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Autore: JeffMG    18/07/2013    0 recensioni
In tutto il mondo, proprio in questo momento delle storie di artisti si muovono insidiose nel futuro, a nostra insaputa, la storia della musica cresce.
Nei sobborghi o nei ricchi quartieri, grandi mammiferi mandati dagli Dei allattano nuovi miti.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Entrammo nel locale accolti da una nobe di fumo e un tanfo di sigarette stantie. 
"E qui che lavori?" mi chiese Rick "Già" risposi sconsolato. 
Ci lavoravo ormai da dodici anni e forse quel postaccio rispecchiava ciò che la mia vita era diventata: 
un accumulo di fumo,alcool e sesso.
Molti giovani della mia età vorrebbero profondamente e carnalmente una vita contornata o addirittura incentrata su queste tre cose,
ma alla fine capisci lentamente che il fumo ti uccide.
Ti dona attimi effimeri, il piacere se n'è andato come da un corpo dopo l'orgasmo, resta solo la voglia di rifarlo, di fumare fino allo sfinimento ma tra le mani non stringi niente, tranne che la colpa e la voglia di smetterla per non pagare l'università ai fottuti figli del tabacchino.
L'acool ti inebria i sensi ma poi ti abbandona alla realtà senza neanche dirti grazie,
per averti usato come corpo per fare un giro tra le tue vene che si restringono con gli anni.
E il sesso, quello diventa sempre più povero e veloce e chi sta sotto di te sempre più inutile e trasparente,
pronto a scomparire del tutto dietro una porta.
"Aspettami qui, vado a parlare con il capo" 
Rick si mise seduto al bancone e fissò la massa di predrasti in attesa di sentire della "buona musica" 
Bussai all'ufficio del capo, fu lui che mi diede il lavoro quattro anni prima. 
Fredric Johnsons, un bastardo.
Come la maggior parte dei datori di lavoro, si credeva un Dio sceso in terra a benedirti con un lavoretto da cinque dollari a settimana. 
Quando lo incontrai fuori dal locale, era vestito con un tutta blu da ginnastica, odorava di tabacco
e tra le dita grosse teneva malamente un sigaro. 
Aveva anche la fede nuziale, il bastardo: non c'è uomo al mondo che paghi prostitute più di lui. 
Diceva che il matrimonio era un'assurda costrizione per poveri credenti dell'amore che mai è esistito,
"esiste solo il sesso e quello che ne consegue" diceva.
Non ho mai visto sua moglie, e delle volte ho creduto che quella fede non fosse collegata a nessun'altro, tranne che ad un interesse nel farsi vedere un uomo sposato, impegnato e adulto abbastanza da potersi permettere ciò che vuole. 
Forse non aveva ancora capito di essersi sposato, ma conoscendolo deve averlo fatto per in interesse. 
Il giorno che lo incontrai ero appena uscito dalla sala prove di un gruppo da far schifo, li avevo scaricati appena sentii che il batterista non riusciva a tenere nemmeno il tempo principale, gli annunci dicono veramente troppo cazzate.
Avevo ancora la chitarra in spalla, la voglia di suonare e Johnson come un fottuto segugio, lo notò. 
Mi raccontò un sacco di balle, come quella che aveva un grande locale e che voleva dei talenti che intratenessero i clienti. 
Fissammo un appuntamento per quella sera e suonai per la prima volta in quel buco, 
contento di guadagnare qualcosa con la musica, visto che ero più che al verde. 
Non ho mai cercato altro perché forse mi sono affezionato a questo modo misero di vivere,
come se da tutto questo dolore arrivasse la famosa musa ispiratrice. 
Compenevo più canzoni di quando avevo quindici anni e volevo spaccare il mondo. 
Bussai di nuovo alla porta, il vecchio Johnson era un po' sordo.
Grugnì, segno che potevo entrare. 
Seduto dietro la sua immensa scrivania piena di scartoffie che non compilava mai o che non guardava mai,
la sua enorme pancia toccava i bordi del legno e come sempre le sue dita, stringevano un sigaro. 
Tossii per il fumo.
Anche per un fumatore accanito come me, tutto quell'aroma di tabacco era troppo. 
Allo stereo si ripeteva una canzone dei Led Zeppelin. 
Johnson si lamentò
"Perché diavolo non escono talenti del genere, eh? Come quel bastardo di Page"
"Non lo so,davvero" 
Veramente non lo sapevo, ma l'avrei tanto voluto sapere. 
Dei geni uscivano fuori ogni tanto, come dei rari tipi di fiori o che diavolo ne so e poi dopo altri cento anni non se ne sapeva più niente. 
Non mi sentivo uno di loro, ma sentivo che potevo cavarmela e scavarmi un posto tra la massa di gente in carriera. 
Ascoltai gli assoli di Page e come sempre mi vennero i brividi.
Il vecchio Jimmy diceva di fare sesso tantrico, ma solo con i suoi assoli ti portava nel Nirvana. 
Sarei potuto restare nell'ufficio del vecchio Johnson per ore ad ascoltarli, ma Rick mi aspettava e dovevo chiedere al capo se quella sera avrei dovuto suonare o al posto mio c'era quel nero del Micchighan che veniva ogni tanto. 
Sapevo che negli assoli Johnson non voleva essere disturbato, così quando il vinile terminò di girare, parlai.
"Devo suonare stasera?" 
"Non lo so, fammi controllare l'agenda..." fece una risata grassa.
Non aveva nessuna maledetta agenda, mi stava sfottendo. 
I suoi "artisti" scorrazzavano allegramente nel locale, dandosi i turni tra di loro e la gente suonava come e quando voleva,
potevi anche suonare lou-lou per tutta la serata e nessuno si lamentava.
Poi andavi nell'ufficio di Johnson, riscuotevi i tuoi due dollari e tornavi a casa. 
Io ero l'unico che ancora chiedeva se poteva suonare, giusto perché tutti gli altri mi odiavano. 
Non ero bravo a stringere buoni rapporti con le persone, sopratutto con artisti che si credono divinità scese in terra per graziarti. 
Così ero solito entrare nel locale, dirigermi dal capo e chiedere il permesso di suonare quei quattro pezzi scritti la sera prima. 
Ormai a furia di fumare e bere caffè, stavo sveglio tutte le notti a suonare e a scrivere,
avevo anche insonorizzato le pareti per poter suonare alle due di notte e non svegliare nessuno.
Così un giorno, se un fottuto ladro fosse entrato dentro la mia casa e avrebbe cercato di accoltellarmi, nessuno se ne sarebbe accorto.
"Ho controllato l'agenda...puoi suonare"
Sorrisi, avevo appena finito di scrivere due canzoni alle sette della mattina,
con il sorgere del sole avevo finito gli ultimi accordi e volevo presentarle.
"Grazie"
Uscii e lasciai che il vecchio Johnson si ascoltasse tutti i vinili che voleva e che prenotasse una prostituta,
già lo sentivo chiedere chi era libera se Janine o Clorinde.
Attraversai un corridoio a luci blu e raggiunsi Rick.
"Scusami se ci ho messo tanto. Devo suonare stasera"
"Tranquillo, resto ad ascotlarti"
Guardai il barman, James.
Era alto e magro e se lo vedevi pensavi che faceva il becchino, invece era un perfetto e veloce barista.
Sembrava un pazzo quando preparava i cocktail, schizzava di qua e di la e in cinque secondi avevi l'acool sotto il naso.
"Versagli un whisky,James"
"Quale,capo?" sorrisi
"Un Jack Daniel's, ovvio"
Sapevo che Rick era un amante del whisky, così gli diedi gli strumenti per sopportare le mie canzoni. "Divertiti Rick" 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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