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Autore: giu91    10/02/2008    1 recensioni
Raccolta di one-shot su Calipso e Davy Jones per indagare su quello che è successo tra questi due personaggi. I temi saranno svariati e potrebbero esserci drabble. Ultima shot: "Ciò che resta del fastoso tempio di un’antica civiltà si staglia tra le ombre resistendo con ostinazione all’avanzata delle piante. La pioggia s’intensifica e l’uomo entra in quello che il santuario di un dio morto, l’oscurità lo avvolge e prima che i suoi occhi si abituino ha il tempo di ripensare al motivo per cui si trova in quel lugubre luogo, è li per lei ovviamente, per un suo desiderio."
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Davy Jones, Tia Dalma
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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filo
_.:[Filo rosso]:._

In una casa di un piccolo paese affacciato sulle cristalline acque del mar dei Caraibi, il sole si infiltra dalla tende di una finestra, illuminando con i suoi raggi l’intera stanza e  interrompendo i sogni agitati di un bambino.
“Svegliati, pigrone, la colazione è pronta!”,  la  voce briosa della madre gli arriva dalla camera accanto.
Con un salto il piccolo è subito giù dal letto, si tratta di un bambino di all’incirca cinque anni, capelli castani e spettinati, sguardo vispo che rivela una certa cocciutaggine e un sorrisetto appena accennato che spunta sul viso.
Subito si fionda in cucina e divora la sua colazione in pochi bocconi iniziando poi a guardare ansioso la porta.
“Posso andare in riva al mare a giocare e fare una nuotata?”, chiede alla madre sfoderando il suo migliore sguardo da angioletto “Ti preeego” aggiunge poi accennando un sorriso.
La donna alza gli occhi al cielo e risponde “Lo sai che non sono contenta che tu vada, ma se non ne puoi fare a meno fai pure”, preferisce non fare discussioni, sa che sarebbe inutile, non è mai riuscita a tenerlo lontano dal mare e tutte le mattine iniziavano la stessa discussione, quel giorno però non aveva il tempo di litigare, doveva rassettare la casa prima di andare al mercato.
“Stai attento però a non allontanarti troppo dalla riva !” gli ricorda mentre vola fuori, “E cerca di tornare per pranzo!”, aggiunge quando ormai è già lontano.
Sospirando la madre si avvicina alla porta e la chiude tornando poi a riordinare la casa.
Mentre lavora la donna pensa alla passione di suo figlio per il mare, non è affatto contenta, ha già perso il marito a causa di una tempesta e non vuole certo rinunciare anche al figlio.
Con un sospiro si dirige verso la sua camera per prepararsi ad uscire.
Nel frattempo il ragazzino è arrivato alla sua meta, si ferma a riprendere fiato dopo la corsa e alzo lo sguardo: non si stuferà mai di quella visione, una immensa distesa color zaffiro che arriva fino all’orizzonte, piccole onde si infrangono regolarmente sulla candida sabbia che assume in alcuni punti una tonalità rosata.
Inizia a passeggiare pensieroso e le sue orme rimangono impresse nella sabbia bagnata, con lo sguardo scruta il mare alla ricerca di qualcosa.
SI leva la maglietta e la getta a terra, iniziando a entrare in acqua, quando è abbastanza profonda perché non tocchi si immerge di colpo.
Ama la sensazione di tranquillità che prova quando è immerso, i rumori sono attutiti e tutto sembra muoversi con più calma che in superficie, apre gli occhi, per lui non è un problema trattenere a lungo il respiro, ha imparato a nuotare prima che ha camminare.
È in cerca di alcune conchiglie che ancora mancano alla sua collezione, ogni volta che tornava da uno dei suoi viaggi il padre gli portava qualche conchiglia tipica delle zone in cui era stato, poi un giorno il mare decise di reclamarne la vita… ma lui non aveva abbandonato la ricerca di quei trofei del mare.
Continua a nuotare per tutta la mattina senza, però, riuscire a trovare quello che voleva.
Non importa, pensa, una ragione in più per tornare un altro giorno.
I brontolii del suo stomaco gli fanno capire che è orma ora di tornare a casa per il pranzo, ma mentre si incammina una voce lo distoglie dai suoi pensieri “Guarda un po’ chi si vede, il piccolo scontroso Davy, cosa ci fai qui da solo, non sai che il mare potrebbe mangiarti”.
A parlare era stato un ragazzino di dieci dagli occhi  scuri ed affilati attorniato da tre bambinetti più giovani che gli stanno dietro come bravi cagnolini ridendo per la battuta.
“E tu non sai” risponde girandosi di scatto “che è meglio non infastidirmi” ribatte secco. “L’ultima volta, se non sbaglio, sei tornato dalla mamma lagnandoti che un bimbetto con la metà dei tuoi anni ti aveva lanciato addosso un’alga urticante” prosegue con tono serafico sorridendogli falsamente.
“Zitto, brutto sgorbio! Mi hai giusto ricordato che abbiamo un conticino in sospeso” ringhia minaccioso mentre i tre bimbetti canticchiano provocanti:
Davy, Davy solo e scontroso,
senza più padre cosa farai.
Forse in un giorno un po’ burrascoso,
dentro al mare affogherai
“Già, se continui a cacciarti nei guai a tua madre non basteranno più le strade di questo paese per pagare i danni” sibila velenoso tra i denti.
“Non osare offendere mia madre!” sussurra appena, per poi lanciarsi contro con tutta l’intenzione di lasciarli un occhio nero come ricordo, ma la sua azione viene annullata da due dei tre mocciosi che lo bloccano a terra.
“Bravi ragazzi, e ora tiratelo su e tenetelo ben fermo!” ordina soddisfatto il capo prima di distorcere la bocca in un ghigno e caricare un pugno…

”Ah, sei tornato finalmente, e pensare che ti avevo detto di essere puntuale” lo accoglie la voce seccata della madre prima di cambiare rapidamente tono “Ma santo cielo, che cosa ti è successo tesoro!?”
 “Niente!” esclama seccato, “Come niente! Sei pieno di graffi e hai lividi ovunque!” “TI HO DETTO CHE NON E’ NIENTE, MALEDIZIONE!” Gli urla contro irato.
SCIAF!
Senza che nemmeno se ne renda conto si ritrova con una guancia in fiamme e gli occhi lucidi di sua madre che lo osservano mentre riabbassa lentamente la mano per poi chinarsi ad abbracciarlo con forza.
“Io mi preoccupo solo per te” gli sussurra gentilmente all’orecchio, “Sei sempre così solitario, non hai stretto amicizia con nessuno dei bambini del villaggio, e poi torni sempre a casa pieno di ferite”, si allontana un poco da lui per guardarlo dritto negli occhi, “Non so più cosa fare con te” confessa mentre un triste sorriso gli appare sulle labbra.
Tenendo lo sguardo fisso sul terreno Davy si dirige mestamente verso la sua stanza per potersi buttare stancamente sul letto.
Sa già che entro poco tempo sua madre verrà a curargli le lesioni, non si diranno una parola, come sempre, come in una tregua segretamente prestabilita.
Gira la testa verso la luce del sole, socchiude gli occhi per non rimanere abbagliato e pensa a domani, quando potrà di nuovo annullarsi nel rilassante ondeggiare del mare.

Ancora risentito per il litigio del giorno precedente Davy cammina malinconicamente sulla pallida sabbia, calciando con irritazione alcuni sassi finiti alla portata dei suoi piedi.
Alzando lo sguardo una piccola figura attira la sua attenzione:
si tratta di una bambine che, seduta sulla spiaggia, osserva il mare con aria corrucciata.
Avvicinandosi può notare qualche particolare in più, la bambina sembra avere circa la sua età, ha la pelle più scura della sua, con vivaci riflessi bronzati, i capelli, anche essi scuri, le ricadono scompigliati sulle spalle.
Si avvicina incuriosito, “Ciao, tu chi sei? Non ti ho mai vista da queste da parti, non sei del villaggio, vero?” ma non riceve nessuna risposta, come se non l’avesse sentito.
“Ehi, perché non rispondi?” domanda inclinando un po’ la testa in una buffa espressione e toccando la spalla della bambina, di colpo si ritrova con due occhi neri come la pece e profondi come baratri piantati nei suoi.
“Non sono affari tuoi!” esclama altezzosa e scorbutica.
 “Uffa, guarda che io volevo solo essere gentile!” ribatte deluso, ma allo stesso tempo si accorge che gli occhi della piccola sono lucidi ed arrossati, come se avesse pianto da poco.
Circospetto si allontana ma girandosi a guardarla ancora una volta non riesce a provare tenerezza per quella ragazzina dallo sguardo fulminante, c’è qualcosa in lei che gli sembra famigliare, attraverso la nebbia dei ricordi vede se stesso, poco dopo la morte del padre, seduto a guardare il mare, unendo le sue lacrime alle infinite gocce presenti nel mare.
Con cautela si porta alle sue spalle e la stringe in un abbraccio, sua madre fa sempre così quando lo vede triste, sente il corpo della bambina irrigidirsi per la sorpresa, ma non può fare a meno di notare il tepore che quel piccolo corpo riesce ad emanare.
“Che, che stai facendo?” chiede sospettosa e con tono leggermente allarmato.
“Ti abbraccio, scusa ma cosa c’è di strano? Mi sembravi triste, mia madre mi abbraccia sempre quando sono triste” la lascia andare e sente subito la mancanza del suo calore, le si siede vicino e le sorride timidamente “Allora, ti va di dirmi chi sei?”
Lei lo scruta dubbiosa, esita un attimo per poi annuire col capo e iniziare a parlare: “Mi chiamo Calipso e hai ragione non sono di questo villaggio, vengo da molto lontano, ma non voglio parlare di me, piuttosto, quello che hai fatto prima hai detto che si chiama abbraccio? E’ strano, non avevo mai provato un abbraccio!” conclude con tono perplesso.
“Come sarebbe a dire che nessuno ti ha mai abbracciata?! Neanche tua madre?”  sgrana gli occhi incredulo.
“Io non ho una madre” obbietta lei
“Ma è impossibile! Tutti hanno una madre!”

“Forse ce l’ho, ma nessuno me lo ha mai detto” prova a ipotizzare lei.
“Sì, sicuramente e così, ma allora chi si occupa di te?”
“Ma le ninfe ovviamente!”
 Davy è sempre più confuso “Ninfe? E cosa sarebbero?”
“Non lo sai? E’ difficile da spiegare, considerale come delle domestiche!” annuisce soddisfatta della sua aspiegazione.
Stupito la osserva e pensa che quella bambina è proprio strana, a partire dal nome: Calipso, non aveva mai sentito un nome del genere, e poi quella storia delle ninfe gli sembrava poco chiara.
Decise di lasciar perdere e cambiare argomento “Senti, ma se vieni da lontano cosa ci fai qui?”
“Mi annoiavo, sono stufa di essere controllata a vista, voglio fare qualcosa di interessante, tu hai qualche idea?” gli domanda guardandolo speranzosa.
“Uhm, potremmo costruire dei castelli di sabbia, che ne dici?”
“Castelli di sabbia?”
  ripete lei scandendo bene le parole “E come si fa a costruirli?”
“Non sai nemmeno questo, ma in che mondo vi… HAIII!” un dolore improvviso alla mano gli provoca un urlo, si guarda in torno alla ricerca della fonte che lo ha provocato e il suo sguardo cade su di un piccolo granchio che lo scruta in posizione d’attacco.
“Mi spiace, ti ha fatto molto male!” si informa un po’ preoccupata Calipso “Lui è Arek, è un mio amico, si è offeso perché non ti sei accorto di lui” spiega poi tranquilla accortasi che non si era fatto niente di grave.
“Hai per amico un granchio nano con manie di protagonismo?!” sbotta chiaramente irritato “Uff, lasciamo perdere ma vedi di tenerlo lontano da me, e ora ti mostro come costruire un castello di sabbia! Vedrai, lo faremo degno di una principessa!” e sorridendosi a vicenda iniziano il loro lavoro.

Sono passati diversi giorni dal suo incontro con quella strana bambina e qualcosa era cambiato nella sua vita: finalmente aveva una amica con cui parlare e giocare, con lei non si sentiva a disagio (beh, a parte quando lo scrutava con i suoi occhi di tenebra), e non doveva fingere di essere allegro se non lo era, se non aveva voglia di parlare lei non lo obbliga, si sedevano vicini e osservavano l’immensa distesa di cobalto che riesce a ipnotizzare i loro cuori.
Anche sua madre aveva notato il cambiamento: Davy non tornava più a casa carico di lividi e con l’aria imbronciata ma allegro e sorridente.
Più volte gli ha chiesto di questo suo mutamento, ma lui elude sempre le domande dicendo che il mare gli aveva portato un regalo.
Calipso non aveva mai più parlato delle sue origini e lui aveva evitato di indagare per paura di spezzare il loro giovane legame, l’unica volta che aveva provato ad accennare l’argomento lei si era incupita e gli aveva aspramente risposto che “Non sono affari tuoi!”, per poi fargli promettere di non raccontare mai a nessuno di lei, secondo lui c’è qualcosa di selvatico in quella bambina che sfugge alla sua comprensione.
Come tutti i giorni la trova seduta sulla sabbia, è sempre lì come se apparisse dal nulla, mai una volta la vista arrivare, si ritrova a pensare che provenga dalle onde del mare ma ricaccia indietro quello stupido pensiero.
Avvicinandosi si accorge che c’è qualcosa di diverso dal solito, non gli sorride, non gli corre in contro, evita persino di guardarlo negli occhi; si limita ad aspettare che lui si avvini a sufficienza per sentire le sue parole.
“Non posso mai più venire qui” il suo è appena un sussurro ma provoca nel bambino una violenta reazione, come una fulmine paralizzante.
“Co, cosa vuoi dire con questo?” la voce fatica ad uscirgli dalla gola è solo con grande sforzo che riesce a pronunciare quelle poche parole.
“Voglio dire che non ci vedremo mai più!” ripete, questa volta con un tono più alto ma sempre tenendo lo sguardo fisso sulla sabbia.
L’espressione di Davy è quella di un cucciolo bastonato, nemmeno la rabbia riesce a prendere il sopravvento sullo sconforto che lo ha invaso, gli sembra di essere distaccato dalla realtà come in un incubo “Ma perché! DIMMI ALMENO PERCHE’!” l’urlo liberatorio riesce a riportalo del tutto del cosciente della situazione, ancora prima che lei parli sa che non riceverà spiegazioni.
E’ sempre stato così tra di loro: nessuno dei due indagava sulla vita dell’altro, come in una zona franca ,in cui non importa di quale esercito fai parte, anche lì su quella spiaggia loro riposavano i cuori e custodivano i segreti.
Come si aspettava ricevette in replica solo “Perché devo prendermi le mie responsabilità, devo assumere il ruolo per cui sono stata preparata” il tono era piatto, come se non provasse niente, ma lui sapeva che era solo un modo per mascherare i suoi veri sentimenti, sapeva che se avesse potuto vedere i suoi occhi li avrebbe trovati lucidi come il primo giorno in cui l’aveva incontrata.
“E’ inutile che io tenti di farti cambiare idea, vero?”  ha un groppo in gola, sente che se continua a parlare non potrà fare a meno di piangere, si volta, deciso a correre a casa ma prima le dice “Torna almeno domani, voglio darti una cosa” e senza aspettare una risposta si lancia di corsa verso casa.
In realtà non ha nessuna voglia di sopportare gli sguardi interrogativi della madre, cammina lungo l’interminabile distesa di sabbia, svuotato da ogni emozione, il suo cuore è troppo piccolo per sopportare tutto quel dolore e la sua mente gli impedisce di provarlo, come in una sorta di meccanismo di difesa.
Col tempo i suoi passi lo riportano verso casa, alza gli occhi e si accorge che una pallida luna inizia a rubare il cielo al sole, entra in casa silenzioso come un ladro e si dirige in camera sua, in un angolo del letto trova il regalo che stava preparando per Calipso: una bellissima conchiglia bivalve che risplende di madreperla, indubbiamente la più bella della sua collezione, sopra con un coltello aveva inciso l’effige di un granchio, come ricordo del loro primo incontro.
Seduto sul bordo del letto prende in mano il suo lavoro e l’osserva, è grande quanto la sua mano e brilla alla luce fioca della luna, ha un piccolo foro destinato a far passare una catenella, voleva che lei potesse indossare il suo regalo.
Una lacrima cade solitaria dai suoi occhi e le troppe emozioni provate lo fanno cadere in un sonno senza sogni.

Un cielo tempestoso si presente ai suoi occhi appena fuori dalla porta, le onde sono più alte del solito, non è una giornata adatta per andare in spiaggia ma Davy non ascolta i consigli della madre e si dirige nel luogo in cui si era sempre incontrato con Calipso, ma ancora prima di raggiungerlo un onda dalla forza dirompente lo trascina in acqua.
Senza nemmeno accorgersene si ritrova in mare aperto, inutili risultano i suoi sforzi per restare a galla, la forza del mare ha la meglio e lui sprofonda inerte negli abissi.
La sua coscienza sta venendo meno, e gli occhi iniziano a socchiudersi quando tutto in torno a lui si calma: il mare interrompe il suo moto tempestoso e un raggio di solo trapassa le acque illuminando il suo piccolo corpo, tende verso l’alto la mano che ancora stringe il ciondolo e gli sembra di vedere calipso che gli si avvicina sorridendogli, poi tutto si oscura.

Verrà ritrovato dalla madre svenuto sulla spiaggia, curato amorevolmente e si risveglierà dopo alcuni giorni.
Una botta alla testa gli ha fatto dimenticare le ultime settimane e lui non ha nessun ricordo della bambina con cui ha trascorso il suo tempo, ma non molto lontano, vicino alla spiaggia, la nuova dea del mare sorride impugnando il ciondolo intagliato, prima di voltarsi e sparire.
Il destino a legato le loro vite, i loro cuori conservano i ricordi e il tempo intreccerà di nuovo le loro esistenze.







E’ un po’ diversa dalle altre che ho scritto, che ne dite?
So che ho ancora molta pratica da fare (ma davvero moooolta), comunque aspetto recensioni.
Come sempre una marea di grazie alla Capitana Kela che mi sostiene con le sue recensioni dandomi anche nuovi spunti :)
Grazie anche a nekomi e lemnia che hanno recensito.
Per il titolo mi sono ispirata alla leggenda cinese secondo la quale si è legati alla proprio anima gemella attraverso un filo rosso dal dio dei matrimoni.
Per il ciondolo pensavo invece a quello che entrambi hanno nel film, quello non è certo fatto di conchiglia, ma considerate il mio come una specie di suo antenato.
Grazie in anticipo a chi anche solo la leggerà! 
  
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