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Autore: badluna    27/10/2013    1 recensioni
Dal Primo capitolo:
...ebbi davvero paura finché non vidi una cosa che mi sollevò un peso enorme da una parte del cuore, solo per piombare pesantemente dall’altra parte, un peso che non sentivo dalla morte della mamma. Quella sera vidi per la prima volta dopo anni delle lacrime solcare il volto di mio padre.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Derek Hale, Isaac Lahey, Jackson Whittemore, Nuovo personaggio, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Il Vecchio Continente

di Badluna

13 settembre 2013

Il giorno dopo saltai scuola ero troppo ansioso anche solo per uscire di casa. Papà mi aveva assicurato che si sarebbe preso una pausa dal lavoro per aiutarmi a capire come agire nel modo migliore. La luna piena sarebbe arrivata da li a sette giorni e non sapevo cosa fare, il cellulare era sulla scrivania che non dava alcun accenno di vita. Non lo avevo spento, semplicemente lo avevo lasciato li a scaricare ignorando gli avvertimenti automatici della batteria scarica. Non volevo sentire nessuno, mi ero chiuso in casa sperando che Scott non piombasse in essa strappando i chiodi con cui avevo affrancato la finestra di camera mia e le serrature di quelle restanti in casa. Sicuramente si stava innervosendo perché non mi facevo sentire e non rispondevo alle sue chiamate. Il signor Argent mi aveva lasciato dei piccoli gadget che riproducevano un suono talmente acuto che solo le orecchie di animali o lupi mannari avrebbero potuto udire, esso schermava il battito del mio cuore. Era stressante dover passare tutto il giorno con quel suono nelle orecchie, ma se mi avesse evitato di trovare altri lupi fuori casa lo avrei messo giorno e notte per tutto il resto della mia vita.

Stetti tutto il giorno a gironzolare per casa, nonostante fossi depresso ero troppo in forze per poter combattere la mia iperattività e così mi muovevo per casa riordinando soprammobili già in ordine, pulendo ciò che avevo già igienizzato prima e via dicendo.

Ero in continua allerta, temevo un improvvisata da parte di Scott che avrei voluto evitare con tutto il cuore, fu per questo che quando il campanello trillò verso l’una di pomeriggio temetti di poter avere un infarto, nonostante la mia natura neo mannara.

Sospettoso mi diressi alla porta e spiai chi vi era dalla parte opposta.

-Stiles! Lo so che sei li dentro apri questa cazzo di porta prima che mi passi la voglia di aspettare e ci pensi io- quasi svenni a sentire quella voce irritata e minacciosa.

Con mani che tremavano dal dubbio girai la chiave nella serratura e aprii la porta osservando l’ospite che tra tutti mi sarei aspettato meno di ricevere.

-Oh era ora coglione! Hai intenzione di rimanere sulla porta come un demente o mi fai entrare in casa a mettere le mie cose?- Spalancai gli occhi a quelle parole e mi allontanai dalla porta facendo spazio al ragazzo davanti a me.

Appena vidi il mio ospite appoggiare la valigia e le altre cose sul divano gli saltai letteralmente addosso abbracciandolo.

-Jackson! Sei qui! Lo sei veramente!- urlai nel suo orecchio come un cretino.

Venni spintonato via dopo due secondi e rimproverato da una voce secca – Solo perché ho organizzato tutto il rientro in modo estremamente veloce, mi sono subito un viaggio estenuante e sto cercando di non crollare per via delle otto ore di fuso orario non vuole dire che ti puoi permettere atti come questi- mi disse con un’occhiataccia e la mano ad indicare i nostri due corpi.

-Tu…tu…-la voce mi si incastrò in gola e pensai che mi sarei messo a piangere di gioia da un momento all’altro.

-Non ti metterai a piangere vero? Perché non ho intenzione di stare qui a raccogliere le tue lacrime ed a asciugarti il moccolo sia chiaro.- la sua espressione disgustata mi fece ben intendere quanto credesse alle proprie parole.

-Tranquillo niente pianti da donnicciole. Sono solo stupito di vedere che sei venuto sul serio e ne sono veramente veramente veramente felice!- dissi con rinnovata forza spirituale.

Jackson era lì, aveva fatto un viaggio aereo di non so quante ore e l’ora e mezza di auto dall’aeroporto a Beacon Hills solo per me. Io.. non riuscivo a crederci.

-Sei proprio un pessimo padrone di casa. Non dovresti mostrarmi la mia stanza?- mi chiese Jackson.

Mai come in quel momento ringraziai la fissa di mio padre di far si che l’ulteriore camera da letto fosse abitabile per quando Scott dormiva da noi, mentre Melissa era assente, anche se era ovvio a tutti che finivamo a dormire sempre nella mia stanza, dopo aver parlato o giocato per ore. E mai fui più felice delle mie manie di pulizie che mi avevano costretto a pulire l’intera casa, come in preda di un raptus in quelle ore. Mentre pensavo questo accompagnai Jackson alla camera di fianco alla mia, cercando di non fare smorfie per il peso della valigia che avevo voluto trasportare al posto dell’ ex capitano.

Quando aprì la porta per rivelare la stanza sperai Jackson non si lamentasse per lo stile troppo soft della camera, arredata in esatto stile “stanza per gli ospiti”. Il biondo non disse nulla, si limitò ad appoggiare le proprie cose sulla scrivania davanti alla finestra e ad sedersi sul letto voltandosi verso di me.

-Okay ora spiegami tutta la storia dall’inizio.-

 

 

16 Settembre 2013

Papà accettò di buon grado la presenza di Jackson in casa, sapere di dover andare a lavorare lasciandomi a casa da solo, nonostante non fosse mai stato un problema, nella situazione momentanea lo lasciava con i nervi a fior di pelle.

Io continuavo ad evitare i miei amici e saltavo la scuola con la scusa della malattia autorizzata dallo sceriffo in persona. Jackson aveva discusso con i genitori di volersi prendere un momento sabatico per capire cosa davvero voleva fare, Londra era un posto magnifico ma si era accorto di essere semplicemente scappato da ciò che ora per lui Beacon Hills significava: Morte. Nei giorni precedenti la luna piena mi disse che voleva trovare il modo per far si che questo cambiasse, non era troppo legato alla città ma nonostante tutto BH era casa sua e doveva trovare un modo per convivere con i ricordi.

Passavamo le giornate parlando poco, dopo tutto si trattava di Jackson non era cambiato da un momento all’altro, e cazzeggiando davanti alla tele e all’x-box. Lui spesso riceveva messaggi o chiamate da amici che si era fatto nel regno unito e inspiegabilmente ero felice per lui di questo. Un giorno dimenticai di bussare entrando in camera sua e lo sorpresi davanti ad una video chat con tutto il gruppo di amici al completo. Arrossii per la figura da cretino, vista la goffa entrata in scena, e mi scusai facendo per uscire quando incredibilmente Jackson mi disse di rimanere.

-Ragazzi lui è Stiles, il motivo per cui sono dovuto tornare a casa tanto in fretta.-

Un coro di –Ciao Stiles- riempì le casse del portatile.

-Uhm.. Ciao- dissi imbarazzato. Una ragazza molto carina dai capelli bruni e mossi si avvicinò alla telecamera e mi rivolte direttamente la parola.

-Abbiamo saputo che non stavi molto bene. Spero tu ti sia ripreso- mi sorrise incoraggiante.

Scambiai un occhiata con Jackson, allora era questa la scusa per cui aveva optato venendo via dall’isola europea – Si ho avuto qualche problemino ma adesso sto meglio grazie-

Alle mie parole vidi il divertimento accendersi negli occhi della giovane – Quindi ora JackJack può tornare indietro?-

Ridendo internamente mi posizionai dietro Jackson e avvolgendo in modo leggerissimo le sue spalle con le mie braccia rivolsi ai suoi amici una finta espressione gelosa- Eh no! Ora è qui con me e non lo lascerò mai più- I suoi amici sorrisero divertiti ma scoppiarono letteralmente a ridere quando mi allontanai celermente dal ragazzo davanti a me una volta vista la sua espressione omicida.

-Eh va bene – feci con tono drammatico – allora vuol dire che li potrai vedere una volta a settimana- dissi con tono superiore e alzando leggermente il volto al soffitto. La sceneggiata non durò molto perché appena vidi con la coda dell’occhio uno degli amici di Jackson letteralmente cadere dalla sedia per il troppo ridere non riuscii più a trattenermi e scoppiai anch’io in una forte risata.

-In che guaio mi sono andato a cacciare!- si disse sconsolato Jackson tenendosi la base del naso con due dita.

 

 

19  Settembre 2013 La luna piena

La luna piena si presentò in tutto il suo splendore anche troppo presto per me. Avevo passato i precedenti giorni a prepararmi con Jackson per combattere l’impulso di essa, ma quando quel giovedì arrivò non ero per niente sicuro di farcela. Avevo una fottuta paura, non potevo uscire altrimenti gli alfa o Scott e gli Hale avrebbero sentito il mio odore o peggio il mio richiamo. Ma allo stesso tempo stavo mettendo in pericolo mio padre restando in casa nel giorno della mia prima trasformazione.

Sapere che Jackson era presente per sostenermi mi calmava e non so per quale ragione Chris Argent si era convinto di volermi aiutare e aveva promesso che avrebbe vegliato su mio padre.

Eravamo tutti in salotto mentre calava la sera e osservavo la stanza senza sapere che fare, quando alzai il viso verso il signor Argent lui mi fece segno di salire in camera e spostando lo sguardo su Jackson lo vidi annuire e poi spostarsi verso le scale che portavano al piano di sopra.

Ad ogni scalino le gambe mi sembravano pesare un kilo in più, le braccia che fino a qualche minuto prima stavano tremando e le mani che tormentavano la maglia ora erano semplici arti penzolanti, il cuore mi batteva all’impazzata e la mente era una moltitudine di pensieri messi insieme.

Entrai in stanza dopo Jackson e mi portai davanti alla finestra da cui spesso Derek e Scott erano entrati, il mio amico era seduto sul letto e mi osservava, mi guardava e capii cosa cercava: il segnale, il momento preciso in cui avrei iniziato a trasformarmi.

Ma il momento si faceva attendere, passarono i minuti. O forse solo a me parve così, il tempo era solo un opinione in quell’istante, ore minuti secondi, che cosa importava? Mi sarei trasformato e presto o tardi sarei diventato un mostro. Un mostro da cui non avrei saputo difendermi.

Alzai nuovamente il viso verso il cielo e la vidi, la Luna un ammaliante perfetto cerchio di mistero e candore. Così bianca e limpida da sembrare quasi un innocente forma, ma così curiosa e interessante nei suoi aspetti più oscuri, nei segreti celati dalla parte di essa che mai viene mostrata alla terra.

I raggi lunari mi colpirono il viso e fu allora che me ne accorsi, probabilmente era iniziata da un pezzo quella sensazione ma io ero  troppo preso dalle mie preoccupazioni per accorgermene, sentivo un senso di potere farsi strada verso di me e la forza acquisita dal morso nei giorni passati era niente in confronto. Il mio udito che già si era acuito in precedenza cominciò a captare ogni singolo rumore della casa, il cuore di Jackson batteva calmo e ritmato ma per le mie orecchie era come una canzone hawaiana riprodotta da cuffie al massimo volume.

-Stiles?- mi chiamò Jackson notando il mio sguardo su di lui, vidi la confusione sui suoi occhi, si spostò come se non mi riuscisse a vedere, e pensai che probabilmente l’ombra copriva per intero il mio viso.

-È iniziata- riuscii a rispondere prima che i miei pensieri fossero catalizzati in vari punti, la mia mente viaggiava veloce come aveva sempre fatto, ma solo con un po’ di potenza in più eppure nonostante questo i miei pensieri non mi portavano da nessuna parte, li potevo vedere come correnti che attraversavano il mio cervello, ma quando arrivano nel luogo in cui avrei dovuto comprenderli essi mutavano in nebbia energetica, lasciandomi senza risposte. Era frustrante, avevo un forte istinto che mi portava ad uscire di casa ma non ne comprendevo il motivo, e questo mi irritava, non ero bravo a dare spazio al mio istinto. E soprattutto avevo il terrore di scoprire cosa voleva dire seguirlo incondizionatamente proprio in quella situazione.

-Stiles- la voce di Jackson attraversò la mia mente ma non riuscì ad attirare la mia attenzione, volevo uscire da quella stanza. Mi voltai nuovamente verso la finestra e con un gesto che sarebbe potuto sembrare distratto la spalancai distruggendo tutte le misure anti lupo che avevo inserito solo qualche giorno prima.

Prima di lanciarmi fuori da essa sentii solo la voce allarmata di Jackson che mi chiamava, dopo fu tutta questione d’istinto.

Attraversai a corsa tutta la strada che divideva casa mia dal bosco e mi ci buttai a capofitto passando accanto agli alberi e travolgendo cespugli, la mia corsa sembrava non avere fine. Il mio corpo non sapeva di cosa avesse bisogno perché i pensieri che contenevano le richieste non raggiungevano la meta come bloccati da un muro. Sentivo un cuore battere furioso a qualche decida di metri da me ma non me ne curai, sapevo chi era e non lo avvertivo come un pericolo, nonostante la mia forma istintiva conoscevo le intenzioni del lupo che mi inseguiva, e sapevo che Jackson non mi avrebbe fatto del male a meno che io non avessi agito in modo da dargliene atto.

Non avevo idea da quanto tempo stavo correndo, potevo essere a qualche centinaio di metri dall’inizio del bosco e allo stesso tempo essermi addentrato per chilometri nella fitta boscaglia. I rumori famigliari che avevo imparato a conoscere con il mio udito umano ora mi arrivavano alle orecchie centuplicati, con il solo ascoltare potevo capire la distanza di una lepre nella propria tana e lo strisciare di un serpente che inseguiva un topo attraverso le foglie che coprono il terreno del bosco.

Pensai che avrei continuato a correre finché la notte non sarebbe finita, quando il mio corpo ricevette un segnale diverso, era un segnale più che evidente e la mia mente riusciva a leggerlo. Ma non lo stavo percependo né con l’olfatto né con l’udito. Eppure esisteva, e mi chiamava.

Quando mi affidai alla vista scorsi un’ombra scura uscire da dietro un albero, essa mi intimorì non tanto per la stazza che possedeva, in quanto più piccola di me nonostante avesse proporzioni che superavano abbastanza quelle di un Alano o di un Mastino Inglese, ma per l’aura di potere che emanava.

Udii i passi di Jackson fermarsi dietro i miei ma ne io ne la presenza ci facemmo caso, la figura fece qualche altro passo avanti portandosi in un punto più visibile ai miei occhi mannari e ciò che vidi mi confuse.

Davanti a me sostava quello che sembrava un enorme cane dal manto nero pece che quasi si confondeva con l’ambiente notturno, a contornare l’aria di mistero l’essere, aveva due penetranti ed ardenti occhi rosso sangue. Quegli occhi mi misero in agitazione, non avevano niente a che fare con il rosso degli occhi da Alfa di Derek o di Deucalion, anzi in confronto allo sguardo della creatura essi parevano scialbi e scoloriti.

Quando il “cane” si fermò davanti a me mi accucciai, ma non era una posizione di attacco, tutt’altro.

Il mio istinto mi diceva innegabilmente che io appartenevo a quella presenza misteriosa e che a essa dovevo la mia forza. La mia mente non aveva potere contro questa convinzione, il mio corpo non accettava altre spiegazioni. Alzai leggermente lo sguardo dalla mia posizione sottomessa ed incontrai il suo sguardo, era come fare un bagno nel fuoco, i miei muscoli bruciavano ma non era doloroso, tutt’altro quel calore permetteva al mio corpo di conoscere ogni singolo muscolo nervoso e vaso sanguigno presente nel mio corpo.

La presenza non parlò ne fece gesti, ma non servì. Gli occhi erano talmente espressivi che altri metodi di comunicazione sarebbero stati superflui, non ebbi bisogno di parole per capire ciò che essi mi stavano dicendo, il mio intero essere lo stava traducendo per la mia mente: “Tu sei più di questo. Sei un mio discendente, non un semplice rognoso in cerca di cibo e sangue.”

La mia mente ebbe bisogno di qualche secondo per analizzare le parole che il mio corpo aveva condotto ad essa ma non appena lo fece uggiolai, il mio cervello era finalmente libero da ogni sorta di muro che lo aveva bloccato. Mi portai le mani sopra alle orecchie per tenermi la testa, facendo questo mi accorsi che il mio volto era normale, niente orecchie a punta e niente canini sporgenti. Mi stupii di sapere che fino a qualche minuto prima erano presenti nonostante non mi fossi nemmeno reso conto che il mio volto avesse cambiato aspetto.

Feci un conto mentale delle condizioni del mio corpo e lo trovai in perfetto stato ed incredibilmente rilassato nonostante il leggero mal alla testa.

-Stiles?- il mio nome ripetuto per l’ennesima volta da Jackson mi riportò con i piedi per terra, lentamente mi alzai e voltandomi verso di lui allontanai la mani dal volto puntando lo sguardo nel suo.

Lo vidi sussultare e fare un passo indietro, corrugai la fronte piegando il capo a sinistra cercando di capire cosa gli prendesse, ero normale e anche se fossi stato trasformato non era di certo la persona adatta per spaventarsi di cose simili.

Il mio sguardo doveva contenere le domande che tempestavano i miei occhi perché Jackson aprì la bocca indicando al tempo stesso il mio volto con la mano destra – Stiles, i tuoi occhi..-

Socchiusi gli occhi cercando di capire cosa intendesse, cosa c’era di strano in essi, avrei scommesso che sarebbero stati gialli come quelli di Scott, non avevo ucciso nessun innocente…

-Di che stai parlando?- gli chiesi.

Prima che il mio cervello potesse fornirmi vari motivi per cui i miei occhi sarebbero potuti essere azzurri come quelli di un assassino, il beta di Derek si avvicinò e rispose con uno sguardo che avrei potuto scambiare per…ammirazione?

-I tuoi occhi.. sono arancioni!-

A quella frase mi girai di scatto verso dove prima era apparsa la figura del cane ma lo spiazzo era vuoto, avrei creduto di essermela immaginata se Jackson non avesse posto una delle domande che mi tormentavano.

-Che diavolo era quello?- chiese con voce inquieta.

Senza rispondere alla sua domanda mi voltai nuovamente con gli occhi spalancati come a dirgli che non ne avevo idea.

Sentendomi più confuso che mai portai lo sguardo sulla Luna che si intravvedeva tra le fronde degli alberi.

Con sguardo perso chiesi ad essa delle risposte, ma rimase là a splendere indisturbata celando i propri segreti pure ai propri figli maledetti.

 

20 Settembre 2013

Quella notte non avevo dormito per niente, le immagini della mia trasformazione mi invadevano la mente  ma nonostante tutto esse non erano le uniche a tormentarmi, ciò che veramente mi impediva di prendere sonno era la misteriosa apparizione che mi aveva fermato nel bosco. Guardai la sveglia che segnava le quattro del mattino e sbuffando mi alzai con l’intenzione di fare alcune ricerche.

Inserii nel motore di ricerca varie combinazioni di parole, Cane nero – Cani dagli occhi rossi, ma non trovai nulla.

Stavo chiudendo la finestra di internet quando l’occhio mi cadde su un link di Wikipedia, lo aprii sperando di non essere incappato nelle solite stupidaggini e mi trovai davanti al disegno riprodotto abbastanza approssimativamente dell’essere che cercavo. La pagina citava una creatura mitologica celtica: Il “Black Dog”.

Lessi tutta la descrizione velocemente e rimasi basito, ero sicurissimo che fosse un “Black Dog” quello che avevamo visto la sera prima nel bosco, ma come ci era arrivato una creatura mitologica Gaelica a Beacon Hills? Non capivo più nulla.

Quando si fece chiaro fuori dalla finestra, mi alzai stancamente dalla sedia e mi trascinai in cucina con l’intento di fare una solitaria colazione, contro le mie aspettative fui raggiunto da Jackson e mio padre, il primo con le occhiaie sotto gli occhi come se anche lui non avesse dormito per nulla e il secondo con uno sguardo preoccupato puntato su di me.

Nonostante la presenza di Jackson, mi avvicinai a papà per stringerlo in un abbraccio che lo avrebbe dovuto rassicurare, quando in realtà lo facevo per tranquillizzare me stesso.

-Cosa è successo ieri sera?- mi chiese in un misto di preoccupazione ed interesse.

Scambiai un’occhiata con Jackson prima di rispondere. –Non ne ho idea. Mi sono trasformato ed ho seguito il mio istinto di correre, quasi per scappare dalla realtà, quando siamo stati “visitati”- mossi le dita a formare le virgolette – da questa specie di.. ”entità”. Non so spiegarti cosa fosse esattamente era come un grosso cane nero, con penetranti occhi rubino.- mi ritrovai ad osservare l’espressione di mio padre, sembrava stesse cercando di trovare una spiegazione a qualcosa d’impossibile.

Sospirai – A dire il vero, c’è una possibilità che io sappia cosa sia la creatura che abbiamo incontrato nel bosco. Ma è una leggenda e la scarterei a priori ma…ehi sono un cavolo di lupo mannaro perché una strana creatura mistica non può esistere se esisto io?- dissi in modo sarcastico.

-Di che stai parlando, si può sapere?- chiese irritato Jackson.

-Ho trovato su internet una creatura mitologica Gaelica che risponde alla descrizione della misteriosa apparizione di stanotte- risposi.

-Stiles ti vuoi muovere a parlare?- disse mio padre sul punto di perdere la pazienza.

-Penso che quello che abbiamo visto ieri sera sia un “Black Dog”- rivelai ai due.

-Un “Black Dog”?- chiese Jackson

Con occhi vaghi recitai l’intero versetto tratto da Wikipedia che avevo riletto per ore prima di scendere a colazione -Il "Black Dog" è una creatura notturna ricorrente nel folclore della Gran Bretagna. “I Black Dog” sono descritti come esseri soprannaturali con fattezze simili a dei grossi cani, con occhi fiammeggianti e pelo irsuto, dal colore nero o verde fosforescente. Sono fantasmi ritenuti messaggeri dell'oltretomba, pertanto di cattivo augurio. Gli occhi, che rosseggiano nel buio, indicano la ferocia della bestia. Chi incontra questa creatura, anche solo di sfuggita, o sente l'odioso scalpiccio delle sue zampe, sa che la sua fine è vicina.- raccontai solo i pezzi del testo che per me erano rilevanti, non interessava a nessuno che la bestia si muovesse a balzi o che fosse una fantasia derivata da false indicazioni di animali neri come compagni di streghe e druidi.

-O mio …- mio padre si dovette sedere quando sembrò essere preda di giramenti di testa.

-Papà?- chiesi avvicinandomi a lui preoccupato.

-Era vero, era tutto vero…- biascicò con il volto stravolto.

-Mi stai facendo preoccupare. Di che stai parlando?-

-Tua nonna…quando ero piccolo mia madre continuava a raccontarmi una storia sul tuo trisavolo, crescendo non apprezzavo più i contenuti di essa e gli chiesi di smettere di parlarmene.-

-Sceriffo, non vorrei essere maleducato ma…cosa c’entra questo con il “Black Dog”?-

-Per farvelo capire devo spiegarvi tutta la storia, spero solo di ricordarmela tutta-

Mi voltai verso il frigo e presi il succo d’arancia con tre bicchieri che appoggiai sul tavolo della cucina per poi versarmene un po’ nel bicchiere davanti a me. –Raccontaci – Presi parola appena allontanai il bicchiere dalla bocca.

-Tua nonna mi raccontava sempre la storia del tuo bisbisbis nonno Murdo McElliott..-cominciò a spiegare mio padre.

-Aspetta, cosa? Siamo di origini scozzesi? Perché non lo sapevo?- lo interruppi stralunato.

-Perché non pensavo ti interessasse. E se devi interrompermi ogni tre secondi non finiremo mai, cerca di trattenerti, mi potrai chiedere tutto quello che vuoi una volta terminato il racconto!- mi rispose papà con sguardo severo prima di prendersi la testa tra le mani e massaggiarsi le tempie.

-Dunque ero arrivato a…Murdo McElliott giusto. Il tuo trisavolo nacque nell’ottocento, se non erro nel 1876, e visse a Inverness in scozia per i primi venti anni della sua vita. Una sera degli anni ‘890 ritornando dal lavoro, non ricordo di che cosa si occupasse esattamente ma scommetto che mia madre lo sapeva, attraversò una zona della città occupata solo da industrie e pub. Nel tragitto verso casa fu aggredito e avrebbe avuto morte certa se un gruppo di cacciatori di un clan in visita da quelle parti, non avesse sentito le urla uscendo da un pub ad un isolato da dove si trovava Murdo. I suoi soccorritori arrivarono dal tuo avo facendo un gran fracasso spaventando così chiunque o qualunque cosa stesse per uccidere McElliott. A quanto mi disse mia madre suo nonno non era ferito gravemente e riuscì a ristabilirsi in poco tempo, i dottori però non erano convinti che fosse del tutto …”tornato”. Dalla notte in cui era stato aggredito continuava a proclamare di essere stato attaccato da qualcosa che non era ne umano ne animale. Diceva che un “Black Dog” aveva tentato di ucciderlo. La gente di quei tempi non gli credette, i dottori pensavano che lo shock dell’aggressione gli avesse causato un trauma permanente mentre i popolani pensavano fosse un bugiardo poiché i “Black Dog” non lasciavano sopravvissuti. Così decisero di adottare il trattamento che andava tanto di moda a quei tempi, avevano deciso che le “scocciature”, quali persone come McElliott, sarebbero state un costo troppo elevato da mantenere per tutta la durata della loro vita e quindi si proclamavano generosi e ti concedevano una seconda possibilità in forma di biglietto di sola andata per l’America.- Papà si interruppe per bere un sorso di succo d’arancia che si era appena versato.

-Quindi ecco come abbiamo fatto ad arrivare qui…ma perché non abbiamo tenuto il cognome McElliott?- chiesi spostando lo sguardo su Jackson e trovandolo concentrato ad ascoltare ogni singola parola che usciva dalla bocca di mio padre.

-Dopo qualche hanno che Murdo è arrivato qui in America ha conosciuto la tua trisavola Emily Stilinski con cui si è poi sposato. Quando Emily ha partorito il tuo bisbis nonno Angus Murdo ha chiesto alla moglie e alle autorità di poter dare il cognome della consorte al figlio, in quanto non voleva che il fango che egli vedeva sul proprio cognome macchiasse il nome dei suoi discendenti. Angus Stilinski si è poi sposato con …Anne Marie White, mi pare di ricordare, la quale diede alla luce tua nonna Mairi Stilinski. Mia madre si è letteralmente innamorata della vita di suo nonno, ed era anche comprensibile quell’uomo la viziava come nessun’altro, e aveva preso tanto a cuore il suo volere che riuscii a convincere pure mio padre, il serio e rispettabile Brian Taylor – qui mio padre alzò gli occhi al cielo, come ricordandosi di un conto in sospeso con il proprio genitore – a farmi avere il cognome Stilinski. Anche quando gli dissi che non volevo più sentirmi ripetere quella che per me ai tempi era una storia stupida, l’unica cosa che mi chiese fu solamente di non cambiare il cognome prendendo quello di mio padre, ma di mantenere quello di suo nonno così che anche mio figlio – mi lanciò un occhiata penetrante – potesse avere la scelta di portare avanti la “tradizione di famiglia”!- il silenzio calò sulla cucina per qualche secondo. – Quando raccontai questa storia a Claudia per farle capire quanto era fissata a volte mia madre finii per avere il risultato contrario, anch’ella si innamorò della “leggenda” e finì per accomunarsi ancora di più con tua nonna.-

La storia mi aveva lasciato con il fiatone, come se avessi corso, la mia mente fantasiosa riusciva a ricrearsi le immagini. Vedevo Murdo McElliott in kilt che veniva attaccato da un’ombra oscura, me lo immaginavo mentre attraversava l’Atlantico osservando l’oceano dal ponte a prua del transatlantico. Riuscivo a vedermi Angus e Anne Marie Stilinski il giorno del loro matrimonio, con lo stemma McElliott appuntato sull’abito dello sposo, nonostante tutto le origini non si possono cancellare. Riuscivo ad immaginarmi la nonna, grazie a quei pochi ricordi che avevo di lei, giovane e affascinante mentre raccontava la storia del mio trisavolo ad un piccolo Duncan Stilinski con nonno Brian che li osservava distrattamente dalla poltrona nonostante fosse intento a leggersi il giornale della domenica. L’immagine che più di ogni cosa avevo ben in mente era mia madre che chiacchierava esultante con la nonna su possibili avvistamenti di creature mitologiche, e della vita di Murdo McElliott una volta arrivato in America.

-È strano. La tua famiglia ha avuto solo figli unici- interruppe i miei sogni Jackson – non è un po’ singolare?- chiese interessato.

Mio padre fece spallucce – Non ci ho mai rimuginato su molto, anche perché non si conosce bene la storia dei parenti di McElliott in Scozia. Quando è stato aggredito lo hanno abbandonato tutti, mia madre diceva che quando Murdo dovette partire, a salutarlo al porto vi era solo una cugina con cui aveva uno stretto rapporto. Nessun’altro si era presentato quel giorno.-

-Stiamo divagando. Niente di quello che è stato detto fino a poco fa ha a che fare con il fatto che i miei occhi siano arancioni- dissi vicino all’essere assalito dall’esasperazione.

-Io invece penso che tutto questo possa avere un qualche nesso- disse Jackson con la fronte corrucciata.

Sospirai sconsolato, in quel momento credevo solo che si stessero illudendo. Come poteva centrare la storia in cui il mio trisavolo veniva aggredito e…. . Sollevai di scatto la testa con un illuminazione.

-Stiles?- mi chiamò mio padre. Io non riuscivo a stare fermo così mi alzai dalla sedia cominciando a camminare per la cucina.

-Jackson potrebbe avere ragione! Murdo è stato aggredito da quello che lui pensava essere un “Black Dog”…e se avesse detto la verità? Se fosse stato veramente attaccato da questa creatura simile ad un cane e se fu morso di conseguenza?-

A quelle parole il biondo si alzò di scatto come se il mio ragionamento lo avesse ricaricato d’idee.

-Se lo avesse morso potrebbe aver trasmesso saliva e dunque modificato il DNA del tuo trisavolo. Ad un umano non accadrebbe niente….ma se il discendente di un portatore di DNA mitologico venisse morso da un’altra bestia leggendaria come ad esempio un lupo mannaro..-

-Potrebbe innescarsi un processo che risvegli l’essenza del lupo trasmessa da padre in figlio ….fino a me- finii di supporre con sguardo vacuo.

- Gli occhi del “Black Dog” sono rosso rubino- disse mio padre.

-Mentre quelli di un beta sono gialli- aggiunsi – mischiando i due colori-

-Ci si ritrova con due brillanti occhi arancioni- concluse al mio posto Jackson. 





Antro di Bad:
Ciao a tutti :) Eccoci al secondo capitolo :)
Jackson sorprendendo tutti (spero) è davvero tornato dall'europa per aiutare Stiles... non facendogli mancare la dose giornaliera di prese in giro :P
Ci sono un paio di scene in questo capitolo che temo non piacciano, le ho volute inserire lo stesso perchè nella mia mente servono a far procedere ciò che voglio modificare dalla serie originale :) Spero solo che non siano troppo pesanti da rendere noioso il capitolo.
Tutti i nomi e le storie sugli avi di Stiles sono inventate al contrario del motivo per cui Murdo McElliott è finito in America, durante il viaggio in Scozia che ho fatto quest'estate la guida ha più volte citato questo fatto dicendo che per la mentalità di quei tempi mandare via il problema era la soluzione più adeguata.
Ho pensanto al Black Dog perchè è una creatura mitologica che mi ha sempre incuriosita, devo anche ammettere che ho scelto questa creatura perchè mi fa molto pensare a Sirius Black di HP perchè nella sua forma Animagus viene scambiato più volte per il Gramo :)
Ho mantenuto il nome in Inglese perchè suona sicuramente meglio che "Cane Nero" ed inoltre ricorda maggiormente le origini del mito.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto :) E se avete visto degli errori oppure commenti o critiche fatemelo sapere :) Cercherò di correggere il più possibile.
Grazie mille a tutti quelli che leggono e a chi commenta, mi fate davvero felice ^^
A presto.
Badluna

  
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