Serie TV > Tru Calling
Segui la storia  |       
Autore: TruvsJack    30/01/2008    2 recensioni
E' capodanno, ma Tru non si ferma mai: mentre a casa sua ha inizio una festa, in un supermercato avrà fine una vita. E nel tentativo di salvare quella vita, Tru rischia più del dovuto... e alla fine sarà lei a dover essere salvata. NB2: La trama rimarrà fedelissima a ciò che viene detto nel telfilm e anche alla sua struttura di narrazione. Infatti, leggete il "negli episodi precedenti" come se lo stesse guardando alla tv (quando vedete il simbolo "_" significa che cambia la scena). Ci saranno i flashback (in blu) e i discorsi in parallelo. NB3: Questo è solo il primo episodio della fanfiction, che avrà una seconda stagione completa di 13 episodi e una terza di nove (secondo i miei piani... hihi!) NB4: Recensite tanto!! Ve lo chiedo anche come favore!!! Così riesco a capire cosa vi piace e cosa no e posso rendere più piacevole la vostra lettura!! Dopotutto la serie non è mia, ma di tutti noi fan!! Grazie 10000000000000000000!! hihi!!
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tru Calling 2.7 "Lo scambio"- Capitolo 2 "Sabotaggio" Capitolo 2: “Sabotaggio”

Ore 19.54
Tru entrò nella sala delle autopsie. «Davis! Dove sei?!» chiese.
«Sono qui!» urlò una voce dalla cripta.
Tru si diresse a passo svelto. Davis indossava un grembiule per le autopsie, ma sotto, Tru poteva notare uno smoking nero con camicia bianca e cravatta rossa. «Davis, che cosa è successo?!».
Sulla barella c’era il cadavere di una donna. «E’ arrivato un cadavere!» spiegò Davis.
«Questo l’ho notato, ma, perché mi hai chiamato?» chiese Tru.
«Mi sono chiesto se Carrie e io potevamo venire da te, cioè, prima lei, poi io, finita l’autopsia... Questa sera saremmo dovuti andare a cena insieme, ma è arrivata questa... Linda Gordon! Finirò vero le dieci, poi vengo da voi. Te lo chiedo per non lasciarla da sola la sera di capodanno...». L’uomo guardò il cadavere. «E’ stata vittima di una rapina nel supermercato qui vicino, il Gray Market. I rapinatori sono riusciti a fuggire...». Davis si fermò a pensare. «E’ entrata per comprare una bottiglia di champagne e l’attimo dopo è caduta a terra, morta!! Le registrazioni hanno detto che l’ora esatta della morte è 19.28... Deve essere straziante perdere qualcuno in un giorno di festa...».
«Lo è sempre...» commentò Tru, ricordando tutte le persone care che aveva perso: Luc, sua madre... «Comunque...» aggiunse. «Non preoccuparti: ora togli quel grembiule e vai all’appuntamento con Carrie. Farò io l’autopsia!».
Davis si bloccò. «Cosa?... No, no, tu hai una festa a casa tua e non puoi non presentarti...».
«Ci andrò finita l’autopsia e poi dirò a mio fratello di controllare la situazione...».
Davis guardò Tru, con sguardo eloquente. Harrison controllare una festa?
«E dirò a Jensen di controllare mio fratello che controlla la situazione...» aggiunse, non del tutto convinta.
Davis ci pensò. «No, non posso... Non posso rovinare le feste anche a te...».
«Non preoccuparti! Hai bisogno di questo appuntamento! Pensaci: se rovini questo appuntamento, Carrie potrebbe pensare che sei inaffidabile e non vorrà più uscire con te...». Tru stava convincendo Davis, ne era sicura.
«Emh... Va bene...» fece Davis, togliendosi il grembiule. «Grazie mille! Sono già in ritardo...». Lasciò cadere tutto per terra e guardò ancora l’orologio. «Oddio...». Corse via. «Buona anno e... ah... ti devo un favore!!» urlò dal corridoio.
«Un enorme favore...» disse Tru sottovoce.
Poco dopo aver chiamato Harrison, chiamò Jensen. «Ciao... E... è arrivato un cadavere e... e quindi verrò tardi questa sera... - Mi dispiace... - No, la festa non è saltata, ci sarà mi fratello... - Hai ragione: Harrison è inaffidabile, anche se di questi ultimi tempi è cambiato, però ti sto anche chiedendo di... farmi un favore... - Ok, visto che Harrison è inaffidabile… e tu invece sei affidabile… tu controllerai Harrison!... - Dai, ti ho anche fatto un complimento, se non lo avessi sentito... - Grazie mille!! E non preoccuparti, io verrò lì solamente più tardi, non ti lascerò da solo tutta la serata!! Ti ho anche comprato un regalino... – Anche tu?!» disse sorridendo. «Non vedo l’ora di vederlo! Sul serio! E non vedo l’ora di rivedere te... – A dopo, allora... Prima inizio, prima arrivo! Ciao…». Chiuse il cellulare, che appoggiò sul tavolino nell’ufficio di Davis.
Si diresse nella sala di preparazione, firmò l’autopsia ed entrò nella sala dei cadaveri, pronta cominciare. «Allora... vediamo chi sei...». Prese la borsa sul tavolo di fianco e controllò. Il portafogli era dentro. Lo aprì. Vi erano ancora venti dollari. «E’ ovvio che i rapinatori sono scappati appena ti hanno sparato...». Nel portafogli c’erano anche due foto: una era di un uomo sulla quarantina, sorridente, capelli scuri e portati all’indietro. «Questo dev’essere tuo marito...». L’altra foto ritraeva un giovane molto somigliante alla donna: capelli castano scuro, occhi verdi, sorridente. «E questo tuo figlio, giusto?».
Tru guardò Linda, aspettandosi quasi una risposta o una richiesta d’aiuto. Chiuse il portafogli e lo rimise nella borsa e notò una cosa. «Uh... quanti scontrini... oggi hai speso molto... Fragrance ore 10.23, Strandard Cafè 09.32... Gray Market 10.57... alle 10.12 Love Shop... ». Nel vedere il nome di quel negozio sullo scontrino, le venne in mente Jensen. Tru lanciò uno sguardo al cadavere della donna, con la macchia rossa sullo stomaco, il foro del proiettile...
Il cadavere si mosse. La mano di Linda afferrò il braccio di Tru e si voltò, spalancando gli occhi. «Aiutami!». Tru fece cadere tutti gli scontrini. Si guardò intorno. Tutto sembrava contrarsi dietro di sé e tornare indietro. Rivide tutta la sua giornata regredire. Spalancò gli occhi e si accorse di essere nel suo letto, a mattino appena iniziato. Si mise seduta, realizzando quello che era appena successo. «Possibile che quest’anno non finisca mai!!» esclamò.

Giorno 2: Ore 09.21

«Harrison, devi farmi un favore! Oggi è uno di quei giorni e devi andare a comprare al posto mio tutto l’occorrente e non dimenticarti dei fuochi d’artificio e dei tovaglioli rossi! Non possono mancare quelli a Capodanno! Grazie e ciao!».
Dopo aver lasciato il messaggio, Tru chiuse il telefono e chiamò Davis. «Davis! Ciao, sono Tru!» disse, camminando a passo svelto.
«Ciao Tru! Che c’è?» chiese Davis, dopo aver posato i guanti sul tavolo metallico.
«E’ successo! La giornata si è riavvolta! Si chiama Linda Gordon, è stata vittima di una rapina alle 19.28 esatte. Era entrata al Gray Market a prendere una bottiglia di champagne ed si è imbattuta in uno dei rapinatori...». Tru si fermò davanti alle strisce pedonali dell’incrocio: il semaforo era rosso. Si guardò intorno, mentre ascoltava Davis. «Ah, una cosa semplice... Dovrai solo fare in modo che non...».
«... che non vada a prendere lo champagne al Gray Market alle 19.20 di questa sera!!» concluse Tru, attraversando la strada.
«E perché mi hai chiamato?» chiese Davis, posando il bisturi che aveva appena sterilizzato sul vassoio metallico.
«Non mi sento sicura...» fece Tru. «Jack può trovare molti modi per rovinare tutto... E facile anche per lui!! Hai visto cos’è stato capace di fare al mi compleanno? Hai visto che ha sfruttato tutto ciò che poteva per confonderci? Mi chiedo cosa sia in grado di fare ora...».
«Ma perché mi hai chiamato?» chiese Davis, posando un’altro bisturi, di diversa misura.
«Perché ho bisogno che tu mi aiuti a tenere sotto controllo Jack!! Io devo preparare la cena e, a proposito, hai fatto un ottimo lavoro con Carrie!!».
«Cosa? Io? Cos’ho fatto?!» chiese Davis, preoccupato.
«L’hai invitata al ristorante... Non so dirti altro perché eri in ritardo e sei scappato via...». Tru sapeva che raccontandogli tutto avrebbe dato un motivo in più a Davis per essere meno impacciato, visto che Tru era sicura lo era stato quando aveva chiesto a Carrie l’appuntamento.
«In ritardo per cosa?!» chiese Davis, ancora più preoccupato.
«Per l’appuntamento! Era arrivato il cadavere di Linda Gordon e mi hai chiesto di ospitare Carrie fino a quando non avresti finito l’autopsia...».
«Oh mio Dio! Ho fatto veramente questo! Ho lasciato che Carrie passasse il capodanno così?! L’ho lasciata sola?!».
«No, mi sono offerta di fare io l’autopsia al posto tuo mentre tu correvi all’appuntamento, ma poi Linda Gordon ha chiesto aiuto...». Tru si stava immaginando la faccia di Davis, un misto tra, sempre un paradosso, sollievo e preoccupazione.
«Ok, ma ora possiamo tornare a parlare del Signor Morte?!» fece Tru.
«Sì, sì, hai ragione...» fece Davis, distraendosi dai suoi pensieri su Carrie. «Non preoccuparti... Ci penso io...» disse.
Tru rimase alquanto sorpresa. «Sei sicuro? Non hai cadaveri da preparare?».
«No, ma... credi non possa farcela, Tru?!» chiese Davis.
«Non sto dicendo questo, il tuo aiuto mi è stato sempre indispensabile, ma... l’ultima volta che hai lavorato “sul campo” credevi che l’assassino della vittima fosse la donna collegata a Carrie...».
«E tu credevi fosse una delle tue amiche all’Università!» fece Davis.
«Hai ragione! Scusa… e grazie per quello che fai...».
«Figurati! Ciao!» disse l’uomo.
«Ciao!» disse Tru, non del tutto convinta.
Chiuse il cellulare e aprì la porta di un bar: lo Standard Cafè. Era sicura che Linda fosse lì.
“... Standard Cafè 09.32...”.
Appena entrò nel bar, Tru notò Linda Gordon seduta al bancone a sorseggiare un caffè. Nel locale c’erano molte persone, alcune sedute ai tavoli, altre in piedi al bancone ad ordinare un caffè da portare via.
Linda era l’unica seduta la bancone. Tru colse l’occasione per avvicinarsi a lei. Le si sedette di fianco e le sorrise.
«Desidera?» chiese una commessa bionda, sorridendo.
«Vorrei un caffè...». Si voltò verso Linda. «Non mi ritengo sveglia fino a quando non ne ho bevuto uno!».
Linda sorrise.
«Lo vuole portare via?» chiese la commessa. Tru guardò l’orologio: 19.31. Entro un minuto Linda avrebbe pagato e se ne sarebbe andata. «Sì, grazie» disse.
La commessa sorrise e andò a preparare il caffè.
Tru guardò Linda. «Eh... Oggi mi aspetta una dura mattinata di shopping!! Devo andare al supermercato per comprare le cose per la festa di stasera, poi al Love Shop per andare a comprare un pensiero al mio ragazzo...».
Linda smise si bere il caffè. «Anch’io devo andare al supermercato e al Love Shop, ma per mio figlio...». Linda sorrise. «Jason. E’ tutto uguale a me, fisicamente, ma nel cuore è come suo padre... Mike era una persona fantastica...».
«Era?» chiese Tru.
«Sì, mio marito è morto due anni fa...». Linda bevve un altro sorso del suo caffè, con sguardo vacuo.
«Mi dispiace molto...» disse Tru.
«Sa, anche il mio ragazzo è morto circa due anni fa...».
«Davvero? Mi dispiace, allora...» fece Linda.
«Sì. So cosa si prova a... a... a cercare di immaginare come bellissimi sarebbero stati i giorni se lui fosse ancora vivo o se... se il Destino avesse dato un’altra possibilità anche a lui...».
Linda rimase in silenzio, a fissare Tru, e poi bevve l’ultimo sorso di caffè, sperando che facesse passare tutta la tristezza che era giunta. La cameriera appoggiò il caffè di Tru sul bancone.
«Sa cosa potremmo fare?» fece Tru, lanciandosi.
Linda scosse la testa.
«Visto che dobbiamo andare negli stessi negozi, le va di fare compere insieme?».
La donna ci pensò qualche secondo, poi sorrise. «Sì, certo! Cosa c’è di male?».
Tru sorrise e prese in mano il caffè. Era felice che qualche volta anche le vittime sembravano darle una mano. «Arrivo subito...» disse. «Vado a pagare e arrivo subito!».


Davis arrivò all’ufficio di Carrie. Alzò il braccio per bussare, ma si bloccò. Era troppo emozionato. «Oddio! Cosa sto facendo...» si disse. Abbassò il braccio e si voltò. Voltò lo sguardo al corridoio. «Oh, al diavolo!» esclamò.
Davis si voltò di scatto e bussò alla porta.
«Avanti!» riecheggiò la voce di Carrie davanti all’ufficio.
Davis posò la mano sulla maniglia, ma non aveva il coraggio di aprirla. Cosa gli era venuto in mente? Non era più sicuro che quello che stava per fare fosse giusto.
«Avanti!» esclamò di nuovo la voce dall’interno della stanza.
Davis si morse il labbro, spaventato, imbarazzato, preoccupato.
«Davis, sei tu?» chiese Carrie.
«Oh, porca...» fece Davis, chiudendo gli occhi e sbuffando. Sentì dei passi avvicinarsi alla porta, ma decise di anticipare Carrie. Girò la maniglia.
«Oh, ciao Davis!» esordì lei, sorridendo.
«Ehm... Ciao... Carrie...» rispose lui, con la testa china, girandosi a chiudere la porta. Carrie si avvicinò per baciarlo sulla guancia, ma Davis era così impegnato ad evitare il suoi sguardi che quando si voltò verso di lei, si spaventò.
«Oh, ma, che c’è? Cos’ho fatto?» domandò lei, confusa.
«Non... emh... niente... mi sono solo... emh... niente!».
«Ok...» fece Carrie, sempre più confusa. «Che cosa ti porta qui da me, oggi?» aggiunse.
«Emh... riguarda Tru...».
Il sorriso di Carrie scomparve: si voltò e si diresse dietro la scrivania.
«Ti ricordi quello che... emh... ti ho detto a Natale?» chiese Davis.
«Come potrei dimenticarlo?!» commentò Carrie, sedendosi.
«Sì, è decisamente... scioccante, lo so!» fece Davis, sedendosi davanti alla scrivania di Carrie. «Comunque... ecco...». L’esitazione di Davis si faceva sempre più insopportabile in quel momento.
«Davis, puoi arrivare al punto?» chiese Carrie.
«Emh... ok... Ecco, Tru ha rivissuto questa giornata!».
Carrie spalancò gli occhi. «Cosa?! E’ accaduto oggi? Ma... ma...».
«Sì, la parte più strana è non ricordarsi nulla, comunque... si tratta di un caso semplice: una donna vittima di una rapina al Gray Market».
«E che cosa centro io? Perché me lo stai dicendo?».
«Ecco... vedi... ti ricordi di... Jack Harper?».
Carrie annuì.
«Oggi tenterà in tutti i modi di... di fermare Tru. E noi dobbiamo impedirlo! Tu ed io! Come una squadra!» fece Davis.
«Cosa stai dicendo, Davis? Una squadra...».
«Sì! Jack farà di tutto per far si che quella donna muoia oggi e se andassi da lui, sarà palese che voglia fermarlo! Ma se ci andrai tu... insomma, lui non sa che tu conosci il segreto di Tru!».
Carrie cercò di rimanere sconvolta: era sicura sarebbe arrivato questo momento.
«Cosa... No, non credo di…».
«Carrie...» la bloccò Davis. «Vuoi venire a cena con me questa sera?».
Nella stanza calò il silenzio.
Davis spalancò gli occhi. Non si era neanche reso conto di averlo detto.
Carrie lo fissava diventare sempre più rosso. «Ecco...» fece Davis. «Io... non... è che... oh, cavolo!». Si alzò e si voltò verso la porta.
«Aspetta!» fece Carrie.
Davis si frenò.
«Sì, vorrei venire a cena con te questa sera e sì... voglio aiutarti con Jack!». Davis si voltò e sorrise.


Harrison stava andando a comprare un regalo al posto di Tru, visto che lei lo aveva chiamato dicendogli che ci avrebbe dovuto pensare lui. La mattinata non sarebbe realmente cominciata, però, fino a quando non avrebbe bevuto un doppio caffè espresso. Entro al solito bar. Aprì la porta ed si gettò dentro. Quello che vide dopo fu solo una ragazza dai capelli biondo-castano arrivarle addosso. Sentì il caffè che la donna stava portando via versarsi sulle sue scarpe nuove e arrivare ancora caldo ai suoi piedi.
«Aiha! Porca... Brucia! Ma... ma dove avevi la testa?! Sei per caso ciec...». Alzò lo sguardo. «Every?! Sì... sei, per caso, Every...».
Every lo guardò, stranita. «Scusami tantissimo, Harrison! Non volevo... Davvero!».
Every voltò lo sguardo ai suoi sacchetti. «Oh, diavolo! Si sono macchiati tutti di caffè! Erano i regali per stasera...».
«Cosa?!» fece Harrison, saltellando goffamente per io piedi doloranti.
«Oh...» fece Every, guardandogli le scarpe. «Era caffè bollente... chissà che male! Ti accompagno a casa...».
Harrison non sentiva quasi più dolore, ma Every aveva già preso in mano i sacchetti e lo guardava, con il suo sorriso magnetico.
«Eh... Ok! Sì, sì... fa tanto male... Grazie...». Si voltò saltellando e aprì la porta.
«No, faccio io...» disse Every.
«No!» la fermò Harrison. «Che cavaliere sarei se ti lasciassi aprire la porta?».
«Uno che rischia un’ustione al piedi se continua ad essere gentile con me!».
«Quindi dovrei trattarti male...?» chiese Harrison, sarcastico, uscendo dal bar.
«Non intendevo questo... Ho apprezzato comunque che tu abbia voluto tenermi aperta la porta...» disse lei, sorridendogli.
Anche Harrison sorrise.


Every si guardò intorno. «E così tuo padre ti ha regalato questo appartamento? Davvero... pazzesco! Insomma, devi aver fatto qualcosa di veramente importante per meritartelo! Cos’è? Una mazzetta per tacere su un crimine commesso da lui?!».
Harrison, che aveva finito di riallacciarsi l’altro paio di scarpe, la guardò, stranito.
«Tranquillo! Era solo una battuta!». Harrison fece finta di sorridere e Every lo notò.
«Comunque... questo appartamento me lo ha regalato perché ho svolto bene il mio lavoro!» fece Harrison, guardandosi intorno.
Anche Every cominciò a guardarsi intorno. «Beh, non posso dire nulla! E’ mollo bello... a parte quel pezzo di pizza che galleggia nel bicchiere di birra!!».
Harrison si guardò intorno, imbarazzato. «Dove? Chi? Cosa?».
Every lanciò uno sguardo ad uno scatolone ancora chiuso vicino al mobile in mogano.
Harrison si lanciò a prendere il bicchiere e lo portò in cucina. «Ehm...» tentò subito di cambiare discorso.
Every, intanto, rideva sotto i baffi.
«... Ehm... credo...» fece Harrison, dalla cucina. «... credo di doverti accompagnare a ricomprare tutte le cose! Insomma, dopo tutto quello che hai fatto per me!».
«Compreso rovesciarti il caffè addosso?» fece Every, mentre Harrison tornava in salotto.
«Ehi, alla fine non è stato così male... Non avrei mai pensato che del caffè bollente sui piedi avrebbe cambiato così piacevolmente la mia giornata…» fece Harrison, mettendosi le mani in tasca. Every sorrise, togliendo lo sguardo da quello di Harrison, quasi imbarazzata.

Ore 10.58

Tru e Linda stavano attraversando una scorciatoia che conduceva a casa della vittima.
«Faccio sempre questa scorciatoia...» disse Linda.
«Ora ne conosco un’altra!!» fece Tru.
«Sì... e poi puoi stare sicura perché non ci viene mai nessuno di pericoloso, visto che ogni tanto passa qualcuno della polizia!!».
Dopo aver svoltato l’angolo della scorciatoia, le due si ritrovarono nella strada principale.
«Grazie per avermi accompagnato fino a casa. Mi ha fatto veramente bene avere qualcuno con cui parlare, ora che mio figlio è sempre con i suoi amici...» fece Linda, sorridendo.
«Non preoccuparti... E poi almeno ti ho ricordato dello champagne! Che capodanno sarebbe stato senza champagne?!» commentò Tru. Le due scoppiarono a ridere.
«Hai ragione...» aggiunse Linda.
«Beh... io ora vado... casa mia è dall’altra parte della città!» disse.
«Cosa? E perché mi hai accompagnato fino a qui?!».
Tru doveva usare le sue brillanti scuse improvvisate un’altra volta. «Perché... mi ha fatto piacere parlare con qualcuno che capisca quello che provo...». Questa volta, però, si era accorta che non era una semplice scusa. Aveva parlato pochissime volte di Luc con qualcuno, e per la seconda volta si ritrovava a farlo per salvare una vittima.
Linda sorrise a Tru ed aprì il cancello del palazzo dove si trovava il suo appartamento. «Grazie!» disse.
«Figurati!» disse Tru, che non le tolse lo sguardo fino a quando non fu veramente dentro l’edificio. E sorridendo, prese il cellulare. «Davis! Credo sia salva!».


Linda Gordon saliva le scale con le sue borse della spesa. Arrivata alla seconda rampa, seguì il corridoio. Appena svoltato l’angolo, però, un uomo con uno scatolone le andò addosso. Le borse le caddero, facendo rovesciare sul pavimento del carrie, dello champagne e le uova.
«Mi scusi!!» disse lui.
La donna guardò le borse. Lo champagne si stava spandendo su tutto il pavimento. «Oh, no! Mi toccherà pulire e ricomprare tutto!» disse Linda.
«Non si preoccupi!» disse Jack, poggiando lo scatolone a terra. «La aiuterò io!».
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Tru Calling / Vai alla pagina dell'autore: TruvsJack