Il Vecchio
Continente
di Badluna
13 settembre 2013
Il
giorno dopo saltai scuola ero troppo ansioso anche solo per uscire di
casa. Papà mi aveva assicurato che si sarebbe preso una
pausa dal lavoro per aiutarmi a capire come agire nel modo migliore. La
luna piena sarebbe arrivata da li a sette giorni e non sapevo cosa
fare, il cellulare era sulla scrivania che non dava alcun accenno di
vita. Non lo avevo spento, semplicemente lo avevo lasciato li a
scaricare ignorando gli avvertimenti automatici della batteria scarica.
Non volevo sentire nessuno, mi ero chiuso in casa sperando che Scott
non piombasse in essa strappando i chiodi con cui avevo affrancato la
finestra di camera mia e le serrature di quelle restanti in casa.
Sicuramente si stava innervosendo perché non mi facevo
sentire e non rispondevo alle sue chiamate. Il signor Argent mi aveva
lasciato dei piccoli gadget che riproducevano un suono talmente acuto
che solo le orecchie di animali o lupi mannari avrebbero potuto udire,
esso schermava il battito del mio cuore. Era stressante dover passare
tutto il giorno con quel suono nelle orecchie, ma se mi avesse evitato
di trovare altri lupi fuori casa lo avrei messo giorno e notte per
tutto il resto della mia vita.
Stetti
tutto il giorno a gironzolare per casa, nonostante fossi depresso ero
troppo in forze per poter combattere la mia iperattività e
così mi muovevo per casa riordinando soprammobili
già in ordine, pulendo ciò che avevo
già igienizzato prima e via dicendo.
Ero
in continua allerta, temevo un improvvisata da parte di Scott che avrei
voluto evitare con tutto il cuore, fu per questo che quando il
campanello trillò verso l’una di pomeriggio
temetti di poter avere un infarto, nonostante la mia natura neo mannara.
Sospettoso
mi diressi alla porta e spiai chi vi era dalla parte opposta.
-Stiles!
Lo so che sei li dentro apri questa cazzo di porta prima che mi passi
la voglia di aspettare e ci pensi io- quasi svenni a sentire quella
voce irritata e minacciosa.
Con
mani che tremavano dal dubbio girai la chiave nella serratura e aprii
la porta osservando l’ospite che tra tutti mi sarei aspettato
meno di ricevere.
-Oh
era ora coglione! Hai intenzione di rimanere sulla porta come un
demente o mi fai entrare in casa a mettere le mie cose?- Spalancai gli
occhi a quelle parole e mi allontanai dalla porta facendo spazio al
ragazzo davanti a me.
Appena
vidi il mio ospite appoggiare la valigia e le altre cose sul divano gli
saltai letteralmente addosso abbracciandolo.
-Jackson!
Sei qui! Lo sei veramente!- urlai nel suo orecchio come un cretino.
Venni
spintonato via dopo due secondi e rimproverato da una voce secca
– Solo perché ho organizzato tutto il rientro in
modo estremamente veloce, mi sono subito un viaggio estenuante e sto
cercando di non crollare per via delle otto ore di fuso orario non
vuole dire che ti puoi permettere atti come questi- mi disse con
un’occhiataccia e la mano ad indicare i nostri due corpi.
-Tu…tu…-la
voce mi si incastrò in gola e pensai che mi sarei messo a
piangere di gioia da un momento all’altro.
-Non
ti metterai a piangere vero? Perché non ho intenzione di
stare qui a raccogliere le tue lacrime ed a asciugarti il moccolo sia
chiaro.- la sua espressione disgustata mi fece ben intendere quanto
credesse alle proprie parole.
-Tranquillo
niente pianti da donnicciole. Sono solo stupito di vedere che sei
venuto sul serio e ne sono veramente veramente
veramente felice!- dissi
con rinnovata forza spirituale.
Jackson
era lì, aveva fatto un viaggio aereo di non so quante ore e
l’ora e mezza di auto dall’aeroporto a Beacon Hills
solo per me. Io.. non riuscivo a crederci.
-Sei
proprio un pessimo padrone di casa. Non dovresti mostrarmi la mia
stanza?- mi chiese Jackson.
Mai
come in quel momento ringraziai la fissa di mio padre di far si che
l’ulteriore camera da letto fosse abitabile per quando Scott
dormiva da noi, mentre Melissa era assente, anche se era ovvio a tutti
che finivamo a dormire sempre nella mia stanza, dopo aver parlato o
giocato per ore. E mai fui più felice delle mie manie di
pulizie che mi avevano costretto a pulire l’intera casa, come
in preda di un raptus in quelle ore. Mentre pensavo questo accompagnai
Jackson alla camera di fianco alla mia, cercando di non fare smorfie
per il peso della valigia che avevo voluto trasportare al posto
dell’ ex capitano.
Quando
aprì la porta per rivelare la stanza sperai Jackson non si
lamentasse per lo stile troppo soft della camera, arredata in esatto
stile “stanza per gli ospiti”. Il biondo non disse
nulla, si limitò ad appoggiare le proprie cose sulla
scrivania davanti alla finestra e ad sedersi sul letto voltandosi verso
di me.
-Okay ora spiegami tutta la storia
dall’inizio.-
16 Settembre 2013
Papà
accettò di buon grado la presenza di Jackson in casa, sapere
di dover andare a lavorare lasciandomi a casa da solo, nonostante non
fosse mai stato un problema, nella situazione momentanea lo lasciava
con i nervi a fior di pelle.
Io
continuavo ad evitare i miei amici e saltavo la scuola con la scusa
della malattia autorizzata dallo sceriffo in persona. Jackson aveva
discusso con i genitori di volersi prendere un momento sabatico per
capire cosa davvero voleva fare, Londra era un posto magnifico ma si
era accorto di essere semplicemente scappato da ciò che ora
per lui Beacon Hills significava: Morte. Nei giorni precedenti la luna
piena mi disse che voleva trovare il modo per far si che questo
cambiasse, non era troppo legato alla città ma nonostante
tutto BH era casa sua e doveva trovare un modo per convivere con i
ricordi.
Passavamo
le giornate parlando poco, dopo tutto si trattava di Jackson non era
cambiato da un momento all’altro, e cazzeggiando davanti alla
tele e all’x-box. Lui spesso riceveva messaggi o chiamate da
amici che si era fatto nel regno unito e inspiegabilmente ero felice
per lui di questo. Un giorno dimenticai di bussare entrando in camera
sua e lo sorpresi davanti ad una video chat con tutto il gruppo di
amici al completo. Arrossii per la figura da cretino, vista la goffa
entrata in scena, e mi scusai facendo per uscire quando incredibilmente
Jackson mi disse di rimanere.
-Ragazzi
lui è Stiles, il motivo per cui sono dovuto tornare a casa
tanto in fretta.-
Un
coro di –Ciao Stiles- riempì le casse del
portatile.
-Uhm..
Ciao- dissi imbarazzato. Una ragazza molto carina dai capelli bruni e
mossi si avvicinò alla telecamera e mi rivolte direttamente
la parola.
-Abbiamo
saputo che non stavi molto bene. Spero tu ti sia ripreso- mi sorrise
incoraggiante.
Scambiai
un occhiata con Jackson, allora era questa la scusa per cui aveva
optato venendo via dall’isola europea – Si ho avuto
qualche problemino ma adesso sto meglio grazie-
Alle
mie parole vidi il divertimento accendersi negli occhi della giovane
– Quindi ora JackJack
può tornare indietro?-
Ridendo
internamente mi posizionai dietro Jackson e avvolgendo in modo
leggerissimo le sue spalle con le mie braccia rivolsi ai suoi amici una
finta espressione gelosa- Eh no! Ora è qui con me e non lo
lascerò mai più- I suoi amici sorrisero divertiti
ma scoppiarono letteralmente a ridere quando mi allontanai celermente
dal ragazzo davanti a me una volta vista la sua espressione omicida.
-Eh
va bene – feci con tono drammatico – allora vuol
dire che li potrai vedere una volta a settimana- dissi con tono
superiore e alzando leggermente il volto al soffitto. La sceneggiata
non durò molto perché appena vidi con la coda
dell’occhio uno degli amici di Jackson letteralmente cadere
dalla sedia per il troppo ridere non riuscii più a
trattenermi e scoppiai anch’io in una forte risata.
-In che guaio mi sono andato a
cacciare!- si disse sconsolato Jackson tenendosi la base del naso con
due dita.
19
Settembre 2013 La luna piena
La
luna piena si presentò in tutto il suo splendore anche
troppo presto per me. Avevo passato i precedenti giorni a prepararmi
con Jackson per combattere l’impulso di essa, ma quando quel
giovedì arrivò non ero per niente sicuro di
farcela. Avevo una fottuta paura, non potevo uscire altrimenti gli alfa
o Scott e gli Hale avrebbero sentito il mio odore o peggio il mio
richiamo. Ma allo stesso tempo stavo mettendo in pericolo mio padre
restando in casa nel giorno della mia prima trasformazione.
Sapere
che Jackson era presente per sostenermi mi calmava e non so per quale
ragione Chris Argent si era convinto di volermi aiutare e aveva
promesso che avrebbe vegliato su mio padre.
Eravamo
tutti in salotto mentre calava la sera e osservavo la stanza senza
sapere che fare, quando alzai il viso verso il signor Argent lui mi
fece segno di salire in camera e spostando lo sguardo su Jackson lo
vidi annuire e poi spostarsi verso le scale che portavano al piano di
sopra.
Ad
ogni scalino le gambe mi sembravano pesare un kilo in più,
le braccia che fino a qualche minuto prima stavano tremando e le mani
che tormentavano la maglia ora erano semplici arti penzolanti, il cuore
mi batteva all’impazzata e la mente era una moltitudine di
pensieri messi insieme.
Entrai
in stanza dopo Jackson e mi portai davanti alla finestra da cui spesso
Derek e Scott erano entrati, il mio amico era seduto sul letto e mi
osservava, mi guardava e capii cosa cercava: il segnale, il momento
preciso in cui avrei iniziato a trasformarmi.
Ma
il momento si faceva attendere, passarono i minuti. O forse solo a me
parve così, il tempo era solo un opinione in
quell’istante, ore minuti secondi, che cosa importava? Mi
sarei trasformato e presto o tardi sarei diventato un mostro. Un mostro
da cui non avrei saputo difendermi.
Alzai
nuovamente il viso verso il cielo e la vidi, la Luna un ammaliante
perfetto cerchio di mistero e candore. Così bianca e limpida
da sembrare quasi un innocente forma, ma così curiosa e
interessante nei suoi aspetti più oscuri, nei segreti celati
dalla parte di essa che mai viene mostrata alla terra.
I
raggi lunari mi colpirono il viso e fu allora che me ne accorsi,
probabilmente era iniziata da un pezzo quella sensazione ma io
ero troppo preso dalle mie preoccupazioni per accorgermene,
sentivo un senso di potere farsi strada verso di me e la forza
acquisita dal morso nei giorni passati era niente in confronto. Il mio
udito che già si era acuito in precedenza
cominciò a captare ogni singolo rumore della casa, il cuore
di Jackson batteva calmo e ritmato ma per le mie orecchie era come una
canzone hawaiana riprodotta da cuffie al massimo volume.
-Stiles?-
mi chiamò Jackson notando il mio sguardo su di lui, vidi la
confusione sui suoi occhi, si spostò come se non mi
riuscisse a vedere, e pensai che probabilmente l’ombra
copriva per intero il mio viso.
-È
iniziata- riuscii a rispondere prima che i miei pensieri fossero
catalizzati in vari punti, la mia mente viaggiava veloce come aveva
sempre fatto, ma solo con un po’ di potenza in più
eppure nonostante questo i miei pensieri non mi portavano da nessuna
parte, li potevo vedere come correnti che attraversavano il mio
cervello, ma quando arrivano nel luogo in cui avrei dovuto comprenderli
essi mutavano in nebbia energetica, lasciandomi senza risposte. Era
frustrante, avevo un forte istinto che mi portava ad uscire di casa ma
non ne comprendevo il motivo, e questo mi irritava, non ero bravo a
dare spazio al mio istinto. E soprattutto avevo il terrore di scoprire
cosa voleva dire seguirlo incondizionatamente proprio in quella
situazione.
-Stiles-
la voce di Jackson attraversò la mia mente ma non
riuscì ad attirare la mia attenzione, volevo uscire da
quella stanza. Mi voltai nuovamente verso la finestra e con un gesto
che sarebbe potuto sembrare distratto la spalancai distruggendo tutte
le misure anti lupo che avevo inserito solo qualche giorno prima.
Prima
di lanciarmi fuori da essa sentii solo la voce allarmata di Jackson che
mi chiamava, dopo fu tutta questione d’istinto.
Attraversai
a corsa tutta la strada che divideva casa mia dal bosco e mi ci buttai
a capofitto passando accanto agli alberi e travolgendo cespugli, la mia
corsa sembrava non avere fine. Il mio corpo non sapeva di cosa avesse
bisogno perché i pensieri che contenevano le richieste non
raggiungevano la meta come bloccati da un muro. Sentivo un cuore
battere furioso a qualche decida di metri da me ma non me ne curai,
sapevo chi era e non lo avvertivo come un pericolo, nonostante la mia
forma istintiva conoscevo le intenzioni del lupo che mi inseguiva, e
sapevo che Jackson non mi avrebbe fatto del male a meno che io non
avessi agito in modo da dargliene atto.
Non
avevo idea da quanto tempo stavo correndo, potevo essere a qualche
centinaio di metri dall’inizio del bosco e allo stesso tempo
essermi addentrato per chilometri nella fitta boscaglia. I rumori
famigliari che avevo imparato a conoscere con il mio udito umano ora mi
arrivavano alle orecchie centuplicati, con il solo ascoltare potevo
capire la distanza di una lepre nella propria tana e lo strisciare di
un serpente che inseguiva un topo attraverso le foglie che coprono il
terreno del bosco.
Pensai
che avrei continuato a correre finché la notte non sarebbe
finita, quando il mio corpo ricevette un segnale diverso, era un
segnale più che evidente e la mia mente riusciva a leggerlo.
Ma non lo stavo percependo né con l’olfatto
né con l’udito. Eppure esisteva, e mi chiamava.
Quando
mi affidai alla vista scorsi un’ombra scura uscire da dietro
un albero, essa mi intimorì non tanto per la stazza che
possedeva, in quanto più piccola di me nonostante avesse
proporzioni che superavano abbastanza quelle di un Alano o di un
Mastino Inglese, ma per l’aura di potere che emanava.
Udii
i passi di Jackson fermarsi dietro i miei ma ne io ne la presenza ci
facemmo caso, la figura fece qualche altro passo avanti portandosi in
un punto più visibile ai miei occhi mannari e ciò
che vidi mi confuse.
Davanti
a me sostava quello che sembrava un enorme cane dal manto nero pece che
quasi si confondeva con l’ambiente notturno, a contornare
l’aria di mistero l’essere, aveva due penetranti ed
ardenti occhi rosso sangue. Quegli occhi mi misero in agitazione, non
avevano niente a che fare con il rosso degli occhi da Alfa di Derek o
di Deucalion, anzi in confronto allo sguardo della creatura essi
parevano scialbi e scoloriti.
Quando
il “cane” si fermò davanti a me mi
accucciai, ma non era una posizione di attacco, tutt’altro.
Il
mio istinto mi diceva innegabilmente che io appartenevo a quella
presenza misteriosa e che a essa dovevo la mia forza. La mia mente non
aveva potere contro questa convinzione, il mio corpo non accettava
altre spiegazioni. Alzai leggermente lo sguardo dalla mia posizione
sottomessa ed incontrai il suo sguardo, era come fare un bagno nel
fuoco, i miei muscoli bruciavano ma non era doloroso,
tutt’altro quel calore permetteva al mio corpo di conoscere
ogni singolo muscolo nervoso e vaso sanguigno presente nel mio corpo.
La
presenza non parlò ne fece gesti, ma non servì.
Gli occhi erano talmente espressivi che altri metodi di comunicazione
sarebbero stati superflui, non ebbi bisogno di parole per capire
ciò che essi mi stavano dicendo, il mio intero essere lo
stava traducendo per la mia mente: “Tu sei più di
questo. Sei un mio discendente, non un semplice rognoso in cerca di
cibo e sangue.”
La
mia mente ebbe bisogno di qualche secondo per analizzare le parole che
il mio corpo aveva condotto ad essa ma non appena lo fece uggiolai, il
mio cervello era finalmente libero da ogni sorta di muro che lo aveva
bloccato. Mi portai le mani sopra alle orecchie per tenermi la testa,
facendo questo mi accorsi che il mio volto era normale, niente orecchie
a punta e niente canini sporgenti. Mi stupii di sapere che fino a
qualche minuto prima erano presenti nonostante non mi fossi nemmeno
reso conto che il mio volto avesse cambiato aspetto.
Feci
un conto mentale delle condizioni del mio corpo e lo trovai in perfetto
stato ed incredibilmente rilassato nonostante il leggero mal alla testa.
-Stiles?-
il mio nome ripetuto per l’ennesima volta da Jackson mi
riportò con i piedi per terra, lentamente mi alzai e
voltandomi verso di lui allontanai la mani dal volto puntando lo
sguardo nel suo.
Lo
vidi sussultare e fare un passo indietro, corrugai la fronte piegando
il capo a sinistra cercando di capire cosa gli prendesse, ero normale e
anche se fossi stato trasformato non era di certo la persona adatta per
spaventarsi di cose simili.
Il
mio sguardo doveva contenere le domande che tempestavano i miei occhi
perché Jackson aprì la bocca indicando al tempo
stesso il mio volto con la mano destra – Stiles, i tuoi
occhi..-
Socchiusi
gli occhi cercando di capire cosa intendesse, cosa c’era di
strano in essi, avrei scommesso che sarebbero stati gialli come quelli
di Scott, non avevo ucciso nessun innocente…
-Di
che stai parlando?- gli chiesi.
Prima
che il mio cervello potesse fornirmi vari motivi per cui i miei occhi
sarebbero potuti essere azzurri come quelli di un assassino, il beta di
Derek si avvicinò e rispose con uno sguardo che avrei potuto
scambiare per…ammirazione?
-I
tuoi occhi.. sono arancioni!-
A
quella frase mi girai di scatto verso dove prima era apparsa la figura
del cane ma lo spiazzo era vuoto, avrei creduto di essermela immaginata
se Jackson non avesse posto una delle domande che mi tormentavano.
-Che
diavolo era quello?- chiese con voce inquieta.
Senza
rispondere alla sua domanda mi voltai nuovamente con gli occhi
spalancati come a dirgli che non ne avevo idea.
Sentendomi
più confuso che mai portai lo sguardo sulla Luna che si
intravvedeva tra le fronde degli alberi.
Con sguardo perso chiesi ad essa
delle risposte, ma rimase là a splendere indisturbata
celando i propri segreti pure ai propri figli maledetti.
20 Settembre 2013
Quella
notte non avevo dormito per niente, le immagini della mia
trasformazione mi invadevano la mente ma nonostante tutto
esse non erano le uniche a tormentarmi, ciò che veramente mi
impediva di prendere sonno era la misteriosa apparizione che mi aveva
fermato nel bosco. Guardai la sveglia che segnava le quattro del
mattino e sbuffando mi alzai con l’intenzione di fare alcune
ricerche.
Inserii
nel motore di ricerca varie combinazioni di parole, Cane nero
– Cani dagli occhi rossi, ma non trovai nulla.
Stavo
chiudendo la finestra di internet quando l’occhio mi cadde su
un link di Wikipedia, lo aprii sperando di non essere incappato nelle
solite stupidaggini e mi trovai davanti al disegno riprodotto
abbastanza approssimativamente dell’essere che cercavo. La
pagina citava una creatura mitologica celtica: Il “Black
Dog”.
Lessi
tutta la descrizione velocemente e rimasi basito, ero sicurissimo che
fosse un “Black Dog” quello che avevamo visto la
sera prima nel bosco, ma come ci era arrivato una creatura mitologica
Gaelica a Beacon Hills? Non capivo più nulla.
Quando
si fece chiaro fuori dalla finestra, mi alzai stancamente dalla sedia e
mi trascinai in cucina con l’intento di fare una solitaria
colazione, contro le mie aspettative fui raggiunto da Jackson e mio
padre, il primo con le occhiaie sotto gli occhi come se anche lui non
avesse dormito per nulla e il secondo con uno sguardo preoccupato
puntato su di me.
Nonostante
la presenza di Jackson, mi avvicinai a papà per stringerlo
in un abbraccio che lo avrebbe dovuto rassicurare, quando in
realtà lo facevo per tranquillizzare me stesso.
-Cosa
è successo ieri sera?- mi chiese in un misto di
preoccupazione ed interesse.
Scambiai
un’occhiata con Jackson prima di rispondere. –Non
ne ho idea. Mi sono trasformato ed ho seguito il mio istinto di
correre, quasi per scappare dalla realtà, quando siamo stati
“visitati”- mossi le dita a formare le virgolette
– da questa specie di..
”entità”. Non so spiegarti cosa fosse
esattamente era come un grosso cane nero, con penetranti occhi rubino.-
mi ritrovai ad osservare l’espressione di mio padre, sembrava
stesse cercando di trovare una spiegazione a qualcosa
d’impossibile.
Sospirai
– A dire il vero, c’è una
possibilità che io sappia cosa sia la creatura che abbiamo
incontrato nel bosco. Ma è una leggenda e la scarterei a
priori ma…ehi sono un cavolo di lupo mannaro
perché una strana creatura mistica non può
esistere se esisto io?- dissi in modo sarcastico.
-Di
che stai parlando, si può sapere?- chiese irritato Jackson.
-Ho
trovato su internet una creatura mitologica Gaelica che risponde alla
descrizione della misteriosa apparizione di stanotte- risposi.
-Stiles
ti vuoi muovere a parlare?- disse mio padre sul punto di perdere la
pazienza.
-Penso
che quello che abbiamo visto ieri sera sia un “Black
Dog”- rivelai ai due.
-Un
“Black Dog”?- chiese Jackson
Con
occhi vaghi recitai l’intero versetto tratto da Wikipedia che
avevo riletto per ore prima di scendere a colazione -Il "Black Dog"
è una creatura notturna ricorrente nel folclore
della Gran
Bretagna. “I Black Dog” sono
descritti come esseri soprannaturali con fattezze simili a dei grossi
cani, con occhi fiammeggianti e pelo irsuto, dal colore nero o verde
fosforescente. Sono fantasmi ritenuti messaggeri dell'oltretomba,
pertanto di cattivo augurio. Gli occhi, che rosseggiano nel buio,
indicano la ferocia della bestia. Chi incontra questa creatura, anche
solo di sfuggita, o sente l'odioso scalpiccio delle sue zampe, sa che
la sua fine è vicina.- raccontai solo i pezzi del testo che
per me erano rilevanti, non interessava a nessuno che la bestia si
muovesse a balzi o che fosse una fantasia derivata da false indicazioni
di animali neri come compagni di streghe e druidi.
-O
mio …- mio padre si dovette sedere quando sembrò
essere preda di giramenti di testa.
-Papà?-
chiesi avvicinandomi a lui preoccupato.
-Era
vero, era tutto vero…- biascicò con il volto
stravolto.
-Mi
stai facendo preoccupare. Di che stai parlando?-
-Tua
nonna…quando ero piccolo mia madre continuava a raccontarmi
una storia sul tuo trisavolo, crescendo non apprezzavo più i
contenuti di essa e gli chiesi di smettere di parlarmene.-
-Sceriffo,
non vorrei essere maleducato ma…cosa c’entra
questo con il “Black Dog”?-
-Per
farvelo capire devo spiegarvi tutta la storia, spero solo di
ricordarmela tutta-
Mi
voltai verso il frigo e presi il succo d’arancia con tre
bicchieri che appoggiai sul tavolo della cucina per poi versarmene un
po’ nel bicchiere davanti a me. –Raccontaci
– Presi parola appena allontanai il bicchiere dalla bocca.
-Tua
nonna mi raccontava sempre la storia del tuo bisbisbis
nonno Murdo McElliott..-cominciò a spiegare mio padre.
-Aspetta,
cosa? Siamo di origini scozzesi? Perché non lo sapevo?- lo
interruppi stralunato.
-Perché
non pensavo ti interessasse. E se devi interrompermi ogni tre secondi
non finiremo mai, cerca di trattenerti, mi potrai chiedere tutto quello
che vuoi una volta terminato il racconto!- mi rispose papà
con sguardo severo prima di prendersi la testa tra le mani e
massaggiarsi le tempie.
-Dunque
ero arrivato a…Murdo McElliott giusto. Il tuo trisavolo
nacque nell’ottocento, se non erro nel 1876, e visse a
Inverness in scozia per i primi venti anni della sua vita. Una sera
degli anni ‘890 ritornando dal lavoro, non ricordo di che
cosa si occupasse esattamente ma scommetto che mia madre lo sapeva,
attraversò una zona della città occupata solo da
industrie e pub. Nel tragitto verso casa fu aggredito e avrebbe avuto
morte certa se un gruppo di cacciatori di un clan in visita da quelle
parti, non avesse sentito le urla uscendo da un pub ad un isolato da
dove si trovava Murdo. I suoi soccorritori arrivarono dal tuo avo
facendo un gran fracasso spaventando così chiunque o
qualunque cosa stesse per uccidere McElliott. A quanto mi disse mia
madre suo nonno non era ferito gravemente e riuscì a
ristabilirsi in poco tempo, i dottori però non erano
convinti che fosse del tutto …”tornato”.
Dalla notte in cui era stato aggredito continuava a proclamare di
essere stato attaccato da qualcosa che non era ne umano ne animale.
Diceva che un “Black Dog” aveva tentato di
ucciderlo. La gente di quei tempi non gli credette, i dottori pensavano
che lo shock dell’aggressione gli avesse causato un trauma
permanente mentre i popolani pensavano fosse un bugiardo
poiché i “Black Dog” non lasciavano
sopravvissuti. Così decisero di adottare il trattamento che
andava tanto di moda a quei tempi, avevano deciso che le
“scocciature”, quali persone come McElliott,
sarebbero state un costo troppo elevato da mantenere per tutta la
durata della loro vita e quindi si proclamavano generosi e ti
concedevano una seconda possibilità in forma di biglietto di
sola andata per l’America.- Papà si interruppe per
bere un sorso di succo d’arancia che si era appena versato.
-Quindi
ecco come abbiamo fatto ad arrivare qui…ma perché
non abbiamo tenuto il cognome McElliott?- chiesi spostando lo sguardo
su Jackson e trovandolo concentrato ad ascoltare ogni singola parola
che usciva dalla bocca di mio padre.
-Dopo
qualche hanno che Murdo è arrivato qui in America ha
conosciuto la tua trisavola Emily Stilinski con cui si è poi
sposato. Quando Emily ha partorito il tuo bisbis
nonno Angus Murdo ha chiesto alla moglie e alle autorità di
poter dare il cognome della consorte al figlio, in quanto non voleva
che il fango che egli vedeva sul proprio cognome macchiasse il nome dei
suoi discendenti. Angus Stilinski si è poi sposato con
…Anne Marie White, mi pare di ricordare, la quale diede alla
luce tua nonna Mairi Stilinski. Mia madre si è letteralmente
innamorata della vita di suo nonno, ed era anche comprensibile
quell’uomo la viziava come nessun’altro, e aveva
preso tanto a cuore il suo volere che riuscii a convincere pure mio
padre, il serio e rispettabile Brian Taylor – qui mio padre
alzò gli occhi al cielo, come ricordandosi di un conto in
sospeso con il proprio genitore – a farmi avere il cognome
Stilinski. Anche quando gli dissi che non volevo più
sentirmi ripetere quella che per me ai tempi era una storia stupida,
l’unica cosa che mi chiese fu solamente di non cambiare il
cognome prendendo quello di mio padre, ma di mantenere quello di suo
nonno così che anche mio figlio – mi
lanciò un occhiata penetrante – potesse avere la
scelta di portare avanti la “tradizione di
famiglia”!- il silenzio calò sulla cucina per
qualche secondo. – Quando raccontai questa storia a Claudia
per farle capire quanto era fissata a volte mia madre finii per avere
il risultato contrario, anch’ella si innamorò
della “leggenda” e finì per accomunarsi
ancora di più con tua nonna.-
La
storia mi aveva lasciato con il fiatone, come se avessi corso, la mia
mente fantasiosa riusciva a ricrearsi le immagini. Vedevo Murdo
McElliott in kilt che veniva attaccato da un’ombra oscura, me
lo immaginavo mentre attraversava l’Atlantico osservando
l’oceano dal ponte a prua del transatlantico. Riuscivo a
vedermi Angus e Anne Marie Stilinski il giorno del loro matrimonio, con
lo stemma McElliott appuntato sull’abito dello sposo,
nonostante tutto le origini non si possono cancellare. Riuscivo ad
immaginarmi la nonna, grazie a quei pochi ricordi che avevo di lei,
giovane e affascinante mentre raccontava la storia del mio trisavolo ad
un piccolo Duncan Stilinski con nonno Brian che li osservava
distrattamente dalla poltrona nonostante fosse intento a leggersi il
giornale della domenica. L’immagine che più di
ogni cosa avevo ben in mente era mia madre che chiacchierava esultante
con la nonna su possibili avvistamenti di creature mitologiche, e della
vita di Murdo McElliott una volta arrivato in America.
-È
strano. La tua famiglia ha avuto solo figli unici- interruppe i miei
sogni Jackson – non è un po’ singolare?-
chiese interessato.
Mio
padre fece spallucce – Non ci ho mai rimuginato su molto,
anche perché non si conosce bene la storia dei parenti di
McElliott in Scozia. Quando è stato aggredito lo hanno
abbandonato tutti, mia madre diceva che quando Murdo dovette partire, a
salutarlo al porto vi era solo una cugina con cui aveva uno stretto
rapporto. Nessun’altro si era presentato quel giorno.-
-Stiamo
divagando. Niente di quello che è stato detto fino a poco fa
ha a che fare con il fatto che i miei occhi siano arancioni- dissi
vicino all’essere assalito dall’esasperazione.
-Io
invece penso che tutto questo possa avere un qualche nesso- disse
Jackson con la fronte corrucciata.
Sospirai
sconsolato, in quel momento credevo solo che si stessero illudendo.
Come poteva centrare la storia in cui il mio trisavolo veniva aggredito
e…. . Sollevai di scatto la testa con un illuminazione.
-Stiles?-
mi chiamò mio padre. Io non riuscivo a stare fermo
così mi alzai dalla sedia cominciando a camminare per la
cucina.
-Jackson
potrebbe avere ragione! Murdo è stato aggredito da quello
che lui pensava essere un “Black Dog”…e
se avesse detto la verità? Se fosse stato veramente
attaccato da questa creatura simile ad un cane e se fu morso di
conseguenza?-
A
quelle parole il biondo si alzò di scatto come se il mio
ragionamento lo avesse ricaricato d’idee.
-Se
lo avesse morso potrebbe aver trasmesso saliva e dunque modificato il
DNA del tuo trisavolo. Ad un umano non accadrebbe niente….ma
se il discendente di un portatore di DNA mitologico venisse morso da
un’altra bestia leggendaria come ad esempio un lupo mannaro..-
-Potrebbe
innescarsi un processo che risvegli l’essenza del lupo
trasmessa da padre in figlio ….fino a me- finii di supporre
con sguardo vacuo.
-
Gli occhi del “Black Dog” sono rosso rubino- disse
mio padre.
-Mentre
quelli di un beta sono gialli- aggiunsi – mischiando i due
colori-
-Ci
si ritrova con due brillanti occhi arancioni- concluse al mio posto
Jackson.
Antro
di Bad:
Ciao a tutti :) Eccoci
al secondo capitolo :)
Jackson
sorprendendo tutti (spero) è davvero tornato dall'europa per
aiutare Stiles... non facendogli mancare la dose giornaliera di prese
in giro :P
Ci sono un paio
di scene in questo capitolo che temo non piacciano, le ho volute
inserire lo stesso perchè nella mia mente servono a far
procedere ciò che voglio modificare dalla serie originale :)
Spero solo che non siano troppo pesanti da rendere noioso il capitolo.
Tutti i nomi e
le storie sugli avi di Stiles sono inventate al contrario del motivo
per cui Murdo McElliott è finito in America, durante il
viaggio in Scozia che ho fatto quest'estate la guida ha più
volte citato questo fatto dicendo che per la mentalità di
quei tempi mandare via il problema era la soluzione più
adeguata.
Ho pensanto al Black Dog perchè
è una creatura mitologica che mi ha sempre incuriosita, devo
anche ammettere che ho scelto questa creatura perchè mi fa
molto pensare a Sirius Black di HP perchè nella sua forma
Animagus viene scambiato più volte per il Gramo :)
Ho mantenuto il
nome in Inglese perchè suona sicuramente meglio che "Cane
Nero" ed inoltre ricorda maggiormente le origini del mito.
Spero che il
capitolo vi sia piaciuto :) E se avete visto degli errori oppure
commenti o critiche fatemelo sapere :) Cercherò di
correggere il più possibile.
Grazie mille a
tutti quelli che leggono e a chi commenta, mi fate davvero felice ^^
A presto.
Badluna