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Autore: kurage    21/07/2013    3 recensioni
[KAISOO] "Mi prese delicatamente in mezzo al verde, nel giardino c'eravamo soltanto noi. Sentivo il suo leggero tocco sulla mia pelle. Mi guardava negli occhi e piano sfiorò le mie labbra con le sue, non avevo mai provato l'emozione di un bacio, e mai avrei dovuto. Almeno, non in quel modo. Tra quei fiori e quelle piante sacre, stavo commettendo un peccato, ma nonostante questo non riuscivo a fare nulla per oppormi. Forse perché era quello che in fondo volevo anche io."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: D.O., D.O., Kai, Kai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dormivo, e improvvisamente mi svegliai. Uno spiffero, accarezzandomi la faccia, ruppe quel sottile guscio di sonno che mi stava facendo dormire. La finestra era aperta, e delle tende che prima non c'erano svolazzavano mosse dal vento. Mi misi seduto senza mettere i piedi fuori dal letto, mi portai una mano sulla fronte e mi resi conto di aver sudato parecchio quella notte. Afferrai un fazzoletto dal comodino affianco a me e cominciai ad asciugarmi, e asciugando mi accorsi che un fazzoletto non sarebbe bastato. Il mio pigiama era totalmente bagnato dal sudore. Decisi di alzarmi dal letto, di andare in bagno e di cambiarmi, con tutta quella corrente mi sarei senza dubbio ammalato. Presi l'occorrente e andai in bagno a lavarmi la faccia, sentivo forte l'odore del sudore, mi sembrava quasi di avere la febbre. Ad un certo punto cominciai a sentire delle forti vertigini e quasi rischiai di cadere, ma fortunatamente riuscii ad aggrapparmi al lavandino appena in tempo. Aprendo a stento gli occhi vidi la mia figura sfuocata allo specchio e sentii un forte senso di nausea.
Devo prendere qualcosa, pensai. Tornai barcollando nella mia stanza e cercai nell'armadio una medicina che potesse calmarmi il malessere, ma per via della vista annebbiata non riuscivo a leggere nessuna delle etichette né a riconoscere che tipo di medicine fossero.
La finestra era ancora aperta, le tende continuavano a fluttuare, la testa mi pulsava e sentii il mio udito farsi più debole. Caddi a terra sulle ginocchia e mi portai le mani alla testa. Sentivo dei passi dietro di me, ma non avevo neanche la forza di girarmi per controllare. Il cuore mi batteva così forte che sembrava stesse per esplodermi. Il suono dei passi rimbombava nella mia testa, stavo per impazzire. All'improvviso i passi si bloccarono, li percepii vicinissimi, proprio dietro di me.
«Sono tornato,» disse una voce.
Sono tornato, disse ancora la voce facendo eco nella mia testa. Che sia ancora quel ragazzo? mi chiesi.
«Chi.. sei?» dissi debolmente continuando a tenermi la testa tra le mani.
Sono tornato, continuava l'eco. Sono tornato.
«No, vai via!» cercai di gridare senza successo, la voce mi si bloccò in gola e dalla mia bocca uscì solo un debole rantolo.
Kyungsoo, mi chiamava. Kyungsoo.
«Kyungsoo!»
Aprii nuovamente gli occhi. Con mia grande sorpresa mi ritrovai nel mio letto, con dei vestiti puliti e un panno umido sulla fronte. Mi girai verso la finestra, era chiusa, le tende non c'erano. Di fianco a me c'era Jongdae che mi guardava preoccupato.
«Kyungsoo..» disse di nuovo.
«J-jongdae..» risposi tentando di sollevarmi appena per poi sdraiarmi ancora per il mal di testa.
«Ero così preoccupato, ora stai bene?» mi chiese sistemandomi il panno.
Io chiusi gli occhi e annuii debolmente.
«Ieri notte sei stato male, sei svenuto. Fortuna che ero sveglio e che son venuto a controllare. Non dovresti cercare di alzarti quando hai la febbre..»
«Mmh,» mi portai la mano alla testa. «C'era.. c'era qualcuno quando sei entrato?»
«Qualcuno? Dove?»
«Qui, nella mia stanza.. quando sei entrato hai visto qualcuno? Jongdae, la finestra era aperta ed è entrato qualcuno..»
«Kyungsoo, quando sono entrato c'eri solo tu e la finestra era chiusa,» disse con aria perplessa.
«E le tende?» chiesi.
«Quali tende?» rise leggermente e mi accarezzò la testa. «Riposa, stai delirando!»
La finestra, i passi, la voce.. mi sono davvero inventato tutto?
Con quel pensiero mi addormentai.

Quel giorno saltai le lezioni e così anche i giorni seguenti. La febbre mi passò solo dopo tre giorni, mentre il quarto giorno restai a riposo semplicemente per precauzione in modo tale da evitare una ricaduta. Era sabato e la sera, prima di addormentarmi, mi misi a leggere. Ero immerso nella lettura e improvvisamente sentii qualcosa picchiettare alla finestra. Non aspettandomelo, sobbalzai e un po' timoroso andai a controllare alla finestra. Era Jongin. Quel ragazzo era tornato davvero, stavolta in carne ed ossa. Nel vederlo inizialmente sbiancai, poi cercai di calmarmi, convincendomi del fatto che ciò che avevo passato l'altro giorno non era che una semplice allucinazione.
Aprii la finestra e facendo attenzione che nessuno lo notasse, lo feci entrare. Quel giorno, l'inginocchiatoio era poggiato accanto all'armadio.
«Allora, cos'è quella faccia? Non ti ricordi di me, Kyungsoo?»
«Mi ricordo benissimo,» risposi sorridendo. «L'altro giorno credo pure di averti sognato.»
«Credi..» sottolineò. «Addirittura? Ti sono mancato così tanto?»
Sorrise ironicamente e si sedette sulla mia scrivania con la stessa noncuranza della volta precedente. «Insomma,» risposi. «Era un delirio febbrile.»
Mi guardò dalla testa ai piedi come se si fosse accorto solo in quel momento che indossavo il pigiama. Scese dalla scrivania e si avvicinò a me.
«Hai la febbre?»
Scossi la testa.
«Mi è passata,» dissi e mi sollevai i capelli da davanti agli occhi scoprendo la fronte. Jongin si avvicinò piano e posò le sue labbra sulla mia fronte, come per verificare che la febbre mi fosse passata sul serio.
«È vero, ti è passata,» mi disse sorridendo, restandomi molto vicino.
Io lo guardai sorpreso e indietreggiai appena per quel gesto inaspettato, facendo ricadere i capelli sulla fronte, lui quando allontanò le labbra dal mio viso distolse subito lo sguardo.
Mi schiarii la voce.
«Come mai sei tornato? Eri nel bel mezzo di un altro inseguimento?» chiesi mantenendo gli occhi fissi su di lui. Lui scosse la testa.
«Stavolta no. Son tornato perché mi andava di tornare, e poi volevo ringraziarti ancora per l'altra volta. Seriamente, sono stato fortunato a trovare te, se fosse stato qualcun altro probabilmente non mi avrebbe fatto entrare. Giustamente, certo, per questo tu sei stato più gentile del dovuto.»
A quelle parole mi venne da sorridere. Parlando, continuava a camminare avanti e indietro per la stanza e io lo seguivo con lo sguardo.
«Mi piace essere gentile col prossimo,» risposi semplicemente. Jongin mi guardò e dopo aver sorriso sospirò scuotendo la testa.
Fuori cominciava a farsi buio e nella stanza stava incominciando ad esserci un po' di penombra, così accesi la luce della lampada che si trova di fianco al letto. La lampada si accese con un tac che per via del silenzio che era calato sentii più del normale. A quel rumore il ragazzo sollevò all'improvviso lo sguardo posandolo sulla lampada. La guardai anche io.
«Forse è bene che io vada,» disse sorridendo continuando a fissare nello stesso punto.
«Mh,» annuii. «Ti staranno aspettando a casa, no?»
«Sì, a casa..»
Ebbi l'inevitabile sensazione di aver detto qualcosa di molto sbagliato, e per un attimo si creò un momento di tensione, poi lui si avvicinò alla finestra e cercò di scavalcarla riuscendoci con molta più agilità della volta prima.
«Hai visto?» mi disse con aria fiera. «Ho fatto esercizio, ora sono molto più agile.»
«Ho visto,» dissi annuendo e sorridendogli.
«Bene,» si guardò intorno per essere sicuro che nessuno lo vedesse. «Io vado. Ciao.»
Detto questo, mi salutò agitando la mano e si allontanò.

Dopo quella volta passò parecchio tempo senza farsi vedere di nuovo. Ogni sera, durante la preghiera, mi affacciavo alla finestra nella speranza di vederlo di nuovo. Non so perché, non so come, ma quel ragazzo aveva lasciato un'impronta indelebile dentro di me.

Seduto sull'erba all'ombra di un albero come ai vecchi tempi, passai il pomeriggio di un sabato primaverile a leggere. Non c'era posto che più trovavo adatto per stare in pace all'aria aperta con un bel libro. Era lo stesso che stavo leggendo l'ultima volta che Jongin era passato a farmi visita, e da quel giorno non l'avevo più ripreso. Quel giorno, dopo circa due settimane decisi di continuare la lettura. Quel libro mi piaceva, trovavo parecchio interessante la storia. Era particolare, insolita, e forse proprio per questo pensavo fosse molto avvincente. Mi aveva colpito soprattutto il modo in cui era scritta, quel tipo di scrittura riusciva a farmi immedesimare nei personaggi. Riusciva a farmi vivere la storia come se fossi parte integrante del racconto, riusciva a farmi provare gli stessi sentimenti dei protagonisti. In realtà non so dire bene se fosse in parte una cosa mia, effettivamente ho sempre avuto un carattere piuttosto sensibile, ma era la prima volta che mi capitava una cosa simile con un racconto.
Concentrato su ciò che stavo leggendo non mi accorsi che Jongdae mi aveva raggiunto e si era seduto accanto a me.
«Ehi, Kyungsoo,» disse guardando i rami dell'albero.
Io sobbalzai e chiusi istintivamente il libro.
«Ah,» mi girai verso di lui. «Jongdae, mi hai spaventato.»
«Ho notato,» rispose ridacchiando. Il suo sguardo si spostò sul cespuglio di rose davanti a noi, e così fece anche il mio. Dopo un attimo di silenzio disse:
«Hai presente il locale vicino al parco?»
Annuii.
«Intendi quel caffè letterario?»
«Proprio quello,» fece un cenno col capo. «Stasera c'è un piccolo concerto jazz. Ti va di venire con me?»
Valutai la proposta, e dopo averci pensato un po' accettai. D'altronde mi piaceva il jazz ed era da un po' che non uscivo dal seminario. Anzi, mi capitava davvero poco di uscire.
«Perfetto!» disse Jongdae entusiasta. «Inizia alle nove, il locale è un po' lontano da qui quindi, se andiamo a piedi, è meglio partire almeno mezz'ora prima.»
Ci mettemmo d'accordo e poi ci separammo. Lui andò nella sua stanza e io rimasi ancora seduto sull'erba, a godermi quel vento leggero che soffiava accarezzandomi il volto.


Quando uscii dal locale era mezzanotte passata da qualche minuto e mi incamminai verso il seminario senza troppa fretta. Ero solo, Jongdae si era fermato a parlare con uno dei musicisti e mi disse che avrebbe fatto tardi, io ero stanco per cui decisi di procedere per conto mio. Era una sera tranquilla e decisi di fare una piccola passeggiata. Era sabato e sebbene non mi trovassi in centro le strade erano parecchio affollate, quindi decisi di prendere una strada che passava attraverso dei vicoletti per trovare un po' più di pace.
L'illuminazione in quelle piccole vie era scarsa e camminando sentii i miei passi rimbombare. Era strano, ammetto di aver provato una sensazione un po' scomoda. Al mio passaggio ogni tanto le luci dei lampioni si spegnevano per poi riaccendersi qualche attimo dopo, e dalle case lì vicino si sentivano i cani abbaiare. Il verso del cani, il rumore delle cicale, l'eco sordo dei miei passi. Quelli erano gli unici rumori che sentivo. Quella situazione cominciò a mettermi un po' d'ansia e pensai che forse sarei dovuto passare per le strade più affollate. Più caotiche, ma forse più sicure.
Improvvisamente mi venne voglia di accompagnare la mia passeggiata con della musica e presi il mio mp3 e mi infilai le cuffie. Nonostante quella desolazione mi avesse messo a disagio riuscii a ritrovare la calma con quelle canzoni. Canticchiando arrivai fino alla piazza che precedeva l'ingresso al seminario e all'improvviso mi bloccai. Vidi qualcosa brillare in cima al portone, era un qualcosa di argentato. Brillava e si muoveva di qualche centimetro verso destra, poi tornava alla posizione iniziale. Si spostava verso l'alto, poi tornava giù. Disegnava delle forme geometriche. Cerchi, quadrati, triangoli. Pareva quasi facesse una danza. Osservando quella strana lucciola danzare, svenni.

Mi svegliai nel mio letto, ebbi una sensazione di déjà-vu. Mi girava la testa e mi sentivo gli occhi pesanti, quasi non riuscivo a tenerli aperti. La stanza era poco illuminata da una luce che pareva provenire da una candela. Mi misi seduto e cercai di guardarmi intorno con molta cautela. Inizialmente non notai nulla di insolito, ma il cuore iniziò a battermi forte e mi vennero le vertigini. Percepii un movimento nella stanza.
«Ti sei svegliato,» disse debolmente una voce che in un primo momento non riuscii ad identificare.
Sobbalzai, sentii il respiro mancarmi. La testa mi girava e mi sembrò di stare per svenire nuovamente.
«Calmati, sono io,» disse ancora. La voce proveniva da molto vicino. Guardai i piedi del letto, poi di fianco. Eccolo. Un ragazzo era seduto a terra con la schiena poggiata al materasso. Jongin.
Non riuscii a dire niente.
«Ho chiuso la porta a chiave, ho abbassato le serrande. Il tuo amico è tornato nella sua stanza. Nessuno si è accorto che sono qui.»
Parlava come se respirasse a fatica.
«J-jongin..»
«Kyungsoo.»
Nonostante l'affanno la sua voce aveva un non so che di deciso, riuscì a mettermi paura.
Girò il volto di tre quarti verso di me, notai delle ferite nel suo viso.
«Jongin, sei ferito..» allungai la mano verso di lui mentre con il busto mi appoggiavo nuovamente al letto.
«No,» disse scuotendo la testa. «Sono solo graffi, non ti preoccupare.»
Si portò una mano sul viso e si accarezzò piano i punti nei quali il sangue scendeva sporcandogli il viso. A me non pareva fossero solo graffi.
Congiunsi le mani e le poggiai sul petto. Avevo la mente annebbiata. Capivo ci fosse qualcosa che non andava, ma non riuscivo a chiedermi cosa.
«Perché la stanza è illuminata da una candela?» chiesi fissando il soffitto con sguardo vacuo.
«È saltata la corrente,» rispose Jongin.
«Capisco..» dissi restando immobile.
«So che sei confuso, Kyungsoo.»
Annuii.
«Ti spiegherò tutto, promesso.»
Promesso. Mi prese la mano e la strinse delicatamente. I miei occhi si fecero sempre più pesanti, fino a che non si chiusero e non riuscii ad aprirli fino al mattino seguente. 

  
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