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Autore: lamialadradilibri    27/10/2013    1 recensioni
Gwen si è trasferita ormai da sei mesi in un piccolo paesino di montagna, dimenticato da Cristo e da tutti. Lei non ne sa molto delle bande che girano per il paese, ma ben presto riesce ad intravedere qualche scena di sangue, capendo così che il bellissimo Ryan di cui si è (forse) innamorata, non è del tutto normale, né lo sono i suoi amici.
Assieme all'amica MJ inizierà a scoprire un mondo nuovo.
“No, non c'è tempo. Se non vuoi sconosciuti, verrò io a vivere con te. Lascerò loro tutto il mio appartamento, okay? Sì, è okay” dice, senza farmi rispondere. “Perfetto. Così non avrai paura dei coinquilini.” mi deride, è ovvio.
-
Lui mi fissa così intensamente, che torno a intrecciare i nostri sguardi. Che errore.
Che grande errore.
Lui si china su di me.
Il suo profumo, forte, m'investe.
“Non c'è di che...” bisbiglia a un millimetro dalle mie labbra, con voce così seducente che, per un attimo, l'idea di baciarlo mi sembra l'unica alternativa possibile.
Inspiro profondamente, cercando di calmarmi, ma ottenendo soltanto ancor più frenesia.
-
Orrore e Amore sono la stessa cosa, amico.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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'9'
Non solo tradita, 
ma anche delusa, umiliata.


 



Okay, la cosa sta ovviamente degenerando.

Due persone umane, civili, educate, non possono andare avanti così, con dei botta e risposta stupidi e inutili.

Devo fermare tutto ciò. È vero, il ritorno del passato fa male, mi fa vedere Ryan come un traditore bastardo. Solo che non lo è. Quindi mi rimbocco metaforicamente le maniche e, interrompendo senza cerimonie la chiamata di MJ – lei sta ancora dicendo “Ei! Cos'è successo, là?” e spero vivamente che non faccia la sua apparizione alla mia parola, bianca come un lenzuolo e curiosa – e lancio un'occhiata di fuoco a Ryan.

Che sarà ovviamente incazzato con me perché l'ho chiuso qua dentro – che poi lui, le chiavi, non le ha? - senza lasciare che quell'altra entrasse.

Tante cose sono ovvie. Troppe invece, non lo sono per niente.

“Ciao, Ryan.” Dico, stupendomi della mia voce elegantemente seria, forte, decisa. So che durerà poco, così sparo subito, senza lasciargli tempo: “Perché quella faccia? Sembra quasi che” tu sia stato rinchiuso in una casa, con la tua troia là fuori. “non abbia dormito per niente.”

Pian piano la mia voce si fa più lieve. È imbarazzante.

In più non riesco a guardarlo. È così bello. Fin troppo. Vorrei soffermarmi sui suoi tatuaggi, decifrarli, ma farmi beccare a fissarlo come chissà cosa – come una Annie – non sarebbe proprio la mossa più giusta, no. Così guardo fuori dala finestra, stringendo le mani al petto ed appoggiandomi al ripiano della cucina.

“Ti ho chiesto perché urlavi.”

Va bene. Va bene. Devo sistemare questa cosa. Ora sono io quella che gioca, come una bambina.

“Perché ne avevo voglia.” Cos'è, ora devo giustificarmi con lui?! Non è mio padre, anzi, non è proprio nessuno.

Non più.

Non è più nessuno.

“No. Non è questo” commenta quasi seccato – seccato!? - e lo sento poi avvicinarsi, ma non oso guardarlo. “In più non mi hai mai parlato bene di ciò che volevano al bar quelli, da te.”

Okay, ora che m'incazzo.

Io dovrei parlargli e dirgli tutto, quando lui, dopo che lo ho pregato, non mi ha detto nemmeno chi diavolo erano!?

Lo guardo. Lui mi trafigge con quel blu, quel mare sempre più in tempesta. Mi chiedo se i miei occhi rispecchino i suoi, ora. Probabilmente è così.

“E tu dimmi chi erano quelli là, allora!”

Come ho detto, la mia curiosità non si è spenta del tutto.

Va e viene, come la luce di una lampadina mezza bruciata.

Nei suoi occhi leggo, per un secondo, tormento. Quindi stringe con le mani, quasi spaspodicamente, il telefono.

“Te lo dirò.” borbotta, ed io già sorrido per la mia piccola vittoria: s'inizia così, con un piccolo particolare; poi due, poi tre; poi tutto. Saprò tutto, finalmente! “Quando tu mi dirai perché mi hai chiuso dentro. Sai che ho perso le chiavi.”

distolgo lo sguardo proprio quando inarca le sopracciglia, curioso e seccato. Un mix che non mi piace per niente, perché rispecchia esattamente ciò che provo anche io.

Mi tormento le mani, imbarazzata.

Gli dovrei dire che sono andata fuori di testa quando quella là ha urlato che “quello è il mio lavoro!”? Dovrei dirgli che l'ho quasi picchiata, che ho corso fino da lei pronta già a ucciderla, chissà come, poi?

Dovrei dirgli che ho fatto tutto ciò perché sono pazza di lui?

“Non sapevo che le avessi perse” bisbiglio, guardando il pavimento di casa mia, che non è più lindo come una volta. Qua e là ci sono mozziconi di sigarette, macchie di caffè e chissà dio cos'altro.

E, comunque, non mento. Non mi ricordavo proprio che mi avesse detto d'aver perso le chiavi, anzi, sono sicurissima che non l'ha fatto. Me ne sarei accorta, perché avrebbe variato il discorso dal suo solito “pranzo?” a “ho perso le chiavi”. Sì, me ne sarei decisamente resa conto.

E in quel caso … beh, non mentirò dicendo che non l'avrei comunque chiuso dentro, anche sapendo che l'avrei imprigionato.

“Forse avevo da lavorare, oggi”. Mi fa notare, con voce tagliente.

Beh, quella mattonella è terribile. Anzi: il mio pavimento lo è. Inutile che io cerchi di pulirlo, sempre brutto resterà.

Forse sarei dovuto andare a-”

Okay, ora basta! “Senti! Non lo sapevo, d'accordo?!” ulro, con voce alterata. “Non sapevo che il tuo lavoro” marco quella parola, massì! Dai, rigiriamo il coltello nella ferita! “fosse andare a puttane” urlo ancor più. Qualcuno mi sentirà? Non. Mi. Interessa. Non mi può importare!! “e poi venire qua e lamentarti, prendermi in giro e-”

non parlo più. Non perché non voglia: una mano mi tappa la bocca.

La mano di Ryan è grande, calda. Molto grande. La mia sarà sì e no metà della sua, neanche.

Il suo viso, fin troppo vicino, mi fa paura. Nei suoi occhi leggo soltanto astio e sorpresa, ma non è una sorpresa felice, per niente. Aggrotta le sorpacciglia, come scioccato.

Lo sono anch'io. Perché cazzo ho detto quelle cose?!

“Smettila di dir cazzate, Gwen.”

Non replico. Come potrei? Non me lo lascia fare.

E poi, quel contatto mi piace. È così vicino, come non lo è quasi mai stato.

Mi mancava, realizzo con orrore, mi mancava da matti.

“Io non mi sono legato a te in nessun modo … e sì, se vuoi una risposta chiara” accosta il viso al mio orecchio, ed io brucio, fremo. “No, non ti ho scelta. Né lo farò mai.

Okay, questo è un colpo basso.
Penso che abbia finito, ma non è così.
Se devi ferire e torturare il tuo nemico, fallo bene: non lasciare il lavoro a metà.
Ryan la deve pensare proprio così.
"Non ti ho scelta né lo farò mai, perché non sei il mio tipo. In più sei così curiosa, un po' una palla al piede. E non t'azzardare mai più a intrometterti nei miei affari, oppure a interrompere delle indagini perché sei così viziata che non vuoi fornire informazioni. Poveretta. "

Vorrei urlare, piangere, morderlo fino a farlo sanguinare, prenderlo a pugni per la sua sfacciataggine e acidità e cinicità, ma non faccio nulla perché mi tiene immobile lì, a sentir il suo respiro sul mio collo innocente.

In più il campanello si mette a trillare e la voce furibonda di Mary Jane arriva dal pianerottolo.

Scavatemi una fossa e seppellitemi viva, ora.

Non mi ha scelta, né lo farà. Posso morire? Posso?

Ora non solo mi sento tradita, ma anche inutile, stupida, inguenua, umiliata come non mai. Mi sembra di rivedere John e Martina a ridere di me, dicendomi che comunque sia non andrò da nessuna parte.

La mano di Ryan ed il suo sguardo cinico sono John e Martina.

Ed io, purtroppo, non andrò da nessuna parte.

Seppellitemi, ora.

 


ANGOLO AUTRICE.
Già, Ryan da un po' era un'incognita, mezzo buono mezzo cattivo. Ma ora eccolo che salta fuori per com'è veramente, e cioè: cinico
Credo vivamente che così sia peggio.
Più che cinico credo che sia anche malvagio. Vorrei dirvi altro, ma non posso, se non che dovete continuare a leggere per capire com'e' sotto sotto.
Ognuno ha una corazza. Bisogna solo abbatterla, no?
"Semplice a dirsi!".
Va be', ora scappo.
Non ammazzatemi, eh! :')
Meme1.



 

  
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