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Autore: Lennyk192    29/04/2013    1 recensioni
Quinn lo studiò atterrita per qualche secondo, prima di urlare e riprendere a muoversi, tirando i ceppi con strappi violenti, con l'unico risultato di provare ancora più dolore.
Sentì la sua guancia bruciare quando uno dei demoni le assestò uno schiaffo da rivoltarle la faccia.
La testa vorticò e quasi svenne per la violenza dell'impatto, ma prima di scivolare nell'oblio qualcosa pizzicò i suoi polsi e gli avambracci e uno stupido pensiero le sfiorò la mente.
Il giorno dopo sarebbe stata la Vigilia di Natale.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From beneath you it devours'
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Capitolo 17: Stand by me




Vagava svogliatamente per il salotto.
La tv accesa sul programma di televendite, il più ridicolo mai creato, il volume azzerato per evitare quelle voci esaltate tipiche dei presentatori. 
Era maledettamente stanco di quelle quattro mura, voleva combattere, uccidere, vendicarsi.Viveva per quello.
Stare troppo a contatto con una donna senza concludere niente lo rendeva iper nervoso, non riusciva a darsi una calmata. Tra poco sarebbero dovuti uscire, una pessima idea, per come la vedeva lui, perché passare del tempo in mezzo alla gente lo avrebbe fatto impazzire, ma era l'ora d'aria di Quinn. In fondo, si era accontentata di poco.
"Andiamo?" fece per chiamarla attraverso la porta del bagno.
"Sì, un secondo" avvertì la sua voce soffocata e capì che era di nuovo al telefono con i suoi. Era il sedici dicembre, e più le feste si avvicinavano, più i contatti con la famiglia divenivano fitti.
Lui non riusciva più a capire questa necessità, ma ricordava com'era sentirsi vicini a qualcuno.
Quando la porta si aprì un minuto più tardi, vide di sfuggita i suoi occhi lucidi  e distolse in fretta lo sguardo respingendo la vaga morsa di apprensione che gli sfarfallò nello stomaco.


Era stato insolitamente taciturno e scostante per tutto il giorno.
Raramente si era avvicinato a lei, cosa che invece prima faceva spesso, solo per metterla in uno stato d'agitazione che sembrava renderlo euforico. Quasi lo preferiva così.
Il demone sarcastico che non prendeva nulla sul serio e si dilettava a fare a pugni con quelli della sua specie.
Incredibile che le piacesse di più quando era arrogante, compiaciuto e irritante.
Quinn era confusa: sapeva per certo che cedere una volta alla tentazione che lui rappresentava sarebbe stato una gioia e un disastro allo stesso tempo, ma non riusciva a smettere di pensare a come sarebbe stato. Pensieri pericolosi, senza ombra di dubbio, specialmente se i suoi sbalzi emozionali si susseguivano in modo così veloce.
Quella sera si erano finalmente allontanati da Coventry e ora giravano per il mercato di Providence, entrambi senza la minima traccia di entusiasmo.
Ognuno con i propri pensieri per la testa.


Alec la sentì sospirare affranta passando davanti all'ennesima vetrina senza degnarla di uno sguardo.
Di solito le donne non impazzivano per i saldi natalizi?
"Tutto ok?" le mormorò poco interessato alla risposta, avvicinandosi di un passo alle sue spalle. Anche se non la stava toccando, era abbastanza vicino da farle sentire il calore del proprio corpo, tanto per stuzzicarla un po'.
"Ehm...sì, sicuro"
"Sul serio? Quindi questa tua espressione da funerale è perfettamente nella norma" commentò ghignando. Vide le sue labbra, rese lucide dal suo continuo movimento con la lingua, arricciarsi leggermente.
"E' solo che si muore di freddo qui" si lamentò con voce sottile, mentre arrivavano alla fine della strada, vicino ad un ponte ancora bianco, dopo l'ultima neve. Quinn si appoggiò con i fianchi al bordo gelido di metallo e lui la imitò.
Erano controvento, e il profumo dolce di lei lo raggiunse facendolo irrigidire.

"Vuoi che ti tenga al caldo?" scherzò per stemperare la tensione.
"Ecco che ritorni in modalità pervertito. Cambi umore più in fretta di qualsiasi persona abbia mai conosciuto" commentò voltandosi a fissarlo. Nei suoi occhi aleggiava il solito sarcasmo e questo, in qualche modo bizzarro, la tranquillizzò.
Dov'era finita la ragazza che non intendeva fidarsi di una creatura delle tenebre?


"Evito i fastidiosi sprechi di energie. Letteralmente"
"Cioè?"
Lui soppesò l'idea di eludere la domanda, prima di spiegarle. "Essere costantemente rancorosi e irritati è il tipico stato d'animo dei demoni. Sono i sentimenti che stimolano il nostro cambiamento, ci sguazziamo dentro come se fosse ossigeno. Essendo demone solo per metà, io non funziono esattamente così. La mia forza è maggiore della loro in forma base, e anche se sono incline alla rabbia, tendo a perdere lucidità quando m'innervosisco troppo e devo sforzarmi per mantenerla durante la trasformazione o rischierei di uccidere chiunque mi si pari davanti"
Quinn annuì stringendosi nel cappotto per una folata di vento, e Alec dovette stringere una mano a pugno, per non spostarle una ciocca di capelli davanti al viso e lasciare che lo facesse da sola.
"Così sei più reattivo quando sei tranquillo?"
"Sì, anche se è raro che succeda nel nostro mondo" Ovviamente, si rischia la vita un secondo sì e l'altro pure.
"Ma quando ti trasformi...come hai fatto quella volta in una deliziosa dimostrazione della tua meschinità..." s'interruppe lanciandogli un'occhiataccia quando lui scoppiò a ridere "Tu utilizzi quel genere di sensazioni"
Non era una domanda, l'aveva osservato abbastanza da conoscere certi lati di lui.
"Già, però ho un limite di tempo quando sono in quello stato. E dopo mi sento...spompato. Per questo preferisco mantenere la forma umana il più a lungo possibile" ammise controvoglia.

Perché le sto dicendo tutto questo?
"E il sangue ti aiuta a rimetterti così come cura le ferite?"
Alec sorrise. "Non proprio. Di solito mi aiuta qualcos'altro" le rivelò marcando le ultime parole, desiderando che equivocasse.
"Oh! Ma non... insomma, non dovrebbe essere il contrario?" domandò incredula. 
"Ehi, io parlavo dell'adrenalina da combattimento, piccola maniaca!" la prese in giro, vedendola diventare di mille sfumature di rosso e blaterare che si era espresso in modo ambiguo.
Fissava le sue labbra muoversi ininterrottamente e respinse la voglia di tirarla a sé e baciarla ancora.


Fortunatamente qualcosa distolse rapidamente la sua attenzione da lei.
Ora era concentrato sulle quattro figure in nero apparse in un vicolo, tra due edifici ben nascosti, lontani dalla folla. Riconobbe l'abbigliamento nero di pelle di Kegan, le lame dei demoni Gothel che lo accompagnavano sempre, e soprattutto l'espressione stampata sulle loro facce. Quella omicida e piena di aspettative che precedeva un combattimento coi fiocchi.
Vide di sfuggita Quinn cercare di seguire la traiettoria del suo sguardo e la trattenne, prendendo il suo mento tra le dita e spingendola a voltarsi verso di lui.
"Dobbiamo andare via"
Moriva dalla voglia di fare una bella scazzottata, ma non poteva permettersi di lasciarla sola e smaterializzarsi in mezzo a tutta quella gente era fuori discussione. Inoltre lei non gli avrebbe mai permesso di mollare quel catorcio di metallo che definiva auto.
"Perché?" protestò lei, soffocando un gemito quando lui l'afferrò malamente per un braccio.
"
Perché sì. Non fare domande stupide" le intimò, perentorio.
"Non è stupido voler sapere che diavolo succede!" si ribellò lei, testarda, puntando i piedi mentre lui tentava di trascinarla via. Tra tutti i momenti in cui si metteva a fare la bambina ostinata, quello era il peggiore.
"Te lo dirò appena saremo lontani" le rivolse quelle parole in un tono che non ammetteva repliche.


"Non vieni?" lo raggiunse una voce familiare. 
"Scusa K" fece voltandosi e  incrociando lo sguardo dell'amico "non sono qui per questo" spiegò riluttante, indicando la ragazza con un cenno. Gli prudevano le mani, sapendo cosa stava per succedere.
"Come vuoi, ma c'è Aidan in quell'edifico. Sta selezionando le prossime vittime umane per la tratta" lo tentò l'altro.
Cazzo, Aidan.
Se c'era qualcuno che detestava più di Zane, era quello psicopatico di suo fratello.
Un bastardo anche per gli alti standard degli Inferi. Un po' come suo padre.
Desiderava farlo fuori da quando aveva masso piede nel suo mondo.
Alec sentì la ragazza al suo fianco trasalire alla notizia, sicuramente preoccupata per quelli della sua specie e sospirò, teso.
"Non posso"
"Vai"
Parlarono all'unisono.
Il demone si voltò in direzione di chi aveva emesso quella richiesta sussurrata. "Come?" le domandò sconcertato. 
"Questo è un luogo pubblico, io sono relativamente al sicuro, no? Quindi puoi lasciarmi qui"
Non tentarmi.
"No"
"Vai, lo so che vuoi" lo invitò spingendo debolmente una mano sul suo petto.
Lo voleva eccome.
Il richiamo alla battaglia per un demone era troppo forte. E se normalmente gli altri
erano guidati dall'istinto e commettevano omicidi spinti dalla propria natura, lui lo faceva per pura cattiveria, per sete di vendetta, in modo del tutto razionale e cosciente. Era qualcosa di cui aveva bisogno per esorcizzare i suoi fantasmi.
La guardò ancora negli occhi per individuare un segno di esitazione, ma non ne trovò.
Le piaceva farsi vedere forte, eppure in lei c'era una vulnerabilità che tirava fuori un istinto protettivo che Alec non aveva mai saputo di possedere. "Tienila d'occhio. Se riescono ad arrivare a lei siamo fottuti" intimò infatti a Kegan, che annuì, rigido.

                                                                                                                                 
                                                                                                                                       ***


La vecchia fabbrica vuota era abbastanza buia e polverosa, sebbene si trovasse al centro della città e un tempo avesse una grande importanza. Alec e il suo seguito individuarono i demoni camaleonte, intenti ad incatenare gli umani.
Dovevano essere almeno una decina.
Ne facevano sparire solo pochi alla volta, per attirare meno l'attenzione della polizia.
Studiò il perimetro controllando tutte le uscite, studiando la disposizione delle finestre e individuando quelle utili come vie di fuga. Quando Aiden uscì allo scoperto, Alec non riuscì più a resistere.
"Beh, come si dice: chi non muore si rivede" gli sibilò quello con voce strascicata e un timbro cavernoso, scorgendolo in fondo alla grande sala centrale.
Il suo essere per metà vampiro gli conferiva un paio di zanne più affilate e grandi di quelle di un qualunque altro demone, e si vedevano chiaramente spuntare tra le labbra pallide ogni volta che parlava.
"Risparmiati le massime Aidan, fanno tanto vecchio secolo" soffiò lui, caustico, mentre altre sagome scure li circondavano.
"Lasciate stare ragazzi. Sono affari privati"
Alec sapeva che in realtà non avrebbe esitato a farsi dare una mano dai suoi bestioni se le cose si fossero messe male.
"Già, sapete com'è. Il richiamo del sangue" sputò allora, in una risposta rancorosa e sarcastica.


Il coltello del mezzo vampiro affondò nel fianco del fratello, provocando un'esplosione di dolore che si diffuse in tutto il busto. Porca.puttana.
"Niente conto alla rovescia, prima di cominciare?"
Estrarre la lama fu tremendo e il demone si ritrovò a stringere i denti così tanto che quasi li sentì scricchiolare.
"Odio perdere tempo"
In pochi secondi iniziarono a volare i pugni.
Uno degli attacchi di Aidan colpì l'altro alla bocca così violentemente da fargli vedere le stelle e assaporare il gusto del sangue. Immediatamente Alec affondò il gomito nella gola dell'altro e lo colpì così forte che, per un attimo, quello sembrò restare inerme.
Un istante dopo, però, si ritrovò a volare all'indietro, scontrandosi contro una parete che interruppe la traiettoria, spezzandogli quasi la spina dorsale. Aidan lo colpì ripetutamente all'altezza dello sterno con la punta di ferro dei suoi stivali, mentre lo teneva per un braccio, che poi spezzò in un movimento rapido.


Dolore e rabbia invasero il demone come una furia. 
Alec rotolò, chiuse la mano attorno alla caviglia del vampiro e lo trascinò verso di sé. Le nocche del fratello riempirono la sua visuale, e lui riuscì a malapena a schivare il suo colpo.
Nonostante ciò, un secondo pugno raggiunse lo zigomo provocando una fitta di dolore che s'irradiò su tutto il viso.
Ringhiando, si precipitò sull'altro e gli piantò un ginocchio nello stomaco, facendolo gemere di dolore.
Era ora!
Gli restituì il gesto, sbattendolo talmente forte contro il muro vicino che questo si accartocciò su se stesso.
Quando Aidan fu finalmente a terra, quasi inerme sotto i suoi colpi, si sentì chiamare da una voce familiare alle spalle.
Uno dei suoi gli lanciò un pugnale insanguinato e lui lo piantò rapidamente in uno dei polmoni del vampiro, che emise un urlo silenzioso, prima che il sangue prendesse a scorrere copiosamente dalla ferita.
Avrebbe dovuto ucciderlo, ma non lo fece.
La prossima volta, magari, pensò prima che altre creature infernali gli si gettassero addosso con violenza.


                                                                                                                   ***


"Perché non sei ancora guarito?" domandò Quinn con una smorfia sul viso. Quei lividi avevano un aspetto orribile e le altre ferite...preferiva non pensarci neppure.
"Ehi, non è stata una passeggiata! Mi serve più tempo" mise su un finto broncio, strappandole un sorriso tirato.
La ragazza inclinò il capo e lo studiò attentamente, ancora appoggiata allo stipite della porta.
"Forse non avresti dovuto passarci su il sapone" rifletté.
Alec scrollò le spalle, prima di gettarsi a peso morto sul letto e gemere di dolore.
"E se ci mettessi del ghiaccio come noi comuni mortali?"
"Naa, non ne ho bisogno. Tra un po' il sangue farà effetto" borbottò, prendendo a fissarla insistente. "Perché non vieni più vicina?" domandò sornione, vedendola a disagio.
"No, grazie, ti vedo bene anche da qui!" Fin troppo, pensò squadrando le macchie violacee che gli attraversavano il petto.


Solo ripensare all'aspetto disastroso che aveva prima della doccia le fece tremare le ginocchia. Ora il sangue era stato lavato via per la maggior parte e le ossa del braccio erano tornate nella loro solita posizione.
Era stato un errore lasciarlo andare, ma le era sembrata la cosa più giusta sul momento. Aveva letto la delusione nei suoi occhi, la sua lotta interiore, e aveva deciso di aiutarlo.
Anche se non riusciva proprio a comprendere come potesse piacergli farsi ridurre in quel modo.
Magari è un masochista convinto
"Dai, non ti faranno impressione quattro lividi!" la stuzzicò il demone.
Porre delle sfide di solito funzionava con lei, tuttavia in quella situazione era diverso. Se avesse voluto vedere corpi martoriati si sarebbe iscritta alla facoltà di Medicina, non a Psicologia! Un conto era guardarli in tv, dove regnava la finzione, ma così era esagerato.
"Non sono quattro lividi: ancora cinque minuti là dentro e ti avrebbero tirato su col cucchiaino!" sbottò, facendolo ridere debolmente, prima che la sua mano si sollevasse a massaggiare un fianco.


"Tutto bene?" chiese allarmata avvicinandosi al letto, senza rendersene conto.
"Dacci un taglio piccola o potrei pensare che ti preoccupi davvero per me" tentò di scherzare il demone.
"Ma figurati" farfugliò, portandosi un passo indietro. Meglio non rischiare di entrare nel suo raggio d'azione.
"Comunque ci ho ripensato: voglio quel ghiaccio"
Quinn cercò di non pensare al fatto che le avesse appena dato un ordine e si avviò velocemente in cucina, a mettere tutti i cubetti di ghiaccio presenti in freezer in un fazzoletto di stoffa.
Quando tornò in camera, vide che si era sollevato, poggiando la schiena contro la testiera del letto.
"Ecco" mormorò sedendosi accanto a lui, a testa china.
Sollevando il braccio, lasciò che fosse lui a posizionarle la mano tremante che stringeva il panno gelato sulla chiazza viola più grande, la quale occupava quasi tutta la parte destra dell'addome.
"Già che c'eri, avresti potuto farti prendere a calci anche di là, così ci sarebbe stata una fantastica tinta unita" bofonchiò a mezza bocca. Fu più un rimprovero che una battuta sarcastica.
"Sembri una mammina...è strano che lo trovi eccitante?" fu il commento malizioso che ricevette in cambio.


"Sei incredibile, anche in un momento del genere pensi a certe cose!"
"Sempre. Mi piace provocarti, sei irresistibile quando ti imbarazzi. Hai le reazioni di un'innocente ragazzina cattolica" sussurrò con quel tono di voce suadente che la faceva impazzire.
"Tecnicamente sono mezza ebrea"
Ansimò per la sorpresa, quando lui la spostò a cavalcioni sulle sue gambe e lo fulminò con lo sguardo. Doveva evitare di perdere la testa, altrimenti gli avrebbe dato un ulteriore motivo per sogghignare soddisfatto.
Demone, di nome e di fatto.
"Ti vedo meglio da qui. Non vorrei aggiungere il torcicollo alla lista dei miei traumi" si giustificò con aria quasi innocente.
Si schiarì la gola per ingoiare il nodo d'emozione che le si era inconsciamente formato.
"Come ti pare" sussurrò in pieno imbarazzo. Lo vide sorridere spudoratamente e si schiarì la gola nervosamente.
"Allora...seguendo il tuo ragionamento, è previsto che ora io assuma tipo tredici tonalità di rosso e scappi via da questa posizione inopportuna, passando per una povera frigida?"
"Ah ecco, ora che l'hai pianificato non è più divertente, ma in definitiva, direi che più o meno le cose stanno così" concluse, senza neanche sforzarsi di essere serio.
Stronzo.


Si finse offesa, spostando
lo sguardo dal suo viso: i suoi occhi le facevano sempre uno strano effetto quando assumevano la colorazione più scura. Le ricordavano troppo il suo lato demoniaco che ovviamente preferiva dimenticare.
"Tu non mi conosci bene" borbottò, lasciando il ghiaccio sul comodino e prendendo a giocherellare con i capelli, senza sbilanciarsi troppo su di lui, per non fargli male. Lui assunse un'espressione indecifrabile.
"No, eh?"
"No. Vedi, se mi impegno…" continuò con voce suadente, attorcigliandosi un ricciolo attorno al dito.
Lo vide deglutire, mentre continuava a fissarla, con occhi colmi di curiosità e quella sfumatura nera che diventava ancora più evidente. Quinn sapeva che presto avrebbe del tutto inghiottito lo straordinario colore che li caratterizzava.
Si avvicinò al suo viso, lentamente, godendosi la sua espressione frustrata.
"Posso diventare davvero brava a nascondere la mia vena folle"
Alec rabbrividì e portò le mani sui suoi fianchi, stringendoli lievemente.
"Così brava da sembrare quasi un angelo" scherzò melliflua.
"Mmh, un demone e un angelo. Il massimo del cliché" sussurrò l'altro, riprendendosi e facendo vacillare il suo controllo.
Rilassati...era solo uno scherzo.
"Peccato che odi gli stereotipi" disse cercando di recuperare terreno, staccandosi da lui.


Il demone sospirò e chiuse gli occhi, adirato.
Perché continuava a temerlo? Non le aveva fatto del male, anche se ne aveva avuto l'occasione più di una volta.
Riaprì gli occhi e si accorse che lei si era spostata dall'altro lato del letto, fuori dalla sua portata, la pelle chiara illuminata dalla tonalità calda delle lampade, mentre tornava a fissarlo.
"Ti stai divertendo a prendermi in giro?" ringhiò quasi dalla frustrazione.
 
Il suo sorriso si fece più ampio mentre si muoveva verso di lui andando ad aderire al suo corpo, così vicina che credette stesse per baciarlo davvero, questa volta. Invece le sue labbra procedettero oltre.
Con la guancia pressata contro la sua, gli si avvicinò all'orecchio.
"Scusa. E' che ridotto così non fai tanta paura"
scherzò con un filo di voce.
Lo sentì rilassarsi debolmente. "Immagino di no"
Lei lasciò scorrere lo sguardo per intero sulla sua figura, perdendo il lampo di divertimento che aveva negli occhi, e poggiò i palmi aperti sul petto, gli carezzò il busto passando attorno alle ferite e scendendo verso il basso, indugiando sui torniti avvallamenti e sulle convessità dei muscoli.
L'idea era quella di donargli un po' di sollievo, ma Alec socchiuse gli occhi con le palpebre pesanti, aprì la bocca per emettere quello che sembrava quasi un'imprecazione, e il suo livello di eccitazione crebbe ad ritmo vertiginoso.
"Ti faccio male?" chiese, incapace di nascondere una nota di compiacimento nella voce.
"Sì" la beffeggiò lui, roco "Un dolore lancinante"
Passandole una mano tra i capelli dorati, le voltò il capo fino a che non si trovarono a pochi centimetri uno dall'altra.
Il tempo sembrava essersi fermato mentre Quinn aspettava di sentire la sua bocca sulla propria.
Sembrava che stesse aspettando una conferma, così gli accarezzò una guancia, coperta da una barba chiara e corta che le pizzicò piacevolmente la punta delle dita.
Lui si sporse in avanti e la baciò, inclinando la testa di lato per rendere il contatto immediatamente profondo e appassionato.


Quinn lo assecondò, non potendo fare diversamente: Alec era la passione totale, le toglieva il fiato.
Dava e prendeva con la stessa, intensa ferocia. Lei si sentì andare a fuoco.
Gli conficcò le unghie nel cuoio capelluto mentre gli insinuava le dita tra i capelli ancora umidi, posandogli i pollici sulle tempie, come se temesse che stesse per allontanarsi da un momento all'altro. Cosa che, forse, sarebbe stata saggia.
Si lasciò sfilare il maglione senza protestare.
Lui l'assaggiava a morsetti, per poi scendere pian piano con le dita dalla nuca alla schiena, giù lungo la spina dorsale premendo dolcemente su ogni vertebra per poi risalire allo stesso modo.
Sentire sulla pelle quel palmo calloso la fece fremere.
Il punto di rottura si stava avvicinando e se non fosse fuggita subito, il demone avrebbe scoperto nel giro di un minuto quanto in realtà non avesse affatto voglia di smettere. 
Ma non riuscì a muoversi, perché stava troppo bene tra le braccia di lui. Dannato mostro!
Sembrava quasi prenderla in giro, tirando la corda all'inverosimile, provando a tendere il suo ritegno un centimetro dopo l'altro fino a spezzarlo. Lei fu tentata di scostarsi solo per insultarlo.
Deve essermi entrato nella testa. Deve...
Alec allungò le braccia dietro di lei per afferrarle i glutei e stringerla finalmente a sé, e Quinn sentì la pelle nuda e liscia, ovunque toccasse la sua. L'erezione le premeva con insistenza contro l'addome e lei emise un ansito di sorpresa. 


Lui fece una risatina roca. "Stai bene?"
Era la prima volta che quella domanda gli usciva di bocca durante i momenti d'intimità, ne era ben consapevole.
Cercò di pronunciarla con una nota beffarda, senza lasciare trasparire il timore che lei potesse respingerlo ancora.
Non avrebbe avuto la forza di lasciarla andare e non voleva farle del male.
Quinn si ritrovò ad annuire contro la sua spalla, mentre veniva liberata del resto dei suoi vestiti con un leggero fruscio.
Il demone stava lentamente ingentilendo i tocchi delle sue mani sul corpo della ragazza, in uno stridente contrasto con la spietata violenza di quella sera.
Lanciò un gemito dentro la sua bocca, gutturale e selvaggio, poi
la fece sdraiare sotto di lui, ignorando le stupide fitte di dolore. Scese con le labbra dalla sua guancia rosea fino al collo, si avventurò verso lo sterno e si fermò tra i seni avvertendo il caldo battito del suo cuore, mentre lei abbandonava la testa contro il cuscino, inspirando bruscamente.
Con spietata lentezza si dedicò alla morbida pelle dei fianchi, per poi seguire ripetutamente il contorno dell'ombelico, giocandoci con la lingua, facendola sobbalzare al contatto umido e bollente.
Continuò a scendere, descrivendo un incandescente percorso di baci, succhiando avido, finché non raggiunse la sua meta, soffermandosi a vezzeggiarla con sapiente maestria per interi minuti, pigramente e languidamente, spingendola ad arrendersi a lui.
Lei mugolò, ondeggiò e tremò sul punto di esplodere.
La torturava fino a portarla sull'orlo del piacere, si tirava indietro e ricominciava ad un ritmo più incalzante.
Quasi a v
olerla sfinire, eccitandola ad ogni tocco. Le sembrava che l'aria intorno a loro crepitasse, come se fosse densa di elettricità statica.


Quinn fece dei respiri profondi, in una disperata ricerca d'ossigeno, mentre una mano si intrufolava tra i capelli del demone. Non era certa di volerlo allontanare o avvicinare. Non era nemmeno certa di trovarsi ancora sul pianeta Terra.
"Guardami" le ordinò persuasivo, gettando nello scompiglio il suo sistema nervoso.
Il loro sguardo s'incrociò e, nella confusione che le imperversava nella testa, lei riconobbe la solita arroganza che lo distingueva e il lampo di desiderio che gli illuminavano gli occhi scuri.
Lui improvvisò viziosamente un movimento sinuoso, che le fece vedere le stelle e soffocare un rantolo, accendendola di nuovo. Il piacere sembrò prolungarsi per un'eternità.
Poi Quinn s'inarcò in preda al desiderio febbrile, stringendo spasmodicamente il lenzuolo, finché il suo corpo non fu attraversato da una scarica potente, pura estasi che le fece mordere forte il labbro inferiore per non urlare il suo nome.
Sembrava tutto così magnifico, spaventoso e inevitabile…
Il demone si sollevò, ripercorrendo con le labbra aperte in un sorriso soddisfatto ogni centimetro di lei, come se non ne avesse ancora abbastanza. Le sembrò che avesse più di due mani, perché il suo tocco rovente era ovunque e accendeva milioni di fuochi sulla pelle, facendola gemere. Gli bastava far vagare lo sguardo su un punto preciso e lei vi percepiva immediatamente una lieve pressione, come una carezza profonda e invisibile.
Poi si rese conto della cosa più sorprendente che le fosse mai capitata: riuscì a percepire come Alec percepiva lei.
Quando gli percorse lentamente la schiena muscolosa e tesa con la mano, avvertì lo stesso tocco sulla propria spina dorsale. Una sensazione incredibile che la fece gemere di piacere e incredulità.
"Mmh, adoro quel suono. Voglio sentirlo ancora" le sussurrò all'orecchio, roco e sensuale, contenendo a fatica la disperata impazienza che lo invadeva mentre si posizionava tra le sue gambe.


Cosa le aveva promesso circa il sesso con un demone?
Piacere oltre ogni immaginazione.



  
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