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Autore: Narsyl    27/10/2013    2 recensioni
Tutto ebbe inizio con un amore non corrisposto, con un'amicizia finita e con una scintilla che rinasce dalle sue ceneri. Tutto ebbe inizio con maschere cadute, occhi silenziosi che si incrociano, e altri che scrutano nell'ombra. Perchè tutto, tutto ebbe inizio con l'amore, come tutto sarebbe finito. Tutto ebbe inizio con James e Lily, e con un piccolo giglio. Una ricostruzione - fedele a tutte le informazioni esistenti sull'era dei Malandrini - della più potente magia che sia mai esistita.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Quel primo di settembre James arrivò alla stazione con la sensazione inspiegabile che quell’anno sarebbe stato diverso. E non solo perché lui e Lily erano riusciti a passare una settimana nella stessa casa senza che lei lo affatturasse, né per il fatto che lei e Sirius erano diventati così amici da fargli avere incubi la notte, né perché Mocciosus sembrava essere stato messo da parte.

Guardava i ragazzini del primo anno entrare per primi nel treno, anche se ancora mancava mezz’ora prima della partenza; li guardava salutare i genitori con timido entusiasmo e presentarsi l’un l’altro, gli occhi scintillanti di aspettative. Si ricordava il suo primo viaggio per Hogwarts come se fosse ieri: era spensierato, felice, incosciente.

Cosa era cambiato, da allora, a parte una manciata di centimetri in più, qualche cicatrice fuori e dentro, e una fedina penale molto meno pulita?

James si passò una mano fra i capelli, e grattandosi la nuca rifletté.

Quello che fondamentalmente era cambiato dal primo anno, quello che avrebbe reso questo anno così diverso dagli altri, era che James sentiva di aver perso qualcosa, negli ultimi tempi, qualcosa di prezioso e inestimabile che sapeva non sarebbe mai tornato. Tutti loro, piano piano, la stavano perdendo, e non era una scelta, non c’era soluzione.

Gli stava venendo strappata, a forza di leggere le notizie sulla Gazzetta del Profeta, a forza di vedere i volti dei suoi genitori deformarsi di angoscia, e sentirli bisbigliare piano, le mani nelle mani, per farsi coraggio, e gli era stata strappata quel giorno che aveva litigato con Mocciosus dopo i GUFO, e gli era stata strappata quando aveva visto lo sguardo di Lily fissare senza espressione i rivoli di fumo della sua sigaretta solitaria sulla Torre di Astronomia. Gli era stata strappata quando Sirius, dopo essere stato a casa dai suoi, era andato a trovarlo per qualche settimana e l’aveva abbracciato e gli aveva detto «Io non ce la faccio più» con una voce talmente pesante di lacrime che non aveva avuto il coraggio di guardarlo negli occhi per tutto il giorno, per paura di ciò che vi avrebbe trovato.

James aveva fatto un innumerevole quantità di stronzate nei suoi sedici anni di vita, alcune senza conseguenze, altre molto stupide, altre addirittura gravi, altre ancora avevano ferito qualcuno, e lui ne aveva sofferto per questo. Ma c’era una cosa costante in tutto quello che faceva: era impulsivo e sciocco, ma era una persona fondamentalmente buona. Era buono, era spontaneo, era innocente.

Adesso, fissando quei bambini sorridere timidi al loro futuro, James sapeva che loro, tutti loro, i suoi amici, Lily, Sirius, non sarebbero mai più potuti essere così felici: per loro, l’età dell’innocenza era finita in anticipo. E più tempo si legava a lei, più tempo si inebriava a ogni occasione, senza farsi notare, del profumo dei suoi capelli, della luce vivace e rude dei suoi occhi, della sua risata sommessa, meno era sereno, e meno era innocente perché capiva che se prima il suo unico obiettivo era quello di averla, di conquistarla, di sentirla propria, adesso la sua preoccupazione più grande stava lentamente slittando su qualcosa di molto più profondo, di molto più impegnativo: erano scomparsi dieci nati babbani quell’estate, secondo la Gazzetta del Profeta. I simpatizzanti con l’ideologia di Voldemort erano sempre di più. Sua madre, che lavorava al San Mungo, si ritrovava ogni giorno un numero maggiore di casi di streghe e maghi vittime di incantesimi di memoria potentissimi, o confusi, o alcuni addirittura impazziti senza motivo. La magia oscura stava lasciando tracce profonde nella psiche del mondo magico, tracce che non era più possibile ignorare.

E tutto intorno a lui, tutto, sembra essere diventato improvvisamente pericoloso.

- A che pensi? – Sirius gli sventolò una mano davanti agli occhi, risvegliandolo dalle sue cupe riflessioni. James abbozzò un sorriso, ma non mentì:

- A quanto siano cambiate le cose da quando eravamo matricole… E al fatto che ormai siamo troppo cresciuti per ignorare che il mondo ci crollerà addosso di qui a poco.

Sirius per una volta non alleggerì la tensione palesata dall’amico. James non lo sapeva, ma lui sentiva dentro di sé quel peso da molto più tempo di lui, e lo aveva celato dietro una maschera spessa di indifferenza e provocazione che però gli si stava sciogliendo giorno dopo giorno come trucco sotto la pioggia. Sapevano entrambi di non poter tirare fuori l’argomento più di così: se avessero osato abbandonarsi apertamente alla sconfortante prospettiva a cui entrambi sapevano di essere destinati, non sarebbero riusciti a trovare la forza di andare avanti e di godersi quel po’ di spensieratezza che gli restava.

- E’ tutta la vita che combattiamo il sistema con successo – disse Sirius dopo un po’, lasciando che le labbra si tendessero in un piccolo sorriso monello – è tutta la vita che andiamo contro le regole, che lottiamo per il nostro diritto di essere liberi e stupidi e di stare insieme. Non cambierà niente: dobbiamo solo incanalare tutta la saggezza raccolta negli ultimi cinque anni contro un nemico diverso. Ma abbiamo ottimi mezzi, e anche nuovi alleati.

Alzò un braccio e fece segno di avvicinarsi a una nota ragazza dai capelli rossi, che stava abbracciando i suoi genitori con le lacrime agli occhi. Appena si furono allontanati, Lily non esitò a raggiungere con un sorriso i due giovani, e a gettarsi senza preamboli fra le braccia di Sirius.

- Stone! Ho un regalo per te – disse allegramente, mentre Sirius la stringeva lanciando un’occhiata a James, che roteò gli occhi contrariato. Quella storia stava diventando insopportabile: era innegabile che da quando i due avevano fatto amicizia, James aveva molte più occasioni di godere della compagnia di Lily; ma non sapeva se fosse un bene, considerato che cominciava a odiare il proprio migliore amico e passava quasi tutto il tempo a farsi corrodere gli organi interni dall’acido verde della gelosia.

Lily nel frattempo, eccitata come una bimba, passò un pacchetto a Sirius e cominciò a saltellare sul posto mentre lui lo esaminava, divertito.

- Anche regali, adesso? – bofonchiò James, incrociando le braccia e affilando gli occhi – Voi due avete davvero deciso di ammazzarmi, Merlino.

Lily, che ancora non aveva neppure degnato di uno sguardo il povero ragazzo, si voltò verso di lui e scoppiò a ridere nel vedere la sua espressione abbattuta:

- Potter, discutiamo razionalmente insieme di questa situazione, ti voglio venire incontro. L’amicizia fra me e Sirius a te può fare solo comodo, perché: uno, non diventerà mai qualcos’altro, Sirius non ti farebbe mai un torto del genere; due, Sirius mi tiene d’occhio al posto tuo; tre, io e te abbiamo molte più occasioni in cui siamo costretti a essere civili l’uno con l’altra. Tutti vincono, vedi? Non fare i capricci. – gli battè una mano sulla spalla, guardandolo con un sorriso candidamente perfido.

- E’ il coso! Lily, è il coso! Grazie! – li interruppe Sirius, afferrando Lily in uno stretto e claustrofobico abbraccio. James gli rubò l’oggetto dalle mani e lo esaminò con occhio scettico.

- Cosa diavolo è?

- E’ un walkman – spiegò la ragazza, la voce radiosa di soddisfazione – aspetta, ti faccio sentire. E’ così che siamo diventati amici, io e Sirius… Magari porta fortuna anche a te, Potter.

Detto ciò, gli sistemò le cuffie e gli strappò l’oggetto dalle mani, trafficando con i tasti finché non vide gli occhi di James sgranarsi e capì che la musica era partita.

- Che canzone è? – chiese subito, impaziente e curiosa, sporgendo l’orecchio contro il suo, proprio come aveva fatto mesi prima con il suo amico. I loro visi erano vicini ma rivolti in direzioni opposte, e Lily si era alzata sulle punte e faceva perno sulle sue spalle per reggersi in equilibrio. Lo stava praticamente abbracciando, pensò James, immobile, mentre quella minuscola parte del suo cervello che non era occupata a scolpire nella memoria ogni singolo centimetro di pelle che in quel momento riusciva ad avvertire il tocco di Lily Evans su di sé, ascoltava rapito le note di una canzone:

Something in the way she moves, attracts me like no other lover… Something in the way she wools me… I don’t wanna leave her now, you know I believe and how…

Fu una manciata di secondi appena, perchè quando Lily riconobbe la canzone, soddisfatta la sua curiosità si allontanò con leggerezza lasciando James a guardarla, immerso in lei e in quelle parole. Così la vide, magnifica, come spesso gli capitava di vederla, in ogni suo piccolo inestimabile dettaglio, imbambolandosi come uno scemo come se il tempo si fosse fermato per tutti e non solo per lui: aveva già l’uniforme addosso, come al solito corta sulle cosce magre, forse addirittura qualche centimetro più su del lecito. Aveva la cravatta lenta sulla camicia arrotolata fino ai gomiti, con i bottoni sul davanti lasciati liberi abbastanza da far volare l’immaginazione ma non troppo da soddisfarla. Lily non era una santa, e non era una puttana: non amava essere additata nei corridoio ma sapeva lasciare il segno e non si nascondeva. Non mancavano su di lei quei particolari più stravaganti che la rendevano una bellezza accessibile a pochi perché pochi, in fondo, riuscivano davvero a capirla e ad apprezzarla a pieno: aveva i capelli rossi legati in una morbida e disordinata treccia, e dalle orecchie pendevano grossi orecchini rotondi di legno colorato, e sulla testa portava in bilico i suoi immancabili occhialetti da sole ro tondissimi e dalla sfumatura azzurra.

Non era una bellezza canonica, non era elegante, non era il tipo di femminilità da principessa delle favole, modesta e inconsapevole, pura e casta e vestita di bianco. Era una bellezza irriverente, imperfetta, bizzarra, intelligente.

Something in the way she knows, and all I have to do is think of her. Something in the things she shows me…

James le sfiorò un dito l’orecchino, accarezzandole impercettibilmente i capelli.

- Mi piacciono i tuoi orecchini – sussurrò mentre le note della canzone si affievolivano.

Lei fece spallucce, ma gli sorrise prima di voltarsi verso Sirius:

- Saliamo? Gli altri sono dentro, credo.

I due annuirono e insieme si avviarono verso il treno. Sirius e James caricarono il baule di Lily prima del loro, e mentre la giovane li stava beatamente a guardare senza aver neppure lontanamente preso in considerazione l’idea di protestare o di aiutarli, sentì una familiare vibrazione gelata salirle su per la nuca. Non si voltò, ma sapeva che Severus li stava guardando. D’istinto, come a volersi proteggere, si calò gli occhialini sul naso, in modo che nessuno potesse guardare la sua espressione. Poi incrociò le braccia al petto e affondò le dita nella sua stessa pelle, stringendo forte, per controllare il nervosismo. James, che Merlino solo sapeva come non la perdeva d’occhio neppure per un secondo, si accorse immediatamente del suo disagio.

- Lily, qualcosa non va? – chiese gentilmente, avvicinandosi a lei e piegandosi un po’ per cercare di cogliere un guizzo dei suoi occhi attraverso gli occhiali. Lily non sapeva se valeva la pena mentire, ma ultimamente si era accorta che il modo migliore per andare d’accordo con Potter era semplicemente di non avere filtri: di non sforzarsi di odiarlo, quanto di non sforzarsi di farselo piacere. Era un metodo efficace e onesto: non lo illudeva, perché non provava niente se non tenerezza nei suoi confronti a causa del suo palese affetto, e non gli impediva di conoscerla, il che si era rivelato positivo, perché imparando a capirla James modificava il suo comportamento di conseguenza. Erano piccoli passi, ma Lily li notava, li registrava e li apprezzava. Non aveva motivo di nascondersi da lui, e non lo fece:

- Non ti voltare palesemente – borbottò in fretta – ma ho la sensazione che Severus ci stia osservando da un po’.

James si irrigidì, ma non distolse il suo sguardo da lei, non si permise di controllare.

- Che vuol dire che hai “la sensazione”? – chiese invece, celando il fastidio pungente con una patina di curiosità.

- Lo avverto – spiegò lei abbassando lo sguardo – sento tipo una scossa gelata che mi sale su per la schiena fino al collo, e so che qualcuno mi sta guardando. Mi sento osservata, e a disagio. So che è lui.

- , è un potere inquietante il tuo! Ricordami di non guardarti più di nascosto. Merlino, io lo faccio continuamente… - rise il giovane, spezzando la tensione. Si portò la solita mano fra i capelli, ma la bloccò a mezz’aria, ricordandosi di quanto Lily lo detestasse. Invece, si grattò leggermente la fronte, e la lasciò ricadere innaturalmente, deviando lo sguardo da lei, improvvisamente imbarazzato.

Lily notò e registrò e rise.

- Non è la stessa sensazione quando mi guardi tu – puntualizzò, guardandolo di sottecchi per studiare la sua reazione, sempre timorosa di montargli troppo la testa – tu lo fai in maniera innocente e la maggior parte delle volte non te ne rendi neanche conto, è quasi patetico. Ma non mi fa sentire a disagio. Severus… Io non so più cosa pensi quando mi osserva in quel modo. Una parte di me teme che voglia farmi del male. Non mi sento al sicuro, capisci?

James poteva reagire a quell’affermazione in due modi: da quando aveva avuto negli ultimi mesi l’occasione di avere a che fare con Lily più spesso, era un mantra che si ripeteva sempre; cosa avrebbe fatto il vecchio James? Cosa invece Lily vorrebbe che facessi?

Il vecchio James avrebbe fatto una battuta sul fatto che a Lily sembrava non dare fastidio che lui la guardasse. Ma il nuovo James, il James cresciuto e consapevole, sapeva che non era quello che lei voleva sentirsi dire e che comunque era un male interpretare le sue parole; la capiva: era vero che non era la stessa cosa, era vero che lui posava il suo sguardo su di lei senza neppure accorgersene, era vero che non le avrebbe mai fatto del male. Ed era vero che dopo quello che era successo a maggio, Severus che la teneva d’occhio, nascosto nell’ombra, doveva essere una presenza inquietante ben lontana dai suoi occhi pigri palesemente imbambolati su di lei. Non si dovette sforzare a scegliere fra le due reazioni:

- Sali sul treno – disse solo, con voce curiosamente autoritaria – io e Sirius saliamo subito dietro di te.

Lei si affrettò, ma nel momento in cui gli diede le spalle con naturalezza superandolo per entrare nella carrozza, James non poté fare a meno di voltarsi affinando lo sguardo: Severus era parecchi metri più in là, solo, con le mani nelle tasche, i suoi occhi perforavano quelli di James, non si erano mossi di un centimetro per chissà quanto tempo.

- Amico, vieni? – gli domandò Sirius, che con il nuovo walkman nelle orecchie aveva perso aderenza al mondo reale e non si era accorto di nulla.

- Certo.

 

Il viaggio in treno passò velocemente, mentre il gruppo chiacchierava allegramente mangiando ogni genere di schifezze: durante l’estate si erano create delle nuove dinamiche con l’arrivo dei ragazzi, le carte si erano mescolate, nuove amicizie erano state stabilite, l’armonia di quel gruppo era così perfetta che si chiedevano come avessero fatto prima l’uno senza l’altro. La maschera di scansafatiche boriosi e snob che i Malandrini si portavano dietro era stata presto abbandonata, per lasciare il posto alla verità: erano dei ragazzini, a volte un po’ infantili, ma spontanei e divertenti, la cui compagnia era sempre allegra e piacevole.

Persino Dorcas, la più taciturna e meno espansiva delle quattro, aveva trovato in Remus un’anima affine: i due sedevano una accanto all’altra, con le spalle che si toccavano – erano in otto in uno scompartimento da sei persone – e ognuno leggeva il proprio libro, avendo scoperto con piacere che, in un gruppo numeroso, la propria presenza non veniva reclamata ventiquattr’ore su ventiquattro come accadeva prima. Peter, entusiasta di poter passare del tempo con degli esseri di sesso femminile che non fossero sua madre, intratteneva Mary e Marlene chiacchierando allegramente, mentre James, Sirius e Lily cercavano un modo di modificare il walkman di Sirius in modo che si potesse sentire la musica senza cuffie, come uno stereo.

- Prova con Sonoro, puntando la bacchetta nel buco dove dovrebbe entrare il cavo delle cuffie! – esclamò Lily, con il naso immerso nel libro di incantesimi.

- Ok, Ok, ma secondo me era più facile trasfigurare le cuffie in delle casse… - bofonchiò James, brandendo la bacchetta – Sonoro!

Lo scompartimento si riempì improvvisamente del genio immortale dei Beatles, mentre Sirius ruggiva esultante e Lily batteva le mani, euforica. Per un po’, tutti furono coinvolti dalla novità, e Lily venne tempestata di domande sui gruppi, sulle canzoni, sui testi, sulla musica. La naturalezza con la quale i suoi amici si informavano con sincera curiosità di persone, oggetti, realtà appartenenti al mondo babbano, le faceva uno strano effetto. Era arrossita, e gli occhi le brillavano.

Si sentiva a casa.

Ooh, then I suddenly see you, Ooh, did I tell you I need you, every single day of my life? Got to get you into my life…Got to get you into my life!

- Lily! – esclamò James – questa è la nostra canzone!

Lily scoppiò a ridere e alzò gli occhi al cielo – Potter, caro. Non scomodare i Beatles per qualcosa che non succederà mai!

- Mai dire mai, Evans.

- Per te farò un’eccezione.

I due si scambiarono un ghigno. Era diventato facile, quasi divertente, prendersi in giro. Lily sapeva di dover sempre mantenere le distanze, perché non voleva illuderlo, ma non era sicura se Potter fosse ancora convinto che ci potesse essere qualcosa fra loro, o se ormai era diventato solo un abituale gioco. Erano diventati quasi amici, ormai, e si divertivano. Sembrava che quello fosse il miglior modo di stare insieme, per loro: giocando a non prendersi mai sul serio. Nessuno dei due aveva intenzione di rovinare quel nuovo equilibrio.

- Siamo arrivati – disse Peter a un tratto, osservando il finestrino con un sorriso.

Sirius si voltò verso Lily e le strinse una mano, mentre il volto gli si illuminava:

- Bentornata a casa Rolls.

- Bentornato anche a te, Stone.

 

Il banchetto fu squisito, abbondante e pieno di allegre chiacchiere. Silente li accolse come al solito con grandi sorrisi e improbabili barzellette, con la lista aggiornata degli oggetti proibiti da Gazza, e con il classico:

- Ricordo agli studenti che è vietato accedere alla Foresta Proibita, a meno che non vogliate restarci per sempre… Ma in tal caso vi perdereste il meraviglioso banchetto di Halloween, mancano due mesi e già nelle nostre cucine stanno facendo progetti… Ma nel frattempo, vi invito a godere delle delizie del presente banchetto. Un vecchio saggio poeta babbano di qualche millennio fa diceva: “Dum loquimur fugerit invida aetas, carpe diem quam minimum credula postero”… E’ latino, ragazzi, tutti i nostri incantesimi provengono da questa lingua, stavo giusto riflettendo se inserirla nel vostro piano di studi… Comunque, questo è il fatto: mentre parliamo, il tempo crudele ci sfugge! Cogliete l’attimo, ragazzi miei, perché del domani non c’è certezza, e sulle orme di queste sagge parole, io vi invito ad abbuffarvi e vi do la buonanotte!

- Com’era la frase in latino? – chiese Dorcas a Lily, incuriosita

- Carpe diem quam minimum credula postero – recitò la rossa a memoria. I suoi amici la guardarono, stralunati. – Ehm… mia madre è insegnate di latino al liceo.- Aggiunse arrossendo e agitando una mano come a chiudere il discorso.

Gli altri annuirono, ignorando il suo disagio. Lily sentì per tutto il tempo lo sguardo di Severus addosso. Sedeva accanto a un ragazzino del terzo anno dai capelli neri e gli occhi grigi, con l’espressione imbronciata. Somigliava terribilmente a…

- Sirius – bisbigliò Lily al ragazzo che era seduto accanto a lei – alza lo sguardo con discrezione... Quello accanto a Severus è…

- Reg – la interruppe Sirius, lo sguardo freddo e le labbra tese, un’espressione di disgusto dipinta sul suo volto – il mio fratellino. Eravamo inseparabili, un tempo… Come te e Petunia, presumo. Ma sono anni ormai che i miei gli hanno fatto il lavaggio del cervello. Quest’estate… Non hai idea di cosa ho dovuto passare in quella casa… E lui non ha mai alzato un dito per difendermi. Mai. Stava lì a guardare.

- Guardare cosa, Sirius? – Lily lo fissò, spaventata. Il giovane represse un brivido e scosse la testa.

- Lascia stare. Comunque immagino che sia entrato facilmente nelle grazie della piccola setta di Mocciosus; lui, Avery e Mulciber quasi se la fanno nelle mutande per l’impazienza di diventare Mangiamorte – Si interruppe bruscamente, posando uno sguardo pieno di rimorso su Lily – Scusa, Lil. Non ci ho pensato… E’ che vedere Reg lì in mezzo mi fa impazzire.

Lily annuì, non osando più alzare lo sguardo sul tavolo dei Serpeverde.

– Anche a me.

 

- La rossa e Black stanno guardando da questa parte – biascicò Mulciber con un ghigno annoiato.

Severus rimase impassibile, il volto pallido e spigoloso appoggiato a una mano, mentre con la forchetta giocava placidamente col cibo avanzato nel suo piatto. Finse indifferenza, ma il cuore gli mancò un battito. Non voleva che i suoi amici la notassero, la nominassero. Non voleva che lei esistesse nei loro pensieri. Perché lui sapeva che forma prendevano.

- Quest’anno sembra che i leoncini spelacchiati del nostro anno facciano gruppo compatto – osservò Avery - Potter è finalmente riuscito a scoparsi la Evans?

- Potter non riuscirebbe a farsi una neanche sotto Imperius – sibilò Piton, gli occhi ridotti a due fessure.

- Non sarebbe una cattiva idea se ci provasse – mormorò Mulciber, con una luce perversa negli occhi – è quello che meriterebbe una Mezzosangue come lei. Quello che tutte meriterebbero: possono servire solo a questo nel mondo magico.

Avery annuì, convinto. Severus soppesò l’argomentazione in silenzio, un pensiero mostruoso danzava fumante nella sua testa. Nessuno notò Regulus, il piccolo Regulus, immobile al suo posto, che con sguardo terrorizzato fissava il fratello, cercando disperatamente di attirare la sua attenzione su di sé.

Poi, sconfitto, lasciò vagare il suo sguardo al tavolo dei Corvonero, mentre il cuore perdeva mille battiti e lo sguardo si posava su una ragazzina dai capelli castani e il sorriso largo e generoso.

Era un piccolo ragazzo debole, Regulus Black. Un ragazzo silenzioso, che calava la testa e svolgeva i compiti sempre in tempo. Era facile da manipolare, diceva sempre di sì. Non faceva domande. Non andava contro il sistema. Non difendeva nessuno e non offendeva nessuno.

Non faceva attrito col mondo. Non faceva la differenza. Avrebbe voluto, essere un eroe e avere un’opinione: avrebbe voluto proteggere suo fratello dalle torture della sua famiglia, avrebbe voluto alzare la testa e di tanto in tanto guardare la gente negli occhi. Ma soprattutto, Regulus avrebbe voluto avere il coraggio, per una volta, di essere anche lui un leone, come Sirius, e proteggerla.

E invece era una serpe, e la osservava da lontano, e non sapeva cosa fare, come fare, per tenerla al sicuro da quello che stava accadendo, fuori e pericolosamente dentro le mura del castello.

 


Hello, again! Ringrazio tutti quelli che hanno recensito, ma anche chi sta seguendo la ff in silenzio (sebbene sarebbe fantastico sentire la vostra opinione!) Spero che il capitolo vi piaccia, ora che siamo tornati a Hogwarts le cose cominceranno a succedere davvero! :) Buonanotte, e recensite, commentate, siate spietati!
  
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