Questo capitolo non è come avevo previsto. Purtroppo, durante la stesura si è spezzato qualcosa. Non ho idea di che cosa, sta di fatto che avevo immaginato un finale migliore (non nella trama ma nella forma), e non mi sento soddisfatta. Tuttavia non ho davvero la forza di modificarlo, perciò, spero di non deludervi troppo e soprattutto, di non farvi troppo male. A presto!
A Shinushio che è una persona gentilissima ed ha scritto una delle migliori recensioni che abbia mai ricevuto.
A Hibiki,te l'avrei dedicata tutta quanta. Ma è una storia triste e magari ti fa più male che bene. Hwaiting per il tuo esame!
Parte seconda
A un certo punto la
carta si esaurisce e le unghie di SeHun grattano il cemento grezzo
della parete. Lo sguardo precipita nel vuoto, insieme a tentacoli di
pensieri mutilati, lacrime fantasma e il primo frammento di una delle
cinquantamila anime. A SeHun pare quasi di vederlo, quel frammento. Lo
vede affondare nel pavimento incrostato e sparire nel suolo infecondo.
Lo vede frantumarsi, lo vede raggrinzirsi ed estinguersi nella sua
stessa solitudine. E allora capisce che la visione non è
altro che l'allegoria del suo futuro, e del futuro di chiunque,
là dentro. Un brivido di paura gli percorre il midollo e
SeHun ripone il carboncino; poi con il dorso della mano cancella dalla
faccia della terra la sua storia d'amore. Sul pezzo di carta rimangono
solo un alone scuro e il riflesso di lacrime asciutte, versate molto
tempo prima. Sono spettri, illusioni. Proprio come Dio, proprio come Lu
Han.
. ♦
Quegli stessi
fantasmi, quelle stesse illusioni, lo fanno prigioniero, quando a dieci
giorni dalla scomparsa di Lu Han, lo vede in sogno. Non che sia in
possesso di un qualche mezzo per tener conto del tempo che passa; lo
quantifica approssimativamente, basandosi sugli intervalli regolari che
intercorrono tra le necessità del proprio corpo. In parole
povere, la sua vescica ha bisogno di essere svuotata una volta ogni due
giorni, e per quanto sia umiliante, è l'unico "evento" che
si verifica con costanza. Infatti, trattandosi il loro di un dormitorio
maschile giovane, i pasti non sono regolarmente assicurati,
ed ancor meno i liquidi. Inoltre, ultimamente i prelievi si sono fatti
incostanti, e vi sono sere in cui gli uomini in bianco decidono di non
legiferare sul destino dei prigionieri ed ognuno gioisce in silenzio,
beandosi del battito del proprio cuore, paragonabile alla melodia
più dolce del mondo.
Riflettendoci, la
mattina dopo SeHun lo avrebbe ben definito un incubo, piuttosto che un
sogno, anche se il confine tra i due termini si è ormai
ridotto ad uno spessore irrisorio, tanto sottile da renderli sinonimi.
Lu Han gli appare
sotto forma di ombra ed è esattamente com'era la prima volta
che l'ha visto. Ancora non intaccato dal sudiciume, diritto, snello e
bianco. Ha le forme morbide e sinuose e i muscoli giovani che guizzano
sotto la pelle di madreperla. Gli parla cinese, e SeHun, anche se a
fatica, riesce a capire le frasi sibilanti. Ancor prima che possa
incassarne il significato però, questo assume consistenza e
schizza via, fuori dall'unica finestrella (che rasenta il soffitto),
verso la luna ed i pianeti. Verso tutto ciò che SeHun non
può ottenere. Ed entrambi restano a guardare il significato
delle parole di Lu Han che li abbandona leggiadro, e lo invidiano, e
vorrebbero raggiungerlo, eppure è così palese che
se un uomo viene precipitato nel nulla assoluto, non gli vengono certo
attribuite ali per evaderlo. Altrimenti non esisterebbe il concetto di
Inferno. Questo però, Lu Han non sembra capirlo,
così, dopo un attonito momento di sconcerto, riprende a
parlare, ma SeHun non può più sentirlo,
è come se fosse diventato sordo. E allora Lu Han si arrabbia
e dal modo in cui le sue labbra si contraggono e si arricciano, SeHun
capisce che ha alzato la voce e cominciato a urlare, mentre fiotti di
parole aliene fuoriescono dalle sue labbra, e irriverenti, se ne vanno
senza permettere a SeHun di comprendere l'importante messaggio che
trasportano. In un estremo tentativo di rimediare al proprio handicap,
si alza in piedi e tenta di acciuffarli, mentre Lu Han lo osserva con
uno sconcerto che sfuma ben presto in commiserazione, e poi in
rassegnazione. Quando, per l'ennesima volta, SeHun stringe le dita
scheletriche sul denso e gravante peso del nulla, Lu Han chiude la
bocca, interrompe il concatenarsi di frasi mute e nei suoi occhi vi
è il luccichio opaco della resa. Si siede a terra, accanto a
SeHun, e lo avvolge in un abbraccio d'inconsistenza. Ma SeHun
è pronto a giurare che l'aria intorno a lui s'è
fatta rovente.
. ♦
Si sveglia seduto,
con gli occhi spalancati -non ricorda di averli aperti- fissi sulla
piccola finestra alcuni metri più in alto. Lu Han non
c'è più, ma il suo calore indugia ancora sulla
pelle. SeHun ha caldo e trema, ma quando si tasta la fronte, le dita
scivolano su una patina di sudore gelido. Ha le gambe incrociate e
quando fa scivolare i polpacci nudi l'uno sull'altro - l'hanno preso in
estate e al campo non si preoccupano certo di darti un cambio- le
ginocchia scricchiolano.
. ♦
Ben presto, i sogni
si tramutano in allucinazioni e splendidi miraggi. Non ha idea di come
avvenga la cosa, ma è stato un passaggio più o
meno graduale, ed è quasi sicuro che c'entri il
sonnambulismo. Le prime volte si sorprende a parlare da solo, o
semplicemente, si sveglia seduto o in posizioni che non ricorda di aver
assunto . Ad un certo punto però, la cosa degenera, e SeHun
avverte le prime avvisaglie del timore di poter perdere
l'autocontrollo, o peggio, il senno. Alla mezzanotte del ventunesimo
giorno dalla scomparsa di Lu Han, a svegliarlo è un tallone
in faccia, e la cosa gli provoca non pochi deja vù, oltre
che un dolore atroce alla mascella. 'Sta volta gli occhi sono serrati;
il fatto che le gambe gli tremino in maniera incontrollata significa
che si è alzato ed ha camminato nel sonno. Decine di paia
d'occhi vuoti lo osservano nella penombra, inchiodandolo con sguardi
piccati; uno di questi è particolarmente torvo e vicino. Ma
SeHun non sente il tipico formicolio causato dal peso del giudizio:
sono orbite vuote, non più specchi dell'anima ma pozzi
violati, brandelli di tenebra. SeHun si sente solo e inciampa nei
propri piedi nel tentativo di scappare. Si rifugia nelle docce e vi
resta per i seguenti tre giorni, immobile, occhi spalancati, in
posizioni volutamente scomode per evitare il sonno ingannatore.
. ♦
Il quarto giorno,
il sole opaco penetra nella stanza in maniera particolarmente reale.
Sono raggi deboli di un' alba debole e sono dolci. Dolci come i baci di
Lu Han avrebbero potuto essere . Dolci come i baci di Lu Han,
accarezzano palpebre traslucide calate su orbite buie. SeHun invece
è sveglio, pensa che se avesse creduto in Dio, avrebbe
interpretato il chiarore tiepido come un segno. Invece, in veste di
prigioniero, non solo di umani, ma anche di fantasmi, volge il capo
verso l'angolo più nascosto delle docce. Osserva la fiala
-immobile e ammiccante- e quasi sorride, come se si trovasse di fronte
ad un vecchio compagno d'armi e, dopo una vita di battaglie perse, si
fossero rincontrati come veterani sul filo della morte. E si sente
esattamente un vecchio decrepito, uno spirito dilaniato da un nulla che
non riesce a comprendere, punteggiato di insenature in cui s'insediano
mali di ogni genere che fermentano in silenzio.
SeHun scrolla il
capo, e anche alla luce del chiarore fioco dell'alba - solo uno scarto
della luce che illumina il mondo, come se tutto ciò che il
campo racchiude non fosse degno d' esistere- è chiaro come
in lui non vi sia la forza dell'eroe. E condizione senza forza
è perfettamente inutile. SeHun è stanco,
stremato, ma non più indeciso. I pochi metri di tragitto
verso l'angolo più nascosto delle docce sono il viaggio
più lungo e faticoso della sua vita. Ma alla fine, vedere il
proprio nome, Oh
SeHun, tracciato con forza sul brandello di carta, gli
concede un assaggio di quella pace che la tetradotossina tanto predica
di saper procurare. Tuttavia, non gli sembra giusto andarsene da solo,
perché Lu Han non glielo perdonerebbe. Così
aggiunge anche il suo di nome, appena sotto il proprio, così
vicini che le lettere si sfiorano, come se volessero intrecciarsi e
divenire immortali insieme.
Dopo giorni d'
insonnia e visioni, SeHun chiude gli occhi sul nero del vuoto che lo
circonda. E non vede nulla. Assolutamente nulla.
. ♦
A destarlo,
è un tipo di disperazione ignota ai più. Non la
disperazione della condanna, dell'eterno, della morte, del divieto.
Nemmeno il diretto interessato, sul momento, è capace di
definirla. Fa solo in tempo a pensare che per arrivare a definirla sia
necessaria una meditazione non indifferente, ma un' ipotesi confusa,
gli suggerisce che la sua disperazione, possa essere qualcosa di molto
simile alla sintesi assoluta di tutte le branche dello stesso
sentimento.
Il tipo di
disperazione che che t' innestano dentro senza preavviso, e che mette
radici immediatamente, con l'intento di consumarti dall'interno.
Il tipo di
disperazione che ti colpisce quando la crudeltà umana arriva
al punto di negare la quiete estrema.
A venti giorni
dalla scomparsa di Lu Han, gli uomini in bianco lo prendono nel sonno,
sventando le sue congetture suicide, rimandate al mattino,
perché SeHun desidera morire immerso nel calore di quei
raggi così simili ai baci di Lu Han, che ha sperimentato
solo nei sogni, ma che sente così suoi,
così vicini.
Non apre bocca, quasi non respira. Non prendono nessun' altro, e mentre
lo conducono lungo corridoi che sembrano non aver fine, SeHun si sente
come uno dei suoi fantasmi, inconsistente, dimenticato e solo. Un'
unica cosa gli permette di non cedere alla pazzia, ma non sarebbe
corretta chiamarla speranza, perché speranza fa pensare alla
vita ed alla libertà, ed invece, la fiala che SeHun ha
ficcato frettolosamente dentro i calzoni poco prima che lo trovassero
raggomitolato nelle docce, è bollente dello stesso calore
che arde all'interno del suo corpo, e il suo fine ultimo è
accelerare il processo di combustione per rendere le lingue di fuoco
più sopportabili.
. ♦
La stanza
è piccola e bianca. Le pareti ed il mobilio chiaro le
conferiscono una sorta di falsa luminosità e SeHun non sa se
credere all 'umanità dell'ambiente in cui l'hanno lasciato,
così come non sa se credere all'umanità che
emanano le guance rosee di Lu Han, ed il suo corpo di nuovo candido, ma
di purezza fittizia. SeHun sa che questo non è il Lu Han che
ricorda, il suo Lu
Han. Ed ha paura che il suo cuore sia stato corrotto ed intaccato dalla
pietra del cuore dei suoi aguzzini.
E quando Lu Han si
avvicina, radioso, bello come non lo ha mai visto, si verifica una
sorta di deja vu. Il ricordo del loro primo incontro sale a galla con
una prontezza ed una velocità di cui SeHun si sorprende,
solo che 'sta volta, le posizioni sono invertite.
-Che cosa ti hanno
fatto.-
-Tranquillo,
è tutto okay.-
-Che cosa ti hanno
fatto. Ti credevo morto.-
-Anche io mi sono
dato per spacciato quando mi hanno portato via. Ma poi, è
successa una cosa. Una cosa che mi ha fatto sperare.-
SeHun scuote il
capo, strizza le palpebre, ma la sua vista è disturbata da
interferenze aliene. Vede nomi. I loro nomi. Lettere vicine,
intrecciate; sono confuse e sbiadite, ma definitive. Le vede impresse
sulla pelle di Lu Han, così tremendamente bianca, e gli
è impossibile negare la loro evidenza. E si chiede, quasi in
lacrime, perché diamine non le veda anche lui. Ha
già firmato la fine; Lu Han è vivo, Lu Han ha
speranza, ma a SeHun tutto questo sembra soltanto una dolorosa
messinscena.
-Non vi
è più niente che possa indurti a sperare. E' un'
illusione. Siamo già morti da tempo, e tu lo sai. Non
respiriamo l'aria di questo mondo per il gusto di vivere, ma per
conquistare la pace: fingersi liberi è come mentire.-
E SeHun desidera
credere alle proprie parole, lo desidera perché ne sente il
peso veritiero aggrapparsi sempre più strettamente al cuore;
ma in fondo, desidera Lu Han di più, e non può
fare nulla per cambiare questo. perché non è un
sentimento cresciuto dentro di lui gradualmente, ma esiste dall'inizio,
e la disperazione non fa che rafforzare gli impulsi primitivi.
Così
abbatte la ritrosia immediatamente, anche se fa male, anche se gli
viene da piangere. Prende un respiro profondo e si getta in ginocchio
ai piedi di Lu Han, perché davvero non ha la forza di
raggiungerlo reggendosi sulle proprie gambe. Gli stringe le braccia
intorno alla vita sottile ed affonda la faccia nel ventre piatto, con
la stessa forza con cui un suicida affonda la faccia in un cuscino. E
la sensazione di respiro mozzato e polmoni che protestano è
sublime.
-Che cosa ti hanno
fatto. Ti credevo morto.- Mormora di nuovo. E 'sta volta non suona come
un' accusa, ma come una supplica.
. ♦
-Quando ho passato
quella soglia, l'unica cosa che rimpiangevo era una morte composta. E
una morte vicino a te. Lo giuro. Non so se ci hai fatto caso, ma
già nel corridoio l'aria è molto più
respirabile e meno densa. E ci sono decine e decine di celle gemelle,
con decine e decine di prigionieri. Eravamo tre, e a noi si sono uniti
ragazzi di altri reparti. Non ricordo molto bene che cosa è
successo dopo, ero stordito, sotto shock, credo. Comunque ci hanno
portati in una stanza piena di docce, docce vere. E lì ci
hanno lavati. Insomma, sono arrivato ai laboratori pulito come un
neonato, e nudo, come un neonato. Mi aspettavo chissà quali
pratiche. Invece mi- ci hanno iniettato delle sostanze per endovena.
Non...ricordo di aver mai avuto una tale paura. E' difficile
descriverlo, ma prova ad immaginare che cosa si prova, ad esempio,
nell'essere incatenato vivo ad un fondale marino, e riuscire a vedere
la luce del sole a distanza di centinaia di metri, ma non potersi
muovere. Tremavo così tanto che hanno dovuto legarmi ad un
lettino -sembrava tanto un lettino ospedaliero-, per l'iniezione. Poi
se ne sono andati tutti e ci hanno lasciati soli. Eravamo dodici. I
primi tre sono morti dopo alcuni minuti. Avevano il viso paonazzo e
continuavano a rimettere liquidi. Era uno spettacolo atroce,
così mi sono raggomitolato in uno degli angoli della stanza,
ho chiuso gli occhi e premuto le mani sulle orecchie. Poi ho aspettato.
Come si aspetta che venga il tuo turno dal dentista. A un certo punto
mi ero convinto fossero passati giorni, ed ero sicuro che sarei morto
lì. Invece, qualcuno mi ha preso per le spalle, e mi ha
voltato, e ti giuro che ho visto in faccia lo stupore genuino di un
bambino. Era
un uomo giovane e continuava a gridare 'E' vivo! E' vivo!'
Così mi hanno relegato qui. perché sono
sopravvissuto, capisci?-
-Sei una cavia.-
-Sono un
esperimento riuscito. Sono vivo. E grazie a Dio, lo sei anche tu.-
SeHun trema appena,
nel sentir nominare Dio. Era convinto che avessero deciso insieme, che
no, non c'era alcun dio. E invece Lu Han sembra aver acquisito una
sicurezza e una fiducia che non sono certo a buon mercato nel business
di vita e morte del Campo 22. E tutto questo non fa che aggiungere peso
alla certezza che siano stati aggirati da un inganno terribile.
Ed è tra
le braccia di Lu Han, pulito e sazio, che SeHun si rende conto di cosa
sia la vera crudeltà. Non quella che ti priva della vita.
Non quella che ti priva dell'amore. E nemmeno quella cheti priva della
pace. Ma quella che concede. Che concede la
vita, l'amore e la pace, per poi strappartele via tutte e lasciarti
nudo come si viene al mondo; 'sta volta però, la fine non
è la morte, ma un abisso d'agonia di cui non riesci a vedere
il fondo.
. ♦
I giorni seguenti
sono qualcosa di molto simile ad uno statico soggiorno nel Limbo
Dantesco. Il tempo sembra rallentare, e SeHun perde ogni
possibilità di tenere il conto dei giorni, perché
ora gli sono concessi due pasti regolari al giorno e tutta l'acqua di
cui ha bisogno; di conseguenza le necessità del corpo si
fanno incostanti e più frequenti. SeHun è la
condizione della cavia sopravvissuta. E questo gli da il diritto di
vivere in maniera degna di un uomo.
Allora decide di
tener conto del tempo sostituendo le azioni ai propri bisogni, anche se
davvero non sa a che cosa sia funzionale un simile conteggio. Di certo
non a dare confini ben definiti allo scorrere delle ore, ma forse lo
aiuta a distendere i nervi ed a rallentare il processo graduale -mai
estintosi del tutto- che lo sta portando sull'orlo della follia.
Il primo giorno,
è un tutt'uno con Lu Han. Non che possano fare molto,
confinati in una stanza di medie dimensioni, che comprende un letto, un
bagno adiacente ed un mobilio semplice e spartano.
Il secondo giorno,
un' agitazione paranoica mai provata prima, gli attanaglia le viscere
senza pietà. I fantasmi di SeHun tornano in vita, e Lu Han
sembra uno di loro, così lontano, così sbiadito.
A un certo punto SeHun crede di perderlo -o forse sta solo delirando-
ed inizia ad urlare. Quando poi Lu Han gli tappa la bocca con un bacio
disperato, capisce che l'ha perso nel momento in cui lo hanno portato
via; in lui si fa strada la calma atroce della rassegnazione ed inizia
a sudare freddo.
Il terzo giorno lo
passa a vegetare in un letto troppo piccolo e freddo, e così
il quarto e il quinto e il sesto...
Finché,
il settimo giorno, trova il coraggio di dire ciò che
entrambi pensano.
-Sono malato.-
Sussurra nell'oscurità palpabile e 'sta volta è
Lu Han a capire che ha perso SeHun il giorno in cui lo hanno portato
via.
L'ottavo giorno,
SeHun va a fuoco. Non sa che cosa sia più bollente, se il
suo corpo o le lacrime di Lu Han.
Il nono giorno, Lu
Han è il volto della morte. Lo forza ad alzarsi dal letto
con una fretta che gli fa attorcigliare le interiora e lo spinge contro
una delle pareti fredde e spoglie. Per un attimo gli sembra di
riconoscere in lui il Lu Han prigioniero, col viso sporco e gli occhi
lucidi di lacrime e privi della corruzione di una speranza infondata.
Gli sorride, e Lu Han ricambia dolcemente, poi piomba sulle ginocchia,
col viso all'altezza del bacino di SeHun, e con un unico, secco
strattone gli cala i jeans.
Tutto il resto
è un compendio insensato di gesti senza luogo, tempo e
futuro. SeHun ricorda unghie affondate nello sterno, lividi sui
fianchi, labbra sul pomo d' Adamo. Ricorda il dolore di Lu Han, lo ha
visto, sconfinato
ed immenso sull'orizzonte dei suoi occhi, e lo ha sentito, nelle sue
grida disarticolate e nelle contrazioni incontrollate del suo corpo.
Ricorda il piacere animale, e la lussuria, e il sudore, e...e ricorda
il sangue. E' una sorta di obbligo d'arresto, una specie di confine
estremo.
Stanno facendo
l'amore, quando il corpo di Lu Han viene invaso da impulsi alieni che
ben presto si tramutano in conati.
Stanno facendo
l'amore quando Lu Han inizia a rigurgitare sangue in fiotti copiosi.
A SeHun sembra
tanto che la sua cisterna d'aspettative si sia bucata, ed ora ogni
buona speranza e buon proposito se ne va alla deriva in un oceano
scarlatto.
. ♦
Lu Han non
è più la cavia sopravvissuta. Semplicemente, il
mostro che gli hanno iniettato per endovena, ha voluto aspettare
qualche giorno in più per manifestarsi.
Di conseguenza,
SeHun non è più la condizione graziata, ma un
corpo agonizzante, consumato dall'interno da una febbre in continua
ascesa.
D'un tratto,
è come se dal Limbo li avessero precipitati nel cuore
dell'Inferno; ma a nessuno dei due importa. Potrebbe non essere
successo nulla. Ancor prima che possano rendersene conto, si trovano
nelle docce della camerata numero tredici, rannicchiati per terra, gli
arti che si cercano convulsamente, gli occhi sbarrati. Eccolo, il
momento in cui ti tolgono tutto, tranne l'agonia. Ed è
proprio in questo momento, che SeHun rammenta il bonus di cui
è in possesso.
Non sa quando ve
l'abbia riposta. Nel periodo trascorso con Lu Han nella stanza bianca,
aveva dimenticato di averla. La tetradotossina. E' di nuovo nell'angolo
più nascosto delle docce del dormitorio. 'Sta volta
però, non ammicca, ma ghigna perfidamente, perché
non è più questione di decidere: non vi sono
strade alternative.
SeHun si chiede se
abbia davvero il coraggio di cogliere l'invito, ed il cuore gli balza
in gola. Tuttavia, la spinta finale non gliela fornisce uno slancio di
personale iniziativa o l'agonia della morte lenta in cui sta
scivolando. Lu Han geme appena, e nei suoi occhi sgranati, cerchiati da
profondi solchi neri, legge una preghiera taciuta ma non per questo
meno intensa.
Il suo corpo ha
assunto un' immobilità granitica. E' nudo, accoccolato su se
stesso in posizione fetale, come la prima volta che lo ha visto, come
un uomo viene al mondo, Lu Han se ne sta andando. Eppure, sul suo viso,
incavato e pallido, non vede che dolore, e sa che è ben
lungi dal conseguire l'agognata pace. La sua anima pare stillare dalle
labbra tirate, in sottili ma ininterrotti rivoli di sangue.
Così
SeHun trova la forza di tirarsi a sedere, e strisciando sul pavimento
viscido recupera l'oggetto. La consistenza ruvida della carta grezza
sulle dita lo fa rabbrividire. Per qualche ragione però, la
consapevolezza che quel foglietto costituisce il loro contratto di
morte, lo rassicura.
Quando raggiunge Lu
Han, questi emette un sonoro sospiro, e SeHun ha l'impressione che si
sia liberato di un demone.
-Lo vuoi, Lu Han?-
Mormora debolmente. E suona come una dannatissima proposta di
matrimonio. E sul viso di Lu Han compare l'ombra di un dannatissimo,
sconfinato desiderio.
Gli occhi di SeHun
saettano verso la camerata, colti da un' improvvisa
necessità di far sapere, di tramandare. Ed è
allora che colgono il nulla, e SeHun si rende conto, con sgomento, che
sono gli ultimi. Trattiene un singulto e deglutisce, poi stappa la
fiala e l'avvicina alla bocca di Lu Han.
Sa bene che un
milligrammo è più che sufficiente, ma dal momento
che sono al capolinea, desidera per lui una fine più
coincisa possibile. Così rovescia il piccolo contenitore, e
il liquido trasparente scompare tra le sue labbra sottili. Poi si
stende vicino a lui, ed intreccia il suo corpo con il proprio,
esattamente come ha fatto per i loro nomi, come se stessero per
abbandonarsi ad un sonno infinito.
Chiude la sua bocca
con la propria, e sente sulla lingua il sapore tiepido della morte.
Due delle
cinquantamila anime, sprofondano nel suolo di Haengyong.
Lo stesso suolo in cui rimarranno prigionieri gli spettri delle vittime
del campo ventidue, che avevano sperato nella pace, ancor prima di
scoprire che la speranza stessa è uno spettro, in un mondo
figlio della violenza, governato da uomini dal cuore di pietra che
giocano a fare gli Dei.
Lo chiamavano Campo ventidue, secondo Lu Han invece, era l'inferno. Ma Lu Han si sbagliava ed infatti si spegne in un agonia priva di significato, senza l'ombra di un contrappasso a fargli giustizia.
Fine.