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Autore: Sunshine_Sephirah    20/11/2007    2 recensioni
Due anni sono passati dalla fine della storia. Il salvatore, che aveva portato la speranza da dove non ci si aspettava che giungesse, è ormai una figura distante e leggendaria. Lì, dove si credeva sarebbe sorto un mondo dove tutti avrebbero avuto la possibilità di essere felici, restano solo macerie, sempre le stesse. Dopo due anni, la speranza ha abbandonato anche il popolo di Dio. ma nelle nebbie di un inverno più freddo degli altri, c'è chi conserva la prospettiva di libertà e il desiderio di giustizia. Rasiel, generale dell'Anima Mundi, si ritrova a dover gestire un gruppo di ribelli I-child che ha fondato una resistenza militare, comandato da Azael, l'angelo cremisi. Insieme e mai d'accordo, Rasiel ed Azael inseguiranno ideali sbiaditi, mentre attorno a loro turbina il vento di un'altra guerra del popolo celeste
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Storia scritta a due mani, con l'unica pretesa di diventare una long-fic; il rating è giallo per via di un linguaggio a volte volgare e qualche colpo di pistola. Leggete e recensite, grazie. N.B.: Il campo dei personaggi è obbligatorio, ma non c'erano le opzioni -un po' tutti- e -nuovo personaggio-, quindi ci ho infilato Dio che è onnipresente, sicura di non sbagliare ^^ in realtà COMPAIONO QUASI TUTTI I VECCHI AMICI E PARECCHIE FACCE NUOVE
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3 Vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa. E gridarono a gran voce:
«Fino a quando, Sovrano,
tu che sei santo e verace,
non farai giustizia
e non vendicherai il nostro sangue
sopra gli abitanti della terra?».                              Bibbia - libro dell'Apocalisse


CAPITOLO 3: IMPROPER CHILDREN


Quando Azael spinse giù la leva arrugginita passarono diversi secondi prima che la piattaforma cominciasse a scendere nel sottosuolo con uno stridio assordante. Ma per lui, quel rumore era il suono di casa. Lo era diventato negli anni, ogni giorno da quando riusciva a ricordare, quella leva era la chiave di casa. Nascosta in un edificio abbandonato, in un angolo buio dove nessuno sarebbe mai andato a cercare, lei era uno dei ventisette meccanismi nello shammaim che permettevano di scendere nelle fognature, e soprattutto era una di quelle cinque leve i cui meccanismi erano stati sabotati e trasformati nell'accesso per la colonia sotterranea degli I-child.
Segreta come è segreto l'orribile ed il peccaminoso, nascosta agli occhi degli angeli superiori, tutti loro, quelli che non avevano il diritto di esistere, fuggivano dal giudizio di Dio.
La piattaforma si arrestò con un rumore sordo, che rimbombò a lungo per le pareti della fognatura. A pochi metri da lì, da dietro una curva del condotto, veniva una debole luce tremolante e rossiccia. Azael s'incamminò, senza curarsi dell'acqua gelida della fognatura, in cui infilò i piedi, premurandosi appena di togliere le scarpe. Acqua piovana, niente di più, ma molti bambini si erano ammalati, di recente. Un altro maledetto problema in più da risolvere.
Svoltò l'angolo e vide l'ingresso per la colonia: un piccolo buco nella parete aperto con la forza di tanti bambini con in mano un arnese, decorato con alcune ghirlande di fiori appassiti e tante candele.  Quasi ironico, proprio sopra all'entrata, penzolava un rosario solitario, di ferro arrugginito. L'ultima speranza che Dio si accorgesse di loro, un'ultima, silenziosa, vibrante chiamata.
Azael raggiunse l'ingresso e scostò la tendina che faceva da porta.
All'interno c'era un brulicare di vita che nessuno sospettava. Soprattutto donne e bambini, gli unici, rari reduci dell'inquisizione lanciata da Sevoftatrta per liberarsi di tutti quegli angeli che secondo lui non erano degni di questo nome. Il vantaggio di vivere sotto terra era questo: i suoni non giungevano in superficie, e nessun angelo superiore si sarebbe mai calato laggiù, insieme ai topi. Il ragazzo si addentrò nella colonia, qualcuno si fermò per salutarlo, nessuno gli domandò come fosse andata la sua escursione nel mondo esterno. Nessuno domandava mai nulla ad Azael, avevano imparato che le cose importanti non si dicevano, laggiù, si facevano. Un'altra cosa, questa, che li differenziava molto dagli altri angeli.
Là sotto si snodavano a non finire corridoi come teste di serpenti. Azael ormai ci si destreggiava, camminava con noncuranza attraverso quel labirinto e conosceva tutte le strade, i vicoli, le scorciatoie. In breve arrivò a destinazione: una piccola casupola diroccata, fatta di legno rubato alle scorte degli angeli veri da lui e altri suoi amici, per costruire un rifugio per i bambini. Tutti quelli con gli occhi rossi.
I-child. Stava per iproper child. Chiamati con odio i conigli per via della pelle bianca e gli occhi rossi. Tutto quelli che non erano i figli di Dio. Tutti quelli che non erano angeli. Tutti quelli che non avevano il diritto di esistere, né di ridere, né di giocare, né di vedere mai la luce del sole. I figli degli angeli. Il peccato d'amarsi. Il peccato di sfiorarsi, di essersi cercati spontaneamente. Per il semplice fatto che ci si amava. Tutti gli individui nati da un rapporto sessuale tra due angeli, gli stessi che Sevoftarta aveva ordinato, due anni prima, di eliminare completamente, fin dalle radici. Aveva creato un corpo di polizia chiamato dell'inquisizione, con l'ordine preciso di scovare, uccidere e sradicare la stirpe degli I-child. Loro, i loro amici, i loro parenti e i loro genitori. Tutti. Senza pietà.
Così, nello shammaim, c'erano gli angeli, i mezzi angeli, quelli imperfetti, che non erano belli, e gli I-child. Dio disse che bisognava pulire. Dio disse che così il Cielo sarebbe stato meraviglioso. Sevoftarta disse che Dio aveva detto così. Ma nessuno sapeva una cosa importante. Nello shammaim c'erano anche gli Airon. Quelli che Rasiel ora desiderava per sé.
Gli Airon erano degli angeli soggetti a mutazioni, con ritmi di crescita alterati e capacità straordinarie. Non era possibile distinguerli dagli angeli comuni, ma pareva che si trovassero solo tra gli I-child. Furono questi a dare il via alla rivolta contro Sevoftarta e a contribuire alla sua morte.
Azael, l'angelo cremisi, faceva parte di quella razza. Era un Airon anche lui, ma non voleva che Rasiel lo scoprisse troppo presto. La pelle diafana, quasi trasparente, e i suoi occhi rossi la dicevano lunga sulla vita dei suoi genitori, ma che fosse un Airon era insospettabile: la sua modifica genetica si manifestava, oltre in un' innaturale velocità, nelle sue corde vocali, nella sua capacità di modulare la voce al livello di frequenza. Il risultato era utile in battaglia: un feroce ruggito di ultrasuoni poteva far esplodere i timpani a qualche nemico, o infrangere un vetro e distrarlo. Inoltre gli dava la possibilità, con un po' di pratica, di far rimbalzare la voce sulle pareti e quindi confondere l'avversario circa la sua posizione. Un'arma potente, quindi, il suo asso nella manica che doveva rimanere celato almeno per un po', fino a che quel ragazzo a capo dell'Anima Mundi non avesse dimostrato quanto ci si potesse fidare di lui e della sua organizzazione.
Non aveva mai conosciuto Zafkiel di persona, ma conosceva le sue gesta, e lo ammirava. Le sue decisioni, il suo coraggio, avevano aiutato tutti gli angeli, e il suo sacrificio si era impresso a fuoco nella mente di Azael, perché nemmeno Sevoftarta era riuscito ad inclinare l'ideale di giustizia di Zafkiel. Quando seppe che il capo dei troni aveva designato come suo erede l'angelo Rasiel, decise di rivolgersi a lui, che sembrava una figura più raggiungibile, per unire le forze con l'Anima Mundi.
I bambini lo assaltarono appena ebbe varcato la soglia. Tutti lo guardarono con i loro occhietti rossi, impregnati dell'innocenza dell'infanzia.
"Allora, allora? Com'è andata? Com'è Rasiel?!"
"Mah" rispose Azael con un' alzata di spalle. "E' biondo. Ma non sembra una cattiva persona. Vedremo"
"Ci hai portato da mangiare?"
Lui scorse la testa. "Non ho trovato niente"
"Bugiardo!"
"No, davvero. Adesso mi fate arrancare fino alla cucina, a proposito, che dò una mano a Amaliah a cucinare?"
I bambini si ritrassero con un broncio tanto lungo quanto breve. In pochissimi istanti si dimenticarono del cibo e si misero a giocare di nuovo.
Azael entrò in cucina richiudendosi di fretta la porta alle spalle, in modo che il calore non uscisse, e si scrollò la neve di dosso.
"Non infradiciarmi tutto il pavimento, non mi va di pulire!"
Una ragazza, dai capelli lunghi e castani raccolti in una coda poco accurata, stava sbucciando una patata, con le mani piene di tagli e un grembiule sporco addosso. Si era fermata per sgridarlo, e ora lo guardava di sbieco.
Azael le sorrise, e senza dire niente afferrò una patata e cominciò a pelarla accostandosi a lei. La ragazza lo guardò storto, poi gli passò una mano nei capelli rossi per togliere gli ultimi fiocchi di neve e anche lei prese un'altra patata dal cesto e impugnò il coltello.
Amaliah, l'angelo della speranza. Aveva solo quattordici anni e gli occhi tinti di rosso, come quelli di Azael. Non aveva mai conosciuto sua madre, eppure aveva fatto da madre a tutti loro, a tutti quei bambini. Era stata sua l'idea di un rifugio, una casa per tutti gli I-child che si fossero presentati alla soglia. Era buona, d'animo gentile, forte di carattere e sempre determinata.  Tutti  i bambini la consideravano come una madre, ma lei meritava molto più di quello. Azael le era molto affezionato, erano cresciuti insieme, e insieme per tanti anni avevano fatto così come facevano ora. Cucinavano, magari neanche troppo bene, con poche cose e poco saporite, in silenzio, senza mai bisogno di niente di più speciale per sentirsi vivi. Il fuoco di un fornello, l'odore di un piatto caldo, e rubare, giorno dopo giorno, rischiare, giorno dopo giorno, perché quel piatto fosse sempre pieno, per tutti loro, che non mancasse niente a nessuno, perché meritavano che così fosse. Amaliah gli diede un colpetto con l'anca e lui le rispose con un sorriso un po' ironico. Così, a modo loro, si erano appena parlati dell'incontro con Rasiel, e la ragazza sorrideva con le sopracciglia inarcate.
"Ahia!"
"Che hai fatto?" chiese lui.
"Il dito. Ho sbucciato lui invece della patata" rispose lei infilandosi l'indice in bocca per succhiare il sangue.
"In effetti si somigliano"
"Fai meno lo spiritoso. Ce le avrai te le dita a patata"
"Io ho delle mani bellissime"
"Giusto quelle"
"Tonta"
"Tonto"

Si misero a tavola, Azael chiamò i bambini  con un fischio e quelli s i precipitarono a mangiare. Lo stridio delle sedie soffocò ogni altro rumore, Amaliah  si illuminò di un  meraviglioso sorriso vedendo  la scena.
Prima che lei ed Azael potessero sedersi assieme agli altri, la porta di legno si aprì lasciando entrare un turbine di neve e un uomo dai capelli castani raccolti in un codino, coperto con una giacca rattoppata in più punti e con un cappello dall'aria malconcia in testa.
Azael si alzò e gli si avvicinò con passo svelto, allungando una mano per attirare l'attenzione dell'uomo.
"Ehi, ciao. Che ci fai qui, Shemel? Vuoi mangia..."
Shemel lo zittì con un gesto brusco.
"Devi venire con me" disse dalla soglia della porta. "E' crollato un altro palazzo"
Sulla tavola rumorosa cadde improvvisamente un pesante silenzio. Amaliah si alzò lentamente facendo raschiare la sedia sul pavimento, i bambini posarono piano le loro posate. Azael cercò immediatamente di dissimulare la paura.
"Qualcuno è stato coinvolto?" chiese, cercando di tener ferma la voce.
"E' per questo che mi devi aiutare. E' crollato da poco, circa mezz'ora fa. Nessuno è ancora andato sul posto. Io ero lì vicino quando è successo, ed ho pensato subito a te. Puoi aiutarmi?"
Azael non perse tempo nemmeno a rispondere, si limitò a salutare i bambini e Amaliah, che prometteva di lasciargli qualcosa da mangiare. Il ragazzo superò Shemel e si avviò verso una maccina sgangherata parcheggiata lì davanti. Shemel richiuse la porta dopo un gesto del capo.
Amaliah tranquillizzò i bambini, che le stavano lanciando tutti occhiate di sottecchi, con sguardi preoccupati. Eppure lei stessa non si sentiva mai sicura, da quando i palazzi avevano preso a crollare. Ma sorrise, sentendo il cuore farsi più leggero, quando la porta si riaprì e la mano di Azael, tinta di viola dal freddo, afferrò la giacca dall'attaccapanni sul muro per scomparire subito nella neve, accompagnata da un borbottio scocciato.


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Grazie a tutti quelli che hanno letto e che continueranno, spero, a farlo.
Innanzitutto vorrei chiedervi di recensire, quando leggete, anche commenti negativi sono bene accetti, così sappiamo se continuare o fermarci.
Poi volevo dire che i nomi usati per gli angeli sono intuitivamente ebraici, e i significati intuitivamente cororretti. Ora, non essendo noi cime della lingua ebraica, questo è quello che abbiamo da offrirvi per ora, ma se qualcuno più colto di noi ci desse qualche consiglio, gliene saremmo grate.
Saluto,
Seph!

  
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