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Autore: Shainareth    16/03/2008    4 recensioni
[Mai Otome - anime] «Mashiro-chan sembra davvero felice!» esclamò una ragazzina sui quattordici anni, i gioiosi occhi azzurri spalancati in direzione della sua regina. La persona accanto a lei emise un grugnito, ma Arika parve non curarsene. Eseguì una piroetta e saltellò lungo la siepe di rose in boccio che costeggiava il sentiero che Mashiro Blan de Windbloom stava percorrendo elegantemente assieme ad uno degli ospiti giunti nel suo regno per l’inaugurazione del nuovo castello.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akira Okuzaki, Arika Yumemiya, Mashiro Kazahana, Takumi Tokiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Otome? No, grazie!'
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Beata ingenuità

 

 

«Mashiro-chan sembra davvero felice!» esclamò una ragazzina sui quattordici anni, i gioiosi occhi azzurri spalancati in direzione della sua regina. La persona accanto a lei emise un grugnito, ma Arika parve non curarsene. Eseguì una piroetta e saltellò lungo la siepe di rose in boccio che costeggiava il sentiero che Mashiro Blan de Windbloom stava percorrendo elegantemente assieme ad uno degli ospiti giunti nel suo regno per l’inaugurazione del nuovo castello.

   La guerra si era conclusa ed una nuova epoca era iniziata per l’intera popolazione mondiale; un’epoca splendida, senza dubbio. Le Otome diplomate al Gardrobe che erano diventate Meister non erano più soggette ai contratti stipulati con i propri precedenti padroni, sicché ognuna di esse, da quel momento in avanti, avrebbe potuto agire di propria iniziativa, nel bene o nel male, valutando personalmente la causa e gli effetti delle proprie azioni.

   Arika Yumemiya, una delle allieve meno dotate nella storia del Guardrobe, era diventata la Otome della regina di Windbloom, Mashiro. Come avesse fatto un elemento del genere ad arrivare a ricoprire tale carica, se lo chiedevano ancora in molti. Ma chi ben conosceva Mashiro… beh, doveva riconoscere che il detto “ogni cane somiglia al proprio padrone” aveva il suo fondamento. Non che Mashiro fosse una stupida… cioè… Uhm… Sorvolando sulla presunta intelligenza di regina ed Otome, entrambe le ragazze condividevano lo stesso entusiasmo verso il raggiungimento dei propri sogni: diventare una regina amata da tutti, l’una, e diventare una grande Otome, l’altra. Ed entrambe erano finalmente riuscite nel loro intento, o per lo meno erano sulla buona strada per agguantare con mano il più grande desiderio della loro vita.

   E se anche Arika aveva dovuto accantonare quella grande tentazione che per qualche tempo l’aveva distolta dal suo sogno – l’amore per un uomo –, deviandola momentaneamente dal cammino per il raggiungimento del suo obiettivo finale, Mashiro, che pure era stata costretta in qualche modo a ricacciare nelle viscere del proprio corpo una passione simile a quella della sua Otome, adesso ripartiva alla carica. Sì, perché ora che ella era impegnata a tempo pieno nella restaurazione del suo Paese e nel risollevamento della propria gente, e che tutto pareva andare per il meglio, la fanciulla poteva concedersi il lusso, dopo tanto tempo, di pensare un po’ anche a se stessa. Con misura, si intende, così che nessuno potesse rimproverarle niente.

   Ed era per questo che, incoraggiata da Arika, nonostante una certa riottosità iniziale, Mashiro si era infine lanciata verso quella che era senza dubbio una follia – almeno per chi, come loro due, aveva assistito ad un certo avvenimento qualche tempo prima.

   Ma andiamo con ordine.

   Nelle ore pomeridiane che avevano seguito l’inaugurazione del castello, Arika era corsa da Mashiro, pregandola, supplicandola di non lasciarsi scappare questa nuova opportunità per far breccia nel cuore dell’amato.

   «Ma hai visto anche tu cos’è successo quella volta…» aveva piagnucolato la regina, scoraggiata ed umiliata dinanzi al ricordo che aveva cercato di accantonare nell’angolo più remoto della memoria.

   Arika però aveva insistito, dimostrando grande determinazione nel voler aiutare la sua amica. «Se si tratta della sua guardia del corpo, ci penso io!» aveva proposto, battendosi una mano sul petto, lo sguardo sicuro. «Lo sedurrò e lo allontanerò dallo shogun!»

   Mashiro l’aveva fissata inebetita per qualche attimo; infine, le aveva quasi sbattuto in faccia la porta della sua camera, ritenendo quella proposta decisamente inutile: quale uomo sano di mente si sarebbe lasciato sedurre da una mocciosa che, seppure molto, molto carina, non aveva un briciolo di fascino adulto?

   Ma alla fine, tanto aveva detto e tanto aveva fatto, che Arika era riuscita a convincerla. Per cui la regina si era affrettata ad informarsi su dove avrebbe potuto trovare lo shogun di Zipangu, Takumi Tokiha no Kami Tadayori, l’unico giovane che le avesse mai fatto battere il cuore. Ed ora, dopo averlo invitato personalmente a visitare i giardini del palazzo reale insieme a lei, i due ragazzi passeggiavano serenamente l’una di fianco all’altro. Un quadro graziosissimo, specie considerando una formica salterina ed urlatrice alle loro spalle ed una figura accigliata ed imbronciata che li seguiva ad alcuni metri di distanza, senza distogliere per un solo attimo gli occhi dal proprio signore.

   «Ehi, Akira-kun» iniziò la formichina, saltellando davanti alla guardia del corpo dello shogun e fermandosi ad osservarla con estrema curiosità. Quella non parve dedicarle molta attenzione e procedette dritta nel suo cammino. «Non mi sono ancora scusata per averti mentito, quella volta» continuò Arika, affiancandosi a lei. «Anche se a ben guardare anche tu mi hai dato un nome falso» ragionò – cosa rara – la ragazzina. Sorrise. «Però sono contenta che sia andato tutto per il meglio, così adesso possiamo stringere amicizia!» Due occhi sottili la fulminarono con sguardo torvo, tanto che Arika per un attimo temette per la propria incolumità. «Ah… ehm… Che bella giornata, eh?» buttò lì la formichina, facendo una nuova mezza piroetta per non incrociare ancora il suo sguardo e cercando di apparire naturale.

   Akira tornò a fissare davanti a sé senza spiccicare parola: che fosse di umore particolarmente nero, era avvertibile anche standole lontano chilometri. Arika invece sospirò, demoralizzata. Anche lei riportò gli occhi sulla coppia che li precedeva per il sentiero per qualche attimo, quindi li spostò nuovamente sulla guardia del corpo del loro ospite. Durante la precedente visita dello shogun di Zipangu lì a Windbloom, Arika aveva avuto modo di scontrarsi con Akira, constatandone l’enorme valore di combattente, al punto che le era balzata alla mente l’idea che la guardia del corpo di Takumi Tokiha no Kami fosse una Otome proprio come lei nonostante Akira fosse un ragazzo. O meglio, lasciasse credere di essere tale. Perciò, quando questa era andata in soccorso del suo signore, in preda ad una crisi cardiaca dovuta ad una brutta malattia, e gli aveva somministrato delle medicine attraverso un lungo, intenso bacio, sia Arika che Mashiro erano rimaste di sasso. Ma mentre per la formichina, prigioniera della propria ingenuità, la cosa era apparsa semplicemente bizzarra – dopotutto era stata la prima volta che le era capitato di assistere ad un bacio fra due ragazzi –, la sua regina era stata sull’orlo di un collasso: il giovane con cui aveva passato l’intero pomeriggio, Takumi Tokiha no Kami, era stato baciato da qualcun altro. Da un maschio, per giunta. E, ciliegina sulla torta, al termine della sua visita a Windbloom, lo shogun aveva apertamente dichiarato di non essere giunto fin lì per organizzare un matrimonio combinato. Affermare che l’umore di Mashiro, persino da lui criticata per il suo modo di governare il Paese, era rovinato sotto i piedi, era dir poco.

   Per tutte queste ragioni chiunque converrà con colei che scrive che il perseverare di Mashiro nel tentativo di conquistare il cuore del giovane Takumi non poteva che esser paragonato a follia pura. Tuttavia, si può mettere freno al proprio cuore? No. E perciò Arika, l’unica a condividere il grande segreto della regina, aveva comunque esortato quest’ultima a non arrendersi e ad aggrapparsi anche soltanto alla più remota speranza: insomma, se pure lo shogun non aveva fatto nulla per respingere quel bacio inopportuno e, anzi, sembrava averlo in qualche modo incoraggiato dal momento che, capite le intenzioni della sua guardia del corpo, l’aveva lasciata fare e l’aveva persino ringraziata per quel gesto, non era affatto sicuro che il giovane avesse una relazione con lei.

   Ma non era tempo per soffermarsi su tali pensieri, bisognava agire, e in fretta!

   D’un tratto l’espressione di Akira Okuzaki, la guardia del corpo di Takumi, cambiò radicalmente da imbronciata ad esterrefatta: la formichina della regina le si era avvicinata al punto da strusciare vergognosamente la propria spalla contro quella della kunoichi. «Che vuoi?» le domandò la ragazza di Zipangu, fissandola con fare terribilmente perplesso.

   Arika si lasciò andare ad una risatina frivola e nervosa, che lasciava intuire quanto la cosa le costasse. Insomma, Akira aveva un bel viso, era forte, aveva mostrato coraggio e valore, e pertanto non era affatto un cattivo partito. Solo… metteva paura, ecco. Ma per la sua Mashiro-chan, la formichina sarebbe andata fino in fondo. «Eheh… ehm… mi domandavo se un bel giovane come te non avesse tempo per divertirsi un po’…»

   Akira sollevò un sopracciglio, sempre più stupefatta. «Ma sei davvero imbecille come sembri?»

   Colpita al cuore, la Otome non si perse tuttavia d’animo e si aggrappò al suo braccio, sfarfallando le ciglia scure. «Che ne dici di andare a fare un giro noi due soli soletti, eh? Eh?» e nel dirlo, agguantando tutto il coraggio da lei in possesso, si premurò di far aderire i seni contro il braccio della ragazza. La quale, com’è ovvio, non solamente le ringhiò contro un “Se non ti stacchi immediatamente, ti farò volare dall’altra parte del mondo, nano-macchine o meno”, ma per di più se la scollò di dosso in malo modo, tanto che Arika perse l’equilibrio e per poco non crollò a terra.

   Offesa per tanta mancanza di tatto, la Otome, rimasta più indietro, tirò fuori la lingua in direzione della kunoichi. «Caspita… non pensavo fosse così difficile sedurre un uomo…» prese quindi a riflettere la ragazzina, le braccia intrecciate al petto. «A meno che…» e finalmente la colse un dubbio atroce. «Akira-kun, posso farti una domanda?» si fece nuovamente avanti, insistendo a prendersi la confidenza di chiamare per nome una persona che non solo non gliela aveva mai concessa, ma che per di più non le aveva assolutamente fatto credere di averle fatto dono della propria simpatia. «Ecco…» riprese, senza neanche aspettare che Akira reagisse. «Che tipo di rapporto c’è fra te e Takumi Tokiha no Kami?»

   «Sono la sua guardia del corpo» si sprecò allora di mugugnare in risposta la kunoichi dello shogun, le pupille sempre incollate sulla figura del proprio signore.

   La formichina mise il broncio. «Però lo chiami per nome…»

   «Lo fai anche tu con la tua regina» replicò Akira, decisa.

   «Ma io non le dico che è una stupida» obiettò l’altra, mortificata. «Almeno credo…» soggiunse, dubbiosa. «E non la bacio, oltretutto» continuò ancora, seppur in un sussurro.

   Sussurro che la guardia intese perfettamente. «Non sono affari che ti riguardano» sbottò, palesemente in imbarazzo, con un tono che lasciava intendere che questa sua ultima affermazione dovesse metter fine a quella scomoda conversazione.

   Non essendo tuttavia chiaro per le facoltà intellettive di Arika, questa sorrise con fare malizioso. «Mi pare di capire che tu sia innamorato del tuo signore…» sghignazzò poco furbamente, una mano davanti alla bocca.

   Gli occhi di Akira tornarono a fissarla con fare terribilmente torvo. «Un’altra parola e sei morta.»

   «Eh?!» si scandalizzò la formichina, la cui voce squillante attirò l’attenzione dei due sovrani. «Abbiamo appena concluso una guerra, non puoi rischiare di scatenarne un’altra in questo modo!»

   «Arika-chan, che succede?» volle sapere Mashiro, incuriosita.

   «Akira-kun ha…»

   «Taci!» urlò questa, pestando un piede in terra.

   «Ma…!»

   «Ti ho detto di star zitta!»

   «Akira-kun, qual è il problema?»

   La voce calma e gentile del suo signore ebbe il miracoloso potere di acquietarle l’animo. I loro occhi si incrociarono ed Akira sospirò. «Nessuno, Takumi, sta’ tranquillo.»

   La linea della bocca di Mashiro si piegò all’ingiù per ciò che Arika sottolineò nuovamente un secondo dopo, additando la colpevole col dito: «L’hai di nuovo chiamato per nome!»

   «Chiudi quella fogna!» protestò per l’ennesima volta la guardia dello shogun, furiosa.

   «Arika-chan ha ragione: non è delicato prendersi certe libertà con il proprio padrone» convenne invece la regina di Windbloom, incrociando le braccia al petto e rispolverando il vecchio contegno altezzoso che l’aveva resa odiosa a tutto il suo popolo, in passato. «Takumi-kun, dovresti insegnare le buone maniere alla tua guardia del corpo. E’ un ragazzo davvero insolente.»

   Il giovane di Zipangu inarcò le sopracciglia e la fissò con fare stupito. «“Ragazzo”?» ripeté a mezza voce, mentre Akira imitava la postura di Mashiro e voltava il capo dall’altra parte palesemente offesa. «Akira-kun è una ragazza, Mashiro-sama.»

   A questa verità seguì una manciata di interminabili secondi di silenzio, tant’è che una cavolaia svolazzò fra loro del tutto indisturbata, fino a raggiungere i boccioli delle rose che costeggiavano il sentiero.

   Poi la terra tremò per l’urlo simultaneo che regina ed Otome lanciarono per il giardino. «UNA RAGAZZA?!»

   «Perché cavolo vi stupite tanto, proprio non lo capisco» bofonchiò Akira, sempre più stizzita.

   «Mi avevi detto di essere un maschio!» berciò la formichina, le cui treccine raccolte sulla sommità del capo avevano preso ad agitarsi insieme alle sue emozioni.

   «Ma se mi hai persino chiesto se ero una Otome…» replicò l’altra, seccata. « Ad ogni modo, non ho mai affermato nulla del genere. Mi sono solo presentata come lo shogun di Zipangu, ma non ho mai detto di essere un ragazzo.»

   «Ancora scusa per averti incomodato tanto, quella volta, Akira-kun» sorrise Takumi, massaggiandosi la nuca con fare impacciato.

   «Ormai è andata, e l’importante è che non sia successo nulla di grave» sospirò lei, paziente come sempre quando si trattava del suo signore.

   E mentre Arika continuava a fissare ora l’uno ora l’altra con evidente terrore negli occhi – quello chiamato “Oh-porca-miseria-allora-siamo-nei-guai” –, l’espressione di Mashiro era tutta un programma: le pupille dilatate, il colorito cadaverico, la mascella spalancata, un tic all’occhio sinistro. «Perché… perché…?» rantolava sul filo dello svenimento. Gli altri tre si volsero a fissarla, chi perplessa, chi stupito, chi seriamente preoccupata per la sua salute mentale. Infine, un nuovo urlo squarciò l’aria. «PERCHE’ CAVOLO DEVONO SUCCEDERE TUTTE A ME?!»

   Takumi ed Akira fecero istintivamente un passo indietro, mentre Arika corse ad abbracciare la povera Mashiro, sull’orlo delle lacrime. «Mashiro-chan, non fare così!» iniziò a consolarla, piagnucolando insieme a lei. «Vedrai che non è come sembra! Non è come sembra! Vero che non è come sembra?» si decise allora ad interpellare gli altri due, chiedendo conferma della sua teoria.

   «Ehm…» tartagliò lo shogun, preso in contropiede riguardo a qualcosa che ignorava totalmente.

   «Non è giusto, non è giusto, non è giustooo!» protestava animatamente la regina, cercando di divincolarsi dalla stretta della propria Otome, forse per andare ad affrontare la sua rivale in amore.

   Quest’ultima, che aveva capito molto più del suo signore, sbuffò con fare annoiato. «Tanto chiasso per niente…»

   Le antenne della formichina – vale a dire le treccine di Arika – si tesero nella sua direzione, avendo captato perfettamente quelle parole. «“Niente”?»

   «Niente» si sforzò di confermare la guardia di Zipangu, suo malgrado.

   «Hai sentito, Mashiro-chan?! Niente di niente!» prese a saltellare gioiosamente la Otome, stringendosi così tanto al collo della regina che per poco non la soffocò.

   Takumi fissò gli occhi in quelli di Akira. «Ma di che parlano?»

   Impacciata, lei distolse lo sguardo, trovando molto più interessante osservarsi la punta dei piedi. «Nulla di importante.»

   «Ma Mashiro-sama stava piangendo…» osservò il giovane, seriamente dispiaciuto.

   «E’ che in realtà credeva che…» ma la vocina squillante di Arika fu interrotta da un nuovo portentoso urlo di Mashiro.

   «NON AZZARDARTI A DIRLO!»

   «Ma è la tua grande opportunità, Mashiro-chan!»

   «Ti ho detto di non dire niente!»

   Akira si portò una mano alla tempia. «Quanto sono chiassose…» sospirò, disturbata da tanta confusione, non ricordandosi di aver dato lo stesso identico spettacolo appena pochi istanti prima. La sua attenzione tornò su Takumi, ancora chiaramente perplesso circa quanto appena accaduto. Sorrise, raddolcita. «Takumi, sei stanco?»

   Lui la fissò e scosse il capo. «No, ma comincia a far fresco» rispose, tornando ad avere un’espressione serena in viso.

   «Allora faresti bene a rientrare» gli disse la ragazza, avvicinandosi a lui e posandogli sulle spalle lo haori che aveva portato con sé proprio per evitare che il suo signore prendesse freddo.

   «Grazie, Akira-kun» le sorrise di rimando Takumi, affiancandosi a lei per tornare nel castello. Prima di incamminarsi, però, rivolse un’ultima volta lo sguardo verso Mashiro ed Arika, ancora impegnate in un acceso diverbio sull’opportunità o meno di dire qualcosa a qualcuno. «Ehm…»

   «Lascia perdere, ne avranno ancora per molto, temo» mormorò Akira, fissando anche lei la scena, ma con disappunto. «Chissà se sono tutti così stupidi a Windbloom…» si domandò, attirandosi un bonario rimprovero dallo shogun.

   «Akira-kun!»

   «Ma discutono di cose inutili…» tentò di giustificarsi la ragazza.

   «E sarebbero?» chiese contrariato il giovane.

   Akira rise. «Meglio per te non saperlo, le donne sono pericolose» lo prese in giro, afferrandolo gentilmente per un gomito e spingendolo via. «Ora che sei di nuovo tornato ad aggrapparti alla sottana di tua sorella,» e qui il tono della sua voce si incrinò per sottolineare la propria contrarietà al riguardo, «continua a vivere beato nella tua ingenuità fino a che non sarai pronto per affrontare l’argomento.»

   «Akira-kun!» arrossì lo shogun, risentito.

   «Con me per prima, però, sia ben chiaro» aggiunse lei a metà fra il serio ed il faceto, ignorandolo e lasciandogli comunque intendere come in quell’ultima frase fosse sottinteso un più che fatale avvertimento.








Mi sono divertita un mondo nel muovere Arika, davvero. All'inizio della serie non mi risultava troppo simpatica, così come Mashiro, ma andando avanti con la visione dell'anime mi sono ricreduta, tanto da rivalutare non poco i due personaggi, almeno per quel che riguarda la loro simpatia, appunto.
Oltretutto mi sono stupita parecchio nel sapere che quella di Mashiro per Takumi non era una cotta nata e finita sul momento, per cui non ho potuto fare a meno di scriverci su, arrivando così a trattare anche altri due personaggi oltre ai soliti Akira e Takumi (inutile ripetere che sono i miei preferiti, vero?).
E aggiungo anche che non è da escludere che questa one-shot abbia un seguito (ho già diverse idee per la testolina, infatti) che abbracci anche altri personaggi, quali ad esempio Mai, Haruka, Nao e Shizuru.
Grazie a tutti per la lettura, sperando vi sia risultata gradita, e per le eventuali critiche o per i consigli che vorrete lasciarmi: ho voglia di imparare. ^^
Shainareth
P.S. Grazie a NicoDevil per avermi dato il solito incoraggiamento per mettere online la ff. ^*^



  
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