Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Ginny85    08/12/2007    11 recensioni
Inverno, 1995. Ninfadora Tonks, neo-Auror in fase d’addestramento, una mattina incappa quasi involontariamente nel suo superiore, Remus J. Lupin. Affascinata dal suo misterioso atteggiamento e dall’orribile segreto che il mago si porta dentro, Ninfadora decide di giocare il tutto per tutto per aiutarlo, finendo per mettersi in una delicata situazione. Specie se l’uomo di cui si è infatuata è un pericoloso Lupo Mannaro. Specie se il suo passato nasconde un altro segreto, ben peggiore, un nodo che Remus non è ancora riuscito a sciogliere. Riuscirà a lasciarselo alle spalle una volta per tutte e ad accettare i suoi veri sentimenti?
Genere: Romantico, Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Quando si scrive la parola "Fine" in un racconto si prova sempre una strana sensazione... di stordimento. Come se non ci rendesse ancora conto che è davvero finita. Ecco perchè non spenderò tante parole nel lasciarvi alla lettura dell'ultimo (ultimo!) capitolo, più un breve epilogo. Solo una cosa: prima di lanciare le bombe a mano aspettate di leggere almeno le mie note finali ^_^

Buona lettura!


Parte quattordicesima: La mia Luna

Nulla è più ingannevole del credere di essere amati.
– F. L. Rochefoucald.


Londra, Gennaio 1996.

Il nuovo anno aveva portato con sé un soffio d’aria burrascosa ma ben accetta in città. Con un sol colpo il vento del nord aveva spazzato via il mite autunno, come il ricordo stinto di una vecchia fotografia dimenticata in fondo al cassetto.
Ninfadora Tonks pareva essere appena venuta fuori da un vortice convulso di impegni mondani che negli ultimi tempi le avevano impedito di frequentare con la solita assiduità Grimmauld Place numero dodici. Fare visita al suo cugino preferito che non vedeva “da secoli” – testuali parole di Sirius nell’ultimo gufo che le aveva mandato – di recente era diventato misteriosamente difficile per lei, per motivi che non erano ben chiari a nessuno. Sirius ovviamente, da bravo Malandrino in pensione, non mancò di farlo notare alla diretta interessata, la grigia mattina di gennaio che la vide ripresentarsi sulla soglia dell’antica residenza con un regalo a sorpresa per il suo cugino preferito: un libro illustrato sugli Ippogrifi e le loro abitudini. La riconoscenza di Sirius ben presto venne soppiantata dal familiare accento ironico e accattivante, mentre lui se ne stava elegantemente stravaccato in poltrona, sorseggiando un calice pieno fino all’orlo di Fire Whisky riserva speciale.
“Pensa Dora, proprio ieri stavo per chiedere a Moody di organizzare una squadra di ricerca in tuo onore. Cominciavo seriamente a sospettare che tu fossi caduta in servizio.”
“Te l’ho detto cugino, i turni di guardia sono aumentati di recente...”
“Ho controllato il programma. Li hai saltati quasi tutti e l’ultimo che ti sarebbe toccato risaliva a dieci giorni fa.”
“Ho avuto molto da studiare...”
“Ma se hai sostenuto il test magico la settimana scorsa e sei stata promossa Auror a tutti gli effetti!”
“Sai meglio di me che un Auror continua a studiare anche dopo la designazione,” la voce di lei cominciò a farsi alterata. “E poi, per quanto possa sembrare incredibile, sono andata a trovare mio padre in ospedale.”
“Ted è uscito dal S. Mungo...”
“Hai intenzione di farmi un processo in piena regola, per caso?” esclamò Tonks, rischiando di rovesciare il tè bollente su tutto il tappeto confezionato personalmente dalla trisavola di Sirius, famosa per la sua indole sanguinaria. “Sarebbe forse troppo per te accettare una scusa qualsiasi?”

C'è un principio d'ironia
Nel tenere coccolati
I pensieri più segreti
E trovarli già svelati
E a parlare ero io
Sono io che li ho prestati

Sirius ghignò al fondo del suo bicchiere tristemente vuoto, con l’aria serafica di chi sta pensando: “Visto che avevo ragione io?”.
La ragazza in stravagante abito arancio a quadri, capelli intonati lunghi fino alle spalle, smise di trafiggerlo a morte con lo sguardo e scosse il capo, facendo tintinnare gli appariscenti orecchini. Si mise a giocherellare con le frange ornamentali del divano, e ostentando il tono più naturale del mondo dopo un po’ chiese:
“A proposito, è successo qualcosa di interessante mentre ero via?”
Suo cugino le donò un lungo sguardo serio e indecifrabile. La sua risposta lo fu un po’ meno.
“Preferisci una risposta generica o vuoi sapere nei dettagli cos’ha fatto Remus nel frattempo?”
“Sir!”
Il tono di Tonks aveva le vaghe sfumature della rassegnazione più profonda. Il suo viso, e di conseguenza i suoi capelli, avevano assunto quelle colorite e vivaci di un pomodoro maturo.
“Per la cronaca, non m’interessa un ficosecco di quel... quel...”
“Se cerchi un aggettivo che possa identificarlo adeguatamente, ne conosco due o tre davvero azzeccati, ti assicuro...”
“Grazie, ma preferisco evitare di conoscere le tue parole ‘azzecate’. Tanto più che quello non ha mai chiesto mie notizie mentre ero segregata in casa a sorbirmi le crostate di ciliegie di Molly e gli antibiotici di mia madre, perciò non vedo proprio come possa importarmi...”
Sirius si strinse nelle spalle.
“Come vuoi. In ogni caso Remus sta splendidamente e malgrado la veniente luna piena è piuttosto in buona salute. A proposito, dovrebbe essere qui da un momento all’altro.”
Tonks non ebbe nemmeno la forza di replicare quella manifestazione di sfacciataggine gratuita, malgrado la bocca spalancata a mò di baccalà. C’era da dire che il suo controllo psico-emotivo negli ultimi tempi stava gravemente rischiando il collasso. Inoltre, quello “splendidamente” pronunciato con grande leggerezza da Sirius l’aveva turbata non poco.
Visto? Che cosa ti aspettavi, sciocca?
“Grazie tante, cugino,” borbottò. Collocò la tazza sul tavolino con tale veemenza che il liquido zampillò un po’ dappertutto, e fece per alzarsi. “Ti ringrazio per il tè, ma adesso devo proprio andare.”
Mosse qualche passo verso la porta, quando quest’ultima si aprì all’improvviso. La persona che accompagnava la maniglia si bloccò sulla soglia. Il tempo scandito dall’orologio secolare, l’aria frizzante di gennaio, i battiti insulsi del suo cuore e la polvere che infestava la casa persino, tutto quanto intorno a loro divenne in quel momento come sospeso. Del tutto trascurabile.
“Ciao Rem,” salutò laconico Sirius, il primo a rompere il silenzio mortale.
Poi si alzò e dicendo qualcosa a proposito di Fierobecco e della sua solitudine lasciò il soggiorno, con una disperata Ninfadora Tonks che avrebbe voluto semplicemente strangolarlo.

C'è un principio di allegria
Fra gli ostacoli del cuore
Che mi voglio meritare
Anche mentre guardo il mare
Mentre lascio naufragare
Un ridicolo pensiero

Invece di rincorrere Sirius per ucciderlo rimase immobile dov’era, odiandosi per l’espressione sciocca che sicuramente doveva avere in quel momento. Lui sembrò rendersene conto, perché abbozzò un sorrisetto divertito.
Merlino santo!, pensò lei arrossendo. Perché parlare era diventato all’improvviso così maledettamente complicato?
Dimenticando la delusione e infrangendo tutte le regole che si era auto-imposta allo scopo di preservare la sua sanità mentale, Tonks si tuffò in quello sguardo lasciandosi carezzare da esso, dai suoi occhi così scuri.
Era andata a cercarlo il giorno stesso in cui si era ripresa abbastanza da convincere sua madre a lasciarla uscire. La febbre era scesa e dopo il periodo di convalescenza il Guaritore di famiglia le aveva assicurato che sarebbe stata meglio di prima. In realtà era rimasto perplesso vedendo le sue ferite ed educatamente le aveva chiesto se avessero dei cani in casa, o qualche altro genere di bestie. Tonks si era limitata a raccontargli un’avventura piuttosto inverosimile svoltasi in un canile babbano – la stessa che aveva propinato a tutti gli altri – storia a cui il suo interlocutore non aveva creduto, ma grazie alla quale aveva smesso di farle domande imbarazzanti.
Voleva guarire in fretta, cercarlo e spiegarsi. Sapeva di aver sbagliato a tenergli tutto nascosto e che Remus cocciuto com’era non ne sarebbe stato affatto contento, eppure non era riuscita ad essere sincera fino in fondo con lui. Forse perché troppo spaventata all’idea di perderlo. Spesso nel terrore di rimpiangere un amore perduto o inconfessato si compiono gesti davvero sciocchi. Tonks l’aveva capito, quando ormai era troppo tardi. Poteva solo sperare di rimediare al danno.
Si era recata a Grimmauld Place numero dodici con l’animo in subbuglio e il cuore incastrato in gola, chiedendo di lui a chiunque incontrasse. Poi aveva scoperto la verità.
Alastor “Malocchio” Moody l’aveva informata senza troppo calore che Lupin era impegnato in un’innocua missione diplomatica al Ministero della Magia e che per questo motivo mancava già da tre settimane a Grimmauld Place numero dodici. Tre settimane. Esattamente il tempo che lei aveva trascorso lontana dall’Ordine.
Sarebbe stato stupido non ammettere quanto si fosse sentita... no, non trascurata. Sola. Non era da Remus Lupin ignorarla così, come se lei non esistesse su questa terra.
Le era mancato da morire. Per un attimo, guardandolo, Tonks desiderò solo renderlo partecipe di quel suo sentimento, di quanto la sua presenza fosse diventata rassicurante per lei. Ironico, pensò. Solo un mese prima si era detta pronta ad aiutarlo a superare tutti suoi demoni, mentre ora era lei quella che non sarebbe riuscita ad andare avanti senza, che aveva bisogno del suo aiuto.
Devo sapere.
La conversazione ristagnò per diversi istanti, finché il mago non decise di mettere al bando l’indecisione facendosi avanti con encomiabile disinvoltura e liberandole il passo.
“Ciao, Tonks. Ti trovo bene.”
Il suo tono era normale, traboccava tranquillità come se nulla fosse accaduto.
“Ci vediamo dopo un mese e non sai dirmi altro?” avrebbe voluto chiedergli, ma si morse la lingua per impedirselo. Merlino, se era irritante!
Tonks ricambiò con uno spasmo nervoso dell’angolo delle labbra che avrebbe dovuto assomigliare ad un sorriso di circostanza. Non riuscì a fare di meglio, con suo grande sdegno.
Aveva pianto troppo, aveva permesso troppo a lungo che il tarlo del suo pensiero la corrodesse, nella solitudine delle veglie notturne. Le ferite causate dagli artigli del Lupo che le erano costate tutto il suo disprezzo non erano nulla in confronto a quelle causate dall’uomo, che bruciavano ancora.
“Trovo bene anche te,” dichiarò, forse un po’ troppo rigidamente per i suoi gusti.
“Grazie.”
Lei si passò frettolosamente una mano fra i capelli tendenti all’opalino.
“Così, vivi di nuovo a Grimmauld Place...”
“Già. Considerato che trascorro più tempo qui che altrove ho deciso di accettare ancora una volta il gentile invito di Sirius e chiudere l’appartamento a Queen’s Road.”
“Capisco.”
Tonks non aggiunse altro. Era lampante che non fosse solo quello il motivo, glielo si leggeva in faccia; ma non ebbe il coraggio di chiedergli ulteriori spiegazioni e d’altronde sarebbe stato più giusto lasciare a lui il compito di fornirgliele, se mai lo avesse voluto. Peccato che il loro rapporto di recente si fosse come arenato su una spiaggia abbandonata e seviziata dai flutti.
“Io stavo andando via...” disse di punto in bianco, senza sapere bene perché desiderasse allontanarsi dopo aver cercato così disperatamente di rivederlo.
Lupin la stupì rivolgendole uno sguardo più che affabile, come ai vecchi tempi.
“Ascolta, perché non resti con noi per la cena? Kreacher sarebbe felice di tentare di avvelenare anche il tuo piatto.”
“Io, veramente...”
La strega si mise a scrutare il pavimento come se stesse cercando qualcosa che aveva smarrito e a cui teneva molto. Era certa che se avesse alzato gli occhi adesso, lui sarebbe rimasto talmente spiazzato dalla forte emozione che vi albergava da essere sospinto indietro da una forza invisibile. Cosa doveva fare? Cedere alla tentazione e rimanere per pendere dalle sue labbra, accarezzare di nascosto con gli occhi e col pensiero il suo profilo assorto mentre parlava, labbra, mani… seppur per una sera, una soltanto, avrebbe significato rendere inutili tutti i suoi sforzi di dimenticarlo. Ne era sicura. Voleva sapere. Ma nello stesso tempo, aveva paura. Paura di ciò che lui avrebbe potuto dirle.
“Non posso, io... devo andare. Proprio così… Sir mi ha gentilmente concesso di visitare la sua biblioteca per cercare un testo che mi occorre per le mie ricerche, e dopo toglierò subito il disturbo.”
“Come vuoi.”
Senza fare una piega Lupin le sorrise ancora – Merlino, non ricordavo che il tuo sorriso fosse così... meraviglioso – scatenandole una reazione chimica travolgente che si risolse in due chiazze rosso fragola sulle gote e capelli bordeaux.
Autocontrollo, Tonks!
“Ci vediamo... mi ha fatto molto piacere rivederti, Remus.”
“Anche a me, Dora.”
Lei lo superò con passo pesante, mentre il mago restava dov’era, privo di reazioni. Il tragitto fino alla porta le sembrò il più lungo e penoso della sua vita.

Quante cose che non sai di me
Quante cose che non puoi sapere
Quante cose da portare nel viaggio insieme

***

Non aveva mai amato le biblioteche. In verità anche ai tempi di Hogwarts non era mai stata molto portata per lo studio e l’idea di trascorrere un intero pomeriggio rinchiusa tra quattro mura impregnate di muffa e conoscenza – un’accoppiata micidiale per lei – non le sorrideva affatto. Purtroppo però Moody era stato irremovibile nella sua richiesta di presentargli una ricerca sugli Anatemi Oscuri entro la settimana.
L’ambiente era tranquillo e silenzioso. Nell’immenso camino in marmo, il fuoco acceso disegnava pigri arabeschi sulla parete di fronte. Fuori, la finestra mostrava una notte incredibilmente stellata, fredda.
Tonks era accoccolata sulla poltrona, gli occhi chiusi e il capo reclinato beatamente da una parte, il libro abbandonato in grembo e svariati altri testi sparsi tutt’intorno sul pavimento, aperti come farfalle stramazzate in volo.
Entrando nella stanza per accertarsi che tutto fosse in ordine, non poté fare a meno di osservarla in silenzio per qualche istante, quindi soffocare un sorriso rassegnato.
Così è questa la sua idea di fare ricerche...
Il mago si accostò, ben attento a non compiere il minimo rumore e delicatamente recuperò il libro che Tonks stringeva tra le braccia come un cuscino, appoggiandolo sul tavolo. Poi, utilizzando la bacchetta magica fece apparire una coperta riscaldata e gliela appoggiò sulle spalle con cura estrema.
Improvvisamente la testa di Tonks ciondolò da una parte e un ciuffetto di capelli rosa le finì di fronte agli occhi chiusi. L’uomo esitò, fermo a pochi centimetri dal suo viso. Poi, contrariamente a tutti i suoi buoni propositi, lo fece: alzò una mano e le accarezzò una guancia e la fronte, rimettendo così il ciuffo al suo posto.
Sussultò atterrito quando lei si mosse ancora nel sonno. Si era voltato e stava già guadagnando la porta, quando una voce familiare si diffuse nella stanza:
“Credevo saresti venuto almeno una volta a trovarmi.”
Un’ombra passò negli occhi di Remus Lupin che rimase voltato, rifiutandosi di guardarla, i pugni ben stretti sotto il mantello scuro. “Lo so. Mi dispiace.”
“Ti dispiace?” mormorò Tonks, ormai completamente sveglia e dritta sulla poltrona. Si accigliò irrigidendosi un poco, ma la sua voce restò morbida, quasi conciliante, a dispetto del doloroso nodo alla gola che la soffocava. “Non hai nient’altro da dirmi, Remus?”
Il mago scosse il capo, sempre impegnato a fissare gli antichi intarsi d’intonaco sulla parete invasa dalle lingue di fuoco.
Tonks si alzò e gli girò intorno fino a trovarsi di fronte a lui. Allungò il braccio abbastanza da riuscire a sfiorargli la mano calda; poi però la ritrasse, notando l’espressione diametralmente opposta di lui. “Sei arrabbiato ancora con me per quella sciocchezza?” chiese, seria.
Lupin scattò come una molla, finalmente guardandola. “Sciocchezza? Ti ho quasi ucciso, Tonks! E colui che credevo un amico te lo ha lasciato fare!”
“Non è una ragione valida per non farti più vivo,” ribatté lei. “Né tu né Sirius avete colpa in quella storia, visto che è stata una mia idea. Sapevo cosa stavo facendo, anche se forse tu non mi ritieni abbastanza adulta.”
“Non essere irragionevole,” ribatté l’uomo. “Sai meglio di me che non è una questione d’età...”
Tonks si mise a braccia conserte.
“D’accordo, allora vuoi farmi il favore di rivelarmi qual è la questione? E’ per il fatto che ho detto di amarti? E’ questo che ti sconvolge tanto?”
Lupin trasalì, e Tonks seppe di aver fatto centro. Scrollò il capo aranciato, sospirando.
“Oh Remus, a volte sei talmente ingenuo! Non pretendo certo che tu ricambi i miei sentimenti. Hai tutto il diritto di non volermi bene quanto me.”
“Ma io ti voglio...” cominciò il mago però poi si bloccò, pallido e a disagio. “Per me sei molto importante, Tonks...”
“Ma?” lo incitò lei a proseguire, rabbrividendo interiormente per il gelo mortale che si era impossessato del suo corpo.
Remus Lupin la guardò afflitto e per un attimo non riuscì ad andar oltre, sentendo che il momento era giunto. Il momento che più odiava e allo stesso tempo anelava. Sapeva fin dall’inizio che sarebbero arrivati a quel punto. Era la cosa giusta, la più ragionevole. Anche se il suo cuore ne sarebbe uscito calpestato e sanguinante, anche se lo avrebbe odiato per questo, doveva andare avanti.
Non piangere...
Adesso, pensò la giovane donna trattenendo il respiro, in attesa. Adesso era giunto il momento di comportarsi da persona adulta. Basta tentennamenti, basta capricci. Per la prima volta nella sua vita, Ninfadora Tonks avrebbe aperto il suo cuore a qualcuno senza preoccuparsi delle conseguenze, senza celare il suo sentimento, lasciando che quest’ultimo le scorresse attraverso le labbra bagnandole come uno sciroppo dolcissimo, ma nel contempo dichiarandosi pronta ad accettare con serenità la sua risposta: qualunque fosse stata. Se Remus non avesse più voluto sentir parlare di lei, se avesse disatteso la sua fiducia con un rifiuto garbato ma definitivo, lei avrebbe semplicemente rispettato il suo desiderio.
Non piangerò.
E stavolta sarebbe stato per sempre, senza nessun rimpianto.
Nessun rimpianto... Ne sei davvero sicura, Tonks?
Quando parlò, la sua voce risuonò fresca e determinata.
“Mi ami o no? Se non mi ami devi dirmelo in faccia, Remus. Sii sincero con me, e con te stesso. Basterà una parola, una soltanto, e io l’accetterò qualunque essa sia. Te lo prometto.”
Per un istante il mago si sentì come se il mondo stesse sgretolandosi ai suoi piedi, e lui con esso. L’aria si era fatta irrespirabile. Tonks era immobile di fronte a lui, bellissima con le gote arrossate e quel ciuffo perennemente fuori posto che le sfiorava la fronte senza che se ne curasse. Aspettava. Aspettava lui. E scavando in quegli occhi azzurri che nulla chiedevano se non sincerità e amore Remus Lupin seppe, finalmente, cosa doveva fare.

C'è un principio di energia
Che mi spinge a dondolare
Fra il mio dire ed il mio fare
E sentire fa rumore
Fa rumore camminare
Fra gli ostacoli del cuore

Quante cose che non sai di me
Quante cose devi meritare
Quante cose da buttare nel viaggio insieme

***

Epilogo



La vita fa strani scherzi, a volte. Ti mette di fronte ostacoli che sai già di non poter superare. Forse perché non sei ancora abbastanza forte, o folle, o avventato, per chiudere gli occhi, prendere la rincorsa e saltare. Solo perché non è il momento giusto.
Ma prima o poi quel momento arriverà, arriverà senz’altro, e allora... allora semplicemente saprai di poterlo fare.
Salterai. E il tuo cuore, ubbidiente, ti seguirà.

***

Villaggio di Hogsmeade.

Una notte limpida e stellata si estendeva al di là della staccionata che dava sulle nebulose colline inglesi. Mancavano pochi minuti alla mezzanotte. Una sagoma solitaria e un po’ malinconica sostava in piedi sulla soglia della spettrale costruzione chiamata Stamberga Strillante. Aspettava, sola. Una giovanissima luna piena giaceva occultata tra le nuvole grigie che intralciavano il cielo, ancora troppo timida per uscire allo scoperto.
Il mago chiuse gli occhi, lasciando che il vento concedesse un po’ di respiro alla pelle riarsa e alle ossa doloranti. Le fitte erano aumentate negli ultimi minuti, come succedeva ad ogni plenilunio. Stavolta però sembrava stranamente ansioso di essere liberato, di poter correre libero. Non avrebbe potuto domarlo ancora per molto.
A malincuore, pensò che solo qualche mese prima sarebbe riuscito a trattenere i suoi istinti molto più facilmente, forse perfino con più convinzione. Ma troppe cose erano cambiate negli ultimi tempi ed egli stentava persino a riconoscersi quando si guardava allo specchio.
Quelle parole gli risuonarono per l’ennesima volta nella testa pulsante.
“Mi ami o no? Se non mi ami devi dirmelo... Basterà una parola, una soltanto, e io l’accetterò qualunque essa sia. Te lo prometto.”
Lupin serrò le labbra livide nel rievocarla, sperimentando un tipo diverso di fitta al petto, che bruciava di più. Ripensò a quello che aveva fatto e per l’ennesima volta si domandò se aveva agito nel mondo migliore. Sapeva di essere nel giusto. Nella sua risposta si racchiudeva la possibilità di salvarla da un futuro orribile. Doveva solo rispondere. In fondo era solo una parola, anzi meno. Era solo un “No”. E’ così difficile dire “No”?
Oh, eccome se lo era. Dirlo era stata la cosa più difficile della sua vita.
Lei non aveva pianto. Non lo aveva insultato, né aveva strepitato. Del tutto follemente, gli aveva rivolto un sorriso. Così lui aveva capito che si era già preparata al peggio, che dopotutto se lo aspettava. Si era odiato molto per questo perché dietro quel sorriso ipocrita lui le aveva viste ugualmente, le lacrime: sottili come punte di frecce mentre scavavano nel suo cuore, dilaniandolo.
"Mi ami o no?"
Perché era sempre così difficile fare quello che è giusto? Perché non poteva essere così per tutto quello che è sbagliato, magari, per ciò che fa male, che provoca la morte delle persone? Alla sua domanda avrebbe dovuto guardarla e rispondere con tutta la gentilezza che sapeva di poter esprimere quel dannato “No”.
Invece non l’aveva fatto.
Si era limitato a restare in silenzio per un tempo esasperatamente lungo poi, senza risponderle, si era voltato e aveva lasciato la biblioteca.
Non avevano più affrontato apertamente l’argomento da quel giorno. Il tempo era passato e loro due incredibilmente erano tornati a trattarsi come una volta, calorosamente e amichevolmente. A volte bisticciavano perfino, con immenso godimento di Sirius.
Tutto sembrava essere tornato come prima ma nulla poteva essere più lontano dalla verità, per Remus Lupin. Il ricordo di lei lo aveva inseguito, braccato, tormentato durante i giorni e le notti trascorsi nell’inutile tentativo di dimenticare quel che era stato, di sopprimere la tenerezza e la complicità che si erano venute a creare a dispetto di ogni comune convenzione.
Tuttavia egli sentiva quella sofferenza necessaria, inoltre che era il solo a meritarsela. Lui era un assassino, aveva già ucciso in passato e poteva farlo ancora. Non aveva attenuanti, poteva solo vivere sperando di pagare presto per i suoi crimini. Non c’era posto nella sua vita per quel vento purificante, per quella libertà chiamata amore. Non c’era posto per lei, nella sua vita. Non perché non la considerasse all’altezza, tutt’altro. Ma riconoscere in Tonks la persona che probabilmente poteva sottrarlo da se stesso, da quello che era diventato, era un pensiero che lo ravvivava e terrorizzava al tempo stesso. Non poteva correre il rischio di perdere anche lei, non lo avrebbe sopportato.
Del resto, tante altre volte Remus Lupin si era lasciato sconfiggere dalla paura. Alla morte di sua madre, la notte in cui i Potter erano stati assassinati. Aveva avuto paura di tornare a vivere nella casa infestata di spettri del suo passato tanto che alla fine aveva scelto vigliaccamente di chiudere di nuovo la ‘scatola dei ricordi’. Aveva avuto paura sapendo che Ninfadora Tonks aveva rischiato la vita per colpa sua. Aveva provato vero e proprio panico, nel momento in cui si era accorto di non riuscire più a fare a meno di Ninfadora Tonks.
Pur non volendolo, Tonks era diventata per lui ciò che la luna piena era per il suo alter ego. Indispensabile.
Un breve sorriso gli sfiorò le labbra mentre alzava lo sguardo alla patina di nuvole che ostruiva il cielo pece, pensando al suo viso da bambina e a come sarebbe stato tutto più semplice con lei al suo fianco, quella notte.
E invece no. Ho promesso di dimenticarti, e ci riuscirò.
Del resto anche lei presto o tardi lo avrebbe fatto. Era ancora così giovane. Forse le sarebbe occorso un po’ più di tempo, ma poi anche il suo ricordo sarebbe scivolato via come acqua e tutto sarebbe tornato come prima.
Fino a quel giorno, però... pensò, col cuore che gli batteva forte. Solo un poco, per favore... lasciami pensare a te...
Era solo in quegli istanti che poteva permetterselo, quando era certo di non essere visto da nessuno, quando sentiva di non avere la forza per superare un’altra notte di sangue e violenza.
All'improvviso il vento si alzò aggressivo allontanando le nuvole e la luna piena fece la sua gloriosa comparsa al centro del cielo.
Bianca, maestosa. Bella, proprio come lei.
“Tonks...”
Remus Lupin sorrise a quel volto dolce e luminoso, dimentico delle fitte, pensando che forse quel novilunio non sarebbe stato poi così terribile.

“La luna piena è la nostra maledizione, ma è anche la nostra libertà. La odiamo e amiamo allo stesso tempo. Perché solo quando siamo schiavi della nostra Luna, in effetti, siamo liberi.”



Fine



*****************************

NdA: Non posso credere che sia finita. E voi? Devo dire che scrivere questa fanfiction mi ha fatto penare quanto divertire. Ora, credo che sia mio dovere spiegare alcune cose, prima fra tutte il motivo per cui alla fine ho propeso per il no happy ending, almeno apparentemente. E' stata una scelta alquanto sofferta, ma considerato il periodo in cui è ambientata la fanfiction (durante il quinto libro, se ben ricordate) avrei alterato troppo la storia facendo mettere insieme i due protagonisti prima del tempo. Sappiamo tutti come va a finire, per questo ho scelto di soffermarmi più sui sentimenti contrastanti di lui, che non sulla risaputa determinazione di lei a riconquistarlo. In ultimo voglio dire che non ci sarà alcun sequel, perchè sin dall'inizio questo è stato l'unico finale che mi ero immaginata per una storia così... cosparsa di malinconia e sofferenza, ma anche di speranza e amore.

Perciò, è davvero finita. Un grazie speciale va a chi non mi ha mai abbandonato durante la pubblicazione e anche se freneticamente mi ha concesso un commento. Ovviamente mi aspetto che seguiate con lo stesso entusiasmo anche le mie prossime pubblicazioni (ma non andava in pensione?? <__< NdTutti) Eh già, non vi libererete tanto presto di me! ^^'' Se siete curiosi di conoscere qualche particolare, andate pure a leggere la sezione "Fanfiction Coming Soon" nel mio account. ** Fine Pubblicità Non-Tanto-Occulta **

Non vi tartasso più visto che ormai siamo alla fine, vi dico solo... COMMENTATE (e questa sarà davvero l'ultima volta, prometto)!

Alla prossima follia!

Ginny85.
  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Ginny85