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Autore: Cathy Earnshaw    17/09/2013    3 recensioni
"Era una calda serata estiva, di quelle che restano incollate addosso con il loro profumo di fiori e di rosmarino, con il frinire delle cicale, con le risate degli amici. Tutta la popolazione della piccola cittadina di Pothien si era riunita nella piazzetta principale. La musica colorava con le note eteree dell’arpa le serate del Nord della Terra dei Tuoni, e i cantori narravano le loro storie affascinanti a chiunque le volesse ascoltare."
Non è un'introduzione, lo so..ma credetemi se vi dico che è ancora tutto troppo vago anche per me per poter scrivere un'introduzione coerente ;) Vi piaciono i racconti con maghi, elfi, duelli e lunghi viaggi in terre desolate? Benvenuti nella Terra dei Tuoni, amici!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di guerre e cascate - La Terra dei Tuoni'
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Liam si prese la testa tra le mani. Addio speranza di raggiungere Natìm in mattinata. Davanti a loro si estendeva un grande campo di battaglia: decine e decine di orchi erano tenuti in scacco da quattro maghi che, nel punto più stretto tra il bosco e il fiume, avevano costruito un immenso imbuto, in cui gli orchi erano stati costretti ad incanalarsi. Una pensata geniale. L’unica alternativa che si offriva al nemico, in quel modo, sarebbe stata aggirare l’argine passando dal bosco, invadendo così il territorio degli Unicorni, e rischiando di affrettare la decisione di questi ultimi di scendere in campo.
Liam strinse gli occhi, nel tentativo di riconoscere i maghi. Il ragazzino che sembrava essere stato tirato per le braccia e per le gambe tanto era lungo e sottile era sicuramente Tim. Dinoccolato così poteva esserci solo lui. La maga dai riccioli scuri poteva essere quella che, insieme a Ruben e al ragazzino, l’aveva soccorso mentre cercava di farsi ammazzare da Caleb, appena fuori da Spleen, una vita prima. La donna alta con i capelli tagliati corti era senza ombra di dubbio quella permalosa di Debrina. La quarta, invece, non la riconosceva. Gli ricordava qualcosa, però…il viso affilato, quei lunghi capelli e l’aria fragile. Di colpo comprese: era la ragazzina dall’aria disinteressata che, al Consiglio di Effort, stava in compagnia dei gemelli di Phia.
«Liam?»
Il mago si volse. Abigail aveva l’aria di chi ha appena preso un pugno sul naso.
«Non ci sono alternative, lo sai. Dobbiamo passarci in mezzo» mormorò.
«In mezzo?!» balbettò Liam. «Come cavolo facciamo a passare in mezzo a una folla di gente che si massacra a vicenda e uscirne illesi, me lo spieghi?!»
Lo stregone si guardò attorno, e Liam notò goccioline che le imperlavano la fronte. Non erano causate dalla pioggia, che riusciva appena ad attraversare i rami fitti, né dal caldo. Il fatto che anche quell’animale a sangue freddo di Abby fosse in ansia non lo fece sentire meglio.
«Non ci sono alternative» ripeté.
Il mago tornò a guardare il campo di battaglia.
«E se proseguissimo nel bosco?» domandò.
«Non possiamo farlo. Gli elfi mi stanno tenendo d’occhio, sento il loro fiato sul collo, e per raggiungere l’altro lato da qui saremmo costretti a passare vicino alle zone abitate.»
Abby si prese l’attaccatura del naso tra le dita.
«Senti, da un lato ci sono i miei alleati, dall’altro i tuoi. Sfruttiamo questa situazione. Uniamoci agli orchi come se fossimo qui per combattere con loro, di certo mi riconosceranno e mi lasceranno avvicinare a quella specie di diga. Quando saremo abbastanza vicini, poi, potrai farti strada ammazzandoli e raggiungere i tuoi amici, sì?»
Liam aggrottò la fronte.
«E tu?»
Abby ghignò.
«Io me la darò a gambe, ovviamente. La nostra improbabile alleanza finisce qui.»
Liam si sentì stringere il petto e se ne vergognò. Sapeva che quel giorno sarebbe venuto, sapeva che Abigail, o Emelia, o la Lama, o come cavolo voleva farsi chiamare, sarebbe tornata ad essere nulla più che un nemico, non meno micidiale di Caleb. Sapeva anche che la colpa di tutto quello che era successo ad Irthen era sua, e che era una doppiogiochista senza scrupoli. Ma sapeva anche che aveva rischiato molto per riparare al danno, e aveva poca importanza che l’avesse fatto per senso di colpa, per Ir, per Kore o per capriccio. Sapeva che da solo non ce l’avrebbe fatta.
«Per tutti gli sciacalli, mago, non fare quella faccia da cucciolo bastonato! Credevo stessi contando le ore…»
«È così. Ma non mi alletta più di tanto l’idea di doverti uccidere alla prima occasione» mugugnò.
«Tranquillo, tanto non ci riuscirai. La tua occasione l’hai buttata in vacca davanti alla Cascata.»
Liam sorrise.
«Al momento non me ne pento, ma so che presto dovrò ritrattare! Intanto, grazie.»
Abigail scoppiò a ridere. Ma la sua risata era palesemente forzata.
«Ho davvero sperato fino all’ultimo che saresti passato dalla mia parte, Li’…ma tu sei un maledetto pacifista!» disse ricomponendosi.
«E tu sei sempre la solita ottimista. Il che è un bene, visto quello che ci aspetta fra poco.»
Abby riportò lo sguardo al campo di battaglia.
«Bando alle ciance, mago. Finché noi prendiamo il tè i miei amichetti, come li chiami tu, finiscono massacrati dai tuoi, di amichetti. Al mio segnale scendiamo nella valle. Stammi incollato, io mi farò largo tra la folla, fino all’imboccatura di quel coso. Tu, però, quando sarai in vista dei maghi dovrai farti riconoscere, o ci penseranno loro a farti la pelle. Quando sarai al di là della barricata, io me ne andrò. Chiaro?»
Liam annuì lentamente, cercando di ritrovare la calma. Si legò i capelli, controllò che il suo prezioso bagaglio fosse fissato bene. A giudicare dalle pozzanghere che si intravedevano sul campo di battaglia doveva essere piovuto parecchio senza che loro, al riparo delle piante, se ne potessero rendere conto. Ma ora il cielo iniziava ad aprirsi, e strisce rosa davano un tocco di classe alla scena. Come nelle più coreografiche tra le storie del vecchio Ged. Liam si concesse un sospiro, poi si volse verso Abigail.
«C’è qualcosa che devo dire ad Irthen da parte tua?»
La ragazza si incupì e abbassò lo sguardo, torcendosi le mani. Il mago si domandò come dovesse interpretare quel comportamento, se fosse un segno di rimorso, indecisione, oppure se stesse architettando qualcosa di teatrale.
«È probabile che non lo rivedrò più, sì?»
Liam si strinse nelle spalle.
«Questo non lo posso sapere. Forse vi rivedrete, ma la situazione potrebbe non essere delle migliori…»
«Su un campo di battaglia» mormorò tra sé e sé.
Con aria persa, fece girare intorno al dito la fedina con la pietra nera.
«Non lo so. Ci sono così tante cose che gli vorrei dire…ma nessuna che vorrei far passare attraverso di te e la tua voce sgraziata.»
Sorrise, come colta da un’illuminazione, e sfilò l’anello.
«Tuo fratello era la mia ultima speranza di redenzione, e vi ho rinunciato. Dagli questo» disse posandogli la fedina sul palmo della mano.
Liam sbatté le palpebre.
«Stai scherzando? Dovrei dargli un anello?!» domandò incredulo.
Abby annuì convinta.
«È stato al centro di un lungo discorso, una sera, attorno al fuoco. Non posso salutarlo come vorrei, perciò…questo è un commiato appropriato.»
Il mago fissò lo strano gioiello per qualche secondo, incapace di risolversi. Che fosse stregato? Permeato di chissà quale magia negativa? Oppure che con quel dono Abigail volesse spingere Irthen a scappare di nuovo per raggiungerla e giurare fedeltà a lei? Forse, dopotutto, era in buona fede e desiderava solamente lasciargli un ricordo. E, forse, lui era solo invidioso, perché un anello in dono da una bella ragazza non l’aveva mai ricevuto…
«Sta bene, strega» concluse, infilandosi l’anello al mignolo. «Ir avrà il tuo regalino. Ora andiamo.»
 
Mentre seguiva Abigail giù dal pendio dolce, Liam si sforzò di non pensare a niente. La pioggia cadeva rada, e le grida e i rumori della battaglia si fondevano in un unico rombo indistinto, che oscurava tutto il resto. Luce puntò direttamente al cuore dello schieramento nemico, e Sophia la seguì. Abigail stava eretta in tutta la sua teatralità sulla sella, e gli orchi facevano largo non appena riconoscevano in lei la Lama, colei che avrebbe potuto portare loro la vittoria in quella battaglia. Liam si lasciò guidare fino all’imboccatura della strettoia. Nessuno sembrava notarlo, erano tutti abbagliati dallo splendore del manto di Luce.
«Vai, Li’, è giunto il momento del tuo atto dimostrativo» gridò Abby per sovrastare il frastuono che li circondava.
Liam si guardò attorno. Poche decine di passi davanti a lui, una pila di cadaveri prese il volo e stese due orchi che cercavano di aggirare Debrina.
“Se non ti riconoscono, sei fottuto” piagnucolò la vocina nel suo cervello, e Liam non poté non trovarsi pienamente d’accordo.
Lanciò un’ultima occhiata ad Abigail, chiamò a raccolta le forze e lanciò un incantesimo di pura energia, che creò una luce abbagliante e scaraventò lontano tutto quanto si trovasse nelle vicinanze. Senza preoccuparsi più di tanto per Abby, approfittò dello stordimento generale per lanciarsi a rotta di collo verso la linea degli alleati. Eliminò brutalmente dalla traiettoria gli orchi che avevano avuto la prontezza di rimettersi in piedi per fermarlo, mentre la voce roca di Debrina del Fuoco gridava:
«Fatelo passare, veloci, toglietevi di lì!»
La ragazza dai capelli lunghi si spostò appena in tempo da consentirgli di oltrepassare la linea invisibile che divideva la salvezza dalla morte.
«Liam?!» balbettò Timothy, riprendendo a lanciare incantesimi a destra e a manca.
«Ciao, Tim! Scusa ma sono un po’ di fretta, devo-»
Un boato si levò dall’esercito nemico e a Liam morirono le parole in gola.
Ogni altro suono, sul campo di battaglia, sembrò spegnersi, tutti gli occhi rivolti a quel rombo che faceva vibrare i timpani.
Un gigantesco drago, una figura pallida nella luce grigia, si avvicinava sorvolando la schiera di orchi e orchetti, e lanciava lingue di fuoco che mettevano in fuga i suoi alleati al suo passaggio.
«Di nuovo…» gemette la ragazza magra.
«L’avete già incontrato?» domandò Liam.
«Sì, ma siamo riusciti solamente a ferirlo» rispose Debrina.
Per un momento, Liam valutò la possibilità di fuggire a gambe levate verso Natìm. Non poteva farsi ammazzare lì, non dopo essere uscito senza danni dalla Terra dei Draghi. Sarebbe stato da vero coglione. Ma come poteva andarsene e lasciare i suoi alleati nella merda più nera?!
Il drago passò sulla loro testa e, d’istinto, Liam creò uno scudo protettivo. Il suo incantesimo si fuse con quello proveniente dalla ragazza, che gli lanciò un’occhiata sorpresa.
«Tu sei Liam?!» esclamò.
Il mago si domandò che importanza avessero le presentazioni in un momento simile. Fu Debrina a rispondere e dissuaderlo dall’insultarla.
«Sì, Aqua, questo è Liam. E ora che abbiamo due padroni dell’Acqua, forse riusciremo ad abbattere quel mostro!»
Aqua. Liam si appuntò mentalmente quel nome.
«Sta tornando» avvertì Timothy.
Aqua attaccò e il drago virò.
Le prime linee degli orchi erano malridotte, chi era rimasto ucciso nell’attacco del drago, chi se la stava dando a gambe. Ma quelli che stavano nelle retrovie si affrettavano a prendere il loro posto.
«Un piano, Liam, presto!» disse Debrina.
“Piano?” avrebbe voluto rispondere. “Ma se me ne sto andando!”.
Si fece forza e tentò di convincersi che non sarebbe arrivato a Natìm – né da nessun altra parte – vivo, se quel coso con le ali avesse deciso di seguirlo.
«Ok» mormorò, più a sé stesso che ai colleghi. «Ok! Tu e tu» disse puntando il dito contro Debrina ed Erika «respingete gli orchi. Non importa come, purché non interferiscano. Tu, Tim, dovrai destabilizzare il drago.»
«Come?» gemette il ragazzino.
«Non lo so, sei tu che comandi l’Aria! Inventati qualcosa. Io e te, Aqua, cercheremo di tirarlo giù.»
Aqua annuì.
«È probabile che il fianco sinistro sia il più debole.»
Liam si preparò a parare la nuova ondata di fuoco. Il drago tornava verso di loro.
«Sta bene. Fianco sinistro sia» concluse.
Considerando con sommo disappunto che non avrebbe potuto abbandonare il cavallo – non con un simile carico, per lo meno – Liam si sistemò meglio sulla sella. Il mostro aprì le fauci, e Aqua fu svelta a parare la lingua di fuoco che ne proruppe. La creatura tentò una virata stretta, e per un momento vacillò, ma riprese subito il controllo.
«Di più, Tim» gridò Aqua.
Liam, intanto, cercava di individuare i segni della ferita recente, ma gli riusciva difficile. Si muoveva troppo velocemente. Infine, notò una sottilissima linea argentea, come una cicatrice. Se la ferita era davvero quella, i draghi dovevano avere le stesse capacità rigenerative degli stregoni. Oppure, era stato proprio uno stregone a rimetterlo in sesto.
«Liam» gridò Debrina. «Non fatevelo scappare!»
Liam si concentrò sulle gocce di pioggia che gli colpivano il viso per non sentire le stanchezza che martoriava le gambe e la schiena.
«Pronta per quando si avvicina, bellezza.»
Aqua gli lanciò un’occhiata omicida, ma si predispose all’attacco.
Il drago salì in verticale e scese in picchiata verso di loro. Liam faticava a concentrarsi, la tensione si sommava alla rabbia per quel ritardo. Il drago aprì le fauci. Nella sua gola brillava, ben visibile, una soffusa luce rossa, come quella delle braci che covano il calore. Improvvisamente, il mago cambiò idea.
«Togligli l’aria, Tim!»
«Cos…?!» farfugliò Timothy, eseguendo l’ordine.
La creatura si fermò disorientata, e allargò ancora di più le fauci tentando, invano, di recuperare il respiro. In simultanea, con un tempismo che sorprese Liam quasi più dell’intuizione della sua collega, i due maghi di elemento Acqua colpirono con tutta l’energia di cui erano capaci il drago, direttamente nella gola.
Due lampi di luce, uno blu scuro e uno azzurro, trapassarono la pelle e le squame del collo, e la creatura tentò di allontanarsi, incapace perfino di ruggire di dolore. Grosse gocce di sangue piovvero al suo passaggio, mentre volava intorno senza meta, come in avaria.
Liam osservava la scena pietrificato, pregando che non precipitasse su di loro. All’ennesimo passaggio sulle loro teste, Aqua lo colpì di nuovo con un grido di gioia che fece accapponare il sangue nelle vene del mago. Il dragò atterrò rovinosamente sulla prima linea dell’esercito nemico, mettendo in fuga gli orchi superstiti e abbattendo parte della diga di contenimento.
Per una manciata di secondi, ogni rumore sembrò spegnersi, così che, quando proruppe, il grido di Erika suonò amplificato.
La maga crollò al suolo contorcendosi, sotto agli sguardi agghiacciati dei suoi compagni.
«Che le succede?» strillò Timothy.
Una spalla e parte del viso erano ricoperti di una sostanza nera e viscosa, da cui salivano fili di fumo. Aqua ebbe la prontezza di riflessi di lavargliela via di dosso, ma quella roba era collosa, ed Erika si dimenava. Quando finalmente riuscì ad eliminarla del tutto, scoprirono che la pelle della maga era gravemente ustionata.
Liam si riscosse. Se n’era stato lì a guardare, rigido come uno stoccafisso, consapevole della sua inutilità, e vagamente nauseato. Tutto era accaduto così in fretta che non era nemmeno riuscito a capire che cosa fosse realmente successo. Che diavolo era quella schifosissima colla incandescente? Oppure era acido? Qualcosa di corrosivo? La povera maga era anche ferita ad un fianco, e la sua camicia era intrisa del sangue che non la smetteva di uscire. Sangue, come quello che gocciolava dal drago ferito a morte…
«Sangue» esclamò sbigottito.
«Cosa?» domandò Debrina, bloccando dietro al una linea di fuoco i pochi nemici che non avevano rinunciato ad attaccarli.
«È il sangue di quel dannatissimo drago» spiegò. «Deve essere incandescente.»
Erika aveva smesso di contorcersi, ma il suo respiro si faceva via via più debole.
«Che cosa stai aspettando, Liam? Vai!» sibilò Debrina. «A meno che tu non sia un guaritore, qui non sarai di nessun aiuto.»
Liam sbatté le palpebre, colto da un improvviso impulso di annegarla. La sua amica stava morendo tra sofferenze atroci, e lei si preoccupava di cacciarlo via? Ad un’analisi un minimo più razionale, però, si rese conto che aveva ragione, che di loro nessuno sapeva come curare un’ustione del genere, né comandare gli animali per spedirli in cerca di aiuto, e che quindi doveva raggiungere Natìm il prima possibile.
«Sta arrivando qualcuno» mormorò Timothy, con le guance rigate delle lacrime che non faceva nessuno sforzo per trattenere. «Qualcuno a cavallo» precisò.
Per una frazione di secondo, Liam pensò che si trattasse di Abigail. In lontananza, un puntino bianco si muoveva nella loro direzione, diventando più grande man mano si avvicinava. Ma non era di lei che si trattava. Quando cavallo e cavaliere furono più vicini, Liam riconobbe Oliandro.
«Sono arrivato troppo tardi?» domandò allarmato, smontando per precipitarsi al capezzale.
«Che cosa è stato a fare questo?» domandò inorridendo davanti al respiro sempre più debole della donna.
«Il sangue del drago che abbiamo abbattuto, pare» rispose Tim.
L’elfo si volse di scatto, gli occhi allargati.
«Il sangue? Ne siete certi? Solo i membri della stirpe reale possiedono un sangue capace di fare una cosa simile.»
La vocina nella testa di Liam sospirò esasperata.
“Fortunati come sempre. Con tutti i draghi che ci sono, noi chi tiriamo giù? Un parente di Djalmat, mi pare ovvio!”.
«Che cosa ci fai ancora qui, Liam?» disse fissando lo sguardo blu su di lui. «Svelto, vai prima che succeda qualcos’altro.»
Liam lanciò un’ultima occhiata ad Erika, sentendosi terribilmente impotente, poi volse il cavallo e se ne andò senza dire una parola.
Spronò Sophia, con la consapevolezza che soltanto poche miglia lo separavano da Natìm e da suo fratello, ma senza riuscire a togliersi dalla mente il pensiero che se anche uno soltanto di loro fosse stato a conoscenza degli effetti devastanti che il sangue di un drago poteva avere, sarebbe stato un gioco da ragazzi prendere le dovute precauzioni, ed Erika non sarebbe stata in quello stato.




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Che ne sarà di Erika?
*Si illude che interessi a qualcuno, mentre la prima alla quale non fa né caldo né freddo è lei*
   
 
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