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Autore: Changing    18/09/2013    0 recensioni
Lucy Weasley è una tassorosso del quinto anno. Timida, sognatrice, avida lettrice, ama rinchiudersi nelle sue fantasie come ogninuo di noi fa la sera, prima di andare a dormire.
Ma quello che Lucy non sa è che per vivere davvero bisogna aprire gli occhi, anche se il mondo reale non è bello come quello dell'immaginazione, dove si è protetti e al riparo da qualsiasi sofferenza...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Lucy Weasley, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Un po' tutti | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'My new Geneation'
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Capitolo I





Scesi nella Sala Grande insieme Fanny Shorties, una ragazza dal viso paffutello e i capelli biondi, Margaret e un altro paio di compagnie di Casa. Non avevo instaurato con nessuna di loro un’amicizia profonda, anzi, un’amicizia e basta. Erano più che altro ragazze alle quali mi accodavo nei corridoi per non apparire solitaria o antisociale, e con le quali dovevo condividere il tavolo. Ci scambiavo giusto qualche parola di convenzione; loro annuivano fingendo di ascoltare le mie considerazioni sul tempo, sulla scuola e i professori e io simulavo un vivo interesse per le loro banali conversazioni. Non che non avessi amici, ne avevo pochi ma buoni, come tutti del resto. Solo che non sapevo curarmi delle conoscenze.
Della mia Casa, al mio stesso anno, faceva parte anche la mia migliore amica, che quella mattina sarebbe stata dimessa dall’infermeria dopo una brutta influenza.
Ci sedemmo tutte al nostro tavolo e io, come al solito, diedi una rapida occhiata alla Sala Grande cercando i miei innumerevoli cugini. Non ebbi difficoltà a individuare la piccola Lily, che in quel momento stava chiacchierando animatamente con un gruppo di ragazze intorno a lei. Al contrario di molti altri, non mi ero affatto stupita della rapidità con cui la bambina si fosse ambientata fra i Serpeverde. Ero sempre stata certa che quella sarebbe stata la Casa più adatta a lei, per via della sua furbizia e di quell'adorabile smania di stare al centro dell'attenzione che, sia allora che oggi, mi divertiva così tanto. Suo fratello, Albus, ora al secondo anno, era invece seduto al tavolo dei Grifondoro, accanto al suo inseparabile e silenzioso amico Scorpius e a tutti gli altri amici.
Senza sorprendermi non trovai James. Sicuramente stava ancora dormendo.
Proprio in quel momento Rose, la cugina che mi era più affezionata, ma solo dopo Roxanne – che sarebbe entrata ad Hogwarts l'anno successivo – si alzò dal tavolo dei Corvonero e mi venne incontro. La sua divisa era sistemata in modo impeccabile come i suoi capelli, raccolti in una treccia francese e con cui intraprendeva quotidianamente una dura battaglia.
«Buongiorno Lucy» mi abbracciò guardando prima le mie compagne con timidezza e diffidenza. Forse era proprio per la somiglianza dei nostri caratteri così introversi che mi voleva tanto bene.
«Ciao Rosie» la salutai. Dopo una breve chiacchierata se ne andò per andare sedersi accanto ad Albus, il suo secondo cugino prediletto. Non si tratteneva mai molto a parlare con me in presenza di “estranei”.
«Salve tesorini!» trillò una voce alle mie spalle. Riconobbi, ancor prima di essermi voltata, Courtney Munroe, un'esuberante Serpeverde del mio stesso anno, il quinto. Una delle persone di cui apprezzavo sinceramente la compagnia per quel suo fare così espansivo e la sua incessante parlantina, che mi lasciava il tempo di estraniarmi, come spesso accadeva, senza temere imbarazzanti silenzi. Conosceva, se non tutta la scuola, almeno il 98,3% dei suoi studenti. Margaret l'abbracciò e Fanny le schioccò quattro rumorosi baci sulle guance, mentre io mi limitai ad un sorriso: «Siete pronte per oggi?» chiese.
«Altroché! Questa volta vi batteremo di sicuro!» Esclamai io. Mi riferivo, se te lo stai chiedendo, alla prima partita dell'anno per la Coppa di Quidditch, anticipata a quel pomeriggio per degli inconvenienti.
Courtney mi guardò perplessa.
«Veramente non intendevo quello». Probabilmente arrossii, imbarazzata, pensando di essere sembrata una sciocca.
«E allora di cosa parlavi?» le domandò Margaret con la sua voce nasale.
Improvvisamente due braccia avvolsero la vita di Courtney, che venne sollevata in aria.
«Louis, mettimi subito giù!» protestò la ragazza, tradita dal suo sorrisetto compiaciuto. Era palese a chiunque il piacere che le davano le attenzioni di mio cugino o di qualunque altro ragazzo, e se queste non erano ricevute periodicamente, venivano ricercate da lei stessa. Non fraintendermi, con questo non voglio dire che fosse una poco di buono; solo che aveva uno spasmodico bisogno di alimentare quella naturale vanità propria di ogni donna, pena: l'inesorabile crollo della sua autostima accompagnato da un profondo senso di solitudine. Tutto sommato mi faceva molta tenerezza, per questo guardavo sempre ai suoi difetti con benevolenza.
Louis continuò a farle il solletico finché lei non riuscì a sfuggirgli grazie ad un poderoso calcio su... beh nel suo punto debole.
«Sei sempre la solita manesca» la rimproverò Louis divertito, come lo è un gatto dal suo topolino giocattolo.
«E tu il solito maniaco!» sorrise Courtney maliziosa.
«Sei tu che mi provochi! Hai la gonna troppo corta» Rispose l'altro con la medesima espressione. Solo in quel momento si accorse anche della mia presenza e mi salutò distrattamente. Io ricambiai con interesse ancora minore.
Fanny, Margaret e altre si misero a chiacchierare insieme a Courtney e Louis, dapprima del più e del meno e poi di certi fatti e persone di cui solo loro erano a conoscenza, limitando così ancora di più la mia partecipazione. A volte, in queste situazioni, mi sentivo terribilmente avvilita. Ero un’incapace ad intromettermi nelle conversazioni.
Per fortuna a distrarmi da quei pensieri arrivò Jane «Ciao, Lucy!» mi salutò. Io mi alzai per abbracciarla. Jane Smith era una mia vecchia amica d’infanzia, dal carattere allegro e un po’ egocentrico, ma senz’altro leale. La cosa che più colpiva di lei erano i capelli di un caschetto sbarazzino e di uno strano colore tra il biondo e il carota che le avevano fatto guadagnare il soprannome di “Mush”.
«Ehi Mush! Finalmente ti hanno dimessa» le dissi con entusiasmo. Jane salutò le altre ragazze e si accomodò tra me e Fanny.
«Lascia stare è stato un inferno. Non sono mai stata tanto male in vita mia, in questi giorni avrò vomitato l’anima»
«Dai, non potresti risparmiarci i particolari?» fece Louis con finta aria disgustata.
«Oh, mi dispiace» disse Fanny con vuoto interesse. Ma a Jane bastò come appiglio per poter parlare di sé e così, come mi aspettavo, cominciò a raccontare a ruota libera della sua “grave” malattia.
Quando suonò la campanella ci dirigemmo a lezione tutti insieme, poiché alla prima ora avevamo Pozioni proprio con i Serpeverde. Quel giorno, Courtney si sedette vicino a mio cugino. Io e Jane non fummo abbastanza veloci così dovemmo trovare posto in un banco vuoto proprio di fronte alla cattedra. Sperai che nessuno pensasse che mi fossi seduta lì di mia spontanea volontà e, se qualcuno me lo chiedeva, facevo di tutto per chiarirlo.
«Buongiorno ragazzi» ci salutò il professor Descartes con voce atona.
Era un ometto basso, esile e ricurvo, di età indefinita. Le poche, ma profonde righe del suo viso erano perennemente immobili in una deprimente espressione di indifferenza. Solo i suoi occhietti scuri e sporgenti mostravano ogni tanto un piccolo segno di cambiamento, di fronte ad un compito perfetto o ad una pozione realizzata in modo eccellente. Ciò che forse conferiva una leggera aria arcigna - oltre che un po’ di personalità - al suo viso, era il suo lungo naso aquilino sotto al quale sporgevano come spuntoni aguzzi due fini baffetti bruni.
Era raro che io avessi qualcuno o qualcosa in antipatia, semmai provavo una mera indifferenza, ma mai antipatia. Tuttavia, come ben sai mio caro lettore, tutte le consuetudini hanno la loro eccezione e Montgomery Descartes era la mia. Non c'era persona nella scuola che stimassi di meno. Non tanto per la severità e la rigidità per cui era celebre e temuto, - quelle erano qualità che apprezzavo, nella giusta dose - ma per la totale mancanza di spessore umano che percepivo ogni qualvolta posava lo sguardo sprezzante su uno di noi. In ogni caso mi limitavo a fare il mio dovere e a dare il massimo in quella materia, anche se spesso il mio massimo sembrava non essere abbastanza.
«Voglio vedere sui banchi solo la vostra penna e queste pergamene. Le ho fornite come sempre di un incantesimo anti-copiatura, quindi barare sarà per voi impossibile, oltre che inutile» Detto questo, dopo un rapido sventolio di bacchetta, un fascio di pergamene si alzò dalla sua scrivania e in pochi istanti ogni studente ebbe su cui scrivere.
Sentii i battiti del mio cuore accelerare. Un compito a sorpresa? Eppure non avevo sentito nessun brusio contrariato, né una protesta da parte degli studenti più audaci o sciocchi. Possibile che me ne fossi dimenticata? Cercai gli occhi complici di una delle mie compagne, ma ognuna era presa dal proprio compito, anche Jane.
Cominciai a leggere le domande. Della prima non conoscevo la risposta, così passai alla seconda, poi alla terza. Scrissi giusto un paio di righe. Poi tornai alla prima e mi venne in mente qualcosa.
Avevo spensieratamente passato tutto il pomeriggio precedente a crogiolarmi tra i miei adorati romanzi. Magari facendo uno sforzo di memoria avrei potuto raggiungere un voto decente, ma per me la decenza non era un giudizio sufficiente. Cosa avrebbe detto mio padre? L'inflessibile, esigente, austero Percy Weasley? Mi tremarono le mani al solo pensiero e sporcai distrattamente un angolo del foglio con delle macchie di inchiostro che non persi tempo a rimuovere. La mia memoria saltava da un ricordo all'altro, mentre cercavo di focalizzarla sulle recenti lezioni di Pozioni, ma fu difficile, dato che non avevo passato molto tempo ad ascoltarle.
Ora, non vorrei che tu, lettore, mi accusassi di essere una scansafatiche, una negligente. Devi sapere che mi impegno sempre a fondo per riuscire in qualunque materia, ma, lo avrei imparato tempo dopo, solo in pochi hanno il dono dell'assoluta versatilità ed io, purtroppo, non sono una di quegli eletti. Per di più, sebbene io cerchi sempre di trovare il lato buono di ogni cosa, le lezioni del professor Descartes risultavano, a me come a molti, veramente difficili da seguire: noiose e demotivanti.
“Perché non posso essere brava quanto Molly?” mi chiedevo spesso: “Perché i miei voti non possono essere alti con la naturalezza con la quale lo erano i suoi?”
In men che non si dica i cinquantacinque minuti a nostra disposizione terminarono e i fogli scomparvero da sotto le nostre piume.
«Tra cinque minuti saprete i vostri voti»
Montgomery Descartes amava la puntualità fino all’ossesso e gli piaceva risparmiare sempre più tempo possibile. Il professore cominciò ad incantare ogni pergamena con un incantesimo di auto-correzione, sua personale, inutile invenzione, incurante del vociare teso ed eccitato che si diffuse nella classe.
Jane sbuffò. «Non è giusto che anch’io abbia dovuto fare il compito» si lamentò «sono stata male tutta la settimana, quando avrei potuto studiare?».
Io ero con il morale a terra e le risposi con voce più cupa e lenta del solito «Il test è stato fissato due settimane fa»,
«Ho capito ma io che ci posso fare se mi sono ammalata?» insistette un po’ contrariata. Jane era fatta così, a lei non piace avere torto. Quindi, dato che la questione non era di vitale importanza per me, lasciai cadere.
«Non fa niente, recupererai la prossima volta» dissi facendo un sorriso che voleva essere incoraggiante ma si aprì solo a metà.
«Va tutto bene?» mi chiese. Io annuii.
«E’ solo che ho dormito poco». Sebbene mi fidassi della mia amica, ero piuttosto riservata anche con lei riguardo i miei sentimenti, di qualunque natura fossero. Esternarli voleva dire lasciare scoperta una parte di me, come aprire una finestra per far entrare una ventata d’aria gelida. Mi faceva sentire terribilmente vulnerabile.
Per il momento Jane decise di non fare domande e mi chiese se volevo accompagnarla in bagno, ma io c’ero già stata prima, così rifiutai. Rimasi sola.
Di nuovo cercai, triste e tesa allo stremo per l’attesa, lo sguardo di Courtney, che si stava però intrattenendo con Louis, giocherellando con le dita della sua mano. Fanny e Margaret erano sedute davanti a lei e li guardavano con malizia, parlottando tra di loro. Ero agitatissima, il cuore mi martellava in gola e sentii una morsa familiare attanagliarmi lo stomaco.
Mentre cercavo di sfogare la mia ansia muovendo spasmodicamente una gamba, sentii qualcuno tamburellarmi la schiena. Mi girai. Era un ragazzo di cui non conoscevo il nome; non era certo della mia Casa, eppure non mi ricordavo di averlo mai visto tra i Serpeverde.
«Scusa, puoi prestarmi un secondo la tua piuma? La mia si è spezzata» io annuii, sfuggendo il suo sguardo amichevole. Aveva dei corti e arruffati capelli castani e gli occhi azzurri tipici di un comune inglese. Il volto aveva un che di semplice, quasi a sfiorare il banale. Le labbra erano troppo sottili e le orecchie leggermente a sventola. Tuttavia quelle lentiggini così chiare, sparse disordinate sul naso e sugli zigomi, conferivano un che di buffo al suo viso. Quando mi girai di nuovo per porgergli la piuma notai che aveva sul petto uno stemma diverso dagli altri.
«Che ci fa qui un Grifondoro?» chiesi curiosa. Il ragazzo prese la piuma e mi guardò divertito. Io presi il libro di testo fingendo di cercare qualche informazione.
«Strano che non lo sai. Eppure molti di voi mi prendono in giro perché sono l'unico che deve ripetere un esame di Pozioni per non venire espulso», Alzai di scatto lo sguardo dal libro, senza badare ai suoi errori di grammatica.
«Oh, s-scusami, non lo sapevo, mi dispiace...»
«E di che? Mi hai solo fatto una domanda» Disse restituendomi la piuma, con un sorriso cordiale.
Proprio in quel momento il professore ci richiamò all'attenzione e riconsegnò i compiti. Una voce bisbigliò alle mie spalle.
«Comunque mi chiamo Andrew, Andrew Brandon».
«Lucy» risposi io sbrigativa.
Il mio cuore non aveva smesso per un attimo la sua corsa forsennata e temetti di dover perdere i sensi da un momento all'altro. Jane rientrò appena in tempo.
Quando il foglio mi arrivò sotto gli occhi, rimasi per una buona manciata di minuti ad osservare la sinuosa S che troneggiava sulla pergamena in alto a destra; “S” come scadente, “S” come sbadata, “S” come stupida idiota potevi pensarci prima.
«Tu quanto hai preso?» Courtney si era alzata e mi si era avvicinata mentre tutti gli altri si informavano dei reciproci voti e riconsegnavano i loro compiti al professore. Le avvicinai la pergamena e lei la osservò sorpresa: «Oddio, che ti è successo? Non dirmi che te ne eri dimenticata un'altra volta?» io non le risposi e mi limitai a scrollare le spalle.
Mi alzai: volevo uscire il prima possibile e Jane mi seguì mentre si lamentava. Mi sembrò di sentire qualcuno chiamare il mio nome, ma non avevo alcuna voglia di fermarmi.
Le conseguenze del mio voto non si fecero attendere e proprio il giorno dopo ricevetti una lettera dai miei genitori.
Il cielo era plumbeo e deprimente, ma un allegro chiacchiericcio riempiva la Sala Grande come ogni sabato, in cui nessuna lezione né compiti in classe minacciavano la serenità e la vita sociale che ogni studente reclamava.
 
Carissima Lucy,
Tuo padre ed io siamo stati informati del tuo ultimo voto. Cosa ti è successo cara?
Siamo molto in pensiero per te, soprattutto tuo padre. Ne è rimasto molto turbato e deluso. Questa non è la prima volta. La settimana scorsa hai preso un Accettabile in Pozioni e ultimamente siamo stati avvisati della tua attenzione discontinua anche in altre materie.
So che l'adolescenza è un periodo difficile della vita, ma non devi mai perdere di vista i tuoi obiettivi; non dimenticarti che lo studio viene prima di ogni altra cosa, perché è l'unico mezzo che potrà assicurarti un posto nella vita. Tuo padre è molto impegnato con il lavoro, ma sia lui che io teniamo molto alla tua educazione. Se hai bisogno di aiuto perché non scrivi a tua sorella Molly? Potrebbe darti qualche consiglio utile.
Sono sicura che si sistemerà tutto, bambina mia, e la tua media ritornerà alta come sempre. Hai tutto il nostro supporto.
Con affetto,
Papà e Mamma

 
Tuo padre ne è rimasto molto turbato e deluso. Quelle parole vorticavano nella mia mente come se fossero state davvero pronunciate dalla voce pacata di mia madre - donna a me tanto cara quanto il suo carattere era flemmatico - o da Percy stesso. Vedevo con chiarezza, quasi fosse davanti a me, lo sguardo severo e l'espressione crucciata ed eloquente di mio padre, che giudicavano con austerità i miei insuccessi.
Io ce la mettevo davvero tutta, mi adoperavo ogni giorno al massimo per soddisfare le aspettative di tutti, ma ultimamente stavo collezionando solo un fallimento dopo l'altro. La mia scarsa attitudine ed interesse per lo sport non mi avevano fatto guadagnare l'ammissione nella squadra di Quiddich nemmeno quest'anno e ora cominciavo anche a perdere colpi nello studio. In un mese avevo preso ben tre sufficienze e, con quest'ultimo compito in classe, un'insufficienza! Tutto questo era davvero degradante, se non imbarazzante. Chissà cosa pensavano di me in quel momento i miei compagni, per non parlare poi dei miei genitori. Tuo padre ne è rimasto molto turbato e deluso.
Non sapevo quanto del contenuto della lettera fosse frutto della mente e del pugno di mia madre, forse quasi nulla tranne le considerazioni finali.
Sentii un forte nodo serrarmi la gola; deglutii per mandarlo giù, anche se non fu molto utile, e gli occhi cominciarono a pizzicarmi. Anche questa sensazione mi era molto familiare. Poiché non avevo molte persone con cui confidarmi, piangere era da sempre l'unico modo che conoscevo per sfogare le mie emozioni senza che qualcuno le calpestasse, le sminuisse, o le giudicasse.
Mi alzai dal tavolo senza dire una parola e d'altronde nessuno mi fermò. Cercai di avere un'andatura naturale e composta, mentre trepidavo di sparire oltre la porta della Sala Grande e rifugiarmi nella fredda sicurezza della mia solitudine.
Aveva cominciato a piovere a dirotto e le gocce di pioggia battevano così forte sulle ampie vetrate da coprire il rumore dei miei passi. Non che la mia corporatura gracile e minuta mi permettesse di avere una camminata pesante.
Quando fui certa di essere sola, lasciai le mie lacrime libere di uscire, ma aspettai di aver salito qualche altro gradino prima di poter anche singhiozzare. Finalmente la mia tristezza fu libera di uscire in tutta la sua forza e anche i miei pensieri si fecero più sciolti e caotici, permettendomi di sfogare anche il rancore che facevo finta di non provare. Rancore rivolto quasi interamente a me stessa.
Perché il mio più grande errore era quello di colpevolizzare me e solamente me. Come si suol dire: “chi è causa del suo mal, pianga se stesso”. E di chi altro era la colpa dei miei insuccessi se non mia e della mia mancanza di talento e prontezza di spirito?
Mentre mi abbandonavo a queste caliginose riflessioni mi accasciai contro il muro, stanca e con la testa in fiamme. Mi lasciai scivolare a terra, lentamente.
Una voce ruppe il silenzio dei miei singhiozzi.
«Il tuo viso sembra quello di un papavero». Sobbalzai e mi alzai in piedi, temendo che qualcuno mi avesse vista. Mi guardai intorno con il cuore a mille, ma nel corridoio non c'era nessuno.
«Chi stai cercando, piccolo papavero?». Mi guardai alle spalle. Davanti a me c'era solo una fredda parete di pietra e uno dei soliti quadri, anche se non mi ero accorta della sua presenza fin ora.
«Sei diventata pallida. Peccato, i fiori bianchi non mi sono mai piaciuti, ho sempre preferito i papaveri».
Se non avessi visto le sue labbra muoversi, non mi sarei nemmeno accorta che a parlare era stato proprio un quadro. Mi guardava perplesso, ma sorrideva. La sua bellezza mi lasciò senza fiato, letteralmente; tanto che, dato che non dissi niente per un periodo di tempo troppo lungo, parlò lui al mio posto.
«Piacere» disse inchinandosi elegantemente «il mio nome è Morfeo, principe di Noinpyne».





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Ecco finalmente il primo capitolo.
Ho dovuto pubblicarlo con un gionro di anticipo dato che domani avrò parecchio da fare (tanto per cambiare...). Comunque cercherò di pubbliare un capitolo ogni due settimane.
E' cominciata la storia della nostra Lucy, ciò che le prospetta il futuro lo lascio immaginare a voi :)
Fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto,
Changing
  
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