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Autore: Sissi Bennett    24/12/2007    6 recensioni
“Guarda” mi dice “Quei fiocchi di neve non ti sembrano tante piccole fatine. Tu credi nelle fate?”.
“No, piccola. Io ho smesso di crederci molto tempo fa”
“E quando?”
“Quando ho conosciuto lui”
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Io non credo nelle fate

Quando si è bambini è sempre tutto più semplice. Quando si è bambini , la mente è aperta anche all’impossibile. Quando si è bambini tutto esiste nella nostra testa e non ci si fa problemi su che cosa sia davvero reale o meno.

È così maledettamente facile credere in un mondo su nostra misura, popolato da tutti i nostri sogni, governato dalle nostre speranze e dipinto dai mille colori della fantasia.

E tra i tanti personaggi che prendono vita nella mente, il primo fa tutti si chiama il Principe Azzurro.

Solitamente è biondo, ha gli occhi azzurri, bello da svenire ed è lo scudo contro le nostre paure.

Poi piano, piano si cresce e la realtà ci viene sbattuta il faccia dolorosa come uno schiaffo. Lui.

Lui che è sul serio biondo con gli occhi azzurri e bello da svenire.

Lui che abita nella nostra immaginazione notte e giorno.

Lui che dovrebbe essere il nostro scudo, ma non lo è.

Io ho smesso tempo fa di credere nell’amore vero, con la “A” maiuscola. Io che perdo la mia vita dietro a lui senza nessuna gratificazione.

Io che vedo nessun’altro che lui.

Io che muoio se non mi sento al centro della sua attenzione. Ma come posso pretendere di essere nei suoi pensieri se nemmeno si degna di salutarmi.

Ed è per colpa sua se ora sto vagando per la città, come un’eremita, rea del peccato di tenerci troppo, con le mani e le guance graffiate dal freddo e i piedi che strisciano sull’asfalto umido, mentre qualche fiocco di neve sta cominciando a cadere.

La gente si affaccia alle finestre e la guarda incantate. Alcuni escono con i bambini, altri rimangono sulla soglia. È da una vita che non nevica qui. Sono affascinati. Illusi.

La neve è solo temporanea, cadrà stanotte e poi chissà quando tornerà. Esattamente come lui.

Io tiro avanti evitando di fissarli in volto. Loro non sanno chi sono. Non sanno come mi sento.

Non hanno idea di che cosa voglia dire svegliarsi al Lunedì e passare un’altra settimana da invisibile.

Non sanno che cosa significhi essere talmente vicino alla meta da mancarla ogni volta.

Perché non c’è niente di peggio che essere vista da un cieco. Perché lui è così. Lui è accecato dal troppo fumo che gli gira attorno e non si preoccupa di cosa ci sia al di là.

E pur sapendo che potrei essere cento volte meglio di lui, non riesco a brillare come vorrei.

Ed è per colpa sua se ormai tutte quelle belle favolette non fanno più parte di me.

Lui è fatto così, è apatico, non prova emozioni, è solo, ha un bisogno disperato di affetto ma non ne dà.

Io mi sono persa in quelle sue sensazioni distruttive, sono caduta e non mi sono rialzata più.

Lui ora sta passando le vacanze al caldo, chissà con chi, mentre io sono qui sola, coperta da una felpa soltanto e il sangue esce piano dalle mie mani screpolate e tagliate dal gelo.

Se potessi farei di tutto perché fosse felice, ma lui non vuole essere felice. Vuole distruggersi con le sue mani, vuole stare nel suo guscio e non permette a nessuno di scalfire il muro che si è eretto intorno a sé quel maledetto giorno in cui l’ho visto per la prima volta.

Una bambinetta mi si avvicina e mi tira i pantaloni. Io abbasso lo sguardo su di lei.

“Guarda” mi dice “Quei fiocchi di neve non ti sembrano tante piccole fatine. Tu credi nelle fate?”.

“No, piccola. Io ho smesso di crederci molto tempo fa”

“E quando?”

“Quando ho conosciuto lui”

La bimba mi osserva stranita. È troppo piccola, troppo fragile, troppo innocente per capire.

Giro l’angolo e mi trovo di fronte a casa sua. Le finestre sono sbarrate. È un segno del fato.

Ed è sempre colpa sua se, infine, sono vinta dalle lacrime che sgorgano incontenibili dai miei occhi e scivolano fino al mento trascinandosi dietro la scia nera del trucco, per essere poi spazzate via dal vento che si è alzato. Accarezzo delicatamente la porta di vetro del palazzo.

Getto un’ultima occhiata alla via in festa; no, non è più il mio mondo. Mi ha rovinata.

Me ne vado per la strada buia confondendomi nell’ombra della notte. Io sono cresciuta.

Io non credo più nelle fate.

E tu non stavolta non mi vedrai mai più.

Nella vita ci sarà sempre un bastardo che ti farà soffrire, ma sarà l'unica persona che riuscirai ad amare veramente (J.M)

  
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