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Autore: clif    30/05/2013    1 recensioni
è un parallelo con la storia "Leon" scritta dall'autore Leonhard. in questa fanfiction assisteremo agli eventi accaduti nella storia precedentemente menzionata, ma dal punto di vista del coprotagonista maschile (Leon).è una storia estratta dal film di Silent hill e ambientata 30 anni prima dei suoi macabri eventi: assisterete alla vita, quasi, normale di un bambino appena trasferitosi nella macabra città.
ne approfitto per salutare tutti e per ringraziare Leonhard che mi ha dato il permesso di scriverla
buona lettura...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alessa Gillespie, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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3.

Leon sapeva che il primo giorno di scuola è sempre quello più duro, ma non immaginava fino a quel punto; dopo essere salito in macchina tirò un sospiro di sollievo, posò la cartellina nel posto accanto e si mise a guardare fuori dal finestrino.

Coleman sembrò notarlo

“Tutto bene?” Leon non rispose; era tutto concentrato a cercare la sua nuova amica tra la folla, anche se sapeva benissimo che non l’avrebbe trovata: appena finita la scuola si era letteralmente precipitata fuori dalla classe per poter uscire.

Diede un ultima occhiata fuori prima di chiedere a Coleman di partire

Era ancora confuso dal comportamento dei suoi compagni, pensò che probabilmente Alessa era corsa fuori per evitare altre palline di carta e colpi di cerbottana; non riusciva proprio a darsi pace: voleva scoprire il motivo di quel gesto. Inizialmente aveva pensato a qualche bravata senza senso che di solito fanno i bambini della loro età, ma subito dopo aveva visto gli sguardi di quei bambini; avevano un espressione strana, sembravano carichi d’odio, quasi ci godessero dal profondo nel farla soffrire.

Coleman distolse un secondo gli occhi dalla strada e guardò nuovamente Leon
“Prima che mi dimentichi! Ho qualcosa per te!” Disse mentre gli porse un blocchetto di fogli, presi dal portaoggetti. Appena li vide, sul volto di leon comparve un sorriso.
“finalmente sono arrivate!” Disse mentre guardava sorridente le cartoline: ne faceva collezione e ogni volta che poteva, Coleman, gliene portava qualcuna. Collezionava cartoline di luoghi in cui non era mai stato: posti strani e fantastici; in particolar modo amava le cartoline raffiguranti il mare, non vi era mai stato e proprio per questo lo affascinavano molto.

Poco dopo erano finalmente arrivati: l’uomo informò Leon che il padre era a casa per poi andare a parcheggiare la macchina. La casa non era molto grande, ma era la più vicina all’ospedale e poi a Leon piaceva.
“Ciao papà! Sono a casa!” Disse il bambino appena posata la cartella all’ingresso. Il padre era appena tornato dopo un lungo turno alla clinica, in quel momento stava riposando sulla poltrona del salotto, ma pensò bene di concedere al figlio il suo tempo: a causa del lavoro non aveva molto tempo da dedicargli, perciò quando poteva ne approfittava

“com’è andata a scuola?” Disse alzandosi e avvicinandosi al figlio. A Leon  scappò uno sbadiglio, prima di rispondere. “Benino… i miei compagni non sono molto socievoli ma una di loro è simpatica”
Al dottor Kauffman parve di notare un leggero arrossamento delle guance del figlio ma pensò di esserselo immaginato “Ah si?! Come si chiama?”. Leon non rispose subito, sembrava assorto nei suoi pensieri
“Alessa Gillespie! Siamo diventati subito amici” Rispose con un sincero sorriso: un sorriso che non sfuggì al padre. “Che tipo di bambina è? È simpatica?” Chiese il dottore mentre prendeva una tazza di caffè appena fatto “è simpatica ma un po’ timida… forse è dovuto al fatto che gli altri la prendono in giro” aggiunse con un espressione seria; il dottore finì di sorseggiare la tazza bollente attento a non scottarsi ma senza togliere lo sguardo dal figlio
“Come mai?” Chiese dopo aver finito il caffè ed essersi accomodato di nuovo sulla poltrona. “Non lo so sembrava intimorita, vorrei sapere cosa ha ma non so come aiutarla” al padre scappò un leggero sorriso “questa situazione mi riporta alla mente i vecchi ricordi” Leon lo guardò visibilmente incuriosito da questa sua ultima affermazione. “Hai già dimenticato i tuoi primi anni di scuola?” no che non li aveva dimenticati, aveva passato due anni in solitudine per paura di ciò che gli altri bambini avrebbero pensato di lui

Lui, più di tutti doveva capire come Alessa si sentiva

Doveva spingerla ad aprirsi con lui e poi aiutarla con il suo problema: data la sua esperienza se ne sentiva in dovere. Dopo aver salutato il padre si diresse in camera sua per fare i compiti; prima però posò nel suo cassetto le cartoline che aveva ricevuto quel giorno da Coleman: guardandole si ricordò la prima volta che aveva visto il mare, era stato l’anno prima, in una vecchia foto trovata in soffitta, erano raffigurati il padre e la madre (una delle due uniche foto rimaste, raffiguranti la madre), entrambi giovanissimi; il viso di lei, non ancora rovinato dalla malattia, sembrava più luminoso del sole stesso.

La mattina dopo,  Leon si svegliò presto: non abbastanza da poter incontrare il padre, però.

Era abituato ai suoi tempi lavorativi, dopotutto doveva solo lavarsi e preparare la colazione; Coleman era andato alla clinica insieme al dottore, d’ora in poi Leon sarebbe andato a scuola con il bus. Da un lato a Leon l’idea di quel mezzo così lento e scomodo non piaceva molto, ma in quel modo avrebbe potuto passare più tempo con Alessa. Dopo aver finito la colazione prese la cartella e uscì di casa; corse verso l’ospedale dove lavorava il padre: dato che la fermata più vicina si trovava lì; giusto il tempo di riprendere fiato che il bus era arrivato davanti al bambino. Appena entrato si mise alla ricerca della sua nuova amica, la vide accanto all’unico posto vuoto mentre guardava fuori dal finestrino; notò lo stupore silenzioso, ma generale, dei compagni quando si accorsero che si era seduto accanto a lei, Alessa sembrò l’unica a non averlo notato.

Aspettò qualche secondo che la bambina si voltasse, ma non sembrava intenzionata a farlo, pensò così a un modo per costringerla a girarsi. Un attimo dopo gli occhi della bambina erano stati coperti dalle mani decise ma delicate di Leon.

“Indovina chi è?” disse la voce del ragazzino. Lei si scrollò di dosso le sue mani e lo guardò con occhi incuriositi. Leon rideva. “È uno scherzo, dai. Te la sei presa?”.
 
“No...” rispose lei, arrossendo. Il primo approccio non era andato a buon fine, ma lui non era il tipo che si arrendeva al primo tentativo: avrebbe scoperto il suo problema e l’avrebbe aiutata.
 
  
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