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Autore: Amber_ G_ Keldridge    30/04/2013    2 recensioni
Cosa succederebbe se al dio degli inganni venisse data la possibilità di redimersi? E se lui accettasse, seppur con reticenze? Se incontrasse , per uno scherzo del destino, una persona capace di cambiargli la vita? E se quella persona, in qualche modo, avesse a che fare con lui più di quanto egli immagini?
E se tutto diventasse ancora più complicato a causa della minaccia di un nemico?
Il primo ad esser scettico è lo stesso Loki, che dovrà far fronte alle conseguenze dei propri piani di dominio su Midgard, facendo così ammenda dei danni verso la Terra.
Ovviamente, quando viene bandito da Asgard in attesa della decisiva sentenza di Odino, non si aspetta di incrociare una giovane vedova e madre dall'oscuro e triste passato, né di accorgersi che forse non è stato tutto soltanto frutto del semplice caso.
Questa storia è ambientata subito dopo gli eventi in "The Avengers" e non segue la trama di "Thor: The Dark World" etc.
Eventuale OOC: Loki
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thanos, Thor, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Salve a tutti! Finalmente mi sono decisa ad aggiornare la storia! Spero che il capitolo sia all'altezza dell'attesa, e che non sia un fallimento completo XD
Ecco che finalmente ci siamo e la situazione si fa interessante! Mi raccomando recensite, mi fa piacere ed è importante per capire se devo migliorare ancora o no! :D
Grazie ancora a tutti!
White.


POV LOKI

“Scusa, cosa?! Ripeti perchè non credo di aver capito bene!” esclamò Stark, guardando Loki incredulo.
Loki strinse le spalle, fingendo nonchalance, anche se era il primo a essere stupito. “Andrò io da Thor.” “Ma-ma Loki, non sappiamo dove sia, e tu non hai i poteri. Come pensi di cavartela da solo in un qualche mondo lontano anni luce. E se atterrassi sul pianeta sbagliato? Ci hai pensato? Non possiamo permetterci di perderti proprio ora, lo sai!” “Stark, ti prego, è l'unico modo! So di non avere i poteri e di essere un bersaglio facile, senza pensare che potrei essere scovato da Thanos e ridotto in brandelli, ma devo farlo, devo almeno tentare! Non me la sento più di stare qui ad agitarmi pigramente con le mani in mano!” “Loki, io non ti permetterò di...” “Via, Stark, non sono un infante e so badare a me stesso, poteri o no!” “Ma...” fece per replicare Stark, prima di venire fermato da Fury. La Spia lo guardò eloquentemente: “Sono sicuro che Loki sa bene a cosa va incontro e del rischio che comporta una cosa del genere, Stark.” “Ho una richiesta da farti, Fury.” disse poi Loki, esitando, “Ti scongiuro... Quando sarà il momento... Fa' che lei e suo figlio siano al sicuro, lontano da tutto questo. Deve essere protetta a ogni costo... E....” fece una pausa, e poi continuò, la voce leggermente tremante ed incrinata, “Voglio che mi promettiate, tutti, che se Thanos dovesse... prendermi... Non mi veniate a cercare né a salvarmi. Per nessuna, ripeto nessuna ragione....” “Scusa, e cosa dovremmo fare? Stare con le mani in mano mentre quello ti massacra? E la ragazza, cosa le dovremmo dire? Spiacenti ma il tuo bel dio dell'inganno è andato a morire? Ti rendi conto di quante fesserie stai pianificando Loki?”, ma proprio quando stava per continuare la propria paternale, Loki lo guardò con una strana espressione. Sembrava che lo stesse pregando silenziosamente, uno sguardo supplichevole, il più eloquente che Tony avesse mai visto. E tutto a un tratto, capì perchè per Loki era importante andare in quella specie di missione ad alto rischio. Doveva trovare Thor, e riappacificarcisi, non c'erano altre ragioni valide, e Loki non era uno che rischiasse per niente.
Così, Tony tacque, rilassando i muscoli tesi sul proprio corpo dalla frustrazione, infine sospirò: “E va bene, Reindeer Games, se per te è davvero importante raggiungere Thor, allora l'unica cosa che a questo punto posso dirti è di fare attenzione, e tornare intero. Ci servi qui, ricordalo. E poi, non me la sento proprio di venire al tuo funerale, sarebbe troppo strano!” concluse cercando di ironizzare, anche se lui per primo ci vedeva ben poco da ridere in tutta quella faccenda.
Loki sorrise mestamente, senza smettere di guardare Stark con i grandi occhi di giada: “Grazie. È davvero... Importante per me...... C'è un conto in sospeso tra me e Thor, che va chiarito, e questa... Questa potrebbe essere la mia sola e unica occasione.... Sono sicuro che capite cosa voglio dire....” “Si, lo capiamo.” rispose per tutti Fury, che fino a quel momento era stato in silenzio, a braccia conserte.
“Beh, ora l'unico problema è: come troverai Thor, e come ci arriverai? Non hai i tuoi poteri, sei al pari di un mortale, ricordi?” disse Stark. A quello, Loki già ci aveva pensato.
“Se vi fidate di me, permettetemi di uscire dallo S.H.I.E.L.D da solo. Ho bisogno di un ampio spazio per quando verrà aperto il Bifrost.” “Ma cosa ti fa pensare che lasceranno usare il Bifrost? Si un criminale di guerra ancora in esilio, se non erro!” “Vero, ma finchè non possiedo i miei poteri non posso essere una grave minaccia, e Odino comprenderà la gravità della situazione.” “Va bene, allora. Vai, contiamo su di te.” “Si. Grazie.” e detto questo, sotto uno sguardo rassegnato di Stark, e quello preoccupato di Banner e Fury, Loki lasciò la stanza.

Percorse i corridoi, risalendo diversi scalini.
Finalmente, dopo aver superato i controlli dei vari agenti di guardia all'entrata e all'uscita della base, varcò le porte.
Superò il parcheggio, e si ritrovò infine sotto un cielo crepuscolare. L'aria era fresca, e soffiava un vento leggero tra i suoi lunghi capelli corvini. Assaporò quel momento, quasi magico. Forse, quella era l'ultima volta che avrebbe potuto godersi in libertà. Forse, quelli erano davvero i suoi ultimi giorni di vita. Forse, per lui non ci sarebbe stato davvero un lieto fine.
Chiuse gli occhi, ancora beandosi dell'aria fresca tra le ciocche corvine.
Pensò a Carey.
Carey, so che non puoi sentirmi, ma volevo comunque dirti che mi dispiace intensamente per tutto quello che ti ho fatto. Mi dispiace per tutto ciò che ho fatto alla tua gente, alla tua città, alla Terra. Mi dispiace per aver aggiunto altro dolore a un cuore come il tuo che già da prima era spezzato. Mi dispiace non essere l'uomo che pensavi fossi, e mi cruccia non poterti dare tutta la felicità che meriti. Mi chiedo se mai potrai perdonarmi. Mi chiedo se mai ci sarà il perdono per me. Mi chiedo se mai potrò rimettere piede ad Asgard come un vero Asgardiano. Come... un eroe, o una persona comunque benvoluta da tutti. Ne dubito, ma intanto voglio bearmi di questa speranza, per quanto flebile sia.
Poi alzò gli occhi al cielo, che si stava oscurando sempre più.
Odino, Padre degli dei, so che mi stai ascoltando. Ascolta le parole di un condannato pentito, di uno che farebbe volentieri ammenda per tutto ciò che ha fatto, che ha provocato. Se puoi concedermi un po' di misericordia, chiedo di poter raggiungere Thor, ovunque si trovi. Chiedo di poterlo raggiungere per... Per chiedergli perdono, e avvertirlo della situazione su Midgard.

E una lacrima scese lungo la sua guancia, come quando si trovava aggrappato alla lancia di Odino, a un passo dal cadere dal Bifrost. Poco prima di cedere la presa, Odino gli aveva detto una sola parola: “No, Loki.”.
Quel no significava che ancora una volta Loki non aveva fatto la cosa giusta, ancora una volta non era stato abbastanza, non era stato degno.
Ma questa volta era diverso. Non si trattava di provare a Odino di essere il figlio degno del trono di Asgard, ma di salvare Midgard.
Attese, senza che succedesse niente. Infine, abbassò il capo, sconfitto. Non era abbastanza, nemmeno questa volta. Ma quando stava per gettare la spugna, accadde qualcosa. Dei raggi di luce squarciarono il cielo, fino ad arrivare a Loki, trafiggendo poi il suo petto. Penetrando in lui.
Qualcosa dentro di Loki cambiò. Si sentì rinforzato, completo....immmortale. “No-non è possibile.... Non può essere!” sussurrò strabiliato, voltando gli occhi luccicanti di lacrime di nuovo al cielo. " Io...." ma prima che potesse dire di più, venne risucchiato da un raggio che conosceva bene.
Il Bifrost lo stava trasportando.
Dopo un po', atterrò su un terreno familiare.
Asgard.
Quella che una volta era casa sua.
Il luogo alla fine diventato il suo “cammino della vergogna”.
Si ricordava ancora di come tutti lo avevano squadrato e insultato solo con lo sguardo, quando Thor, dopo la sconfitta ad opera dei Vendicatori, lo aveva riportato ad Asgard. Di come tutti fossero meravigliati, increduli, stupiti, e infine disgustati alla vista di Loki, vedendolo in manette. Lì, il dio del tuono era stato accolto come l'eroe che riporta in gabbia l'orribile mostro criminale fuggito, e Loki era il mostro, che tutti adocchiavano con malcelato disprezzo, senza un'ombra di compassione negli occhi distanti e freddi.
Avrebbe dovuto capirlo fin dall'inizio di non far parte di quel mondo, di non essere un Agsardiano, non vivere in una bugia.
“Che vergogna!” “Guardate, è Loki, l'Ingannatore!” “Come può essere?” “Ma non era morto cadendo giù dal Bifrost?” “Ho sentito dire che ha attaccato Midgard!” “ È davvero un mostro!” “L'avevo sempre detto che avrebbe portato solo guai, quello!”. Ecco, questo era ciò che Loki aveva sentito mentre percorreva il suo “walk of shame”, in manette che Thor ogni tanto strattonava per dare l'impressione di disprezzarlo anch'egli, quando negli occhi aveva solo compassione, tristezza e dolore. E ciò Loki vide anche negli occhi di Frigga, che aveva poi cominciato a piangere, correndo verso di lui, fermata poi invece da Odino, che squadrava il “figlio” perduto con sì dolore, ma anche delusione. Non c'era compassione in quelle iridi color grigio azzurro come una tempesta, ma delusione, la stessa che Loki, quando ancora credeva di essere chi in realtà non era mai stato, aveva cercato di non far mai apparire negli occhi del Padre degli dèi. Di colui che una volta aveva chiamato “padre”. Suo “padre”. E con quanta dolorosa freddezza Odino aveva ordinato a Thor, dopo aver squadrato bene Loki, le catene e la mordacchia che portava: “Portalo via. Nelle celle più profonde. Verrà giudicato quando lo riterrò opportuno. Fino ad allora, marcirà in prigione. Nessuno, tranne me e te, potrà fargli visita.”. Ma Odino non era mai venuto a fargli visita.
Non una parola. Non un rimprovero, né una parola sprezzante, bruciante della stessa delusione che con intensità ardeva nei suoi occhi. Niente. Solo Thor gli aveva fatto visita, per quanto ciò avesse dato sui nervi a Loki. Alla fine, ogni volta che Thor usciva dalla sua cella, Loki, sotto il disprezzo, sotto il rancore, la rabbia, il dolore sopiti, gliene era grato. Sarebbe impazzito, se non fosse stato per il dio del tuono. Lo stesso che lo aveva scaraventato nell'abisso. E più di una volta Loki era stato meravigliato da come Thor si mostrasse ancora affezionato a lui, a come lo guardava con compassione, a come resistesse visibilmente dal voler stringere tra le forti braccia colui che, nonostante tutto, chiamava ancora fratello.
Loki scosse la testa, tentando di non pensare al passato, anche se esso era parte integrante del suo essere, anche se aveva forgiato chi lui era ora.
Camminò sulla superficie del Bifrost, ricostruita. Dietro di lui l'osservatorio, il quale era vuoto, e sembrava sul punto di cadere a pezzi. Gli era stato detto che Asgard era stata attaccata, ma mai avrebbe immaginato di poter assistere a una tale desolazione. Le porte, prive di guardie, erano vuote. Quella che gli si presentò agli occhi sembrava una città fantasma, un pallido riflesso di ciò che Asgard era stata. Ed era colpa sua. Tutta colpa sua. I mortali avevano avuto ragione a soprannominarlo con l'epiteto di “Portatore di Caos”. Lo era davvero, e solo in quel momento si rese conto di provare vergogna per questo. Quale ruolo ingrato era il suo nella città degli dèi eterni. Come crudele appariva il fatto che lui si sentisse a disagio per ciò di cui lui era creatore stesso. Una ironia davvero tetra.
Camminò nelle strade, assaporando con orrore e rammarico l'aria di desolazione. Case, taverne, e altri luoghi comuni completamente vuoti. La sola cosa a costellare il paesaggio qua e la erano i cadaveri, lasciati a marcire. Una fitta al cuore gli trafisse il petto.
Arrivato nei pressi della reggia, il paesaggio non migliorò, e con esso l'umore di Loki. Sembrava un incubo. Un terribile incubo. Le statue imponenti d'oro a guardia delle mura del palazzo era state spezzate, o rase al suolo. Interi luoghi distrutti, dove Loki si girava poteva vedere corpi di soldati, caduti per difendere la patria.
Poi, un allarme in lui risuonò: dove erano Odino, Frigga, e gli altri?
E infine, ricordò. Ricordò ciò che una volta gli era stato detto da Odino, riguardo al proteggere tutti quelli che poteva.
I sotterranei.
Capì all'improvviso. E di corsa, si diresse ad essi.

Percorse scale su scale, corridoi dopo corridoi, dentro il palazzo, sotto le fondamenta di esso. Poi, infine, trovò una botola. Vi entrò, trovando delle scale. Le seguì.
Si ritrovò in un ambiente simile a delle cripte, ma molto, molto più vasto, come un regno nel sottosuolo. Delle voci riecheggiavano nelle pareti illuminate da torce.
Loki si fece avanti.
Di fronte a lui, si ritrovò molti asgardiani, alcuni in piedi, altri seduti. Tutti meravigliati di vederlo, fissandolo senza parole.
“Loki!” esclamò una voce familiare. Era Frigga. Sua...madre. Lo abbracciò, saltandogli quasi al collo, tanto la sua presa era forte e quasi disperata. Come faceva ad abbracciarlo, dopo tutto quello che aveva fatto? Nonostante quanto era successo fosse a causa sua? “Ma-” sussurrò Loki, volendola chiamare madre, ma si corresse appena in tempo, “Frigga..” “Loki! Perchè mi chiami così?” esclamò la regina, prendendo il pallido ed emaciato volto di Loki tra le mani, accarezzandogli le guance come quando era un fanciullo. Loki era senza parole, e tentava di non incrociare lo sguardo di Frigga. Lei sorrise, un sorriso mesto, materno, e quasi gli ricordò Carey. “Loki, io sono tua madre, non importa quali siano le tue origini. Non importa cosa tu abbia fatto, o ciò che ti abbia spinto a commetterlo. Sarai sempre il mio Loki.”. Loki a quelle parole sentì gli occhi riempirsi di lacrime, che cominciarono a scorrergli sulle guance. Non resistendo un secondo in più, abbracciò Frigga, singhiozzando silenziosamente. Ciò che in quel momento provò era indescrivibile, ma una cosa è certa: una reazione simile potrebbe averla solo chi davvero prova affetto sincero per qualcun altro. E Loki, per quanto avrebbe avuto negarlo o reprimerlo, voleva davvero bene a sua madre.
Nella grande sala sotterranea un silenzio profondo era calato. Niente osò rovinare quel momento, che Loki desiderò durasse per sempre. Solo allora, infatti, si rese conto di quanto sua madre gli fosse mancata.
Poi, qualcun altro si fece avanti.
Odino.
Frigga si staccò dall'abbraccio del figlio, lasciandolo andare a malincuore, dopo tutto il tempo in cui Loki era stato lontano dalle braccia materne. Dalle braccia dell'unica Asgardiana per cui non aveva mai provato, nemmeno nella parte più oscura della sua vita, un briciolo di odio o risentimento, per la quale aveva sempre riservato l'amore che lui osava donare a ben pochi, lei che mai lo aveva guardato con delusione, nemmeno quando l'aveva visto tornare da Midgard in catene come un condannato e un fuggitivo qualunque. Lei ora lo aveva lasciato da solo a fronteggiare il padre degli dèi.
Odino lo stava guardando con una espressione indecifrabile: non arrabbiata, non delusa e nemmeno sprezzante, ma severa, profonda, forse leggermente commossa. Loki invece non riuscì a non guardarlo con espressione diffidente e anche un po' risentita. Non riusciva davvero a a pensare più a Odino come a un padre.
“Loki .... Sei infine tornato.” “Padre degli dèi. Sì, sono tornato. La domanda che non riesco a reprimere è.... Perchè hai permesso a un pericoloso criminale come me di rimettere piede ad Asgard? Io, il distruttore di mondi, portatore del caos, signore dei bugiardi!”.
La voce di Loki risuonò in tutta la sala, in un lieve eco.
 Odino a quelle parole tacque. E finalmente Loki vide nei suoi occhi qualcosa che assomigliava a dolore. Era ferito da quelle parole.
Non quanto io sono stato ferito dalle sue bugie! Pensò Loki, sentendo dentro di sé ribollire ancora l'amarezza, come nel giorno in cui Odino aveva confessato ogni cosa riguardo il suo passato. Come quando aveva scoperto di non appartenere a nessun luogo.
Odino infine rispose: “Perchè, nonostante tutto quello che è successo, tu resti sempre mio figlio, Loki. E resti un asgardiano.” “Non continuare a mentirmi, so cosa sono davvero e....” “Loki! Basta ora!” lo zittì Odino, e Loki tacque, preso alla sprovvista.
“Sei davvero un testardo, proprio come lo è a volte Thor! E questo basta e avanza a dimostrare che siete fratelli!” disse Odino serio, e Loki fu un po' indispettito di sentirsi chiamare testardo.
“Parliamo del vero motivo per cui sono qui, Padre degli dèi!” continuò Loki, cambiando discorso, “Sono qui per recarmi da Thor in uno dei Nove Regni, ma non so dov'è e ho bisogno dell'aiuto tuo e del lungimirante Heimdall! Non chiedo di riavere un posto qui, ad Asgard, voglio solo...” e si fermò un attimo.
Odino parve non essere sorpreso dalle parole di Loki, e attese in silenzio che quest'ultimo finisse la frase. Loki sospirò: “Voglio solo aiutare a riparare al danno che io stesso ho provocato.... Per salvare Midgard..” “E perchè mai saresti interessato a proteggere Midgard, Loki? Non ritenevi gli umani inferiori a te? Cosa ti ha fatto cambiare? O meglio.. Chi?” chiese Odino, sembrando, almeno agli occhi di Loki, malizioso, anche se continuava a mantenere una espressione seria.
“Perchè sono cambiato! Ecco tutto!” “E perchè?” “Perchè si, e basta!” disse Loki, innervosito dall'atteggiamento di Odino. Sembrava che il Padre degli dèi fosse a conoscenza di tutto quello che era capitato a Loki sulla Terra.
“Loki, so bene cosa ti ha permesso di cambiare.... Sei innamorato di una mortale, e per proteggerla faresti di tutto! Non tentare di ingannare me, Odino! E non negare ciò che è chiaro ai miei occhi. Ti abbiamo osservato, Thor ci ha riferito molte cose a riguardo di quella ragazza.” “E va bene, mi sono innamorata di una mortale! Ma non credo sia un problema, dato che anche io sono tale! Ora, posso sapere se Padretutto può permettermi” e sottolineò velenosamente la parola, “di raggiungere Thor?” “Loki,nonostante tutto, ho fiducia in te, e vedo nel profondo del tuo cuore un desiderio di riscattarti che tu tenti di nascondere. E sia, puoi andare! L'osservatorio sembra essere ancora funzionante anche se in pessime condizioni. Heimdall ti accompagnerà!”.
Dalla folla si fece strada il silente Heimdall, con indosso l'aurea armatura che riluceva alla luce delle torce che illuminavano i sotterranei. Il guardiano guardò Loki intensamente, poi si rivolse ad Odino: “Padre degli dei, mi avete chiamato?” “Si, Heimdall.” disse Odino, senza staccare gli occhi da quelli di Loki, “Voglio che tu accompagni all'osservatorio Loki e lo mandi da Thor, dovunque si trovi.” “Si, maestà.” rispose obbediente il guardiano. Fece un cenno di rispetto a Odino, poi invitò con lo sguardo Loki a seguirlo.
“Loki!” lo chiamò Odino.
Loki si girò verso il re degli dèi, e questo aggiunse, con quella che sembrava esitazione nella voce: “Non dimenticare chi sei veramente. Non lo abbiamo fatto, perciò non farlo nemmeno tu. E.... spero che.... un giorno o l'altro potrai perdonarmi... Voglio solo che tu sappia che non ho mai avuto intenzione di ingannarti, né ti ho mai considerato il mostro da cui i genitori mettono i bambini in guardia la notte. Se ho sbagliato in tutti questi anni, l'ho fatto solo perchè ti amavo esattamente come se fossi stato davvero mio figlio. Non ho mai preferito Thor a te, mai, Loki. Mai. E spero che tu, un giorno o l'altro, possa mettere da parte questo risentimento ed astio, che sento nella tua voce, nei miei confronti. E..” “Cosa?” lo incalzò Loki, tentando di suonare freddo e distaccato, al contrario degli occhi, che si stavano riempiendo di lacrime, divenendo lucidi e umidi. Avrebbe voluto voltare le spalle ed andarsene, smettere di ascoltare Odino, smettere di ascoltare i suoi patetici tentativi di ricucire qualcosa che si era irrimediabilmente strappato. Ma perchè allora si sentiva così, come se un macigno pesasse sul suo cuore? Perchè provava l'impulso di correre da Odino, gettarsi dai suoi piedi, e piangendo dirgli che lo perdonava, che per lui in fondo era ancora suo padre? Perchè voleva cercare di spiegare a Odino ciò che era successo nel suo cuore quel momento in cui Loki era sospeso sopra l'abisso, a un passo dal cadere nel vuoto?
Eppure, Loki si trattenne, restò in attesa, aggrottando le sopracciglia, tentando di non far cadere di un solo millimetro le lacrime. Restò fermo, cercando di non sembrare affatto toccato dalle parole del Padre degli dèi, sperando ardentemente che gli occhi non parlassero per lui, non in quel momento.
“Voglio che torni ad essere mio figlio, torni a pensare a me come a un padre, non un nemico da odiare, un sovrano da spodestare, o qualcuno da convincere del tuo valore, ma solo un padre che ti ama, che sempre ti ha amato. Nonostante tutto quello che è successo, che ti è successo, io, Frigga, Thor, continuiamo ad amarti, e spero che una volta tu possa capirlo.”.
Loki a quel punto era sul punto di scoppiare. Ma ancora una volta, cercò dentro di sé la forza di sembrare frigido: “C'è altro?” chiese, mentre Frigga e tutti stavano guardando lo scambio di battute tra Loki e il loro sovrano.
“No. Solo questo.” rispose Odino, alquanto amareggiato.
Loki, non resistendo più, voltò le spalle a Odino, dicendo seccamente: “Bene allora. Addio.” e sentì Odino dire: “Addio...”.
A quel punto, Loki ed Heimdall se ne andarono, dirigendosi attraverso i corridoi verso l'osservatorio.
Per tutto il tragitto, Loki versò lacrime silenziose, non potendo più reprimerle.
Heimdall non disse nulla, ma Loki sapeva che il guardiano ne era al corrente. Eppure, rimase silente. E Loki ne fu felice. Non voleva parlare di cosa stava succedendo dentro di lui. Si sentiva spaccato in due, una parte di lui si sarebbe voluta voltare e tornare da Odino, un'altra negava con fermezza questo impulso che considerava malsano e innaturale, e lo faceva avanzare nei corridoi, subito dietro Heimdall.
Poi, Loki disse: “Sapevi che sarei tornato, vero Heimdall?” “No. Non esattamente. Ti ho osservato Loki. Ti ho visto cambiare, ti ho visto evolverti, nella tuo esilio su Midgard. Ho visto il mostro che eri diventato arretrare di fronte alla luce che quella ragazza umana portava con sé, fino a scomparire del tutto. Sei cambiato, non sei più quello che eri prima. Non c'era malizia o superbia in te mentre parlavi non l'umana, mentre vivevi in casa sua. Ed è per questo motivo che Odino ti ha permesso di tornare qui, ad Asgard.” “Lo mettevi giornalmente al corrente di ciò che facevo quando non era Thor a farlo, non è vero?” “In un certo senso, sì. Ed è per questo che ci siamo fidati e ti abbiamo permesso di tornare.” “Allora, sai anche che mi sono alleato con i Vendicatori, e che...” “Che hai intenzione di stringere un patto con Thanos, il più crudele, assetato di potere e sangue, mostro di tutto i nove mondi e di tutte le galassie? Si, so anche questo. E qualcosa mi spinge a tacere, anche se avrei dovuto dirlo a Odino e Thor. Ma non l'ho fatto. Non sarebbe comunque servito a farti arretrare nel tuo scopo.” “Sai, Heimdall, sei il primo e unico che non mi abbia fatto la paternale per questo mio assurdo piano.” “Sei responsabile di ciò che fai, Loki, e sarebbe inutile darti consigli. Ne hai forniti tanti, ma non ne hai mai ascoltato nessuno.”Ciò farebbe di me una specie di antieroe pazzoide e con manie di protagonismo?” “No, ciò fa di te un individuo in realtà inaspettatamente nobile, coraggioso, altruista. Qualcosa di inaspettato da parte tua ti permetterà di riscattarti agli occhi di tutti, i miei compresi.” “Ah, tu dici? E come fai a saperlo, sai anche leggere il futuro ch'io sappia o cosa?” “No, semplicemente sono sicuro che sarà così. E dovresti crederci tu per primo. Ti aiuterebbe.” “Credo che ciò che potrà aiutarmi sarà una buona dose di astuzia e nervi saldi.”. E rimasero quindi in silenzio, finchè Heimdall parlò di nuovo: “A proposito, che cosa intendi fare con la ragazza?” “Nulla, voglio solo che sia la sicuro, lontana da me e dal disastro che ho trascinato insieme alla mia miserabile condizione.” “Davvero? E dire che, osservando un attimo come si svolgeva la sua vita, la situazione con te non sembrava così irreparabile?” “Ma che stai dicendo, Heimdall? Cosa vuoi dir- Un attimo? Hai spiato Carey?!” “Non l'ho spiata, ho solo voluto studiarla attentamente.” “E perchè mai?” “Perchè credo che tu stia facendo un buco nell'acqua con lei, e perchè credo che se entrambi tornaste sui propri passi si risolverebbe molto.”. Loki lo guardò confuso e incredulo: “Heimdall, ripeto ciò che dissi tempo fa: i tuoi sensi devono essersi affievoliti, e credo tu stia cominciando seriamente a perdere colpi!” “Può darsi, ma potrebbe anche essere che tu sia un testardo e ti stia solo piangendo addosso.” replicò Heimdall tranquillo, e Loki sospettò che stesse sorridendo.
Stettero in silenzio finchè non raggiunsero la fine dei lunghi passaggi segreti, sotto metri e metri le fondamenta del palazzo reale. Ripercorsero la città, osservando la devastazione dovunque si girassero. Si fermarono in un'armeria abbandonata, dove Loki prese una spada. Non si poteva mai sapere se ne avesse avuto bisogno o no.
Giunsero infine all'osservatorio. “Thor è in Svartálfaheim, la terra dei Nani e degli Elfi Oscuri.” “Bene allora, Heimdall. Apri il portale.” e senza dire nulla il guardiano obbedì.
“Fai attenzione, Loki.” furono le ultime parole di Heimdall, prima che il raggio del Bifrost risucchiasse Loki, portandolo a Svartálfaheim.
Da Thor.

Atterrò in una landa desolata e buia. Si guardò intorno, ma prima di poter studiare a dovere dove si trovasse, fu richiamato da una voce. Una voce potente e virile.
“Loki! Co-cosa ci fai, qui?!”. Era Thor, che lo stava fissando attonito, con al fianco quello che sembrava essere un elfo. A Loki sembrò di conoscerlo. Ma possibile che fosse lui, il mitico re Galdor, re degli elfi della luce? Il sovrano di Alfheim?
“Loki!” ripetè Thor, e Loki guardò sia lui che quello che sembrava essere Galdor, con una espressione imbarazzata.
Si aspettava una reazione anche peggiore, una delle solite che ci si aspetterebbe da Thor. Invece....
“Loki! Ti sto chiedendo perchè sei qui!” esclamò di nuovo Thor, avvicinandosi e afferrandolo per una spalla con una mano e per la nuca con l'altra. Lo guardò negli occhi disperato. Loki si sforzò di sorridere come faceva sempre per nascondere il disagio, fingendo una sicurezza che in quel momento non poteva fare a meno di non sentire.
“Sono qui per aiutarti, Thor. Insieme, ricordi?” disse, tutto d'un fiato.


“Guarda bene! Guardati intorno! Pensi che questa follia cesserà con il tuo regno?!” gridò Thor, tenendo Loki per il collo. Il moro si guardò intorno, con espressione quasi disorientata. Sentì che il potere del Tesseract, una forza che lo stringeva quasi in una morsa invisibile, si stava affievolendo. Sentì che il vero Loki, disperato come non mai, stava uscendo dalla “prigione”.
“È troppo tardi! È troppo tardi per fermarlo...” disse Loki, la voce tremante. Si stava rendendo conto all'improvviso che ciò che lui aveva fatto andava oltre ogni limite e ragione logica. Solo allora vide di fronte a sé il frutto della propria pazzia, del proprio odio. Era l'odio che l'aveva condotti lì.
“No! Possiamo farlo, insieme!”.
E l'odio avrebbe determinato quello scontro. Ne sarebbe stato il fulcro.
Era troppo tardi, Loki aveva ragione. Non poteva tornare indietro, e la minaccia di Thanos vinse sul suo senso di colpa.
Il terrore delle torture lo accecò.
 Ma ancora, Loki sentì ancora il suo vero “Io” battere a perdifiato sulla barriera che si era costruito per permettere al potere di Thanos di entrare in lui.
Sentì il suo “Io” uscire da quella barriera. Sentì come se stesse tornando il vecchio Loki, che si era lasciato andare nel vuoto, non quello che aveva patito sofferenze presso Thanos, prima di accettare la sua proposta.
Sentì le lacrime sgorgargli dagli occhi.
No! Doveva portare a termine ciò che aveva iniziato! Non c'era nessun fratello Thor, non c'era nessuna casa ad attenderlo ad Asgard. Dopo che avrebbe aiutato Thor sarebbe stato sicuramente imprigionato e processato. No, non si sarebbe arreso. Non stavolta. Thor non avrebbe vinto di nuovo, stavolta sarebbe stato lui a cadere in ginocchio di fronte a lui. Stavolta sarebbe stato Loki a vincere.
E fu per questo che, tirato fuori dalla manica un piccolo pugnale, lo infilzò nella corazza del biondo, cercando ci conficcargliela in profondità. Perchè non lo avesse ferito a morte, non riusciva a spiegarselo. Che gli volesse ancora bene? Impossibile, si disse. Non provava affetto per lui.
“Sentimentale...” sussurrò Loki, e una lacrima riuscì a cadere dai suoi occhi. Ma fu questione di un attimo, prima che il potere di Thanos avesse di nuovo la meglio su di lui.
Di nuovo prigioniero.



Thor lo guardò stupito, strabiliato, a bocca aperta. Non lo aveva preso sul serio, pensò Loki. “Da-davvero?” “Certo. Perchè sarei qui, sennò, zuccone!” replicò Loki, cercando di mantenersi sprezzante, riuscendoci a malapena.
Gli occhi di Thor sembrarono inumidirsi e illuminarsi al contempo, e, in un attimo, il dio del tuono prese Loki in un abbraccio forte,caldo, pieno di sentimenti. L'abbraccio di un fratello. Loki, senza più barriere che gli impedivano di farlo, circondò le proprie braccia attorno alla schiena del dio, affondando il capo nello spazio tra la clavicola e il petto muscoloso di Thor. Lo strinse forte. Sentì le lacrime salirgli agli occhi.
“Quanti giorni e notti ho sperato in questo momento, Loki.... Perchè tu tornassi da me! Perchè tornassi ad essere mio fratello. Ed ora sei qui. Il mio fratellino.”.
Loki sentì un brivido lungo la schiena. Tutto gli sembrava irreale, come un sogno.
Da quanto non sognava? Da quanto la sua vita era solo stata un incubo?
“Ah, Thor.... Mi....Mi sei mancato....” sussurrò Loki con voce strozzata.
“Loki!” esclamò Thor, e si scostò dall'abbraccio, prendendo il volto del moro fra le mani: “Loki! Tu....” “Si, Thor. Fratello.” e il biondo a quell'ultima parola sembrò illuminarsi di più, un sorriso tra le lacrime. “Sei qui davvero per aiutarmi?!” “Si..” rispose Loki con un mezzo sospiro, e aggiunse: “E anche per dirti che presto le truppe di Thanos arriveranno. Arriveranno per prendere me... e la Terra. Uccideranno i Midgardiani, e dobbiamo impedire a costo della vita che accada.” “Quanto tempo ci rimane?” “Credo massimo due settimane, tre se va bene. Ma è relativamente poco tempo. Tutti si stanno preparando, Stark sta costruendo nuove armi. Manchi solo tu all'appello. Come va il reclutamento?” “Fino ad ora” rispose Thor ravviandosi i capelli, “solo Jotunheim eAlfheim hanno accordato . Qui, in Svartálfaheim, ho trovato solo desolazione e morte. Credo che Thanos sia giunto prima di noi e abbia ucciso tutti. Cercava di convincere gli Elfi Oscuri e i Nani a passare dalla sua parte, e devono aver rifiutato. Non ha lasciato nessuno.”.
Tutto questo per causa mia e soltanto mia. Quanto sangue sulle mie mani, quante vittime per la mia sete di vendetta.
“Loki, dobbiamo assolutamente recarci negli altri regni, prima che sia troppo tardi!” esclamò Thor, riportando Loki alla realtà, una mano sulla sua spalla. Loki annuì.
Fino a quel momento l'elfo era stato in silenzio, e Loki lo osservò. Capelli lunghi e corvini, striati qua e la di argento. Occhi azzurri limpidi e grandi. Lineamenti delicati come tutti gli elfi, ma che incutevano anche autorità e rispetto.
“Dimenticavo! Lui è Galdor, re degli elfi della luce!” esclamò Thor presentando l'eterea creatura. Allora era come Loki pensava, quello era davvero il re di Alfheim, di cui aveva tanto sentito parlare. Loki si limitò a fare un cenno con rispetto a Galdor, che disse con voce quasi melodiosa e pacata: “È un onore per me, principe Loki!”. Loki si limitò ad accennare un sorriso.
“Bene, ora che abbiamo fatto le dovute presentazioni, direi che siamo pronti.” proferì Thor, dando una pacca sulla spalla del fratello.
“Thor! Io...” “No. È tutto a posto. E andrà tutto bene.” lo interruppe Thor, con uno strano luccichio malinconico negli occhi.
Loki non rispose, camminando insieme agli altri due in silenzio.
No. Nulla sarebbe andato bene, almeno per quello che riguardava Loki.
Loki sentì Thor dire, mentre teneva un braccio intorno al suo collo in un gesto di affetto: “Vedrai che, appena finita e vinta la guerra, torneremo ad Asgard insieme, da eroi.”.
No, Thor. Non c'è più posto per me lì. Non posso più tornare ad Asgard,non appartengo a quella città, non sono mai stato un Asgardiano. E non potrei tornare nemmeno se lo volessi. Ho una missione da portare a termine, e una volta fatto tutto ciò, non potrò nemmeno esserci quando festeggerete la sconfitta di Thanos. Mi troverò in Hel. È lì dove merito di stare. Sono morto quel giorno che ho lasciato la casa di Carey.
Nonostante questi pensieri, Loki non disse nulla.

Proprio quando Thor stava per chiamare Heimdall, poco lontano da dove si trovavano i tre, si materializzarono delle sinistre figure, quasi un centinaio o più.
Tra loro spiccava una figura più losca delle altre: un mostro spaventoso, che Loki riconobbe con orrore, si fece avanti.
Era alto quasi più di due metri, la pelle viola, privo di capelli, dalla corporatura massiccia, titanica. Dai lineamenti estremamente duri e malvagi, dove spiccava un mento quadrato e prominente, si poteva dedurre che non fosse giovane, ma neppure vecchio, quasi indefinibile. Due occhi splendevano come tizzoni ardenti. Portava un'armatura con le spalle appuntite, dorata e azzurro scuro. In una mano, Thor e Loki riconobbero ciò che sarebbe dovuto trovarsi invece ad Asgard, protetto a dovere: il Guanto dell'Infinito.
Thanos, la minaccia vivente attuale di tutta la galassia, di tutti i Nove Regni, era diventato onnipotente.
“Thor.... Ti prego... Vattene da qui.... Subito!” sussurrò Loki, tremante dal terrore, ma Thor esclamò quasi, afferrandogli una spalla, facendolo voltare verso di sé: “No, Loki! Non ti lascerò in mano a lui! Non posso!” “Thor, non puoi competere con lui! Hai visto, ha il Guanto, e questo lo rende imbattibile, oltre ad accrescere i suoi poteri a livelli stratosferici! Come pensi di batterlo? E poi, lui vuole me! Lascia che mi consegni! Ti prego!” “Loki, abbiamo affrontato insieme cose ben peggiori, e non ti lascerò senza prima combattere! Non permetterò che tu ti consegni a Thanos così! Dovranno passare tutti sul mio cadavere!”. Loki lo guardò con gli occhi che si stavano riempiendo di lacrime: “Thor, io.... Mi dispiace tanto! È tutta colpa mia!” “Non dire così! Basta! Pensiamo a fronteggiarli, piuttosto!” “Ma...” “Niente ma. Ce la faremo. Insieme!”.
Loki annuì, facendosi coraggio, e sfoderò la spada. Non aveva ancora riacquistato i pieni poteri, doveva recuperare energie per riaverli interamente e al massimo, ma avrebbe combattuto.
Il piano di consegnarsi apparentemente era fallito.
Il fatto era che non aveva un piano di riserva.
Thanos avanzò verso di loro, con passo minaccioso, e un'aria divertita: “Bene, bene, cosa abbiamo qui? Oh, sì, un semidio incapace di comandare un'armata pronto per essere punito, il suo stolto e poco intelligente fratello maggiore, e il mitico re Galdor, di Alfheim se non sbaglio? Dimmi, voi elfi siete tutti così effeminati?” e detto questo rise, un suono sgradevole, pieno di malvagità.
Galdor non sembrò scomporsi, anche se risultava evidente negli occhi divenuti più scuri che era molto preoccupato.
“Come osi parlare a noi a questo modo?” tuonò Thor, irritato, senza prestare attenzione a Loki che stava cercando di stritolargli quasi un braccio, come ad intimarlo a tacere. Prima che il mostro potesse rispondere a Thor, Loki si fece avanti: “Thanos! Non è necessaria tutta questa carneficina! Prendi me e lascia in pace loro, sono pronto a....” “No! Non se ne parla!” esclamò Thor.
“Ma tu guarda il destino! Loki, re caduto e inetto condottiero, si offre in cambio della salvezza dei propri nemici! Da dove viene fuori questo eroismo patetico, mh?” schernì Loki Thanos, mentre il moro, impotente, strinse i pugni con forza.
“Non ti riguarda, Thanos! Non deve importarti in che modo sono cambiato! Facciamola finita!” disse, mentre dentro di lui montava come una rabbia crescente.
“Se vuoi lui, dovrai prima battere noi!” “Thor..” “Non lascerò che lui l'abbia vinta così, fratello!” lo interruppe Thor, un tono che non ammetteva ulteriori repliche.
“E sia, allora! Vi pentirete di quest'insana scelta!” e detto questo, sollevò la mano sulla quale indossava il Guanto, come a dare un segnale ai propri scagnozzi, e Loki, Thor e Galdor si prepararono a fronteggiare centinaia di elementi, tra Chitauri e altre razze di mostri, la maggior parte dei quali era sconosciuta ai tre.
“Sistemate gli altri due, e lasciate a Iperratio* il traditore. Lo porterà da me.” ordinò Thanos, “Io torno alla Nave. Non provate a fare ritorno fino a quando entrambi quegli sciocchi non saranno morti.”. E detto questo, sparì.
La battaglia disperata iniziò.
Tre contro cento e più, questo sì che si poteva definire uno scontro sleale.
Ma Thor sapeva il fatto suo, e quelle creature non erano più forti dei Giganti di Ghiaccio che aveva affrontato l'ultima volta che era stato a Jotunheim. Il dio del tuono faceva volteggiare il martello Mijolnir da un mostro all'altro,uccidendone quanti più poteva.
Galdor era un maestro nelle arti magiche anche più potente di Loki in persona, e non ebbe difficoltà a destreggiarsi con esse contro gli scagnozzi di Thanos. Con potenti incantesimi respingeva gli attacchi nemici, e anche se combatteva disperatamente, sembrava quasi stesse danzando, tanto ogni suo movimento era aggraziato ed elegante.

In mezzo al trambusto e al caos dell'improvvisa imboscata di Thanos, mentre Galdor e Thor erano impegnati nel loro disperato tentativo di respingere l'attacco nemico del malvagio essere , Loki combatteva con ogni sua risorsa fisica e non contro gli scagnozzi di Thanos.. E la cosa che più costernava il dio, era il fatto che fosse tutta colpa sua.

All'improvviso, mentre si guardava intorno frustrato e spaesato, senza sapere più cosa fare, vide arrivare verso di lui con l'intenzione di attaccarlo una specie di mostro alieno, una razza che Loki mai davvero aveva visto: era un bestione di quasi tre metri, con la pelle squamosa e il corpo simile a un grosso lucertolone dal colore verde acido, che si reggeva sulle due zampe posteriori. Una lingua biforcuta usciva ed entrava a intermittenza dal lungo muso che terminava a punta, come quello di una lucertola, solo che l'estremità sembrava come più dura, come un becco, verde scura,e dalla consistenza che pareva quella di un osso. Il mostro, come Loki mai ne aveva visti di così orrendi e terrificanti, indossava una armatura spartana e senza tanti fronzoli, in ferro massiccio e con spruzzi di sangue invecchiato, simbolo di tante battaglie.

Il mostro, avvicinatosi con altri due passi pesanti a Loki che lo guardava impotente anche se con odio, avvicinò il muso al viso dell'Asgardiano, e parlò con voce viscida, emettendo una roca risata malvagia: "Ah, ah! E così tu saresti Loki, vero? Quello che il mio signore tanto bramava di rivedere! Sai, Thanos provava un tale desiderio di parlarti ed incontrarti, che non ho potuto fare a meno di non rifiutare quando mi ha chiesto esplicitamente di portarti da lui!" e rise di nuovo, una risata gelida e cattiva, che fece sobbalzare a Loki il cuore nel petto. Poi, riacquistando un po' di coraggio, Loki si sforzò di sorridere di rimando, un sorriso forzato e per niente amichevole, di scherno quasi e parlò con fare arrogante e provocatorio: " Ah, da quel che posso capire, avete fatto tutta questa fatica per cercarmi? Beh, mi dispiace che tu e la tua combriccola abbiate fatto tanta strada per niente, sai? Credo proprio che dovrò rifiutare l'invito di Thanos!" e sfilò la propria spada dal fodero appeso al fianco.
"Il mio padrone ha detto che non avresti collaborato. Ma ha anche detto che allora ti avremmo dovuto condurre da lui con la forza e le catene!" "Ah,si! Prova a prendermi prima però, bestione!" rispose con fare arrogante Loki, mettendosi in posizione, aspettando che il lucertolone facesse la sua mossa.
Con un verso che sembrava un ringhio di pura rabbia, il mostro sollevò la sua arma, una grande scure insanguinata, e vibrò il colpo verso Loki, che lo schivò appena in tempo. Il colpo venne riprovato, e sebbene Loki si fosse scansato, non fu abbastanza lesto, e sentì un bruciore alla spalla, la classica sensazione quando si viene feriti e si inizia a sentire il proprio sangue scorrere lungo l'avambraccio. . Loki urlò di dolore, affondando le dita della mano nel palmo, pur di non lasciare la propria spada. E quando guardò la propria spalla, vide che un pezzo di stoffa e armatura erano stati strappati via, lasciando solo carne scoperta e sanguinante. Questo fece scattare in lui una rabbia incontrollabile, e senza indugiare cominciò a effettuare affondi verso il mostro, che a malapena riusciva a schivare i colpi feroci di Loki. Poi, con sorpresa di Loki, il lucertolone riuscì a bloccare la spada tra le sue grinfie,e, strappandola via dalle sue mani, colpì la fronte di Loki con la propria testa. Il colpo fu talmente forte che Loki, dopo essere caduto in ginocchio, poi a gattoni, crollò definitivamente a terra . In pochi secondi, la sua vista si fece sempre più sfocata, e riuscì a sentire a malapena Thor, che era sopraggiunto nel frattempo, urlare il suo nome.

 

Infine, il buio.

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Una luce sugli occhi lo destò, accecante come il sole stesso. In un primo momento tentò di riparare il viso da quella fonte luminosa così fastidiosa e deleteria per la sua vista, poi lentamente, gemendo in maniera impercettibile e incontrollata, cercò di mettere a fuoco il luogo dove si trovava, scoprendo che si trattava di una cella, probabilmente in una prigione, che si sarebbe potuta dire futuristica: le pareti e il pavimento, dall'aspetto freddo e sterile, erano color grigio e madreperla, e apparivano fatti di un materiale molto simile all'acciaio e non vi erano nè finestre nè porte abbastanza agevoli da poter forzare per uscire. Sembrava la stanza di uno di quei ospedali futuristici che si potevano vedere benissimo in qualche serie televisiva su Midgard.
Si rese conto di stare sdraiato su di un letto piatto, da ospedale, freddo, senza lenzuola. Era ancora vestito con la sua armatura, che aveva recuperato quando era stato ad Asgard.
Girando il capo indolenzito e che ancora pulsava per la botta presa in battaglia e per lo stordimento che ne era seguito, notò che la sua ferita sulla spalla aveva smesso di sanguinare, anche se le sue condizioni apparivano pietose. Ma almeno il bruciore e il dolore erano spariti.
Ma dove sono? Perchè sono in questa stanza? Dove sono Thor e Galdor? Si chiese, mentre il cuore cominciava a battere di nuovo veloce fin quasi a uscirgli dalla cassa toracica.
Si sforzò di tirarsi su, sebbene si sentisse terribilmente pesante e mezzo stordito. Sceso da quella specie di letto, iniziò a camminare nella stanza, guardandosi intorno per trovare una via d'uscita a quel posto surreale. Ma si rese conto, con orrore, di essere in trappola.
Una sola porta si trovava in un angolo della stanza, massiccia, in materiale simile ad acciaio rinforzato, e con accanto ciò che sembrava essere un apparecchio per digitare una combinazione.
All'improvviso, arrivarono due creature, entrando dalla porta, che si spalancò con un rumore meccanico. Sembravano portare una specie di camice. Loki realizzò che quelli erano due Chitauri. E ciò significava che si trovava nel covo di Thanos. E dire che provò una fitta di terrore per tutta la spina dorsale sarebbe riduttivo.
Era dentro la Nave.
Quando i Chitauri lo videro in piedi, sembrarono impauriti, e fecero segno di volersene andare dalla stanza, per chiamare aiuto, ma Loki li stese con due pugni per uno, e passò dalla porta, che i due non si erano preoccupati di richiudere con la combinazione.
Ma la libertà durò poco. Infatti, sentì una voce venire dalla sua sinistra da un corridoio lungo: "Ah, Loki! Non impari mai, vero? Non scapperai mai da me!". Era Thanos, e Loki, girandosi verso di lui, vide il mostro affiancato da una dozzina di soldati, sempre Chitauri. "Thanos. Sapevo che mi avresti catturato, ma non pensavo mi avresti fatto curare anche." disse Loki, riferendosi alla stanza d'ospedale. Thanos sorrise malignamente e disse: "Loki, ti sfugge il vero senso delle mie decisioni. Vedi, non era mia intenzione farti curare o chissà cos'altro. E visto che ti sei svegliato, le cose saranno ancora più difficili. Vedi, avrei preferito risparmiarti una ulteriore sofferenza prima delle altre torture che avevo in mente per te, ma come al solito sei stato un incapace, e non hai saputo nemmeno rimanere addormentato. Beh,vorrà dire che sentirai un po' di dolore, anzi, più di un po'..." e i soldati acciuffarono Loki per le braccia, trascinandolo di nuovo nella stanza di prima, incatenandolo poi per i polsi e le caviglie al lettino, con una specie di laser come cinghie, dal colore violetto, incandescenti al tatto e che procurarono al primo impatto a Loki un dolore atroce, lasciandogli segni sui polsi come di ustioni.
Ma questo fu solo l'inizio.
Altri due Chitauri-medici si fecero avanti, uno con in mano una bacinella e un pezzo di stoffa bianca, un altro con un ago abbastanza grande anche se tutt'altro che spesso e attraversato alla base dell'impugnatura da un filo nero e non proprio sottile. La punta dell'ago sembrava incandescente,a giudicare da come era fumante e di colore vivo.
Appoggiata la bacinella su un tavolo vicino al letto, uno dei dottori bloccò la testa di Loki, insieme alle mascelle inferiore e superiore, tenendogli la bocca serrata. Quando Loki vide l'ago incandescente avvicinarsi alla sua bocca, tentò di dimenarsi in ogni modo, ma ogni tentativo risultò inutile, e quando l'ago perforò la sua carne, in quel momento conobbe un dolore che andava oltre ogni immaginazione e tortura.
Sentì la pelle appena sopra le labbra bruciare e sanguinare, l'odore di carne bruciata nelle narici,e, mentre veniva punito a questo modo, l'unica cosa che riuscì a fare fu gemere di dolore come avrebbe fatto chi veniva soffocato da un cuscino. Impotente, ascoltò i suoi stessi gemiti, mentre sentiva il filo ruvido e l'ago incandescente perforare ed attraversare da una estremità all'altra la carne appena sopra e sotto la bocca, e il sangue colava copioso sul mento, misto a lacrime amare e salate, mentre gli veniva negata la facoltà di parlare.
Thor, Carey, Jonathan..... Mi dispiace non esser riuscito a proteggervi! Mai avrei immaginato che sarebbe finita così! Pensò quando la tortura sembrò essere terminata.
"Mettetegli delle catene, e portatelo in una delle celle. Tra poco ci divertiremo con lui sul serio!" disse Thanos, mentre ormai Loki sembrava aver quasi perso i sensi e conoscenza per il dolore, e un' ultima lacrima gli rigava il volto, mescolandosi al sangue sulla bocca e il mento, che nessuno si era sprecato a ripulire. Vennero "sciolte" le catene incandescenti dai suoi polsi e dalle gambe, e, dopo che gliene misero altre di ferro, fu trascinato per le braccia fino a una cella, mentre le sue ginocchia e i piedi strisciavano per terra, il capo contro il petto, come una bambola di pezza. Fu buttato dentro l'angusta cella buia, fredda anche se non umida. E lì, perse i sensi completamente, un ultimo nome sulle sue labbra prima dell'oblio: Ca...Carey.

Venne risvegliato ore dopo da un calcio sullo stomaco di un Chitauro, un soldato. Fu trascinato, anche se non si opponeva, fino a una stanza vicina alla zona delle celle. Sulla porta vi era una scritta in lingua sconosciuta, ma quando entrarono nella sala tuttò a Loki fu chiaro: era la stanza delle torture. Ogni tipo di strumento di sofferenza possibile e immaginabile si trovava in quella stanza, da quella manuale a quella elettrica. E mentre veniva condotto al primo strumento il cuore sembrò scoppiargli: mai si era sentito così inerme e atterrito. E mai aveva provato un dolore tale come nelle ore che seguirono, nemmeno mentre gli era stata cucita la bocca.

Venne incatenato al soffitto come un animale prima del macello, e con la coda dell'occhio poté vedere il torturatore portare in mano una frusta da dodici code, tutte risplendenti come incandescenti, come dei laser, e quando vennero usate sulla sua schiena e le sue gambe, il contatto con la pelle provocò a Loki un dolore al di là di ogni possibile immaginazione. Non poté urlare nemmeno una volta a causa delle cuciture alla bocca, e il tenersi dentro la sofferenza senza potersi sfogare avrebbe potuto anche condurlo alla pazzia. Ma cercò di tenere duro. Ma più tentava, più risultava difficile riuscirci. Voleva cedere al dolce invito dell'oblio e dell'incoscienza, all'abbandonarsi alla sorte. Ma sapeva che quella sarebbe stata una strada senza ritorno, e quindi, ogni volta che stava per arrendersi ritornava in sé, e il dolore si acuiva di cento volte ancora.

Passarono quelle che a Loki sembrarono ore, poi venne slegato dal soffitto, e lasciato cadere a terra.
Non sentiva più le braccia, e respirare gli sembrava una impresa quasi impossibile. Aveva perso sangue, molto sangue, e si sentiva stremato, privo di forze.
Il corpo, che ormai era seminudo,e le parti intime coperte da stoffa lacera sporca di sangue, era un campo di ferite, contusioni, tagli di ogni tipo, oltre a diverse bruciature, e il sangue era misto al sudore, le lacrime copiose non smettevano di sgorgare dai suoi occhi stanchi.
Venne quindi trascinato come un sacco a uno strumento molto strano, che consisteva in una seggiola con cinghie sui braccioli, e sul sedile era posto un casco con dei fili che partivano dalla superficie esterna di esso. I fili si ricongiungevano alle dieci dita di un paio di guanti. Loki non voleva scoprire nemmeno come funzionasse quell'apparecchio, ma il torturatore non era della stessa opinione e un ghigno sinistro comparve sul suo volto.
Lo fece sedere come una bambola di pezza sulla seggiola di ferro, legandogli le mani, e poi posò il casco sulla sua testa. Mise quindi i guanti, e ciò che avvenne dopo fu qualcosa che Loki avrebbe per sempre ricordato: all'improvviso, sentì come se degli artigli fossero penetrati nel suo cranio e stessero rovistando nel suo cervello, in ogni anfratto di esso. Una sensazione dolorosa, orribile, troppo per essere vera.
Doveva essere una illusione. Doveva esserlo. Ma ciò non riuscì a distrarre Loki dalla sofferenza indicibile che gli procurava quel macchinario.
Mentre il suo carnefice si divertiva sadicamente, lui sulla seggiola si contorceva come un pesce che annaspa per cercare aria, scuotendo la testa per liberarsi da quella sensazione. Ma come provava a scuotere la testa, seguivano scariche elettriche, mentre il sudore colava sulla sua pelle, mescolandosi al sangue rappreso di prima.
Loki arrivò così al punto di non sentire quasi più il dolore,e si lasciò così torturare senza più opporre resistenza.

Quando tutto fu finito, mentre era crollato infine sulle ginocchia, tremante,impotente ed esausto, più morto che vivo, notò una figura che si stagliava su di lui, minacciosa e perfidamente compiaciuta: Thanos. "Allora, che ne dici, hai capito finalmente quanto il dolore che credevi di conoscere fosse in realtà nulla?" lo schernì, e lui, in tutta risposta, riacquistato un po' di ardore,anche dopo tutto quello che aveva passato, riuscì a sollevarsi da terra, e a sputargli in faccia.
Ciò che seguì quel gesto così sconsiderato e provocatorio è impossibile da descrivere o da immaginare, e si può solo accennare al fatto che tutte le torture di prima vennero di nuovo inflitte a Loki, dall'inizio alla fine, mentre Thanos sadicamente guardava. Loki non poteva urlare per alleviare il dolore che lo affliggeva di nuovo, riacutizzatosi dopo la prima ondata.

Quando Thanos sembrò soddisfatto, Loki venne gettato di nuovo nella cella, lasciato per terra nel suo stesso sangue e sudore.

ORE PIU' TARDI....

Era ancora in uno stato fra la vita e la morte, giacendo a terra in una pozza di sangue,sudore e lacrime, completamente nudo, non fosse stato per un panno arrangiato come biancheria intima, anch'esso imbrattato di sangue e sudore.
Tremava come una foglia, aveva la febbre alta, dovuta alla mancata cura delle ferite in seguito alle torture subite, per non parlare del fatto che non sentiva più la bocca, tanto gli facevano male le labbra che ancora sentiva come se quel filo impossibile da strappare stesse bollendo nella sua carne. Aveva i polsi doloranti per le catene infrangibili che a malapena permettevano al sangue di scorrergli nelle vene. Qualunque cosa stesse architettando Thanos, una cosa era certa: non era ancora giunto per Loki il tempo di morire, lo voleva vivo, per qualche suo spregevole e oscuro piano.
Fu in quel momento che si aprì la porta della cella, per poi richiudersi.
Non aprì gli occhi, non avendone le forze e avendo la vista completamente sfocata. Ma le sue orecchie funzionavano benissimo, e non gli ci volle molto per scoprire che qualcuno si trovava con lui. E, forse per un qualche istinto, intuì anche chi fosse: Thanos.
Sentì il mostro avvicinarsi a dove giaceva Loki, in un angolo, rannicchiato come una bestia sofferente da macello, in attesa del colpo di grazia del carnefice. Fermatosi a qualche centimetro di distanza, Thanos gli tirò un calcio dritto alle costole, facendolo gemere dal dolore, mentre la parte dolorante cominciava a pulsare febbrilmente.
"Ti avevo avvertito cosa sarebbe successo se tu avessi perso contro i terrestri, asgardiano. Sapevi benissimo cosa ti aspettava. Eppure, hai dato prova di quanto tu sia davvero incapace e inutile." lo schernì, la voce profonda e gelida, seguita da una risata che ghiacciò il sangue nelle vene a Loki. Quest'ultimo tentò, con un immane sforzo di mettersi in ginocchio, di rialzarsi, fallendo miseramente e guadagnandosi altre risa orrende da Thanos. Provò allora ad aprire gli occhi, e a parlare. Ma poi si ricordò con orrore, disperazione e avvilimento che gli era stata cucita la bocca. Aprendo gli occhi del tutto, e sollevando da terra il capo tremante per lo sforzo, vide sul volto del mostro sadico divertimento, odio e disprezzo, forse una punta di disgusto.
"Oh,giusto, non puoi parlare, ti ho fatto cucire la bocca! Sai, niente di personale, ma ero stufo di ascoltare le tue belle parole e il tuo doppiogiochismo. Vedi, sono stato molto dispiaciuto quando ho visto che tu ti eri schierato con i terrestri, e con Thor..... È stato davvero un colpo basso..." e gli tirò un altro calcio, ancora più forte, ma stavolta al basso ventre, e poi un altro ancora, dove si trovavano i polmoni, e poi allo stomaco, facendogli all'improvviso fuoriuscire un po' di sangue dalla fievole cavità lasciata tra le sue labbra, mentre cadeva in ginocchio sorreggendosi con le mani, e infine accasciandosi su un fianco a terra.
Poi Thanos continuò, iniziando a camminargli intorno come un orribile, spaventoso avvoltoio: "All'inizio ho pensato che sarebbe stato bello farti fuori subito e in fretta. Ma poi, mi sono detto: perchè non divertirsi un po? Vedi,se ti sei schierato con i terrestri deve esserci stato per forza qualcosa o meglio, qualcuno, a convincerti. E sono giunto alla conclusione che ucciderti non fosse la vera punizione per te, no! La vera punizione, e tortura, sarà quella di portarti via quel qualcuno per te tanto prezioso e caro da farti cambiare radicalmente idea.". Si fermò e, inginocchiatosi vicino al suo viso, poggiato per metà a terra, prese la sua mascella inferiore tra le dita, come Loki aveva fatto una volta con Stark, e lo costrinse a guardarlo negli occhi, rossi come il sangue: "Dato che non mi riveleresti mai a parole il nome di quel qualcuno, nemmeno se potessi, non mi resta altro da fare se non questo. Non ti dispiace se mi guardo qualche tuo pensiero e ricordo, vero?" e lo sentì piombare nella sua mente al pari di un terremoto, una sensazione spiacevole come solo essere immersi nel piombo fuso potrebbe provocare. Avvertì la sua presenza nello stesso tessuto cerebrale, nelle ossa craniche, una presenza abominevolmente pressante, e insieme ad essa un calore come fuoco liquido.
Poi, dopo qualche minuto, Thanos lasciò la presa, e si rialzò, con un sorrisetto tutto fuorchè rassicurante stampato nell'orrendo viso.
"Ah ah ah... Bene, vedo che si tratta di una terrestre e del suo dolce pargolo. Mhh, anche piuttosto carina devo dire.... Carey, che bel nome. Chissà se il suo sangue è allo stesso modo dolce. Che peccato se nessuno gli dicesse della dipartita imminente del suo amato asgardiano da strapazzo. E poi, c'è anche Thor, il caro fratello... Forse potrebbe darmi qualche problema, come gli altri pagliacci terrestri suoi amici.... Con loro, ad ogni modo, ho un conto in sospeso...." e rivolse lo sguardo a Loki, che ricambiò con odio e disperazione. "Beh, devo dirti che mi sei stato utile un'ultima volta. È un vero peccato che tu non possa assistere a quando arriverò dalla tua Carey e, dopo una lieve tortura, la ucciderò spaccandole tra le mani il cranio... Per non parlare di suo figlio.... Sarà un piacere darlo in pasto alle bestie feroci e sentirne le grida mentre lo fanno lentamente a pezzi. E non immagini che trattamento riserverò al tuo amato fratello e i suoi amici semplicioni.... Oh, beh, un peccato davvero..." fece con un gesto noncurante della mano, come a scacciar via i pensieri, e si diresse alla porta della cella. Prima di uscire, si voltò e disse, la voce un sussurro uscito direttamente dalle bocche dell'inferno: "Riposa bene, dolce principe... Mentre io massacro coloro che ami." e uscì, sbattendo la porta.
Loki non riusciva più a respirare: Carey e gli altri erano in pericolo, e tutto per colpa sua.
Sentì di nuovo le lacrime salirgli agli occhi, mentre i punti dove prima era stato colpito pulsavano ancora senza dargli tregua tra un singhiozzo silenzioso e l'altro. E il peggio era che non poteva fare nulla per impedire la strage che di lì a poco si sarebbe compiuta. Quella era davvero la fine sua e di tutti e tutto.
Se ne restò lì, rannicchiato e impotente, aspettando che si compisse il suo triste destino, come quello di tutti gli altri. Tutto era perduto. Nemmeno quella volta per lui ci sarebbe stato il lieto fine.
Prima di sprofondare nello sconforto totale, sentì Thanos dire alle guardie: "Fate in modo che non abbia requie, e badate a non ucciderlo. Lo voglio vivo. Voglio vederlo sprofondare nella pazzia e nel rimorso prima di dargli il colpo di grazia! Intanto, torturatelo. Lentamente. Con gli strumenti che lui teme." " Si, signore!" "Bene, e ora, andiamo a sistemare i suoi amichetti." e con questo se ne andò, allontanandosi a passo svelto insieme alla sua risata malefica.

Appena fu tutto quieto, dopo un 'ora la porta della cella si aprì di nuovo, e da essa comparvero due guardie. Lui, tentando di sottrarsi alla loro presa, strisciò indietro, sempre più indietro, fino a toccare il muro, negli occhi una paura folle di ciò che gli sarebbe accaduto. Intendevano torturarlo, e lui sospettava a malincuore come. Era un gigante di ghiaccio, e anche se indebolito, la sua genetica era immutata, e perciò il modo migliore per rendere la vita impossibile a un individuo di tale razza è il calore. Tanto, fatale, calore. Loki ricordava cosa gli era stato detto a riguardo: lo sventurato veniva gettato in una cella, ricoperta all'interno da pietra nera e porosa molto particolare, cioè quella che quando l'esterno della cella entrava a contatto con una qualsiasi minima fonte di calore, questa si trasmetteva all'interno della cella, e, grazie alla natura porosa della pietra, il calore emanato si propagava a livelli altissimi, rendendo l'atmosfera invivibile, soprattutto per creature abituate al freddo glaciale come i giganti di ghiaccio. Ciò che succedeva al poveretto si poteva con orrore immaginare benissimo, e fu quel pensiero a spingere Loki a lottare con tutte le forze in corpo, riuscendo persino a dare una bella testata a una delle guardie in piena fronte. Ciò che ricevette in cambio fu un pugno, che gli fece perdere molto sangue dalla bocca. Le guardie approfittarono di questa debolezza, e lo acciuffarono, trascinandolo fuori dalla cella, verso il luogo della sua orribile tortura.
Per tutto il tragitto Loki tenne gli occhi chiusi, tremando per il dolore, gli stenti per rimanere cosciente nonostante le forze nel suo corpo si stessero prosciugando vertiginosamente, e per il terrore di ciò che lo aspettava.
Nemmeno a Hel tali torture esistevano.

Venne gettato nella nuova cella.
"Buona sauna, principessina! Potrai uscire solo quando vorremo noi!" lo schernì una guardia, prima di chiudere con un tonfo la porta, che sembrava di portata granitica e imponente. Loki, nonostante rifiutasse con decisione l'idea solo di implorare la fine della pena, ancora tremava, e il tremore non si affievolì quando, dopo quelli che sembrarono minuti infiniti, un calore iniziò a propagarsi nell'ambiente, insieme al terrore nel cuore di Loki, facendo sparire ogni traccia di orgoglio rimasto. Ormai era una lotta solo per la vita, per sopravvivere. Il calore aumentò, un calore secco, come dentro una fornace o un forno crematorio, un calore che gli penetrava fin dentro le ossa, fino all'anima, che già stava gridando di dolore. Loki tentò disperatamente di respirare lentamente, cercando di tenere fuori dai polmoni e dall'interno del suo corpo il cocente calore. Ma era un tentativo vano. La sua pelle iniziò a sudare, copiosamente, i suoi occhi a lacrimare, il cuore a battere irregolarmente. Ma era solo l'inizio. La sua pelle, le sue ossa, sembrarono squagliarsi come ghiaccio nel deserto, gli organi interni si contraevano e rilassavano a intervalli irregolari, come se delle mani dentro di lui si divertissero a giocarci come con della materia molle. Una sensazione terribile, insopportabile, orrenda. Poi, venne il peggio. A un certo punto, aprendo di poco le palpebre, respirando sempre più affannosamente, si accorse con terrore che stava accadendo ciò che aveva temuto: stava trasudando sangue, da tutti i pori, dalla bocca e dal naso. Erano iniziate le varie emorragie interne. Esse non portavano alla morte, ricordò Loki, ma ne erano un preludio, oltre che simbolo di un indebolimento profondo del corpo di un gigante del ghiaccio e del suo progressivo collasso. A quel punto, Loki si rannicchiò su sè stesso, aspettando la sua fine, mentre atroci dolori e tremori gli affliggevano il corpo e la mente. Venne anche il tempo delle allucinazioni, e passato e presente si confusero, creando incubi, riportando alla luce paure sopite o mai svelate, in un vortice di disperazione continua. Poi, senza più farcela, Loki iniziò a gridare, o meglio gemere, per il dolore,le allucinazioni e per la consapevolezza che tutto quello che era successo e tutto ciò che stava succedendo era stata colpa unicamente sua. Un grido sordo, soffocato, che rimase dentro di lui, a causa delle labbra cucite.
Tentò di trovare un sollievo ripetendo a sè stesso che se lo meritava in fondo. Ma le ferite sulla sua pelle, le emorragie, il dolore e la disperazione riuscivano comunque a distrarlo. Quello era ciò che i Midgardiani chiamavano "girone infernale".

Passarono quelli che a Loki sembrarono secoli di interminabile agonia. Poi, il calore, come era arrivato, svanì poco a poco, riportando la stanza fredda come all'inizio. Il tremore di Loki si affievolì, anche se non sparì del tutto. Dentro di lui sentiva come se ogni organo fosse stato trasformato in qualcosa di informe e gelatinoso, e il suo intero corpo pareva esser stato prosciugato di ogni liquido. Si sentiva raggrinzito, sciupato come un vecchio straccio. Gli occhi gli bruciavano come fuoco nel cranio, e a malapena riusciva ad aprirli.
"Cosa c'è, non ti è piaciuta la sauna?" lo schernì la guardia che già prima lo aveva deriso. Seguirono due risate sguaiate, che fecero colare dagli occhi di Loki due lacrime roventi. Lacrime di vergogna, di umiliazione. Lacrime di chi non può far niente per porre fine alla propria condizione di sdegnosa inferiorità. Nel suo cuore, che bruciava pari al sole dalla rabbia per il proprio orgoglio ferito e violato, Loki immaginò di uccidere quelle due guardie in modi indicibili e mostruosi.
Me la pagherete cara.
Un improvviso moto di vendetta lo fece aggrappare con decisione alla vita. Non avrebbe lasciato che Thanos lo uccidesse a questo modo. Non avrebbe accettato di morire così, da vittima impotente.
Prima di morire, avrò la mia vendetta. È una promessa!

Venne trascinato dalle guardie di nuovo nella sua cella, mentre il poco di sangue rimastogli nelle vene ribolliva.

*Per il nome di Iperratio ho preso spunto dal vocabolo greco ὑπερρὲτης = servo.

POV THOR

Doveva tornare di corsa nelle segrete di Asgard.
Doveva cercare aiuto e avvertire.
Non poteva farcela da solo a convincere gli altri reami a unirsi alla battaglia.
E confidava nei suoi amici. Lui doveva andare a salvare Loki, e lo avrebbe fatto assieme ai Vendicatori, e a Galdor, che come lui si trovava in piena agitazione e turbamento per la sorte di Loki, e sembrava essere al corrente di qualcosa che non voleva assolutamente riferire a Thor. Ma il dio del tuono non poteva pensare a ciò che nascondeva l'elfo nella sua mente, ma solo a un modo per salvare il ritrovato fratello. Non lo avrebbe lasciato andare. Non più.

Quando furono sicuri di aver temporaneamente seminato i guerrieri di Thanos, Thor esclamò:“Heimdall! Apri il Bifrost, subito!” esclamò Thor, la voce quasi un lamento di disperazione.
Il Bifrost si aprì, e li trasportò immediatamente ad Asgard.

Il guardiano stava all'osservatorio, gli occhi imperscrutabili come sempre: “Dov'è Loki?” “È per questo che sono qui! Andiamo da mio padre così potrò raccontare ogni cosa!”. E si affrettarono, dirigendosi alle segrete in una corsa disperata contro il tempo. Ogni minuti, secondo che passava Loki sarebbe potuto essere fatale per Loki.
Di nuovo percorsero i corridoi sottoterra.
Il cuore batteva nel petto di Thor all'impazzata. Mai aveva provato una simile paura in vita sua. Era il terrore di perdere chi amava di più al mondo oltre ai suoi genitori e Jane: Loki.
Un pensiero, mentre correva a perdifiato, attraversò la sua mente già abbastanza tormentata: e se la persona di cui parlava Galdor, quella destinata a soccombere, fosse stata.... No! Assolutamente no! Non devo nemmeno pensarci a una cosa simile! Pensò, cercando di scrollarsi di dosso quel pensiero che gli gelava il sangue nelle vene. Suo fratello non sarebbe morto, e lui avrebbe fatto di tutto per impedirlo.
Arrivarono alla botola e, superatala, Thor, insieme a Galdor e Heimdall, piombò nella stanza. Tutti corsero verso di loro, incuriositi, e tra di loro vi erano Odino e Frigga. Quando si accorsero che mancava un componente tra coloro che era partito per Svartálfaheim, i due sovrani dall'espressione confusa e sorpresa passarono a essere quasi due maschere di cera, impallidendo e divenendo il ritratto dell'orrore e dell'angoscia.
“L'hanno preso!” esclamò Thor, guardando i genitori disperato e con la rabbia nel cuore.
“Loki...” disse Odino, con voce flebile. Thor continuò: “Thanos e i suoi seguaci hanno catturato Loki! Ci hanno teso un'imboscata mentre stavamo per tornare da Svartálfaheim! Ho-ho tentato, abbiamo tentato di combatterli, ma erano troppi, e abbiamo dovuto ritirarci e scappare! Mi dispiace,vi avevo promesso che lo avrei riportato a casa sano e salvo e invece... È arrivato quel mostro e l'ha portato da Thanos! Lo ucciderà padre e temo cosa gli farà prima! Dobbiamo andare alla Nave di Thanos e salvare Loki, prima che sia troppo tardi!” e il dio del tuono fu quasi sul punto di crollare in ginocchio, in lacrime, ma lo precedette Frigga, che aveva seguito tutto il racconto senza fiatare, alla fine, trattenendo un gemito di dolore straziante, si coprì il volto con le mani, cadendo sulle ginocchia. Era troppo da sopportare, anche per la moglie del Padre degli dèi. Odino, ancora pallido come un lenzuolo, prese la moglie tra le braccia, tentando di confortarla.
“Bene allora! Verrò anche io a riprendere mio figlio! Andremo lì immediatamente!” disse Padretutto, tentando di mantenere la voce ferma, anche se con grande sforzo.
“Prima di partire, io andrò su Midgard e tornerò poi con i miei amici Vendicatori, e insieme salveremo Loki!” “Veniamo anche noi, Thor!” disse Sif, facendosi strada tra la folla insieme ai Tre guerrieri. Ma Thor, guardandoli mestamente, rispose: “No, Sif! Voi dovrete andare nei regni rimasti e cercherete un'alleanza con i rispettivi popoli. Abbiamo bisogno di più soldati possibili!”. Dopo questo, i quattro annuirono, seppur non molto convinti della decisione del loro compagno e amico. Odino disse allora a Thor con veemenza: “Va' allora! Non abbiamo molto tempo!” . Il dio del tuono annuì, e insieme a Galdor e Heimdall, ripercorse i sotterranei, arrivando infine al Bifrost.
Heimdall,senza che Thor dovesse dire la meta, preparò il raggio trasportatore.
Thor e Galdor vennero fatti atterrare proprio vicino alla sede dello S.H.I.E.L.D.


 Il dio del tuono irruppe nella sala controlli, dove un agente, dopo aver guardato con curiosità Galdor, aveva detto loro dove si trovava Fury.

“Thor! Finalmente, cominciavo a preoccuparmi!” “C'è un problema! Un orrendo problema!”. Fury, dopo aver sgranato gli occhi, disse: “Loki?”, e vedendo che il dio aveva annuito gravemente, aggiunse: “Cos... Ci ha traditi? È tornato dalla parte di Thanos?!” “No. Thanos l'ha catturato. È successo mentre eravamo su Svartálfaheim. Lui era venuto a cercarmi, diceva di volermi aiutare, poi.... Un'imboscata, c'è stata una imboscata. Abbiamo cercato di combattere ma erano troppi, e mentre io e Galdor” continuò Thor indicando con una mano l'elfo al suo fianco, “stavamo combattendo, lui è stato preso!”.
Fury scosse la testa, preoccupato, sospirando: “Ah, sapevo che non dovevo correre il rischio di lasciarlo gironzolare per i Nove Regni in questo modo!” “Dobbiamo andarlo a salvare, o lo uccideranno! Per questo sono tornato! Ho bisogno di aiuto!” “Bene, gli altri sono nei laboratori e nella palestra. Li mando a chiamare.” e, tirando fuori una ricetrasmittente, ordinò a un agente di riunire i Vendicatori, immediatamente.
“Quante speranze abbiamo di trovarlo vivo una volta arrivati?” “Non lo so... Ma credo che prima vorranno torturarlo. Mi fa orrore parlare a questo modo, ma abbiamo ancora tempo prima che se ne vogliano sbarazzare.”.
I Vendicatori arrivarono tutti insieme, di corsa.
“Thor! Cos'è successo? Do-dov'è Loki?!” esclamò Stark, sbarrando gli occhi. “Thanos lo ha preso. E noi andremo a salvarlo.”. Tutti annuirono, e poi guardarono con interesse Galdor. L'elfo decise di farsi avanti da solo: “Permettetemi di presentarmi, eroi di Midgard: sono Galdor, signore di Alfheim, il regno degli Elfi della Luce, e vostri alleati in questa guerra per la salvezza di tutti.” “Siamo noi a essere grati agli altri regni per aiutarci a sconfiggere Thanos.” disse Rogers, offrendo una mano in segno di saluto tipicamente terrestre. L'elfo strinse la mano cordialmente, poi il Capitano chiese: “Dov'è che dobbiamo andare?” “Ce lo diranno Heimdall e mio padre, quando andremo ad Asgard.” “Bene allora. Cos'altro aspettiamo?!” disse allora Banner, e con questo si precipitarono fuori, seguendo Thor, che, assicuratosi che i compagni fossero tutti dentro il cerchio lasciato dal raggio del Bifrost, ordinò ad Heimdall di aprire il Ponte di Arcobaleno.

Stiamo arrivando Loki, tieni duro fratello, ti prego!

  
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