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Autore: Cornfield    29/04/2013    2 recensioni
(Dall'ottavo capitolo):
Non riuscivo a crederci. Non riuscivo a guardarla in faccia, non meritavo di guardarla in faccia, non sapevo suonare, non sapevo allacciarmi le scarpe, sapevo solo di non sapere. Ero un completo disastro.
E mia madre aveva ragione.
Scesi di corsa dalle scale e uscii da casa, mentre mia madre piangeva lacrime amare, mentre il cielo piangeva e la mia faccia era completamente bagnata.
Dal sudore, dalla pioggia e da altrettante lacrime.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Tutto chiuso.
Qualsiasi strada prendevo, mi ritrovavo inevitabilmente a sbattere contro il muro. Doveva essere un fottutissimo labirinto della mia testa.
Corsi a perdifiato percorrendo le più strade possibile, ma ogni volta mi sembrava di aver già visto quel punto. Forse era tutto uguale?
Il pavimento cominciò a tremare e si inclinò lentamente in giù mentre provavo ad arrampicarmi a qualsiasi cosa, ma ogni volta che afferravo un mattone questo si scioglieva nelle mie mani. Guardai sotto: un buco nero si divincolava e cresceva sempre più di intensità man mano che il pavimento scivolava nelle sue fauci scure.
Era tutto inutile, anche io sarei finito li dentro. Mi abbandonai alla sorte e mi feci trasportare. Meritavo quella sorte. Non sapevo più cosa meritare, forse non meritavo niente. Forse dovevo solo morire, avrei fatto contenti tutti, incluso me stesso.
Buio.
Non sentivo assolutamente niente.
Il tepore della morte?
Mi alzai dal pavimento gelato dolorante. Non c’era niente.
Camminai lentamente come a voler cercare qualcosa che non avrei mai trovato, e ne ero consapevole.
Dopo giri inutili mi sedetti stanco. Stanco di cosa? Sono stanco di me.
Aspettavo che un essere con una falce in mano mi prelevasse per portarmi nel mio unico posto dove potevo sentirmi felice, tra i demoni che mi avrebbero succhiato il sangue e l’anima.
Una luce.
Aguzzai la vista.
Cos’era?
Era una cosa bianca, che si muoveva verso di me. Deglutii.
Man mano che si avvicinava riuscivo ad osservare sempre più particolari. Ora mi sfiorava il naso. Sorrideva, beffardo.
Era una maschera gigante. Una maschera totalmente bianca, con due fori al centro e l’iride bianca. Era inquietante. Continuava a sorridere. Istintivamente feci un passo indietro per scappare, ma non lo feci.
La maschera annui soddisfatta. Dietro di lei ne apparve un’altra. Era uguale, ma era seria, muta, rigida, fredda. Sentivo che mi fissava costantemente anche se i suoi occhi erano completamente bianchi, lo sentivo.  Era come se volesse dirmi qualcosa, e ciò mi faceva salire l’angoscia ancora di più.
Stavo rischiando di impazzire. Sentivo il suo fetore vicino al mio collo, l’iride che continuava ad osservarmi imperturbabile.
Era ancora imperturbabile, seria, vuota. Era come se rispecchiasse me.
Volevo dirle di finirla di fissarmi, ma non ci riuscivo.
Basta.
Spuntò ancora un’altra maschera che apri la bocca in tono minaccioso.
Cominciò a gridare, a gridare in modo silenzioso perché non sentivo niente. Le grida deformarono il nero del posto in cui ci trovavamo, deformava i loro corpi inerti e il mio. Tutto era raccapricciante, in un atmosfera che si contorceva sempre di più, come le onde del mare.
Ma ciò che mi faceva paura era ancora quella maschera che sentivo in qualche modo come se mi stesse fissando. E non la finiva. Doveva dirmi qualcosa.
Le maschere si avvicinarono sempre di più a me, mentre il mio corpo sembrava ottenere una forma sinuosa, deformato dalle grida.
Pazzo.
Pazzo.
Pazzo.

Qualcuno continuava a ripetere questa parola.
Si, sono pazzo.
Pazzo.
Sei pazzo.
Tu sei pazzo.
Ora mi toccavano la pelle e me la scorticavano con i denti.
Sei pazzo.
Pazzo.
Sei pazzo.
Tu sei pazz.. sei pazzo.
 
Mi svegliai di soprassalto. Sudavo freddo, respiravo faticosamente.
I sonniferi erano sul comodino.
Era un sogno.
Era solo un sogno.
Ma io ero realmente pazzo.
Non riuscivo a togliermi dalla testa il viso della maschera seria.
Scossi la testa quasi per fare uscire il pensiero, ma era ancora li.
Mi misi le mani tra i capelli. Cosa cazzo.. cosa cazzo stava succedendo?
Stavo ancora sognando?
Forse la vita era un sogno.
Mi alzai lentamente. Le gambe erano molli, non mi sentivo più le gambe, non sentivo più me stesso. La faccia scavata dalla stanchezza.
Adrienne era seduta vicina al tavolo e fumava una sigaretta. Il suo sguardo era perso nel vuoto.
“Buongiorno.” Mormorai.
Non mi rispose, mi ignorò completamente.
Mi sedetti a fianco a lei anche se non avevo assolutamente fame. Era da tanto che non facevamo colazione insieme, eppure lei non sembrava fregarsene più di tanto.
Non aveva toccato niente, il bicchiere pulito cosi come lo era il piatto.
Non stava funzionando.
Non stava funzionando niente.
Avevo sfasciato tutto.
Avevo sfasciato l’armonia che c’era fra di noi.

Ora tutto mi stava crollando addosso.
Ogni sera tornavo drogato o mezzo ubriaco.
Lei forse faceva finta di dormire, ma in realtà rigava il cuscino dalle lacrime.
Pezzo di merda.
“Non è successo niente, se è questo che vuoi sapere.” Fece sarcasticamente.
Il suo sguardo era ancora perso nel vuoto.
“Adrienne guardami.”
“Prima guarda te stesso, come ti sei ridotto, coglione.” Sentii un tuffo al cuore.
Rimanemmo in silenzio per quasi due minuti.
Finalmente mi fissò, cosi aspramente, cosi freddamente che mi fece rabbrividire più della stessa maschera. Leggevo odio,furia,collera. Sostenne il mio sguardo.
Non l’avevo mai vista cosi. Cercava di comunicarmi qualcosa con gli occhi, non voleva parlare.
Quegli occhi dicevano di lasciare il tour un attimo, di dedicarsi alla famiglia, di smetterla con la droga.
Ma i miei occhi dicevano il contrario.
Continuammo a fissarci,lei non demordeva.
Solo la radio accesa e i risolini di Joseph che giocava nel gabbiotto facevano da sottofondo. Si aspettava che da un momento all’altro io le avessi detto “Hai ragione.”
All’improvviso lo sguardo aspro si fece disperato, gli occhi si fecero lucidi. Gli abbassò per non farmi vedere. La rabbia si era trasformata in impotenza.
“Tu non capisci mai un cazzo.” Feci sbattendo le mani sul tavolo violentemente. Presi la giacca e uscii fuori mentre i singhiozzi e i pianti di Adrienne mi rimbombavano nella mente.
Presi una birra, fra poco ci sarebbe stato un altro fottutissimo concerto del tour di Insomniac.
 Ero solo, completamente solo.
Nessuno mi aveva mai preso per mano e condotto dall’altra parte della strada. Nessuno mi aveva mai capito, io non capivo me stesso, io ero nessuno.
Ero nessuno.
Ero solo una marionetta tra le mani della droga. Ero consapevole che presto i fili si sarebbero rotti per sempre e mi avrebbero lasciato inerte su un marciapiede, mentre sentivo il rumore dell’ambulanza. Ma sarà troppo tardi.
Eppure non riuscivo a farne a meno. Non sapevo quello che volevo, ma era tutto ciò che avevo. E nessuno capiva la mia situazione.
Credevano che con una semplice riabilitazione tutto sarebbe finito. La verità è che non finisce mai niente in questa merda. Ricadi continuamente. Non puoi voltare le spalle al tuo burattinaio.
Ricadi, sempre. Ricadi in quel buco nero che ti scortica l’anima.
Feci per ingoiare una pillola ma non ci riuscivo.
Tu sarai pure una merda, ma non hai bisogno di altrettanta merda.
Altra merda in più, che differenza fa?
Hey, ritorna da Adrienne e scusati ok?
Di cosa dovrei scusarmi?
Allora scusati con te stesso e metti giù quella roba.
Non riuscivo a farlo.
Mi senti?
Lanciai la boccetta di anfetamina con tutta la mia forza tra lo sguardo curioso dei passanti.
Era ancora li, a pochi metri da me.
Lasciala, non raccoglierla.
Lasciala Billie.
Lasciala marcire li.
Camminai per tre quattro metri oltrepassando la boccetta.
Ok, cosi, ci siamo.
 
Ma ritornai indietro.
La raccolsi subito tra le mie mani che tremavano. E cominciai a piangere di me stesso.
Non puoi farne a meno, coglione. Sei entrato nel tunnel della droga e ora non ne uscirai più. Si richiuderà alle tue spalle. Ma il tuo non è un tunnel, è un pozzo molto profondo che ti sei scavato da solo.
Anzi ti sei scavato una tomba.
“No.. io non voglio …” Ero ancora inginocchiato.
La gente mi guardava, rideva e faceva commenti ironici.
“Fatemi ridere di me stesso! Fatemi ridere anche di me stesso!” Gridai. “Sono una battuta piacevole? Perfetto, sono questo, non sono altro! Sono una barzelletta!”
Le mamme allontanarono i figli da me, altri mormoravano: “ Quello li è un pazzo..”
“Si è un pazzo..”
“Hai visto com’è combinato?”
“Ma non è il cantante dei Green Day?”
“Mi sembra di si, stasera hanno un concerto, chissà che cosa accadrà.”
“Il concerto di un pazzo? Io non lo manderò mai mio figlio!”
“Che pazzo!”
“Allontanatevi!”
Per non capire più niente,presi due pillole e le ingoiai.
Solo poco dopo mi resi conto che avevo fatto un mix letale: medicinali,alcool e droga.
Ma ormai era troppo tardi.
 
Arrivai al concerto con quasi mezzora di ritardo, stava ormai per cominciare.
Ciò che riuscivo a vedere erano solo puntini che si dilatavano nella mia mente, macchie rosse e blu, hot dog volanti, unicorni che sputavano arcobaleni.
Mike fu visibilmente sorpreso quando mi vide.
“Oh cazzo sei fatto?”
Negai con la testa.
“Sei troppo fatto porca puttana, non puoi suonare in queste condizioni!”
“Suoneranno gli unicorni al posto mio.”
“Ok, ora ascoltami bene. Forse dovremmo fermare il tour. Ci sta asfissiando troppo. E la finiamo qui oggi stesso, non suoneremo, non puoi farlo.”
Fleishmann, il nostro manager, sentendo quelle parole corse subito verso di noi.
“Non potete fermarlo, tutto andrebbe in rovina!”
“Preferisci che vada in rovina il mercato o Billie?”
“Non è la prima volta che si droga prima dei concerti, ce la farà.”
“Appunto non è la prima volta, siamo troppo stressati cazzo.”
“Stai piagnucolando come un coglione.”
Mike lo scaraventò sulla parete e fece per dargli un pugno, ma Fleishmann lo fermò in tempo.
“Non ti agitare o ti sbatto la porta in faccia e su per il culo e a quel punto nessun manager vi raccatterà dalla strada. Ora vediamo cosa dice Billie, se è consapevole di suonare, suonerà. Allora Bill, come ti senti?”
“Benone.” Strascicai.
“E’ fottutamente fatto, non sa neanche dove si trovi. Finiamo questa pagliacciata.”
“Billie ha parlato e la sua volontà deve essere rispettata.”
“Volontà? Non può ragionare con queste condizioni idiota!”
“Vi do cinque minuti per salire sul palco.”
“Non..”
“Cinque minuti.”
“…”
“Ok?”
Mike annuii infastidito e posò lo sguardo su di me. Io sorrisi ma lui non ricambiò, scosse la testa.
Poi non ricordo più granché.
Mi aiutarono ad infilare la chitarra e ad andare sul palco. Deliravo, la testa sembrava girarmi ad ogni minimo passo, le voci le sentivo lontanissime da me. Sbagliavo accordi, la voce era rauca. Ora la testa mi stava girando troppo.
Troppo.
Non capivo un cazzo.
Perdita di sensi.
Vuoto.
 
 
Un rumore assordante mi perforava i miei timpani.
Aprii gli occhi. Un giudice con i genitali di un uomo visto da dietro, con l'ano al posto della bocca e uno scroto al posto del mento sbatteva in continuazione un martello sul tavolo. “Tutti i membri del processo, qui!” Gridava.
Quando mi vide sorrise amabilmente. “Bene, ci sei anche tu, accomodati.” Lo guardai stranito. “Accomodati, non vorrai rimanere steso li sul pavimento spero. Tutti i tuoi cari sono riuniti qui, non sei contento?” Mi sedetti su una sedia qualsiasi.
“Ora possiamo iniziare. Chi vuole cominciare?”
“Io.” Mormorò una voce familiare. Adrienne. Le sorrisi, ma parve non accorgersene.
“Ok, mi dica tutto ciò che vuole su suo marito.”
“Si, sulla carta siamo sposati. Ma nella realtà no. Non è mai presente. E’ un emerito coglione ecco signor Giudice. Delira per qualsiasi cosa, credo non abbia mai preso in braccio nostro figlio. Lo odia profondamente. Anche io lo odio profondamente. Che coincidenza no? Sa solo ubriacarsi e drogarsi. Sono il suo pane quotidiano. Io dovrei essere il suo pane quotidiano e invece non lo sono. Mi aveva detto che ero la sua anima, che mi avrebbe protetto. Bhé alla tua anima stai sul cazzo.” Pronunciò le parole meccanicamente, senza pudore e senza minimo cenni di pianto. Le sue parole mi rimbombavano in testa.
“ E’ un emerito coglione ecco signor Giudice.”
“ E’ un emerito coglione ecco signor Giudice.”
“ E’ un emerito coglione ecco signor Giudice.”
 
Non potevo contrabbattere, le parole mi morivano in bocca.
“Grazie signora Armstrong..”
“Nesser, signora Nesser.”
“Signora Nesser. Ora passiamo alla madre. Cosa ha da dirci di suo figlio?”
“La più grande delusione della mia vita signor Giudice, davvero. Fin da piccolo ci ha creato sempre problemi e sinceramente se vedessi un barattolo di marmellata e lui che cadono in un burrone salverei solo la marmellata. Tanto se io lo avessi salvato, lui sarebbe morto lo stesso, presto. Con quella droga che si fotte. Non mi ha mai ascoltato. Mai. Mi ha sempre mentito su qualsiasi cosa. Mi sono rotta i coglioni di lui.” Il Giudice annuiva al discorso.
“La più grande delusione della mia vita signor Giudice, davvero.”
“La più grande delusione della mia vita signor Giudice, davvero.”
“La più grande delusione della mia vita signor Giudice, davvero.”
“Amo il mio lavoro. Chi è il prossimo a parlare?”
“Ora tocca a me, non vedo l’ora.” Parlò mio padre. Deglutii.
“Billie Joe, un grande. Non lo disprezzo. Perché lo odio. Ci sputerei sopra. E’ un grande si, nel drogarsi. Un grande buffone, un grande coglione o quello che volete voi. Meno male che sono morto, non riuscirei a sorbirmi ancora e ancora questo tizio. Fa finta di piangere quando mi pensa,diciamo cosi. Ipocrita, cane, bastardo.”
“E’ un grande si, nel drogarsi.”
"E’ un grande si, nel drogarsi.”
“E’ un grande si, nel drogarsi.”
 
“Ci andiamo giù pesante eh Signor Armstrong?” Rise il Giudice.
“Manca l’ultimo membro che deve parlare, forse il tuo più grande amico caro Billie. Quello che c’è sempre stato per te. Droga, fatti avanti!”
“Eccomi signor Giudice!” La Droga era tale e quale a me, solo con una voce più profonda.
La Droga era me.
La Droga era il mio peggior nemico.
Io ero il mio peggior nemico.
“Non capisco tutto questo accanimento nei confronti del mio caro amico. E’ cosi gentile con me. Usciamo tutti i giorni, mi porta a spasso, mi fa divertire insieme alla nostra cara amica Alcool. Quando è preoccupato o solo triste viene da me e io lo consolo, gli faccio dimenticare tutto, gli do il bacio della buonanotte e puff. Tutto è finito. Stiamo bene insieme. Siamo una bella coppia. Lo adoro. Sapete, credo di non essermi mai affezionata ad una persona cosi tanto.”
“Stiamo bene insieme. Siamo una bella coppia.”
“Stiamo bene insieme. Siamo una bella coppia.”
“Stiamo bene insieme. Siamo una bella coppia.”
 
“Interessante..”
“Signor Giudice sta dicendo tutte stronzate!” Fece mia madre.
“Già, Billie Joe è un gran pezzo di merda!”
“Bruciamolo!”
“Tutti ne saranno contenti!”
“Scortichiamoli le ossa!”
“Impicchiamolo!”
“Silenzio in aula per favore!”
“Mangiamogli gli organi!”
“Facciamolo marcire al sole!”
“Silenzio ho detto!”
Ora le frasi si accavallavano una ad una.
“Diamolo in pasto ai vermi!”
“BASTA! FINITELA VI PREGO! Mi dispiace! Mi dispiace tantissimo!” Gridai.
“E’ troppo tardi!”
“E’ sempre stato troppo tardi!”
“Tardi!”
“E’ tardi Billie Joe!”
“Basta!”
“Sei pazzo!”
“Finitela!”
“Uccidiamolo!”
“Finitela ho detto!”
“Tardi!”
 

 
Aprii gli occhi debolmente. Le voci si erano affievolite.
Era tutto finito.
“Fermiamo, fermiamo il tour..” Respiravo affanossamente.
Tré, Mike e Adrienne mi si erano appiccicati addosso.
 “Oh grazie al cielo si è svegliato!”  
 “S-sapevo.. sapevo che ti saresti svegliato. Non credevo saresti morto eh.” Farfugliò Mike.
“Invece si, lo ha sempre detto. Ed ha anche pianto.” Rise Tré.
“Va bene basta con i convenevoli. Domani sera avete un altro concerto e guai a te cazzo se ti droghi di nuovo prima di andare sul palco.” Mormorò Fleishmann come se non fosse successo niente.
“Ha detto di fermare il tour idiota.” Mike provò a dirlo con il tono più pagato possibile, ma le parole risultarono velenose.
“Devo ancora rispiegarti cosa succede se lo fermate? Devo farti un disegnino?”
“Billie vuoi fermare il tour giusto?”
“Si..” Dissi, anche se ancora capivo poco.
“Bene, lo fermeremo. Qualche ora fa qualche individuo aveva detto che non potevamo andare contro la volontà di Billie.” Mike sorrise furbescamente.
Fleishmann sospirò.
“Va bene.” Pronunciò a denti stretti.
Adrienne mi abbracciò improvvisamente e mi strinse a sé. La sentii singhiozzare. Le presi la faccia e la portai sul mio petto dolcemente.
Rise nervosamente.
“Mi manchi tanto sai.” Sussurrò.
“Anche a me manca quella parte di me stesso.”
Pausa.
“Adrienne …?”
“Mh?”
“Tu mi odi?”
Altra pausa.
Ho provato ad odiarti. Ho provato ad odiarti quando tornavi a casa ubriaco, quando mi gridavi contro, quando stavi quasi per uccidere accidentalmente il bambino, quando mi avevi detto che si, la droga l’avresti lasciata in quel cassetto ma poi te la sei ripresa appena mi sono distratta un attimo, quando mi hai mandata a fanculo almeno un centinaio di volte, quando volevi avere ragione sempre tu, quando non c’eri mai e io vivevo solo del tuo profumo impregnato nel cuscino. Ho provato. Ma non ci sono riuscita. Perché? Perché ti amo. Ti amo. E io certe volte non lo vorrei, ma non possono farci niente. Io ti amo. Ti seguirò dovunque tu vada è chiaro? Ti aiuterò ad uscire dal tunnel, chiamerò i soccorsi, oppure mi addentrerò io stessa ad aiutarti. Nel buio di quel tunnel però, tu saprai sempre dove trovarmi. Basta che tu senta il battito del mio cuore fuori tempo, che batte per te. E io sentirò il tuo. Non abbiamo bisogno di luce per trovarci. La luce è dentro di noi, è custodita dentro di noi. Devi solo farla uscire. La luce è oscurata dalla droga. Sposta quella boccetta dal sole. Ora cosa vedi? Ora vedi la luce. Ora butta quella boccetta nella spazzatura. Cosa vedi? La vita. La vita, il dono più bello che Dio ci ha donato. Tu non sei l’uomo ubriaco e scorbutico che ho sposato. Anche tu sei luce. Io vedo oltre l’apparenza, quella carne, quelle ossa marce. Vedo dentro te stesso e so che non tu non sei questa merda. Tu non sei merda. Sei la luce che mi fa andare avanti. Ce la possiamo fare. Ce la puoi fare. Puoi uscire dalla dipendenza. So che non è per niente semplice, nulla è semplice qui. Non farlo per tua madre, per tuo padre, per Tré, Mike, me o te stesso. Farlo per la tua luce che continua a brillare. Brilla intensamente. E io ci sarò sempre. Anche quando tornerai a casa ubriaco,quando mi manderai ancora una volta a fanculo, quando vorrai avere ragione sempre tu, quando continuerai ad avere attacchi omicidi nei confronti del bambino, anche quando mi dirai che sono la tua anima, che mi proteggerai, anche quando mi bacerai sul collo, anche quando mi dirai che mi ami, anche quando, in una giornata uggiosa, mi siederò davanti alla tua tomba a fissarla e a piangere come il cielo, anche quando sarai l’uomo più stronzo del pianeta. Io ci sarò. E dopo tanti anni la tua luce, nonostante tutto, continuerà a brillare, alimentato dal nostro amore. No, io non ti odio. Io forse neanche ti amo. Perché ciò che provo per te va oltre l’amore.
Sorrisi.
Sorrisi come mai non avevo fatto negli ultimi mesi.
Sorrisi come non avevo mai fatto in vita mia.
So, Tear down The Wall.
  
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