- mi domandò Cassidy con un bel sorriso.

- Certo, con piacere.- risposi io allontanandomi per la prima volta dal sicuro fianco di Gary solo dopo avergli lasciato una rassicurante ed affettuosa carezza sul petto.

Praticamente la cucina si era riempita di tutte le donne di casa che avevo conosciuto. Mary stava sfornando qualcosa mentre Sandra la aiutava nel predisporre ciò che poteva risultare utile. Si vedeva quanto si sforzasse di risultare piacente agli occhi della suocera. Meredith e Cassidy fingevano di lavorare quando in realtà non facevano altro che chiacchierare tra loro con la suocera russa dalla sconvolgente bellezza. Seppi solo più tardi le difficili dinamiche familiari di quella ventitreenne che secondo Mary e Otto avevano incastrato il loro figliolo rimanendo incita. Ammesso poi che la piccola fosse figlia di Allen. Non mi ero accorta di quel risentimento. Gli inglesi erano molto più bravi di noi italiani a tenere nascosti i problemi. In casa mia si ripeteva spesso “i panni sporchi si lavano in famiglia” ma poi chiunque poteva rendersi conto dei problemi che ci affliggevano passando pochissimo tempo con noi. Quella famiglia invece sembrava calma e unita. Tutto ciò che di terribile seppi, come ad esempio che William non avrebbe mai sposato Sandra se suo padre gli avesse dato il permesso di sposare Abigail. Chi è questa ragazza? Lo scoprii solo quando eravamo già seduti tutti a tavola. Cedric, il fidanzato di Meredith era appena arrivato e William gli aveva ceduto il suo posto andando a sedersi accanto a sua madre e sua moglie, di fronte a me che sedevo accanto alla più grande tra le sorelle di Gary. Si chiamava Abigail, era da poco sposata con un certo Jacob ed era stata una ragazza madre di una bambina davvero bellissima che aveva già dodici anni e che, me ne rendevo conto da sola, era la copia sputata di tutta la famiglia. Ma mai avrei potuto pensare ciò di cui venni a conosceva dopo. William, quattordici anni più grande di Abigail, aveva avuto una storia d'amore importante con sua sorella quando lei aveva solo diciotto anni. Gary mi raccontò che fu davvero terribile per la sua famiglia. William era davvero convinto di sposarla ma sua padre mandò via la ragazza.

- davvero? E dove la mandò?- domandai più tardi ormai lontani da quel difficile pranzo della domenica.

- Non lo so, io ero troppo piccolo per queste cose, però ricordo che non vidi Abigail per quasi due anni e quando tornò Will era partito militare.- concluse lui con un sospiro.

- Si amano ancora?- domandai di nuovo conoscendo però da sola la risposta a quella domanda alquanto banale.

- Come tu ami il tuo fidanzato.- rispose semplicemente Gary davvero dispiaciuto per la storia dei suoi due fratelli.

Per il momento però ero ancora estranea a tutto quello e mi “godevo” il mio interrogatorio. Il signor Henrish non sembrava intenzionato ad accontentarsi dei dettagli riferibili. Voleva i pettegolezzi, le piccole cose della quotidianità.

Non fu lui a domandare “come vi siete conosciuti?” ma piuttosto “qual'è stata la prima cosa che hai pensato?”.

- devo ammettere che sono stata parecchio frivola quella volta, ho subito pensato che fosse bellissimo e che avrei tanto voluto baciarlo per sapere che sapore aveva.- ammisi imbarazzata persa nei miei ricordi. - ci avevo fantasticato davvero tanto.- aggiunsi. - poi mi piaceva l'idea di essere la fortunata che lui avesse scelto per dedicargli il suo tempo e le sue attenzioni. Lui è una persona piuttosto conosciuta sa? Tutti vorrebbero essere al posto mio in questo momento, anche chi non lo ammetterebbe mai.- conclusi arrossendo leggermente e sentendo il braccio di Gary stringersi intorno alle mie spalle.

La signora Henrish mi guardò con gli occhi brillanti come se da un momento all'altro potesse scoppiare a piangere e abbracciarmi. Non sapevo se sentirmi un mostro o se gioire delle mie straordinarie qualità di attrice.

- perchè una ragazza bellissima come te vorrebbe stare con uno sfigato come mio fratello? Voglio dire, ci sono sicuramente altri mille ragazzi più belli al college no? E anche più popolari.- mi fece notare Cassidy ridacchiando.

- Oh si, al mondo esiste anche Brad Pitt in effetti ma non credo che al momento potrei decidere di lasciare tuo fratello solo perchè quello è più bello, l'amore è un'altra cosa.- costatai stringendolo a mia volta e posando la guancia sul suo petto sentendo le sue labbra sulla fronte.

Tutti quanti rimasero in silenzio sbalorditi dalla mia risposta probabilmente ma tutto ciò che mi sentì di ribadire a quel silenzio fu uno sguardo a suo padre. Stavo chiedendo il permesso. Lui sorrise e annuì con un cenno del capo. Gary non mi stava guardando. Stava rimproverando sua sorella per avergli dato dello sfigato e non si era accorto che gli avevo posato una mano sulla guancia e che lo stavo avvicinando a me. Raggiunsi le sue labbra alla fine e le chiusi in un bacio davvero tenero che però non approfondii. Avevamo ricevuto il permesso ma era sempre bene non esagerare mai.

Vidi William cercare lo sguardo di sua sorella accanto a me e sorrisi perchè sapevo che non c'era nulla nei miei movimenti che non stesse piacendo.

Mi chiesero ancora di me, della mia famiglia, dei miei progetti e quando venne il momento di andare via Mary mi salutò con un abbraccio affettuoso.

- sono davvero felice che mio figlio abbia trovato una donna perfetta come te.- mormorò felice baciandomi entrambe le guance.

Furono tutti estremamente gentili mi augurarono buona fortuna con la mia vita e mi invitarono a tornare presto. Si scusarono anche con Gary, per ciò che mi raccontò lui successivamente, per aver creduto che non fossero vere tutte le sue storie su una presunta fidanzata e che per un attimo, ma solo per un attimo, avevano pensato fosse gay.

- quando ti hanno vista di sicuro gli sarà venuto un orgasmo. Cazzo meno male che sono tutti sposati i miei fratelli perchè altrimenti questa volta il tuo fidanzato li prendeva a colpi di baionetta poverini.- scherzò lui lasciandomi un attimo indispettita. - comunque è stato gentile da parte tua accettare di venire al matrimonio di Meredith.-

- A Gary...Jonathan non sa di questo quindi, se potesse rimanere tra me e te te ne sarei grata.- gli dissi candidamente abbassando lo sguardo.

- Non credo sia una buona idea avere segreti con un tipo come lui, sembra violento.- mi fece notare preoccupato.

- Ha avuto tanti problemi. Io lo capisco e lo amo. Non mi ha mai toccata, purtroppo, tranquillo, va tutto bene.- lo rassicurai dandogli una tenera carezza nel braccio.

- sì...- mormorò lui. - ah Laura senti, quel ragazzo meraviglioso che c'era a casa tua quando ti ho riaccompagnata, chi era?- domandò con un mezzo sorrisetto.

- Ti piace?- gli chiesi scherzando.

- Parecchio.- ammise lui mordendosi il labbro in imbarazzo.

- Si chiama Gaspard Ulliel...- gli annunciai.

Presi il telefono dalla tasca e scrissi il suo numero su un bigliettino che lasciai sulla sporgenza del contachilometri.

- non sono sicura sia gay, ma provare con costa nulla.- scherzai soddisfatta di poter aiutare un amico.

Forse Gaspard si sarebbe un po' arrabbiato per questo ma poco importava, gli amici hanno sempre la precedenza e lui era mio amico, assolutamente.

  
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