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Autore: Bubbles_    16/09/2013    2 recensioni
Lo aveva perso.
Aveva perso quel dannatissimo taccuino. Di nuovo.
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“Non merito forse una ricompensa?”
Aveva perso quel diario un milione di volte e altrettante aveva dovuto pregare perfetti sconosciuti di restituirglielo, ma mai nessuno aveva chiesto un riscatto.
Quella ragazza non gli piaceva per niente. La sua prima impressione risultava essere completamente sbagliata. Ora la vedeva come un’avida impicciona.
“Due euro e venti e sbrigati, sta arrivando il pullman”
“È seria?”
Non sapeva se si sentiva più offeso per il fatto di dover pagare per riavere indietro il suo diario o per quello di dover pagare così poco. I suoi pensieri più profondi in svendita per soli due euro.
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"Non hai mai voluto che uno sconosciuto ti stravolgesse la vita? Non sei mai stato in cerca di novità? Io sono quello sconosciuto. Carpe diem!"
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lysandro, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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« L'Amour Est Laid~
 
 
 
Dopo una breve anticamera scura, entrò in quello che doveva essere un club a luci rosse di lusso. Non che ne avesse visti molti, a dire il vero. Una volta era riuscito ad entrare con Castiel in un club di periferia, uno di quelli con le ragazze che ballavano avvinghiate a dei pali e le luci talmente soffuse da non vedere un metro dal naso. Tutto stava procedendo per il meglio, finché non si era accorto di aver perso il suo taccuino. Lui e il rosso avevano passato l’intera nottata con il viso a due centimetri da terra, tra tavoli e divanetti, perdendosi gran parte dello show. Per un attimo, entrando, si era aspettato musica alta, cameriere con divise poche coprenti e uomini un tantino troppo allegri, ma non vi trovò nulla di tutto ciò. Per sua fortuna quel club di giorno doveva essere chiuso e così non differiva poi molto da una normale discoteca.
Le ragazze c’erano, ma erano completamente vestite e provavano chissà quale balletto sul palcoscenico in fondo alla stanza. Al vederlo bisbigliarono divertite e subito Lysandre cercò con lo sguardo Lucy nel tentativo di ritrovare un po’ di sicurezza.
Avrebbe dovuto dirglielo a Lucy, o come diamine si chiamava. Doveva dirglielo.
Sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto.
Non poteva continuare così. Non poteva scomparire e abbandonarlo davanti ad uno strip-club e il tutto senza spiegazioni. Oh, glielo avrebbe detto! Sì, avrebbe messo le cose in chiaro.
Non fu difficile trovarla in quell’enorme stanza. Era seduta a gambe incrociate sul bancone del bar e guardava curiosa le prove delle ballerine.
Tutto ciò che aveva sulla punta della lingua sino ad un secondo prima sembrò fare marcia indietro in quell’istante. La raggiunse il più veloce possibile, senza però scomporsi troppo, e solo una volta accanto poté calmarsi.
“Gran posto. Aperto da mezzanotte alle otto del mattino. Serviamo anche la colazione. Dovresti consigliarlo ai tuoi amici” lo sguardo di Lucy era ancora puntato sulle ragazze. Una la salutò con la mano e lei ricambiò cordiale.
“Tu lavori qui?” Lysandre si guardò ancora una volta intorno.
Quello che sembrava un normale club doveva avere tutt’altro aspetto la notte.
Prima di tutto non era neanche sicuro lei fosse maggiorenne, per non parlare poi dell’assurdità della cosa. Di giorno assisteva gli anziani e la sera si faceva infilare i soldi nelle mutande? Arrossì di colpo e scacciò quell’immagine compromettente dalla mente. Ma cosa andava a pensare? Doveva esserci una spiegazione logica. Si ricordò allora con chi avesse a che fare e le sue speranze di capirci qualcosa morirono all’instante.
“Lavoravo qui” lo corresse la bionda senza prestargli davvero attenzione “E questa era la mia postazione!” diede un colpo al bancone con la mano aperta. Lysandre si sentì immediatamente sollevato e, nonostante non gli piacque ammetterlo, il motivo era soltanto quello.
“Facevi la barista?” chiese in cerca di conferma e al suo annuire distratto si sentì ancora meglio. Lucy gli indicò la parete dietro il banco e senza aggiungere nient’altro saltò a terra. Lysandre provò a seguirla con lo sguardo, ma quello tornò per conto suo verso il punto indicatogli spinto dalla curiosità. Lì dove di solito uno si aspetterebbe di vedere bottiglie di tutti i tipi vi erano invece milioni di foto, polaroid scattate giorno dopo giorno, notte dopo notte.
Lucy era facile da individuare con quei suoi capelli chiari, vi erano foto di lei ovunque: mentre serviva drink, abbracciata a due donne – o così sembravano – con sgargianti copricapi piumati, appisolata sul bancone, in spalla ad un uomo mentre rideva contenta... e poi ancora, foto di ragazzi e ragazze, di luci sfocate, del locale, di Lucy senza maglietta, delle ballerine sui pali… Cosa? Lo sguardo di Lysandre tornò veloce un paio di foto indietro, aveva visto bene? Sì, decisamente troppo bene: una bottiglia di vino tra le labbra e una mano che sollevava la maglietta mostrando ciò che madre natura le aveva donato senza vergogna o censure, sulla pancia un numero a quattro cifre: “2013”. Si doveva essere divertita parecchio il capodanno passato.
“Ti piace quella foto?” domandò l’interessata spuntando all’improvviso da dietro il bancone. Lysandre per poco non sobbalzò e si ritrovò a tossire imbarazzato. Lucy sorrise furba, staccò la foto dal muro, guardò prima a destra e poi a sinistra e si sporse in direzione del ragazzo.
“Vieni qui! Non ti mangio!” al suo esitare lo afferrò per lo jabot e lo tirò a sé, gesto che a Lysandre non piacque affatto. Estrasse il fazzoletto dal taschino della giacca e ci infilò la foto, concluse il tutto con un occhiolino, prima di spingere il ragazzo di lato con quella sua solita delicatezza inesistente.
Lysandre fece appena in tempo a spostarsi che un uomo gli si parò di fianco. Era poco più basso di lui, ma decisamente ben piazzato. I capelli neri e mossi gli arrivano alle spalle, portava la barba corta e ben curata, sul collo erano visibili diversi tatuaggi che dovevano partire dal petto. Nonostante fossero al chiuso indossava un paio di occhiali da sole dalle lenti rotonde e sfumate di azzurro, per non parlare poi della quantità assurda di collane e anelli che portava. Lo aveva già intravisto in diverse foto e quando lo vide lì, in carne e ossa, ebbe la sensazione fosse una figura a lui già familiare.
“Roxanne, piccola, che ci fai qui?”
Quel nome catturò violentemente l’attenzione di Lysandre, che non si sarebbe comunque perso una parola, si sentiva in un qualche modo a suo agio in quel ruolo di spettatore.
Il nuovo arrivato lo squadrò dalla testa ai piedi e sorrise beffardo.
“E questo damerino?”
Lysandre valutò l’opzione di rispondergli, ma qualsiasi cosa gli venne in mente gli parve talmente infantile che alla fine preferì evitare discussioni inutili. Lucy, o meglio Roxanne, sembrò apprezzare quel gesto, non lo disse apertamente, ma Lysandre notò il sorriso appena accennato che gli rivolse.
“La tua nuova fiamma?” inferì allora l’uomo non avendo ottenuto nessuna risposta. Perché tutti li pensavano una coppia? Lysandre poteva capire gli anziani alla casa di riposo, insomma non dovevano avere quella gran vita sociale, ma cosa aveva fatto credere a quell’uomo che loro due stessero insieme?
“Geloso?!” Lucy alzò un sopracciglio sarcastica e senza mai lasciare l’uomo con lo sguardo posizionò un bicchiere sul bancone. Lysandre non le aveva mai visto quella luce maliziosa negli occhi e non sapeva se trovasse la cosa innaturale o incredibilmente adatta a lei. L’osservò miscelare abilmente diverse bevande, aggiungere una fetta di lime e passare il tutto al moro.
“Antoine, tra di noi è finita”.
Per poco Antoine non si strozzò, lanciò il bicchiere con malagrazia tanto che un po’ del contenuto strabordò e bagnò il bancone. Quella reazione sembrò però non toccare la ragazza, che asciugò paziente il tavolo e fece un sorso a sua volta.
“Roxy, cosa stai dicendo? Piccola, ma sei impazzita?” la mano dell’uomo andò a posarsi su quella della bionda. Invece di respingerla, come Lysandre aveva immaginato, Roxanne la strinse intrecciando le sue dita a quelle di Antoine.
“Non sono impazzita, Lysandre mi ha semplicemente aperto gli occhi” al sentirsi tirare in causa Lysandre sbarrò gli occhi e si morsicò la lingua per evitare di parlare. Non poteva far saltare la sua copertura.
“E chi è questo Lysandre?” Antoine era ora di pessimo umore e lo si capiva dal modo in cui parlava.
“Qualcuno che mi capisce perfettamente, ma questo a te non deve importare. Ciò che è importante è che io non ti amo, non più”.
A quelle parole il moro scoppiò a ridere, portò la mano della ragazza alle labbra e la baciò diverse volte prima di sorriderle languidamente.
“Tesoro, non si è mai parlato di amore”
Roxanne sorrise a sua volta, un sorriso innocente, bambinesco quasi, così diverso da quello dell’uomo.
“Per me lo è stato. Un amore brutto, un amore sporco” Lysandre spalancò gli occhi a quelle parole e indietreggiò inavvertitamente di un passo per la sorpresa, il battito del suo cuore che aveva accellarato a dismisura.
“Rami pieni di spine per asciugare le lacrime! Ma tu continua a comportarti come gli altri: per ripulirti il cuore, prendila con charm”.
Lysandre si voltò verso l’uomo aspettandosi di vederlo con la più confusa delle espressioni sul viso eppure vi trovò tutt’altro: un sorriso divertito e la presunzione negli occhi. Doveva essere abituato a quelle uscite bislacche della ragazza.
“Io non credo ai tuoi soldati, non più. Me ne frego dei tuoi re, il mio cuore è ormai marcio. Non credo ai tuoi guaritori, me ne fotto delle tue regole che mi hanno già spinto in errore”.
Lysandre conosceva a memoria ogni singola parola pronunciata da Roxanne. Forse lei ne aveva cambiata qualcuna, ma lui non aveva dubbi. Era la sua canzone. L’aveva scritta lui.
Quando alzò lo sguardo trovò quello di lei che lo fissava complice. Le sorrise, non seppe perché lo fece, semplicemente allungò le labbra in quello che era il tentativo di farle capire che sapeva. Che sapeva da dove veniva quel pensiero, che approvava e che, questo forse lei non lo avrebbe colto, l’ammirava. Sì, perché nessuno era mai arrivato a cercare di comprenderlo, invece leim non solo aveva letto quei pensieri con attenzione, ma li aveva fatti propri. Ammirava il fatto che potesse davvero fare quelle che per lui, per colpa della sua vigliaccheria, erano sempre state solo parole. Non sapeva che cosa avessero voluto dire per lei quelle semplici strofe, buttate già un pomeriggio di qualche giorno prima in una delle sue riflessione, ma sapeva però avessero trasmesso un significato ben preciso e la cosa lo inorgoglì.
“Piccola mia, non capisco dove tu voglia arrivare” disse l’uomo interrompendo quell’innocente gioco di sguardi e riportando la conversazione ad un livello più concreto.
“È finita Antoine. Tra me, te, il locale. Mi licenzio. Semplicemente non funziona più, non mi va più bene. Tu, questo, noi... non credo sia quello che mi serva al momento” Roxanne ritirò veloce la mano, ancora stretta in quella dell’uomo, e uscì da dietro il bancone fronteggiandolo. Era più bassa di parecchi centimetri e vicino a lui sembrava una ragazzina.
Per la prima volta da quando era arrivato, Lysandre notò l’atteggiamento di Antoine cambiare e farsi incredibilmente serio.
“Mi stai chiedendo di lasciarti andare, piccola?”
“Non te lo sto chiedendo”
Roxanne sorrise dolce e Lysandre si ritrovò a pensare che quei sorrisi dovevano avere lo stesso effetto che avevano su di lui anche su Antoine. L'uomo si tolse gli occhiali, mostrando due piccoli occhi color ghiaccio e in un attimo perse la serietà nello sguardo.
“Quel Lysandre è un uomo fortunato”scherzò portandosi una mano al cuore.
“Neanche lo conosco” la voce di Roxanne tradì una fragilità che poco le si addiceva e Lysandre non poté fare a meno di notarlo.
Sentì lo stomaco contrarsi, odiava mentire e quella situazione diventava sempre più complicata. Avrebbe voluto dirle “Ehi, sono io Lysandre! Quella è la mia canzone!” ma il rimorso di non aver detto la verità sin dal principio e l’imbarazzo ebbero la meglio.
Antoine si avvicinò alla ragazza e la strinse forte, il tutto sotto lo sguardo imbarazzato di Lysandre che non era ben riuscito a cogliere il filo della conversazione e che comunque era troppo preso con quella sua lotta interiore per prestare davvero attenzione.
“Dettagli, non trovi?” l’uomo le fece furbo l’occhiolino prima di allontanarsi da lei e fare un sorso dal bicchiere ancora mezzo pieno.
Roxanne guardò in alto e né Antoine, né Lysandre seppero mai perché lo fece, riabbassò lo sguardo, si alzò in punta di piedi e stampò un fugace bacio sulle labbra del moro, poi, dato il suo addio, prese per mano Lysandre e per la prima volta lo guidò verso l’uscita.
Non lo lasciò solo, non lo abbandonò a se stesso dando per scontato che lui la seguisse. Lo prese per mano. Lo guidò.
Prima di scomparire nell’anticamera scusa però Roxanne si fermò e nello stesso istante Antoine parlò.
“Io sarò sempre qui, nel caso tu volessi tornare da me”
“Un orgasmo perenne non è affatto un orgasmo, Antoine”
Senza più voltarsi, Roxanne e Lysandre varcarono l’uscita dell’Orgasme.
 
 
 
Lo stava fissando e in un modo decisamente poco discreto e altrettanto fastidioso.
Aveva iniziato appena fuori il locale e non aveva più smesso. Era inciampata diverse volte, si era sorretta a lui per non cadere, ma non aveva smesso un minuto di fissarlo.
Lysandre sentiva le guance calde ed era sicuro aver assunto un colorito decisamente innaturale, sentiva caldo e il suo sguardo vagava senza una metà precisa nel tentativo di evitare quello di Roxanne, che comunque sembrava non curarsi minimamente del suo disagio.
“Sai quando sono entrata all’Orgasme per la prima volta, io volevo fare la lap-dancer” Lysandre sentì quel enorme peso scomparire non appena la bionda aprì bocca. Qualsiasi argomento di conversazione era meno imbarazzante di quegli occhi puntati su di lui.
“E ci ho anche provato, una notte soltanto, a dire la verità. Poi per la storia dell’età e di tutte quelle stupide regole, Antoine mi aveva messo dietro il bancone. Non che fossi questa gran ballerina, ma era divertente, eccitante e cosa più importante Marguerite non avrebbe mai approvato! Non che sarebbe mai venuta a saperlo, sia chiaro! Fare la barista alla fine si è rivelato essere altrettanto interessante”.
Lysandre non poté far altro che immaginarsela su una di quelle postazioni. Non capiva come quella ragazza potesse essere così contradditoria. Non appena pensava di averla inquadrata, lei faceva qualcosa di assolutamente incoerente per smentirlo.
“Quando questa mattina ho letto quella poesia-canzone-qualsiasi cosa fosse, sul taccuino del tuo amico, mi sono sentita rinascere e ho capito. Non era più posto per me!”
“Come puoi da delle semplici parole prendere decisioni così importanti?”
Quando lo aveva nominato, prima davanti ad Antoine, si era sentito in un qualche modo orgoglioso, era riuscito con le parole a comunicare un qualcosa, ma allo stesso tempo non riusciva a capacitarsi di come una decisione potesse essere presa così alla leggera, per delle semplici frasi lette sul quaderno di uno sconosciuto.
“Sono entrata all’Orgasme perché ero alla ricerca di qualcosa. Ho trovato Antoine, ho trovato il brivido del proibito. Ho messo in gioco me stessa e lo rifarei una, cento, mille volte ma si cresce, si cambia e non c’era più nulla per cui valeva la pena restare. Più nulla che mi interessasse. Quel posto cominciava a starmi stretto e se volevo chiudere con il locale, dovevo chiudere anche con Antoine. Volevo farlo già da tempo, le parole del tuo amico mi hanno semplicemente dato la spinta giusta”.
“Tu e Antoine…” non finì nemmeno la frase, che subito desiderò rimangiarsi quelle parole. Quelli erano tutto fuorché affari suoi e non importa quanto quel piccolo dubbio lo avesse fatto impazzire nella precedente mezz’ora, avrebbe dovuto tenerlo per sé.
“Non siamo mai stati una coppia” la risposta della ragazza lo confuse a tal punto che non riuscì a tenere la bocca chiusa.
“Hai detto di amarlo” sì, non erano affari suoi e sì, non aveva il diritto di parlare con lei di quel lato della sua vita, ma l’amore era un argomento che lo interessava. Lo affascinava ed era sempre stato per lui qualcosa di enorme, irraggiungibile. Non aveva mai detto “ti amo” ad una ragazza non perché non avesse mai provato un affetto profondo a tal punto, ma perché non si era mai concesso quella libertà. Amare era qualcosa di molto più grande del semplice voler bene e quelle parole erano per lui un macigno troppo grande da scagliare. Roxanne sembrò captare quei pensieri e cominciò a muovere le mani in aria nel tentativo di spiegare meglio la sua teoria.
“Ognuno ha la propria visione di amore” esordì cercando di calibrare ogni singola parola. Nonostante ne parlasse liberamente, quell’argomento doveva essere delicato anche per lei “Per me l’amore è semplice. Come nasce finisce e quando lo fa bisogna accettarlo. Per me si può amare per giorni, mesi, anni interi oppure per una notte soltanto. Puoi amare una persona, puoi amarne di più. Non capisco perché il sentimento più bello al mondo debba diventare complicato. Perché la gente ha paura di due semplici parole? Ti amo. Non sono difficili da dire. Ho amato Antoine nel passato, forse lo amerò nel futuro, ma non c’è posto per lui nel mio presente. Non c’è posto per quel tipo d’amore nel mio presente, ultimamente sento di volere qualcosa di diverso che quel tipo di relazione”.
Quella era una visione talmente discordante da quella che aveva lui dell’amore! Aveva sempre pensato ci fosse un solo grande amore nella vita di ciascuno, un pensiero scioccamente romantico, ma che amava conservare. Così come aveva sempre creduto l’amore non finisse, o almeno non del tutto. Erano pensieri ingenui, ma che riuscivano a fargli vedere il buono nel mondo e vedere qualcuno che prendeva, così alla leggera, un sentimento di cui aveva letto, scritto, ma che non si era mai concesso il lusso di provare lo turbò.
“La gente ha paura a dire ti amo, per quello che vi è dietro” disse guardando a terra osservando i suoi stessi passi. Avrebbe potuto cambiare il soggetto a quella frase, avrebbe potuto sostituire quel "la gente" con un semplice io, ma non lo fece.
“E che cosa vi è dietro?”
“Promesse. Grandi, difficili promesse”
“Hai detto difficili, non impossibili”
"Ed Aspettative che tutte insieme costruiscono un vero castello di carta, instabile e precario"
"Basta avere delle buona fondamenta".
 
 
Ici l'amour est laid
Ici l'amour est sale
Y a des branches de rosier pour t'essuyer les larmes
Alors fais comme les autres tu sais à Amsterdam
pour t'essuyer le coeur, prends la avec du charme

Mais moi je crois pas
Je crois pas en vos soldats
Je me fous de vos rois
qui me pourrissent le coeur
Et moi je crois pas
pas en vos soigneurs
Je me fous de vos lois
qui me poussent à l'erreur
 
 
 
 
 
Euphoria__'s corner:
'Sera! Eccomi qui con un nuovo capitolo! E' contorto, confuso e probabilmente noioso... ecco, io vi ho avvisati.
Ringrazio le tre persone che hanno commentato lo scorso capitolo :3


Tsuki 96
charlina
Lady_Light_Angel


Grazie mille davvero e mi scuso per il ritardo nel rispondervi. Non sapete quanto mi facciano piacere le vostre recensioni:3 Davvero, sono affezionata a questa storia e sapere che là fuori nel mondo (è un mondo piccolooo - cit* Zazu ;P) c'è qualcuno che l'apprezza mi rende davvero felice.
Una canzone che adoro <3 (consiglio anche Toi et Moi :) ) L'ho inserita nel capitolo in modo particolare: pretendendo che l'autore fosse Lysandre. Ho un po' adattato il testo, inserendo una traduzione a grandi linee, il significato poi è molto metaforico.
Presto posterò anche come io mi immagino la voce di Lysandre ;)
La storia è ambientata in Francia anche se non specificherò dove, penso comunque nel Sud, sulla costa o lì vicino perchè è la parte della Francia che meglio conosco. Ho cambiato il nome del locale che si chiama ora "L'orgasme" e la frase sull'orgasmo di Lucy viene da un testo sul fanatismo che avevo letto tempo fa!
Detto questo, un bacione e al prossimo capitolo!
 
 
  
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