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Autore: aranceeno    17/05/2013    2 recensioni
In questa storia parlo dei Pink Floyd di fine anni 60. E' Roger Waters che parla in prima persona. A partire da questo capitolo comincia la storia che lo porterà a sostituire Syd nella band. E' una sorta di piccola ricostruzione della storia dei Pink Floyd. Le cose che scrivo sono frutto della mia immaginazione. Sfrutto ciò che so di loro per fare una mia ricostruzione personale.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Non sapevo dove mi trovassi. Era un corridoio buio, forse era casa di Syd. Non ne ero sicuro. Continuavo a camminare nella speranza di trovare una via d’uscita, avevo bisogno di aria. Quel corridoio era così stretto e claustrofobico.
Passai accanto a una porta che portava in una stanza dalla quale si sentivano dei gemiti. Sembrava il pianto disperato di un bambino.
Aprii piano piano la porta e vidi un ragazzino magro e dai folti capelli ricci che gli dondolavano davanti al viso pieno di lacrime. Era rannicchiato su sé stesso in un angolino, con le spalle a muro e si teneva le gambe strette al petto. Continuava a singhiozzare e a lacrimare per chissà quale dolore o dispiacere.
Si voltò verso di me e mi guardò. Riconobbi i suoi grandi occhi scuri che emanavano la dolcezza del suo animo infantile e innocente. Brillavano nonostante le lacrime.
-Amico mio.. Perché?
Mi gridò con la voce che tremava per il pianto, guardandomi negli occhi in modo che riusciva a spezzarmi il cuore.
-Nessuno vuole più avermi attorno.
Cominciai a tremare e tentai di avvicinarmi a lui per abbracciarlo, anche se i miei movimenti erano troppo pesanti e difficilmente riuscivo ad arrivare dove era.
Sentivo l’irrefrenabile bisogno di stargli accanto, di abbracciarlo e di consolarlo. Di fargli capire che lo stavo facendo per il suo bene e che non volevo fargli del male.
Piangeva per colpa mia. Come potevo fargli una cosa del genere?
-Syd.. sYD!

 
Aprii gli occhi di scatto rimanendo immobile. Fissai il soffitto della mia stanza in silenzio. Il sole era ormai alto e i suoi raggi illuminavano le pareti dell’ambiente. Dovevano essere le 11 del mattino.
Ero ancora sdraiato sul tappeto, accanto a Syd che russava. La testa mi girava per via della canna della sera prima.
Era tutto normale, come lo avevo lasciato prima di addormentarmi. Tirai un profondo sospiro di sollievo.
-Era solo un sogno.
Sussurrai a me stesso, come per rassicurarmi.
Mi misi su un fianco per osservare meglio il volto addormentato di Syd. Aveva dei lineamenti così dolci, sembrava proprio un bambino. Quasi quasi mi sembrava il vecchio Syd di una volta. Quello che rideva e scherzava con tutti, il tipo eccentrico che sapeva attirare il pubblico con i suoi modi psichedelici di suonare nei pub.
All’improvviso sentii come un nodo in gola e la mia mente entrò in subbuglio, invasa da mille ricordi di un passato che sembrava ormai lontano e perduto.
 
-Che cosa ci fai di nuovo qui?
-No, fai finta che non esisto, mi piace come suoni il basso. E’ rilassante.
-Se mi devi prendere in giro, puoi anche risparmiare fiato e andartene.
-Dico davvero.
Avevo 17 anni e lui 14. Cosa voleva da me? Per non stava con quelli della sua scuola?
Continuavo a suonare senza fare caso a quel ragazzino che abitava vicino alla villetta che avevo affittato. Aveva un modo strano di approcciarsi con gli altri. Basti pensare che avevamo fatto amicizia solo perché ogni giorno, da  quando mi ero trasferito a Cambridge per l’università, si sedeva sul davanzale della finestra della mia stanza e mi ascoltava suonare il basso. Era ormai da qualche settimana che andava avanti così. All’inizio pensavo che si comportasse come un bambino solo per prendermi in giro, ma poi mi resi conto che era il suo vero carattere e che si comportava così con tutti. In fondo era un tipo allegro e non era nemmeno tanto fastidioso.
In confronto a lui io ero un po’ più aggressivo e risultavo antipatico agli altri. Per questo non mi relazionavo facilmente con le persone che frequentavano la mia università. Syd ci riusciva alla perfezione. Ma preferiva stare lì, seduto sul davanzale della finestra della mia stanza a guardarmi mentre suonavo.
-Dai, su entra.
 
Un giorno si presentò con la sua chitarra acustica.
-Che cosa pensi di fare?
-Dai, facciamo un duetto. Ti va di imparare alcune canzoni che ho scritto?
-Ma l’hai comprata solo qualche settimana fa e hai già scritto le TUE canzoni?
-Ti prego! Ti piacerà!
All’inizio l’idea non mi piacque, ma preferii provare, tanto per farlo contento. Aveva tante persone attorno a lui, anche a scuola, perché si ostinava a stare con me che non ero assolutamente come lui ed ero per di più antipatico?
Però suonando insieme a lui mi accorsi che c’era qualcosa che andava tra noi. Ci sapevamo intendere, andavamo a tempo insieme. C’era una certa intesa nel modo in cui picchiavamo a tempo le corde dei nostri strumenti. E lui era anche molto bravo.
Era fantastico suonare con lui. E la musica che scriveva, anche se i testi erano bizzarri, era davvero bella e affascinante.
-E’ bello suonare con te, Rog! Posso chiamarti Rog vero?
-Ehm, certo..
Ormai dopo alcuni mesi, mi ero abituato ai suoi modi di fare. Era davvero simpatico, ma molto immaturo.
Come tutti noi del resto. Tutti fumavamo hashish in quel periodo, anche se tra le nuove generazioni, soprattutto quella di Syd, andava di moda provare anche le droghe pesanti.
 
-Ti infastidisco?
-Non avrebbe più senso dirtelo ora, dato che ormai ci frequentiamo da mesi.
-Scusa Rog, è che mi piace avere nuovi amici e tu sei così diverso dagli altri!
-E’ un complimento?
-No Rog, davvero! Se ti infastidisco dimmelo. Non verrò più a casa tua.
Lo guardai negli occhi. Aveva lo stesso sguardo di un bambino. Era lui quello diverso e lo sapevano tutti. Aveva una mente geniale a mio parere.
-Dai Syd, prendiamoci una birra.
-Ma ho 14 anni!
-Hai 14 anni, una fidanzata, provi la droga e non bevi birra?
-Va bene, prendi una bottiglia pure per me.

 
E ora era lì, disteso accanto a me, il volto ormai cupo e le borse sotto gli occhi.
Non aveva più la stessa vitalità che aveva quando lo avevo conosciuto. Era cambiato. La droga lo aveva stravolto, aveva cambiato i lineamenti del suo viso e distrutto quel bambino che aveva in sé, rendendolo aggressivo e più chiuso.
E la sua musica e i suoi testi erano cambiati radicalmente, proprio come era cambiato lui. Sentivo il suo malessere e il suo bisogno di solitudine tra le note e le parole delle sue canzoni.
Ormai parlava solo con me.
Anche per questo non volevo cacciarlo dal gruppo. In fin dei conti aveva solo bisogno di qualcuno che lo capisse. Spesso mi diceva che aveva paura che lo abbandonassi e che aveva bisogno di me come aveva bisogno di suo padre. Ripensare a quelle parole mi faceva entrare in crisi con me stesso. Io gli stavo sempre accanto. Sin da quando lo avevo conosciuto non gli avevo mai negato la mia compagnia, ma quando lo avremmo cacciato davvero dal gruppo come avrebbe reagito? Avrebbe capito che continuando in quelle condizioni i Pink Floyd si sarebbero estinti?
D’un tratto aprì gli occhi e mi fissò. Mi irrigidii, preoccupato. Credevo che avesse sentito i miei pensieri, tanto eravamo vicini. Poi sorrise, i denti dritti e splendenti, molto meglio dei miei.
-Buongiorno fratello! Che bello, rimasto a sognare accanto a me!

"Fratello, mi accetterai lo stesso, anche se mi faccio di trip?"
"Certo Syd"
"Lo sai, a volte mi ricordi mio padre"

Io rimanevo in silenzio e tiravo un'altra boccata di fumo dalla sigaretta.
  
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