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Autore: The_Guardian    12/05/2013    0 recensioni
A volte qualcosa non appare per quello che sembra. E’ il caso di una ragazza, Clare, che decide di andarsene dalla città in cui vive per seguire il suo sogno di laurearsi: Lazyer sembra perfetta, ma proprio quando tutto sembra filare liscio accade un fatto che segnerà per sempre la vita della ragazza. Senza accorgersene entrerà in un gorgo da cui non sarà più in grado di uscire e soprattutto dal quale non vorrà uscire, ma sebbene il Cuore tenti di redimere la Ragione, quest’ultima qualche volta vince la battaglia contro il Cuore e prende il sopravvento.
Una guerra che infuria da tempo immemore fra gli abitanti ignari; uno sfrenato desiderio di potere ed un’affettività che deve essere evitata. Gang, lotte, droghe, complotti, fumo, violenze…
Gangs si offre a voi: sarete capaci di uscire dal gorgo?
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Last Anges

 
Oltrepassò il parco giochi dei bambini, superò il vialetto del supermercato e scavalcò una rete di alluminio per poi ritrovarsi all’entrata dell’aereoporto. Entrò nella stazione e mostrò i suoi documenti alla signora del check-in una signora sui trent’anni con i capelli mori e una voce da donna alquanto boriosa. Clare passò il controllo biglietti e si avviò verso il check-in, mise la sua valigia sul nastro trasportatore ed oltrepassò il metal-detector senza problemi. Continuò la sua camminata verso la scaletta d’imbarco e consegnò il biglietto ad un uomo in giacca e cravatta che si dondolava sulle gambe. L’uomo osservò il biglietto e squadrò Clare con occhi di ghiaccio come se fosse contrario alla sua destinazione. Clare non ci fece caso, riprese il biglietto e s’imbarcò sull’aereo. Cercò il posto numero C9 - quello indicato sul suo biglietto - lo trovò e si sedette in attesa della partenza.
Esattamente alle 12:46 l’aereo accese i motori.
Iniziò la corsa sulla pista.
Prese velocità.
Si staccò dalla pista.
Salì sempre più in alto.
Clare guardava Sonniesburg rimpicciolirsi sempre di più. Cominciò a sentire un po’ di nostalgia, aveva passato tredici anni con zia Audrey e provava un po’ d’affetto verso di lei. A dire la verità le cominciava già a mancare un po’. Osservava la sua città allontanarsi. Stava per iniziare una nuova vita, avrebbe vissuto per quello che voleva veramente essere, sarebbe stata solamente se stessa. Guardando fuori dal finestrino scorse delle rondini volare nel cielo di mezzogiorno. Osservandole si addormentò con il sorriso sule labbra.
 
«Arrivo a Last Anges fra cinque minuti…»
Clare si svegliò di soprassalto sentendo quella voce. Guardò l’orologio. Erano le 18:42. Aveva volato per sei ore. Volse lo sguardo al di fuori del finestrino: che spettacolo meraviglioso! Last Anges si estendeva sotto i suoi occhi, una città grande e ricca di abitazioni una attaccata all’altra, enormi grattaceli sullo sfondo e piccole casupole di quartieri di periferia in primo piano: era semplicemente fantastico!
«Preghiamo i passeggeri di allacciare le cinture di sicurezza, inizieremo la manovra di atterraggio…»
Clare si allacciò la cintura e si resse ai braccioli del sedile.
L’aereo atterrò senza difficoltà. Clare si slacciò la cintura ed uscì dal portellone d’entrata dell’aereo. Scese dalla scaletta d’imbarco. Passò nuovamente nel metal-detector e riprese la sua valigia dal nastro trasportatore. Superò il check-in ed uscì dalla stazione.
Davanti a lei si manifestava una città ricca e piena di ragazzi della sua stessa età - cosa che a Sonniesburg non era presente. Era felice di essere in quella città. Aprì una tasca esterna della valigia e ne tirò fuori una mappa. La scrutò e la rigirò fra le mani per dieci minuti poi riuscì a trovare ciò che cercava. Osservò la strada davanti a sè e scorse le macchine che saettavano a velocità incredibile. Quando ne scorse una gialla urlò: «TAXI!» ed alzò un braccio.
Il tassì si fermò e dallo sportello dell’autista scese un ragazzo sui vent’anni con una casacca blu e una camicia bianca. Aveva gli occhi di un grigio penetrante ed capelli lisci e marroni. Si avvicinò a Clare, le prese la valigia e la caricò nel bagagliaio poi la fece accomodare nei sedili posteriori. Clare ringraziò ed entrò nel tassì. Il ragazzo chiuse lo sportello e si mise alla guida.
«Dove la posso portare signorina?» chiese.
«Periferia di Last Anges per favore.» ripose Clare.
«Quale signorina, ne abbiamo otto di periferie qui a Last Anges.»
«Otto?!»
«Sì, è una grande metropoli questa.» Clare riprese in mano la cartina.
«Vorrei un posto tranquillo, ma dove ci siano ragazzi della mia stessa età.» disse.
Il tassista rifletté un poco. «Credo che il luogo adatto sia la periferia ovest. Non è certo la più tranquilla, ma è piena di ragazzi giovani.» Clare guardò la carta, ma si accorse che non c’erano scuole in quella periferia.
«Dove vicino ci sia una scuola» aggiunse.
«Mmm…si fa complicata la cosa…» disse il tassista.
«La prego sono arrivata proprio oggi…mi dia una mano!» supplicò Clare. Il tassista sorrise leggermente.
«Allora quello che ci vuole per te è Lazyer!»
«Lazyer?!»
«Sì, è una città vicina a Last Anges che sembra essere rimasta una città tranquilla, solo che in questo periodo è stata influenzata dalla gente di Last Anges, oltretutto questa è una metropoli e in una metropoli tutto è influenzato. Non dovrebbe stupirla.» Clare osservò la cartina e notò che Lazyer aveva tutto ciò che le occorreva: alberghi, scuole e molte opportunità di svago. Sì, Lazyer era perfetta!
«D’accordo, vada per Lazyer quanto dista da qui?»
«Oh non molto…solo tre chilometri, ma se vuole posso farle fare il giro dentro Last Anges, anche se potrebbe esserci la possibilità di rimanere imbottigliati nel traffico.»
«No grazie, vada per la strada corta.»
«Come vuole signorina…»
«Clare, mi chiamo Clare.»
«D’accordo signorina Clare, si parte!»
Il tassista girò la chiave. Accese il motore. Ingranò la marcia e partì.
Clare vide sfilare davanti a sé grandi grattaceli e ville sontuose. Sì, si trovava proprio in una metropoli. Enormi grattacieli svettavano dalla strada verso il cielo dando l’impressione di essere infinitamente più insignificanti di quegli imponenti edifici. Estasiata dallo stupore, Clare non si accorse che stavano lasciando la città. Voltando lo sguardo in avanti vide una pianura piena di erba e fiori. Sembrava la tavolozza di un pittore astrattista. Campi di grano dorati di alternavano a sprazzi di papaveri e primule. Una stradicciola asfaltata tagliava la pianura curvando seguendo le dune del terreno. Percorsero la strada attraverso la pianura e giunsero in vista di una città. Sembrava Sonniesburg. Era formata da tante abitazioni di diverse tonalità di bianco ed una strada maestra divideva la città in due. Casupole a misura d’uomo si frapponevano ad altre più grandi. Un edificio marmoreo s’intravedeva a malapena dietro ad un palazzo grigio scuro. Il tassista fermò il tassì davanti ad un distributore di benzina.
«Siamo arrivati» disse «Questa e Lazyer!»
Clare scese dal tassì, ma fu preceduta dall’autista che le aprì la portiera e le scaricò la valigia. Clare prese la sua valigia e diede al tassista il prezzo della corsa più una mancia.
«Grazie mille signorina Clare.» Disse il tassista.
«Di nulla…»
«Brad»
«Di nulla Brad»
«Arrivederci signorina» Clare sorrise dolcemente  guardando il tassì che si allontanava.
Si voltò ed entrò nel bar del distributore di benzina. Un ambiente decisamente trascurato che odorava di benzina ed alcolici. Vi erano scaffali ovunque carichi di merendine e patatine e di fronte al muro opposto all’entrata vi era un lungo bancone. Dietro al bancone c’era un uomo sulla sessantina d’anni che tracannava un boccale di birra. Era grassottello e tozzo ed indossava una salopette blu degli anni cinquanta.
Sarebbe perfetto per zia Audrey. Pensò Clare ridendo sotto i baffi. Poi si avvicinò al bancone: era un bancone di faggio pieno di soprammobili e bottiglie di birra, dietro al bancone c’era una grande scansia contenente una miriade di bottiglie di svariati liquori e vini. Tutt’intorno era sporco e un acre odore di sudicio riempiva il bar.
«Mi scusi…» L’uomo si girò. «Sa dove posso trovare un albergo?» chiese Clare.
L’uomo fece una smorfia. «Ce ne sono tanti qui in giro trovatene uno!»
Che personcina presuntuosa!
Da una porta laterale uscì un ragazzo sui diciotto anni alto e magro. Aveva gli occhi grigio pietra ed i capelli biondi e riccioluti. Vestiva con abiti da meccanico e aveva le mani sporche di grasso ed olio motore.
«Papà non essere scortese come al solito!» sgridò il ragazzo.
«Io non sono presuntuoso! È questa ragazza che mi ha stuzzicato e, come dice il proverbio, mai stuzzicare il can che dorme!» rispose l’uomo grasso.
Il ragazzo guardò Clare. «Non farci caso fa sempre così! Che cosa cercavi?» chiese.
«Cercavo un buon albergo.» rispose Clare. Il ragazzo si pulì le mani con uno straccio e condusse Clare fuori dalla porta del bar.
«Vedi quell’edificio rosato?» disse indicando un edificio antico. «Quello è un buon albergo, ti consiglio di andare lì.»
Clare ringraziò il ragazzo e si avviò verso la direzione indicatole. Il ragazzo la salutò con la mano, Clare ricambiò il saluto e lui ritornò nel bar.
Clare era giunta proprio sotto l’edificio: era un palazzo color rosato molto alto e con il tetto di coppi rossicci. L’entrata era una porta scorrevole di vetro riparata da una tettoia decorata con edere e bucanville. Sopra alla tettoia c’era una scritta dipinta: Corner Hotel. Clare s’incamminò verso la porta che si aprì al suo passaggio. La sala che aveva davanti era decorata con carta da parati giallo ocra e divanetti rossi, non era una stanza molto grande: davanti a lei aveva un corridoio che sicuramente conduceva alle camere, verso destra si apriva una stanza che doveva essere la sala da pranzo, mentre sulla sinistra vicino al corridoio c’era un bancone di marmo e legno di faggio con incise le lette C e H intrecciate; dietro al bancone c’era un uomo. Doveva essere un uomo sui quarantatre o quarantaquattro anni: era alto e snello ed indossava una camicia bianca con una cravatta color giallo ocra e dei pantaloni rossi bordò, aveva i capelli biondi, lisci e lunghi che teneva legati in un codino dietro la nuca, portava un paio d’occhiali sottili sui quali si riflettevano i suoi occhi verdi. La sua aria gentile e pacata ispirava fiducia e cordialità.
«Buonasera, posso esserle utile» disse l’uomo con una voce calda e gentile.
Clare si avvicinò al bancone. «Vorrei una camera, sono arrivata oggi e vorrei un posto per dormire finché non trovo una sistemazione fissa»
L’uomo aprì un registro e scrutò una grande tabella di annotazioni e prezzi.
«Lei è fortunata signorina, è rimasta giusto una camera libera». Clare tirò un sospiro di sollievo.
«È la numero 9 signorina…»
«Clare…Clare Bronxy»
«D’accordo signorina Clare, ecco le chiavi della vostra camera» le porse le chiavi prese da una bacheca che conteneva le altre: era rimasta solo quella che era per lei. «Toglietemi una curiosità» continuò l’uomo «chi vi ha indirizzata qui?»
«È quel ragazzo del bar del distributore»
«Ah sì, Daniel» sembrò storcere la bocca «È sempre gentile con le ragazze, lascialo stare ce ne sono di meglio in questa città». L’uomo fece un lieve sorriso.
«Grazie…»
«Frederick, mi chiamo Frederick e sono il proprietario di quest’albergo»
«Grazie Frederick, mi vado a sistemare in camera»
«Fai con comodo Clare»
Clare sorrise ed entrò nel corridoio. Notò che al primo piano non vi erano stanze, ma solo una porta di una stanza dietro al bancone: sicuramente era la stanza che utilizzava Frederick per dormire. Salì una scala a chiocciola e si fermò al primo piano. Percorse un pezzo di corridoio finché non trovò la stanza numero 9. Aprì la porta con la chiave ed entrò nella stanza: non era molto grande, ma abbastanza da contenere una camera ed un bagno; di fronte alla porta vi era un letto addossato al muro dove si apriva una finestra con le tendine rosse, accanto al letto c’era un comodino di faggio; al centro della stanza vi era un tappeto con su scritto Corner Hotel. Volgendo lo sguardo verso sinistra, Clare vide una porta secondaria, vi entrò e vide un grande e bel bagno di color verde chiaro. Uscì dal bagno e si accorse che accanto alla porta del bagno stesso c’era un grande armadio di ciliegio. Appoggiò la valigia vicino all’armadio e si gettò sul letto, le lenzuola profumavano di rose ed erano calde ed accoglienti. Si lasciò avviluppare da quell’abbraccio morbido pensando a ciò che sarebbe stata la sua vita a Lazyer. Sognava una carriera ed una vita felice e piena d’opportunità. Sognava ad occhi aperti. Eppure le vene in mente la zia Audrey.
Scosse la testa e prese la valigia e l’appoggiò sul letto. L’aprì e iniziò a disfarla. La svuotò del tutto dividendo gli abiti: canottiere da una parte, felpe dall’altra, t-shirt verso destra, mutandine verso sinistra, vicino calzini e reggiseni, cappottini vicino alle felpe. Aprì una tasca interna e ne tirò fuori spazzolini, spazzole, creme e tutto ciò che poteva essere utile per l’igiene. Tirò fuori le scarpe e le mise vicino alla porta. Poi aprì l’armadio ed un gradevole odore di legno d’acero la travolse. L’armadio si divideva in quattro spazi: in basso c’erano due cassetti, sopra un piccolo scompartimento per le piccole cose, sopra ancora un grande spazio dove erano attaccate varie grucce infine in alto si trovava un altro scompartimento un po’ più grande del primo dove poter mettere più oggetti ed abiti.
Sistemò i cappottini e le felpe sulle grucce; le t-shirt e le canottiere nello scompartimento alto; ordinò le mutandine, i calzettoni ed i reggiseni nei due cassetti ed infine mise le scarpe nello scompartimento più piccolo. Da sopra il letto prese gli accessori per l’igiene e si avviò in bagno. Sotto al lavandino sottostante lo specchio c’era un piccolo comodino dove vi sistemò i vari oggetti, esclusi gli spazzolini e le spazzole che posizionò vicino allo specchio sul quale erano dipinte bellissime giunchiglie e rose rosse. Ritornò verso il letto e finì di svuotare la valigia da tutto quello che restava: il suo cellulare, la sveglia ed altre piccole cose che sistemò nel comodino vicino al letto. Infine tolse la valigia dal letto e la mise sopra l’armadio, in uno spazio tra il muro e il legno.
Guardò l’orologio. Era l’ora di cena. A pranzo aveva mangiato sull’aereo ed ora aveva molta fame. Uscì dalla camera, chiuse la porta, scese le scale ed arrivò nuovamente nella sala d’attesa. Salutò Frederick e si avviò verso la sala da pranzo: era una sala color ocra con tavolini di ciliegio e sedie con cuscini rossi. Aveva un’aria accogliente e calda. Sul fondo della sala vi era una vetrata dalla quale s’intravedeva la cucina. Un cuoco abbastanza grasso armeggiava fra le padelle. Si mise seduta in un tavolino vicino alla sala d’attesa ed aspettò l’arrivo del cameriere. Quando arrivò le porse il menù. Clare lo esaminò attentamente e alla fine decise di prendere una grigliata di verdure, un contorno d’insalata ed una fettina di vitello al sale. Mangiò tutto con gusto ed assaporò tutti i vari sapori di ciò che stava deglutendo. A fine pasto mangiò una mela e si alzò dalla tavola avviandosi in cucina. Fece i complimenti al cuoco: indossava un camice bianco chiazzato di macchie multicolore, il cappello alto lo identificava per il suo ruolo ed in mano reggeva un mestolo.
«La ringrazio» disse il cuoco «Io sono Lenny, il cuoco dell’albergo»
«Io sono una cliente, sono arrivata oggi e devo complimentarmi con voi per l’ottima cena»
«E’ il mio lavoro e lo eseguo con passione. La mia cucina sarà all’opera per tutti»
«Bene, ne sono felice» e sorrise dolcemente.
«Ora devi scusarmi, Clare, ma la cucina attende»
«Certo, Lenny e grazie» lo salutò con la mano. Il cuoco ricambiò e la congedò. Clare andò nella sala d’attesa. Frederick la guardò e le sorrise.
«Le è piaciuta la cena signorina Clare?» chiese.
«Sì, è stata molto buona!» rispose Clare sorridendo.
«Ne sono lieto, il nostro cuoco è famosissimo!»
«Sì, l’ho visto, anzi assaggiato…è veramente bravo!» Frederick sorrise compiaciuto. Clare guardò verso la sala da pranzo e salutò il cuoco che s’intravedeva dalla cucina. Il cuoco smise di friggere una spigola e salutò Clare.
«Sei appena arrivata e già ti conoscono quasi tutti qui dentro» disse Frederick.
«Beh, sono brava a socializzare con le persone»
«Si vede, ma perché sei venuta proprio a Lazyer? Che cosa cerchi?»
«Sa io…»
«Clare!» la interruppe Frederick «Accidenti dammi del tu! Non sopporto di essere visto come un aristocratico!»
«Va bene Frederick! Le…» poi si corresse «Ti dicevo che sono venuta in questa città perché vorrei continuare gli studi, nella mia vecchia città non mi è stato possibile. Vorrei prendere la laurea in psicologia»
«Avrai fortuna! Se sai socializzare così bene ci riuscirai di sicuro, ma qui non abbiamo una scuola di psicologia vera e propria. Dovresti provare a cercare una scuola dentro Last Anges. Ti consiglio di consultare la biblioteca di Lazyer, è molto ricca troverai di sicuro qualcosa»
«Ti ringrazio Frederick, domani ci andrò»
«Brava, così si fa! Ah come vorrei che anche mio figlio avesse continuato gli studi, ma d’altronde chi riesce a convincerlo quello!»
«Hai un figlio?» chiese Clare incuriosita.
«Sì, ha la tua stessa età, ma dopo la terza media ha deciso di abbandonare lo studio e di dedicarsi ad altro, ha una vera passione per la musica e sapessi come suona bene la chitarra elettrica!»
«Suona la chitarra elettrica?»
«Sì, ed è pure bravo!»
«Anch’io ho provato a suonarla, ma ho lasciato subito perdere ed ho continuato con lo studio»
«Brava! Mio figlio non è proprio il tipo da mettersi a studiare!» Clare sorrise e Frederick la guardò mettendo in risalto il candido dei suoi denti.
«Credo proprio che mi farò una passeggiata digestiva» disse Clare. Frederick balzò di colpo.
«Vuoi…vuoi fare una passeggiata?! A Lazyer?! Di notte?!» disse Frederick preoccupato.
«Perché?» Frederick abbassò lo sguardo. «A Lazyer di notte succedono cose orribili, se non si è attenti si rischia di essere coinvolti!»
«Tranquillo Frederick!» rassicurò Clare «Starò attenta!»
«Non basta che tu sia attenta…devi essere molto attenta!» Clare rifletté un attimo. Per un momento ebbe quasi paura  a lasciare l’albergo, ma poi decise di voler uscire.
«Sta tranquillo Frederick! Non preoccuparti!» lo rassicurò lei uscendo dalla porta. Frederick la guardò uscire, ma sui suoi occhi verdi si dipinse un’espressione preoccupata.
   
 
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