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Autore: Florence    29/03/2008    1 recensioni
-Vedrai un giorno riuscirai a trovare la persona giusta per te- -Ho creduto che quella persona fosse Lana, ma non potevo essere sincero con lei, e poi ho creduto che fosse Alicia, perché era come me- -Ma tesoro, non c’è… non c’è nessuno come te- -Vuol dire che sarò sempre solo- (Obsession, Smallville #314) ... ti stavo aspettando...
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Clark Kent
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 23 – Bitter

Lo squillo insistente del telefono svegliò Lois: aveva perso i sensi, maledizione… le cose erano più gravi di quello che lei si ostinasse a sperare.

Si era fatta male, cadendo, e la sigaretta ormai spenta giaceva a pochi centimetri da lei: aveva corso il rischio di bruciarsi il volto. O forse si era bruciata, ma non sentiva anche quel dolore.

Si tirò su e si sedette sul divano, massaggiandosi il gomito e il viso, che aveva battuto sul tavolino. Si chiese se si vedesse il livido. Il telefono smise di squillare, precipitando la casa in un silenzio angosciante. Non aveva risposto, tanto non era casa sua, in fin dei conti…

Guardò fuori dalla finestra e vide che era ormai buio.

Inspirò cercando di trattenere quanto più ossigeno riuscisse e si alzò, cautamente, dirigendosi in cucina per prendere un bicchier d’acqua. Poi passò davanti alla credenza, in salotto, sopra alla quale stava appesa una specchiera, e guardò la sua immagine riflessa.

Era pallida, più pallida che mai: i capelli scuri non aiutavano ed effettivamente un’ombra violacea iniziava a coprirle la pelle intorno al sopracciglio destro e lo zigomo.

Sospirò, rassegnandosi ad usare più fondotinta. Quando fosse tornata nella sua stanza si sarebbe rassegnata a prendere quelle medicine che le aveva prescritte il medico di Metropolis: l’avrebbero fatta dormire, diceva, ma dopo sarebbe stata meglio per un po’.

Lily ancora non era tornata. Si massaggiò ancora il braccio e raccolse le sue carte da terra, chinandosi. Per un istante pensò che le avrebbe bruciate, ma con esse non sarebbero spariti anche i suoi problemi. Le riunì in una cartellina e la infilò in borsa. Rialzandosi fu colta da un lieve capogiro: forse doveva stendersi un po’…

Afferrò il telecomando e si stese sul divano, coprendosi con la piccola coperta che Lily lasciava sempre in giro, come se fosse quella di Linus. Odorava di vaniglia e spezie.

Alla televisione davano un vecchio telefilm western [i], ne guardò un pezzo tenendo il volume molto basso, poi, lentamente, si addormentò.

La Dodge di Clark si fermò davanti al giardinetto della villetta di Lily. Sull’erba tagliata all’inglese un tappeto di fiori rosa caduti dal piccolo pesco davanti alla sua casa risaltava nel buio della sera, illuminato da una timida luna che si era fatta strada attraverso le dense nubi.

-Lily… mi dispiace averti nascosto la verità per tutto questo tempo, ma volevo essere sicuro prima di…-

-… prima di rischiare di rivelare il tuo segreto ad un mostro da meteorite verde?-, chiese guardandolo con i dolci occhioni tristi.

-No: prima di illudermi che davvero non ero solo su questo pianeta-, le sorrise e le fece una carezza, spostandole un ciuffo di capelli dalla spalla.

-Te l’ho detto: qualunque cosa ci riservi il futuro, ora siamo in due. Ci sono tante cose che sappiamo fare e tante che dovremo imparare… penso che insieme sarà più semplice, non trovi?-

-Più semplice e più divertente-, disse lui abbassando lo sguardo, un po’ imbarazzato.

-Sai… finora ho sempre pensato che sarei rimasto solo.. voglio dire: chi vorrebbe stare con un alieno come me, con uno che può fare fuoco con gli occhi e non ha bisogno di martello per infilare i chiodi nel muro e che… insomma… Mi ero quasi rassegnato, sai?-

Lily sorrise per un istante, poi guardò fuori, verso la sua casa e abbassò lo sguardo.

-Dillo a me… dopo quello che è successo, io…-

Sentì il tocco delicato della mano di Clark sulla sua.

-Ma ora ci siamo trovati e tutto sarà diverso. E’ come se ricominciassi a vivere, con te…-, si avvicinò a lei e la baciò dolcemente. Non avrebbe mai pensato di poter essere così felice.

-Ti amo-, sussurrò Lily e aprì la portiera dell’auto.

Clark la seguì fino alla porta e la baciò ancora, prima di andare via. Aveva sentito il suo cuore battere forte e si era emozionato: quello che aveva sempre desiderato nei suoi sogni più segreti, finalmente, sembrava essere divenuto reale.

Lily sospirò ed aprì la porta di casa senza nascondere un sorriso di gioia che le illuminava il volto. Sentiva ancora sulle sue labbra il caldo bacio del suo amore: non poteva essere più felice di così.

Non si accorse di Lois, distesa sul divano, ed accese la luce, lasciando cadere rumorosamente la borsa per terra, vicino all’attaccapanni.

Lois si svegliò: era come se avesse fatto un brutto sogno, troppo doloroso per poter essere vero e si sollevò sui gomiti, provando una fitta per la caduta. Cercò di coprire il volto con i capelli.

-Lily… devo essermi addormentata… scusami-, disse con voce appena un po’ fioca, poi si mise a sedere.

Lily si sedette accanto a lei: era troppo emozionata per potersi accorgere del volto pallido di Lois, o del suo umore sottotono. Si voltò verso di lei e la guardò, la sua faccia beata la rendeva vagamente svampita: Lois vide i suoi occhi brillare come pietre preziose e capì.

-Qualcosa mi dice che stavolta il mio amico Smallville si è comportato bene con te, vero?-, le domandò, evitando il suo sguardo mentre ripiegava la coperta di pile, alla meglio.

Lily sospirò, ondeggiò la testa cercando le parole più adatte, poi alzò le spalle e non disse nulla: il suo sorriso parlò per lei.

-E’ ora di cena, signorina… che ne dici se ti preparo le mie specialità alla griglia?-, chiese Lois battendo le mani sulle sue ginocchia e cercando di alzarsi in piedi senza mostrare fatica, attingendo ad una forza che si continuava a chiedere da dove le derivasse.

Lily rimase un istante interdetta, poi ricordò le descrizioni dei disastri culinari di Lois che le aveva narrato Clark e si affrettò ad aiutarla.

-Lascia pure a me, Lois! Sai… non ho molta fame e…-

-… e non vuoi perdere del tutto l’appetito, immagino! La mia cucina fa questo effetto! Ok… saggia decisione! Dunque…-, disse aprendo il frigo e guardando al suo interno come se fosse un armadio, -Che ne dici di un ottima frittata con il bacon?-

-Beh… perché no? Però…-, Lily si avvicinò mettendole una mano sulla spalla.

-Lo so, lo so: ora mi dirai che ti piace tanto cucinare e che avresti piacere di prepararla tu. Io dirò che sei molto gentile e non insisterò, così, almeno, avremo la nostra cena!-, si voltò facendole l’occhiolino, -Io apparecchio, è meglio!-

Lily accese la radio mentre le uova rassodavano e il profumino di bacon si diffondeva per la cucina. Lois, finito di apparecchiare, la osservò destreggiarsi tra acquaio e fornelli, ammirata ed intenerita dal suo sguardo un po’ assente, come se fosse lì con il corpo e la testa, ma il suo cuore, chiaramente, non era con loro.

-Sono contenta che tu e Clark stiate così bene, insieme, sai? L’ho visto per così tanto tempo triste e affranto che non speravo potesse uscire dal suo stato: hai davvero compiuto un miracolo!-

Lily si voltò, arrossendo: -Ma io non ho fatto niente… se non era per lui io… beh, sicuramente a quest’ora sarei stata da sola, magari a mangiare merendine davanti alla tivù!-

Poi si avvicinò a Lois, portando in tavola direttamente la padella dove aveva cotto la frittata e sedendosi vicino a lei e vide il suo sguardo triste lottare per apparire spensierato.

-Io credo che riuscirai anche tu a trovare una persona speciale come Clark… ne sono certa. Io ero convita che sarei rimasta sola per tutta la vita, e invece… a volte bisogna sapere aspettare. In fondo… siamo giovani e abbiamo tutta una vita, davanti a noi, che ci riserva ogni giorno delle sorprese inimmaginabili-, le sorrise, servendo la frittata.

-Sì, proprio inimmaginabili…-, disse piano Lois, e ingoiò un boccone che sapeva non le sarebbe andato giù neanche bevendo tutta l’acqua del pianeta.

Spilluzzicò appena la sua portata, cercando di sforzarsi di mangiarne il più possibile, lottando contro quella sensazione di stomaco chiuso che si portava avanti da diverso tempo.

Poi si alzò, prese i piatti sporchi e rigovernò velocemente, aiutata da Lily.

-Se non ti dispiace, io ora andrei a letto: sono un po’ stanca-, le disse prima di salire di sopra. Prese la sua borsa e diede la buonanotte a Lily.

Chiuse la porta di camera dietro di sé, aprì i fascicoli sulla scrivania di legno vicino al letto e fece scorrere per l’ennesima volta gli occhi sui fogli stampati.

-… proprio una sorpresa inimmaginabile…-, disse tra sé. Spense la luce e si addormentò vestita.

***

Come ogni anno, nella settimana precedente il tanto atteso Prom Ball, tutti i ragazze e le ragazze del Liceo di Smallville, erano in fibrillazione per i preparativi e la scelta dell’abito perfetto.

L’improvviso spostamento della festa alla villa dei Luthor aveva precipitato il comitato organizzatore nel panico più totale perché, sebbene i compiti a loro carico fossero drasticamente diminuiti, dal momento che Lex aveva preso in mano la situazione personalmente, le proporzioni della festa, trasferita dalla palestra del Liceo ad un vero e proprio castello, assumevano tutto un altro significato.

Il problema non era più cercare l’abito più romanticamente elegante e preparare striscioni, ma accaparrarsi per prime l’abito più fashion e glamour, prenotare gli appuntamenti dai parrucchieri, affittare la limousine più lussuosa, sfoggiare un look più in degli altri.

Il compleanno di Clark, ogni anno, cadeva nella settimana precedente l’evento e, con grande sollievo suo e della sua famiglia, per questo motivo veniva messo in ombra dai preparativi della festa e, per questo, passava quasi inosservato, evitando ai Kent una preoccupazione in più, nel gestire una festa, invitati, in breve gente pronta a ficcanasare nella loro vita.

Anche quell’anno Clark pensò che avrebbe potuto trascorrere una serena giornata con i suoi, oppure, perché no, scappare lontano con Lily.

Si rigirò nel suo letto sorridendo: aveva diciotto anni, era domenica e fuori, finalmente, splendeva di nuovo il sole.

Il giorno prima, con Lily, Chloe, Pete e Lois era stato a Metropolis per cercare insieme agli altri l’abito adatto per il ballo. Aveva cercato di fare capire agli altri, invano, che Lex aveva dichiarato che quell’anno la festa sarebbe stata diversa, ma aveva ottenuto come unico risultato di passare tre ore della sua vita al grande Mall Metrotown[ii], appena fuori città, correndo da un negozio all’altro, come dei ragazzini. Poi erano usciti e si erano incamminati verso il quartiere detto dei gitani, dove tante piccole botteghe piene di false pozioni magiche e di antichi cimeli stranieri rilucevano come un presepe, con le loro lucine colorate appese all’interno. Avevano perso le ragazze, lui e Pete, che si erano soffermate ad osservare i gioielli di un vecchio rigattiere europeo, aveva visto lo sguardo desideroso di Lily, che aveva adocchiato qualcosa, e si era ripromesso di tornare lì a comprarle qualsiasi cosa fosse… un gioiello per la sua splendida principessa. Poi erano arrivati, camminando, fino a Downtown.

Avevano deciso di fermarsi a mangiare un boccone in città prima di rientrare nel pomeriggio a Smallville. -Quello che mi domando è come mai, se Lois ha detto che non verrà alla festa, io mi prodigo per boicottarla, Lily non se la sente di parteciparvi, a Clark non è mai importato nulla del ballo, abbiamo perso ben tre ore provando e riprovando vestiti uno più ridicolo dell’altro!-, aveva chiesto Chloe, mentre addentava la sua hamburger in un grill vicino alla zona delle università.

-Perché io dovrò essere bellissimo per conquistare definitivamente il cuore di Sammy!-, aveva risposto Pete, ed era stato colpito da una gragnola di patatine fritte scagliate contro di lui dai suoi amici.

-Però è stato divertente, non trovate?-, aveva chiesto ridendo Clark, stringendo nella sua mano quella di Lily.

-Come no? Vederti indossare quella camicina psichedelica è stata un’esperienza davvero indimenticabile, Smallville!-

-Perché non vuoi venire alla festa, Lois… mi farebbe davvero piacere se mi accompagnassi-, le aveva domandato Lily, -E poi come farei senza la tua consulenza di moda!-

-Aspetta un po’: volevo essere io ad accompagnarti alla festa, Lily!-, Chloe e Lois erano scoppiate a ridere vedendo l’espressione perplessa e vagamente delusa di Clark.

-In effetti dovresti raddrizzare il tiro sugli accessori… ma come faceva a piacerti quel ciondolo in quel negozio?! Menomale che io e Chloe ti abbiamo tirata via di lì, altrimenti avresti dovuto abbinarlo con un vestito a mongolfiera!-

Era stata una bella mattinata, aveva visto Lily divertirsi dimenticando i fatti e le rivelazioni degli ultimi giorni ed insieme si erano sentiti esattamente come gli altri ragazzi, come se la loro nascita e il loro sangue non avesse più alcuna importanza.

L’aveva riaccompagnata a casa, sì… e poi… e poi doveva essere andato a letto, certo… anche se si sentiva un po’ confuso, a ripensarci bene… non ricordava cosa avessero fatto insieme…

L’odore delle pancakes appena cotte fu un ottimo motivo per alzarsi, infilare velocemente una maglietta e i pantaloni della tuta e correre giù, senza neanche passare dal bagno a lavarsi il viso.

L’abbraccio della mamma fu il primo regalo di quella strana giornata: era vero, quello era il giorno ufficiale del suo compleanno, e con il tempo anche lui e i suoi genitori si erano abituati a considerarlo tale, ma era nella data che era stato trovato, che realmente aveva un significato festeggiare.

-Tanti auguri, cucciolo mio!-, gli aveva detto la mamma, mettendo sotto al suo naso un piatto pieno di minipancakes ai mirtilli come piacevano tanto a lui. Ogni anno, fin da quando era piccolo, quello era il preludio alle libagioni di casa Kent.

Clark spazzolò il tutto e corse nel fienile ad aiutare suo padre con il solito trattore che non voleva saperne di funzionare correttamente.

-Ehi! Buon compleanno, figliolo!-, gli disse lanciandogli una chiave inglese, -Diciotto anni sono più che sufficienti per accollarti il compito di aggiustare questo demonio di un trattore!-

-E me lo terrai tu sollevato alto sulla testa?-, chiese Clark, strizzandogli l’occhio.

Jonathan si avvicinò a lui e lo abbracciò, come faceva quando lui era piccolo, poi lo guardò orgoglioso del suo unico figlio e mise una mano sulla sua spalla.

-Tua madre mi ha raccontato di Lilyanne… non so se essere arrabbiato con te per averci tenuta nascosta questa cosa finora o se essere felice che anche lei sia una ragazza seria e che ti vuole davvero bene-, lo prese alla sprovvista, con queste parole, e Clark non seppe che rispondere.

-Spero che ora che hai una così bella ragazza tu non ti monti la testa e ti dimentichi dei tuoi vecchi, vero, Clark?-, gli sorrise piegando la testa.

-Come potrei dimenticarmi di un padre che mi fa lavorare anche il giorno del mio compleanno?-, rispose sorridendo e restituendogli la chiave inglese e lo abbracciò di nuovo.

-Sono così felice, papà… mi dispiace non averti detto nulla di Lily, ma volevo prima esserne sicuro-, poi lo guardò negli occhi, la sua espressione appena un po’ più seria.

-Te l’ha detto la mamma cosa sa fare Lily?-, gli domandò, abbassando la voce.

Jonathan scosse la testa.

-Lei sa volare!-, gli sussurrò in un orecchio, poi si godette la sua espressione stupefatta e senza parole.

-Forse potrà insegnarmi a farlo… sa fare anche altre cose che io ancora non sono in grado di fare… ora… riesco finalmente a capire cosa proviate tu e la mamma quando… tu le sistemi il rubinetto che perde e lei ti cucina il tacchino ripieno… è davvero troppo bello potersi completare a vicenda…-

Jonathan lo guardò, un’espressione intenerita sul suo volto impolverato.

-Non sai quanto io sia orgoglioso di te, figliolo-, gli disse e i suoi occhi brillarono.

-Ora però, aiuta il tuo ‘vecchio padre’ a sistemare questo catorcio di un trattore!-, di nuovo gli passò la chiave inglese.

Quando ebbero finito, Clark e Jonathan rientrarono in casa, assaltando quel che rimaneva delle minipancakes.

-Lasciatene qualcuna anche per Lily!-, gridò loro Martha.

-Lily?-, Clark non riusciva a capire.

Martha lo guardò perplessa.

-Sì, Clark… Lily sta tornando qua e poi andrete tutti insieme a festeggiare a Miami, non ricordi? L’hai invitata tu stesso ieri pomeriggio quando ci siamo visti tutti insieme!-

Clark scosse la testa, senza capire.

-Ieri pomeriggio? Hai visto Lily ieri pomeriggio?-

-Ma Clark, cosa ti prende? Non ricordi che ieri ci siamo tutti incontrati dopo il funerale di Lois per festeggiare il vostro anniversario?-, disse Jonathan, masticando una frittella.

-Funerale di Lois? Anniversario? Ma cosa?-

Martha posò la sua mano sul braccio del figlio, guardandolo vagamente preoccupata.

-Clark… ora smettila di fare domande sciocche e vai a prepararti: l’aereo sarà qua a momenti! Lo so che ne puoi fare a meno e volare via, ma non vorrei che ti si sgualcisse lo smoking-

-Sì, Clark: quando si ha tutto il potere che avete voi due, essere eccentrici è solo un passatempo, come giocare a biliardo o cacciare cervi. O volare, nel vostro caso-

-Lex? Da quanto tempo eri qua dentro?-, un attacco di panico lo colse alla bocca dello stomaco.

-Da quanto? Da quando tu dormi nel mio castello e io nella tua stanza. E ringraziami che stanotte sono stato sul divano perché hai rivoluto il tuo letto!-

La testa di Clark aveva preso a girare forte, come se non ci fosse niente di giusto in tutto quello che stava sentendo. Si voltò di nuovo verso i suoi genitori, in piedi vicino al tavolo di cucina. Inorridì: erano invecchiati e sembrava avessero cento anni. Il rosso vivo dei capelli di Martha si era tramutato in un grigio polvere, i suoi occhi azzurri, velati dalle cataratte e le rughe a storpiare il suo sorriso dolcissimo.

-Avanti, Clark: i tuoi figli stanno arrivando!-

Si voltò verso Lex e al suo posto vide Lily, più bella che mai, impellicciata come una regina, accompagnata da una ragazzina dai capelli neri e un bambino con un berretto da baseball, che fluttuava a dieci centimetri da terra, masticando un chewingum.

-Ciao amore, ho appena portato i bambini con me sopra Genovia[iii]: abbiamo distrutto anche l’ultima opposizione: ora siamo i signori indiscussi del mondo, proprio come voleva tuo padre!-

Si avvicinò a lui e lo abbracciò circondandolo con le sue braccia sinuose e i suoi capelli che gli coprirono la faccia, sempre più stretti, avvolti attorno al suo collo, dentro la sua bocca, fino a che iniziò a soffocare e tutto riprese a ruotare intorno a lui velocemente, sempre più velocemente.

Si svegliò di soprassalto cercando aria e sollevandosi a sedere sul letto. Era sudato e tremava come una foglia in autunno.

Era stato solo un incubo… solo uno stupido incubo.

Portò la mano all’interruttore ed accese la luce: la sveglia segnava le quattro e mezzo del mattino. Respirando a fatica cercò di capacitarsi di che giorno fosse, di cosa fosse vero e cosa si fosse inventato. Si alzò e camminò arrancando fino al bagno, accese la luce e si bagnò il viso, guardandosi allo specchio: era in casa sua, da solo, e quello che aveva visto era solo un brutto sogno.

Scese in cucina e si versò dell’acqua fredda.

Doveva calmarsi, perché non c’era nulla di vero in quello che era accaduto.

Lois era viva, Lily la stessa ragazza semplice di sempre, Lex viveva nel castello e lui non aveva né figli, né anniversari da festeggiare.

Si chiese se la mattinata passata con Lily e i suoi amici a Metropolis fosse realmente accaduta oppure no, e non seppe darsi una risposta. Tornò in camera sua e accese il computer, per vedere che giorno fosse, si connesse ad internet e andò sul sito del Daily Planet, per controllare che tutto fosse a posto.

Un’e-mail in arrivo attirò la sua attenzione.

Era del dottor Swann: erano mesi, che non riceveva sue notizie.

Lesse velocemente la lettera, molto breve, nel classico stile dell’uomo che gli aveva, per primo, detto il suo nome kryptoniano.

Swann gli porgeva i suoi auguri di buon compleanno e lo salutava con una frase che lo incuriosì.

Tre sono i cristalli nascosti negli angoli più remoti del terzo pianeta della stella Sol: Naman li riunirà e il portale sarà aperto per ottenere la chiave della conoscenza assoluta e governare sulle razze inferiori. Non cadranno in mani di altri, o la conoscenza si tramuterà in distruzione.

Questa è la traduzione delle iscrizioni sulle pareti della grotta di Cowichan, attorno a quella che chiamiamo la “serratura”. Sulla parete opposta l’iscrizione è in caratteri differenti e tracciata in un’epoca diversa.

Questo è ciò che ho tradotto: Naman affronterà Segith, affiancato da Aethyran[iv] ed il destino sarà compito.

I tre cristalli sono realtà, Clark e la profezia deve essere realizzata, perché il rischio che essi cadano in mani sbagliate è troppo grosso. Ma anche se il tuo destino sembra essere stato scritto da secoli, anche se le tessere del mosaico stanno trovando il loro posto, anche se Naman, Segith, Aethyran hanno dei nomi che tu conosci, ricorda che il tuo compito è di ascoltare quello che consiglia il tuo cuore, non quello che altri hanno stabilito per te.

So che la vita sembra averti finalmente donato qualcosa di prezioso e inatteso, che sembra dare un senso a tutti i tuoi dubbi e fare battere il tuo cuore così speciale, ma devi sempre ricordare di prendere le tue decisioni proprio con quel cuore, non con l’ingordigia dello stomaco.

Ricorda sempre che non sei mai stato solo, fino ad ora: custodisci come pietre preziose le persone che ami e loro ti ameranno e non tradiranno mai la tua fiducia”

Parlava di Lily? No, come faceva, Swann, a sapere di lei? Parlava di quello che Jor-El voleva per lui, allora? Lo metteva ancora in guardia dal seguire una strada che lo avrebbe allontanato dall’essere umano, che avrebbe potuto portarlo ad uno scenario follemente assurdo come quello del suo incubo di pochi minuti prima? Il messaggio era fin troppo chiaro, sia il suo sogno che il Dottor Swann gli ripetevano di non pensare mai, anche lontanamente, di potersi mostrare superiore agli altri, di non cadere nell’errore di ascoltare le parole di conquista di Jor-El.

Controllò la data sul computer: aveva ancora tre ore di sonno prima che il sole spuntasse sulla mattina del suo compleanno. Lo spense e si infilò nel letto ormai freddo, rimanendo immobile a pensare.

Lana.

Ecco cosa aveva fatto il pomeriggio del giorno prima.

Si era separato dagli altri ragazzi al parcheggio degli autobus a Metropolis ed aveva corso assieme a Lily come se fossero due puledri selvaggi, e i campi tra la grande città e Smallville fossero stati fatti solo per loro. Si erano fermati al lago, a parlare del più e del meno, di come fosse assurdo che loro due erano due alieni, di come sarebbe stato il loro futuro, una volta finita la scuola. Si erano baciati e, ancora una volta, si erano lasciati prendere la mano dalle circostanze: loro due da soli, il frusciare delle foglie dei salici che si immergevano nel lago, i primi stormi di uccelli migratori che tornavano. L’abbaiare di un cane in lontananza li aveva riportati alla realtà, avevano sorriso l’uno all’altra e, a malincuore, si erano incamminati verso il paese.

O forse era stato in un’altra circostanza, un altro giorno…? si sentiva molto confuso.

Lui aveva fissato, sul tardi, al Torch con Chloe, per aiutarla con l’impaginazione dell’articolo sul ballo, Lily si era fermata al Talon, poi sarebbe tornata a casa.

Si chiese come mai non erano tornati assieme agli altri, sull’auto di Lois, e immaginò che fosse epr stare un po’ da solo con Lily…

Stava per entrare al giornale, quando aveva udito le voci concitate di Chloe e Lois litigare, dentro la stanza chiusa.

La sera prima Lois aveva curiosato tra i files di Chloe e aveva fatto confusione. La cugina la stava rimproverando di aver aperto documenti privati, peraltro dal contenuto pericoloso, Lois, invece, insisteva che doveva ascoltarla per un altro problema, e quel problema era Lana.

Si era avvicinato, fingendo di stare guardando alcuni annunci in bacheca, e, con il super-udito, aveva ascoltato la loro conversazione.

-Il fatto che sei mia cugina non ti autorizza a mettere il naso nelle mie cose! Perché non mi hai detto nulla stamani, mentre eravamo fuori? Ci sono cose che… che non devono uscire da questa stanza, hai capito, Lois?-

-E tu hai capito che a me dei tuoi articoli e delle tue indagini non interessa assolutamente niente?-

-Allora perché sei andata al castello di Lex?-

-Sono affari miei! Quello che deve importarti è che quel bastardo sta mettendo sottosopra la vita di tutti noi, Lana compresa!-

-Cosa c’entra Lana, adesso? Sei sempre pronta a prendertela con lei, non è vero?-

-Non me la sto prendendo con Lana, non capisci proprio nulla oggi, Chloe! Sto cercando di farti capire che Lex sta ficcando il naso anche nella sua vita: l’ho sentito che parlava con Jason, lo vuoi capire?-

-Quello che c’è tra Lana e Jason a noi non deve interessare. E poi… mi sa che sono agli sgoccioli, sicché il discorso può chiudersi qua-

-Agli sgoccioli? Ah, direi proprio di no! Ti posso garantire che non sono mai andati più d’accordo di così! Il problema è che lui la sta ingannando.-

-Ma che ne sai, tu?-

-Oh, so eccome! Jason e Lex stavano urlando: Jason minacciava Lex di non raccontare nulla a Lana del loro accordo… se ti sembra una cosa normale questa…!-

-Quale accordo?-

-E che ne so! Ma i toni di Lex non erano tra i più gentili: gli ha detto che avrebbe svelato a Lana tutto quello che Jason e sua madre avevano tramato contro di lei… e questo non è certamente il momento migliore per Lana per agitarsi… Se pensi che poi quella donna era lì, oggi, al castello, proprio mentre quei due litigavano… io non credo che le cose siano così lineari come tutti si sforzano di farcelo credere-

-Jason…? Sua madre…? Cos’altro c’è che io non so?-

-Adesso mi credi, Chloe?-

-Io… cos’ha Lana?-

-Non posso raccontarti i suoi fatti privati, mi dispiace-

-Però puoi frugare tra i miei fatti privati… e senza un valido motivo, almeno finché non ti decidi a dirmi che cosa cercavi!-

-Senti, vuoi considerarmi un’impicciona? Bene, fallo pure… ma in questo momento sono davvero preoccupata per Lana e per quello che può aver… combinato… con… Jason… e…-

-Cosa…? Lana…-

-Io non ti ho detto nulla! Però, capisci che ho il diritto di preoccuparmi per lei, se Jason le nasconde qualcosa? Anche se non sono la sua migliore amica, penso di avere il diritto di preoccuparmi, specie se c’è di mezzo quel disgraziato di Lex…-

Era stato allora che Clark aveva urtato qualcosa con il piede, facendo franare un estintore mal riposto per terra vicino alla porta del Torch, con un rumore assordante. Chloe e Lois erano comparse davanti a lui spaventate.

Le aveva salutate facendo finta di niente, Lois era uscita di fretta approfittando dell’attimo e lui era rimasto davanti alla porta, solo con Chloe, che pareva molto turbata da quello che la cugina le aveva fatto intuire.

-Dai… entra-, gli aveva detto chiudendo la porta alle loro spalle.

Si era seduta alla sua scrivania ed era rimasta ad osservarlo, sospirando.

-Clark, io e Lois stavamo urlando così forte che sono sicura che avresti sentito ogni parola anche se non avessi usato il tuo super-udito, quindi è inutile che assuma un’espressione spensierata di circostanza con te, perché spensierata, in questo momento, non mi sento proprio-

Si era fermata a guardarlo, poi aveva ripreso.

-Non lo so… mi pare che stia per arrivare la fine del mondo: tu che mi riveli il tuo segreto, il Liceo che va a fuoco, un’altra ragazza con i tuoi stessi poteri… e adesso Lois che si mette a fare l’investigatrice privata e vuole proteggere Lana… sono preoccupata…-

Non gli aveva risposto, perché se quello che aveva intuito dal discorso di Lois era vero, anche se adesso non stava più con Lana, era come se una parte di quello che era rimasto di lei nel suo cuore si fosse spezzata e fosse morta, con il ricordo dei loro baci, dell’attimo in cui qualcosa li aveva fermati, prima di donarsi l’uno all’altra per la prima volta, e si erano sussurrati che nulla avrebbe più interrotto il loro amore…

-Clark? Mi stai ascoltando?-, Chloe gli aveva detto qualcosa che lui non aveva assolutamente sentito.

-Sono preoccupata per Lois!-

-Lois?-, gli aveva domandato, non capendo che c’entrasse, se stavano parlando di Lana.

-Ma certo: che c’è andata a fare, Lois, da Lex? Non è di certo il tipo di persona con il quale una come Lois vuole avere a che fare! Penso che si rivolgerebbe a lui solo se non avesse altra strada, se avesse bisogno di un favore… e che favore potrebbe volere Lois da Lex… e poi… era così arrabbiata con lui… Non è un comportamento da lei… è sempre più strana, ultimamente…-

-E Lana…?-

-Lana? Lana è adulta e vaccinata e se ha preso determinate decisioni lo avrà fatto conoscendo le conseguenze. La domanda giusta è un’altra: che c’entra Jason con Lex… perché era al castello e perché c’era anche Genevieve Teague! Quello che ha sentito Lois non è rassicurante… Se Lex sa che li ha uditi, Lois non è al sicuro!-

Si era alzato, turbato e intimamente ferito.

-Tu, Lois, Pete… siete sempre pronti a scagliare la prima pietra contro Lex, a dipingerlo come un mostro! Lo vedi com’è Lex? C’è un problema alla scuola e lui offre la sua casa per ospitarci… e per avere un po’ di allegria intorno. Non è giusto che pensiate sempre che è colpa sua. Se piove è colpa sua… se la terra gira è colpa sua!-, aveva aperto la porta ed era uscito.

Doveva vedere Lois e parlarle. O era da Lana che doveva andare, prima di perderla ancora una volta e per sempre? O parlare con Lex di cosa fosse questa storia misteriosa? O andare da Jason e spaccargli il muso…

Clark si rigirò nel letto e si immerse nell’ultimo ricordo prima di addormentarsi.

Alla fine era andato al Talon e si era seduto ad un tavolino riparato, dal quale poteva vedere la porta dell’appartamento di Lana, senza che lei potesse notarlo, se fosse uscita dalla sua casa.

Aveva chiamato i suoi e, con la scusa di studiare, era rimasto là fino all’ora di chiusura. Aveva visto Lana rientrare, salutando velocemente le bariste e concedendosi un bagno caldo, una volta sola nella sua casa. Poi era arrivata Chloe, lo sguardo preoccupato, la sottile ruga che si dipingeva sulla sua fronte quando non sapeva come affrontare un problema. Aveva bussato e atteso pazientemente che l’amica le aprisse la porta, coperta con un asciugamano e con i capelli che gocciolavano a terra. Avevano parlato un po’, e Clark non aveva voluto ascoltare con il suo udito sviluppato la loro conversazione: non per rispettare la loro privacy, ma per la paura sottile di scoprire qualcosa che ancora nella sua mente era solo un’ipotesi. Quando Chloe era scesa, aveva affondato il volto dietro un giornale, per non farsi notare.

E alla fine, salendo gli scalini a due a due, con un dvd del videonoleggio in mano e il suo solito sorriso strafottente, era arrivato Jason: aveva bussato e aveva baciato Lana, che si era vestita con una tuta, l’aveva spinta dentro casa e si era stravaccato sul divano. Come se fossero gesti antichi, familiari entro quelle mura, come se quella fosse anche un po’ casa sua.

Solo allora era tornato verso casa, camminando lentamente, rigirando tra le mani il volantino stropicciato di un nuovo pub a Metropolis.

Si era messo a letto ed era sprofondato in quell’incubo così dolcemente allettante.

Due ore, e le frittelle di sua madre avrebbero iniziato a friggere giù in cucina, diffondendo il loro profumo e svegliandolo.

Due ore e avrebbe ricominciato quella giornata già vissuta.

-Cosa ci sei andato a fare da Lex?-

Jason aggrottò le sopracciglia, premette pause sul lettore dvd e si voltò verso Lana, con espressione perplessa.

-Lex? L’ultima volta che l’ho visto è stato quando ho saputo che mi aveva fatto licenziare dalla scuola-

Lana si scostò da lui: era dall’inizio di quello stupido film che non riusciva a pensare che a questa cosa.

-Una persona mi ha chiamata, stamani, spiegandomi che quell’occhio nero è stato Lex a fartelo. Penso che tu mi debba delle spiegazioni-

-Una persona ti chiama e tu credi ciecamente alla prima stronzata che ti dice? Tutta qua la fiducia che hai in me?-, incrociò le braccia al petto, come faceva sempre quando iniziava ad arrabbiarsi.

-Sei stato tu a dirmi che eri andato a dare una lezione a chi ci aveva fatto… quella cosa. Ti chiedo solo se questa persona è Lex-

Jason si alzò, lasciando il telecomando sul divano.

-Non mi ascolti, allora? Ti ho detto che non vedo Lex da molto tempo, ormai!-

Lana socchiuse gli occhi, affilando lo sguardo.

-Quindi tu non sei mai andato da Lex a chiedergli un lavoro e non hai mai lavorato per lui, con il compito di spiarmi, è così?-

Jason la guardò fissa negli occhi, senza tradire minimamente quello che si agitava dentro di lui.

-E’ così-, disse, poi le passò vicino, strinse le labbra scuotendo il capo e, senza aggiungere altro, uscì dall’appartamento e la lasciò da sola.

Lana si lasciò cadere sul divano, scivolando verso il basso: aveva ancora una volta dato ascolto alla voce di una sirena che voleva solo deviarla dalla sua strada, per qualche misterioso interesse personale.

-Perdonami…-, sussurrò. Rimase per un po’ immobile a guardare imbrunire il giorno, fuori della finestra, poi riaccese la televisione.

Come nel sogno, Clark aveva passato la mattinata con i suoi, aiutando suo padre nel fienile e aprendosi un po’ a lui, parlandole di quello che provava per Lily. Avevano fatto colazione insieme ed era rimasto con loro fino a quando la telefonata di Lily non aveva illuminato la sua giornata. Non aveva volutamente più pensato alla sera prima, a Lana, a Jason, a Lex, ai guai preannunciati da Lois, alla faccia preoccupata di Chloe.

-Che ne diresti di… passare da me tra un po’: ho bisogno che tu faccia una cosa…-, gli aveva chiesto Lily con voce allo stesso tempo infantile e sensuale e lui non aveva trovato un solo motivo per non precipitarsi subito da lei.

L’aveva sorpresa in accappatoio con i capelli bagnati.

-“Tra un po’”, Clark, significava tra un po’… non immediatamente!-, aveva detto ridendo facendolo entrare in casa.

-“Tra un po’” era troppo tempo… io ti volevo immediatamente…-

-Buon compleanno, amore mio…-

Ricordava a malapena la sua risposta, eppure erano passate solo poche ore.

Dopo di quello c’era solo il sapore delle sue labbra sulla sua bocca, il suo sguardo velato e febbrile, appena un po’ preoccupato. L’aveva baciata appassionatamente, perdendosi nel suo profumo, sulla sua pelle morbida e calda. L’aveva sollevata e fatta stendere sul divano, scostando l’accappatoio che le copriva le gambe e il collo, e aveva sentito in quell’istante più che mai la voglia di stare con lei, una volta e per tutta la vita.

Poi, di colpo, il volto stupefatto di Lois… sì: Lois doveva averli interrotti, ma quello che era successo dopo, nuovamente non riusciva a focalizzarlo, come se qualcuno, con un colpo di spugna, avesse cancellato i suoi ricordi, o, meglio, li avesse sbiaditi fino a confonderli l’uno con l’altro, dalla sera prima.

Sapeva di essere salito in camera di Lily, seguendo il suo volto rosso peperone, e di essersi sfilato la felpa, mentre lei, ridendo senza fare rumore, lo pregava di non parlare, portando l’indice alle sue labbra e sorridendo, avvicinando nuovamente le sue bocca rossa a lui e le sue mani scivolavano sul suo torace e sulle braccia…

-Ecco fatto!-, Lily, sorridente e soddisfatta, lo guardava con un misto di trepidazione e divertimento. Era completamente vestita e aveva i capelli asciutti e raccolti in una morbida treccia. Sul suo golfino azzurro spiccava un filo rosso, caduto chissà da dove.

-Allora, vuoi venire giù a pranzo?-, gli aveva chiesto, come se non fosse la prima volta che gli poneva quella domanda.

Lo aveva condotto con gli occhi coperti dalle sue mani morbide in cucina, dove la tavola apparecchiata per due e alcune ottime pietanze ammiccavano dai piatti quadrati del suo servito migliore.

-Ma quando hai…?-, Clark era sempre più confuso.

-Ssssst! Buon appetito!-, non aveva detto altro e aveva iniziato a servirgli quello che aveva cucinato per lui.

-E Lois?-, le aveva domandato dopo che avevano finito di mangiare e stava accingendosi a tornare a casa per aiutare suo padre con il vecchio trattore che aveva ripreso a fare le bizze.

-Sono ore che è uscita-, aveva risposto Lily, senza pensarci su, poi un leggerissimo fremito aveva scosso il suo volto. Si era girata verso di lui e, sorridendo un po’ troppo veementemente, aveva puntualizzato: -Ti sei addormentato appena siamo saliti in camera e non ho voluto svegliarti!-

Un bacio ancora e via, di nuovo sulla strada di casa, più confuso di prima.

La nebbia: ecco cosa gli sembrava di avere nuovamente in testa…

Però lo sguardo di Lois, i suoi occhi pungenti e l’espressione vagamente delusa e accusatoria quando lo aveva trovato a casa di Lily -e sua-, quella sì, la ricordava bene…

La cena era stata come sempre speciale: Martha aveva dato il meglio di sé stupendo tutti con un menù originale multietnico, che aveva esaltato il palato di Chloe e fatto storcere un po’ il naso a Jonathan, che si era in seguito ricreduto sulla cucina messicana.

Erano stati bene, a tavola: sette volti sorridenti che parevano aver dimenticato i loro problemi fuori dai confini della fattoria Kent.

Chloe e Lois erano arrivate piuttosto in ritardo, entrambe scure in viso, ma l’allegra atmosfera familiare che regnava in casa Kent aveva fatto tornare presto il sorriso alle due cugine.

Era come se non fosse successo nulla, come se fossero passati mesi…

Clark aveva voluto che Lily stesse vicino a lui e, in un momento in cui nessuno li guardava, si avvicinò a lei per darle un dolce bacio.

-Attenzione Smallville… non credo che la scena a luci rosse di stamani sarebbe tollerata a questa tavola!-, gli disse piano Lois, passandogli accanto con un vassoio di fajitas, e fissandolo nuovamente con quello sguardo che era l’unico ricordo nitido della giornata precedente.

Clark scosse la testa, mentre gli altri ammiravano la torta di compleanno fatta da Martha che faceva il suo ingresso trionfale a tavola.

Bevvero lo spumante che aveva portato Pete e Jonathan raccolse la sfida di Lois di buttare giù tutto d’un fiato “il petardo dei marines”, a base di rum, whiskey e soda, che avevano inventato i “suoi commilitoni” alla base militare.[v]

-Non dirmi che bevi anche tu questa roba, signorina?-, la rimproverò Jonathan, con la bocca in fiamme e Lois finse l’espressione più angelica che riuscisse a fare.

Poi i ragazzi rimasero soli e si spostarono nel fienile, dove ognuno dette il suo regalo a Clark.

Pete volle essere il primo per poi scappare al Beanery, dove aveva fissato con Samantha: gli aveva preso un pallone da football nuovo, augurandosi di vederlo giocare, prima o poi, visto che era stato assente proprio nei mesi di gloria del suo super-amico.

Lily gli consegnò il suo regalo, arrossendo come un peperone quando Clark scartò l’ennesimo maglione in cotone rosso fuoco.

-Gli mancava!-, ironizzò Lois guadagnandosi una gomitata da Chloe; -Ecco a cosa ti servivano tutti quei gomitoli e i libri che hai preso in prestito dalla biblioteca!-

-L’hai fatto tu?-, chiese Clark affondando le mani nella trama appena un po’ irregolare, abbassando gli occhi per guardare nei suoi. Lily annuì senza parlare e subito si sentì sollevata dall’abbraccio forte e delicato del suo amore.

-Grazie, piccola…-, gli sussurrò Clark in un orecchio.

-Io l’ho… fatto tutto stamani. Ho scoperto di avere… altre abilità, sai? Ieri ti ho visto che ne guardavi uno simile a Metropolis e quindi… ho memorizzato tutto il manuale in pochi minuti e poi: l’ho fatto usando un po’ di supervelocità-, spiegò lei, mormorando, -… e un modello affidabile!-, lo disse quasi tra sé e sé, come se fosse qualcosa che andava tenuto nascosto.

-Ma il vero regalo arriverà presto… c’è una cosa che voglio che sia tua…-, gli disse baciandolo, non importandole se lui sarebbe arrossito davanti alle sue amiche.

Chloe gli regalò un portachiavi sferico in plexiglass al cui interno erano stati raffigurati con la tecnica laser tanti piccoli puntini, che formavano delle figure apparentemente casuali.

-E’ un universo in miniatura-, gli disse, poi si avvicinò per abbracciarlo -Perché credo che nessuno meglio di te possa immaginare cosa significhi tenerlo stretto in una mano…- , gli disse piano in un orecchio, e gli sorrise.[vi]

-Ed io… beh, visto che una o due delle tue sono entrare a far parte del mio “parco tute e pigiami”, ti ho comprato una… tanto di piace di sicuro, ho voluto cadere in piedi, stavolta!-, disse Lois lanciandogli un pacchetto morbido contenente una calda camicia di pile con la solita fantasia blu scozzese che avevano quasi tutte le camicie di Clark. Gli strizzò l’occhio e si allontanò appena.[vii]

Risero tutti quanti, poi Lois tirò fuori dalla sua borsa un’altra bottiglia di spumante, stupendoli e iniziando a servirlo in bicchieri di plastica.

-Manca un po’ di musica in questo posto…-, Chloe accese lo stereo, tenendolo a volume non troppo alto per non disturbare i genitori di Clark, in casa.

-Ti dispiace se te lo rubo?-, disse a Lily e prese Clark per le mani, improvvisando un ballo con lui, che sorrideva imbarazzato, sulle note allegre di musica rock and roll anni sessanta.

Facendo una specie di lenta piroetta lasciò il “testimone” alla sua ragazza, che imitò Chloe e poi lo “passò” a Lois.

-Ah, no, grazie!-, rispose lei afferrando al suo posto la bottiglia di spumante e facendo ridere nuovamente tutti.

Clark ne approfittò per parlare con Lily.

-Quale altra abilità hai scoperto?-, le domandò a bruciapelo, stringendola a sé.

-Non posso dirtelo…-, sorrise con aria birbantella.

-Per favore…-

-D’accordo… allora, ho scoperto di riuscire a cancellare la memoria delle persone…-, lo guardò dal basso e vide dipingersi sul volto del ragazzo un’espressione di puro stupore.

-E come fai?-, chiese trepidante.

-Dunuqe…-, Lily sorrise e abbassò lo sguardo per un istante. Risollevò la testa e lo baciò sulla bocca, sentendo sulle labbra quello strano formicolio che provava ogni volta che usava il suo potere. Poi posò la testa sulla spalla di Clark e rimase abbracciata a lui, cullati dalla musica, senza voler spiegare, senza rivelare quel segreto che in realtà conservava gelosamente da tanto tempo. [viii]

Clark continuò a ballare, imbarazzato e confuso con Lily, quando il cellulare vibrò nella sua tasca.

-Scusami un attimo-, le disse e lesse il messaggio. Rimise il telefono in tasca e, scusandosi, disse che sarebbe tornato subito.

Scese le scale del fienile e uscì, nella notte ancora appena un po’ fredda.

-Lana…-, disse vedendola in disparte, poco distante dalla porta del fienile, -Perché non sei entrata?-

-Non volevo disturbarvi… per questo ti ho scritto solo un messaggio-

-Tu non disturbi mai, figurati! Perché non vieni su, ci sono anche Chloe e Lois-

Sorrise impacciata.

-No, grazie, devo tornare a casa, ora… volevo solo farti gli auguri e darti un pensierino… ecco…-

Clark soppesò il pacchetto tra le mani.

-Lana, non dovevi… grazie!-, fece per scartarlo, ma lei lo fermò.

-Fallo quando sarai solo… per favore…-, chiese abbassando gli occhi.

Clark annuì, imbarazzato.

-Ciao-, Lana lo salutò, si allungò sulle punte e gli diede un bacio sulla guancia. Lana si voltò, allontana dosi, ma Clark la trattenne per una mano. Era tantissimo tempo che non osava più toccare la sua pelle. La fece voltare e la guardò negli occhi lucidi di chi combatte con le lacrime.

-Lana… io… quando ho rinunciato a te… credevo che tu fossi felice, con lui…-

La ragazza deglutì in silenzio, poi gli aprì il suo cuore, staccando la mano dalla sua presa delicata.

-Da quando hai rinunciato a me ho smesso di essere felice…-, abbassò gli occhi e una piccola lacrima cadde sulla terra asciutta.

-E’ troppo tardi, ormai, e va bene così-, disse sforzandosi di sorridere.

Prima che lui potesse dire o fare qualcosa, lei risalì in auto e ripartì.

Clark rimase immobile, confuso per quello che era successo, deluso per quello che aveva saputo il giorno prima, amareggiato per averla lasciata andar via un’altra volta ancora.

Rigirò il regalo per un po’, indeciso su cosa farne, poi lo aprì.

“Anche se le nostre strade

si sono divise

per tornare a scorrere

parallele,

come amici,

volevo che sapessi solo,

che io non potrò dimenticarti

mai”

Sotto al biglietto firmato da lei c’era una piccola scatola contenente alcune foto che avevano scattato quando stavano insieme, delle cartine dei cioccolatini che avevano divorato guardando un film, al cinema e che lei aveva conservato, il piccolo bouquet di fiori che lui le aveva regalato per il ballo del secondo anno, il mezzo cuore d’argento, che lui aveva perso a Metropolis, poco tempo dopo, la sciarpa che lui le aveva prestato una volta e che non glia aveva più restituito, un foglietto su cui avevano scritto una lista di posti che avrebbero voluto visitare insieme.

Clark scosse la testa.

-Perché…?-, sussurrò, poi deglutì e inspirò profondamente. Richiuse la scatola e la nascose tra gli attrezzi nella parte bassa del fienile e tornò su, dalle sue amiche, che avevano smesso di ballare.



[i] Secondo voi che telefilm sarà? Hazzardate un titolo, va’! :-P

[ii] Questo Mall è a Burnaby, Vancouver.

[iii] Mettere uno stato vero mi pareva scorretto, così ho preso quello di “Pretty Princess” con Anne Hathaway

[iv] In kryptoniano Aethyr vuol dire donna.

[v] In realtà la mistura spacca budella inventata da me e una mia amica è Rhum, arancia e tabasco… in proporzioni variabili, dove l’arancia non si sa se effettivamente compare…

[vi] Un po’ come il gatto di Men in Black… ihihih! ;-)

[vii] Ogni riferimento è puramente casuale… ;-P A buon intenditore…

[viii] In realtà l’abilità a cui faccio riferimento non è annoverata tra i poteri ufficiali di Superman e, quindi, dei kryptoniani. E’ un’invenzione usata nel secondo film con Christopher Reeve, nella versione ufficiale tradotta anche in italiano. Negli anni è andata sempre di più affermandosi la convinzione che l’unica versione ufficiale del secondo Superman sia in realtà quella del Richard Donner’s Cut, mai tradotto in italiano, dove Superman, come nel primo film, fa tornare indietro il tempo per cancellare la memoria di Lois, che ha scoperto il suo segreto. Non esisterebbe perciò il famoso (e da me tanto amato) “bacio smemorino”… in questa sede voglio fare finta di non conoscere questa storia e voglio regalare questa abilità a Lily, perché credo che, tra tutte quelle che sono in possesso di Supes, sia quella più romantica… assieme al volo, ovviamente!

   
 
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