The
Journey
TUM
TUM TUM TUM
Il ritmo crescente dei battiti di un tamburo segnava il nostro ultimo
atto come
inviati del Consiglio in quella sperduta cittadina tedesca.
A quest'ora saremmo già dovuti essere in viaggio verso gli
Stati Uniti, ma la
nostra partenza è stata rinviata ancora di un giorno.
Eravamo ancora necessari per
un ultimo compito. Un compito di cui quasi nessuno, in quella congrega
di
Vikroth, voleva sporcarsi le mani.
TUM TUM TUM TUM
Il mio nome è Cal Blaire e sono un Cacciatore di streghe.
TUM TUM TUM TUM
Il suono di quei colpi si è fatto sempre più
serrato, accompagnando nella sua
ascesa il ritmo del nostro respiro ed il battito dei nostri cuori.
Igor McBride era inginocchiato al centro della stanza, dentro un
pentacolo di scintillante
luce azzurra. Era completamente vestito di bianco, scalzo, le mani
ancora
legate dietro la schiena, stavolta con una semplice corda.
Il mio nome è Cal Blaire e sono un Woodbane... il Mastino
Woodbane.
TUM TUM TUM TUM
Alla mia destra, ho visto il viso di Giomanach perdere il poco colore
che
adornava la sua carnagione pallida. Sembrava sul serio uno spettro,
irreale.
Togliere i poteri a qualcuno, per quanto malvagio sia, non è
mai facile.
Avrei voluto risparmiargli l'assistere a quest’orrore, ma non
ho potuto.
Giomanach è un Cacciatore. Questo è uno dei suoi
compiti... che mi piaccia o
meno.
Infondo è un uomo, oramai.
Anche se non lo ammetterò mai... soprattutto con lui. Per
me, vivesse
cent'anni, resterà sempre il bambino con le nocche sbucciate
che difendeva il
suo fratellino muto dagli scherzi dei ragazzini Wyndekell.
Il mio fratellino.
Il mio migliore amico... il mio
unico amico.
Quando glielo dico, Athar minaccia ogni volta di schiantarmi con un
fulmine. Io
ci scherzo su, magari un giorno lo farà davvero.
Le voglio bene, come se fossimo veramente cugini, ma lei è
una donna e il
rapporto di fiducia e rispetto che mi lega a mio fratello non
può capirlo. E'
una cosa tra uomini. Una cosa difficile da spiegare persino per me.
Forse è per il passato che ci lega.
Forse è per il sangue che
condividiamo.
Non lo so. Posso solo dire che
nei momenti in cui ho avuto bisogno di lui, Giomanach c'era sempre.
Quando fui portato alla Congrega di Fiona, il mio arrivo
scatenò non poco
clamore.
Tutti sapevano chi ero e... che cosa ero.
Crescere tra i Wyndekell non è
stato per niente facile. Beck non si fidava di me e Linden mi
disprezzava senza
fare nulla per nasconderlo.
Solo Giomanach mi è stato vicino. Giomanach... e Alwyn.
Ma lei è un'altra storia. Alwyn fa parte di quella categoria
di persone molto
rare che vedono il buono in ogni cosa.
Ho sempre considerato Alwyn la mia piccola streghetta ed io il suo rude protettore.
Il suo fisico esile aiuta
molto. Mi arriva a malapena ad una spalla.
Ma Hunter...
Lui... lui è il sole, non so a
cos’altro paragonarlo.
Non mi riferisco solo al suo
aspetto: gli occhi chiari, la carnagione pallida o i capelli quasi
argentei,
no.
E' per quello che si porta
dentro. Sempre nel giusto, sempre corretto, sempre coraggioso.
Esemplare.
Io... io sono la luna, la sua ombra silenziosa, il suo cane da guardia.
Quello che sistematicamente deve tirarlo fuori dai guai che attira ogni
volta.
Non voglio nemmeno pensare a cosa farebbe senza di me.
Ma è questo a che servono i fratelli maggiori, no?
TUM TUM TUM TUM
Ho osservato con attenzione le altre streghe presenti: il vecchio
Colum, che è
stato mio maestro, Evan e Nyall, il membro più anziano della
congrega Vikroth
di cui Igor faceva parte.
Man mano che il ritmo del tamburo aumentava, la nostra magia si
è unita in una
striscia di abbagliante luce bianca, che si è intrecciata
alla luce azzurra del
pentacolo, fino a divenire accecante. Tenendoci per mano, abbiamo
chiamato la
nostra energia interiore. Quando l'ho percepita entrare in me, mi sono
sentito
quasi sopraffatto.
Colum ha fatto un passo in avanti, appoggiando la punta del suo athame
sul
pentacolo. Il coltello si è illuminato di una luce bianca ed
azzurra.
Il mio maestro ha superato i confini del pentacolo e si è
avvicinato ad Igor,
girandogli intorno l'athame e la sua luce in una spirale.
Tutta la vita, tutte le magie di Igor, a contatto con il nostro potere
sono
fluite in quella spirale che ha preso a ruotare vorticosamente intorno
a lui.
Igor piangeva, gemeva ma la spirale non si arrestava. Lo ha privato di
tutte le
esperienze che lo avevano formato, che avevano definito la sua
esistenza. Igor
la strega non era più.
Le parole che Colum ha pronunciato per concludere il rito mi sono
scivolate
addosso senza che riuscissi ad afferrarle.
Quando tutto è finito, Igor McBride era solo un guscio vuoto.
"Stai bene, fratellino?".
Mi sono avvicinato a Giomanach, appoggiandogli una mano sulla spalla,
pronto a
sostenerlo se fosse stato il caso. Mio fratello era davvero stravolto.
Si è
limitato ad annuire.
"Ma, allora, il Mastino parla!".
Conoscevo quella voce. E detestavo il suo suono stridulo almeno quanto
la
faccia lentigginosa del suo proprietario.
"Cosa vuoi, Leapvaughn?". Ho sibilato, posando il mio sguardo irato
su di lui.
Sono un tipo di poche parole, anzi pochissime. Non mi piace blaterare a
vanvera
e soprattutto sprecare le poche occasioni in cui do voce alla mia
opinione con
degli idioti come lui.
Ma stavolta aveva davvero oltrepassato il limite.
Con la coda dell'occhio, ho visto Giomanach irrigidirsi al mio fianco.
Non amo attaccar briga. Non mi piace battermi per delle sciocchezze. Il
più
delle volte tendo a soprassedere sulle cose.
Non che abbia chissà quali
contatti umani. La mia vita sociale è ancora più
sterile di quella di mio
fratello.
Ma, sapete come si dice? Mai stuzzicare il cane che dorme... o, nel mio
caso,
la tigre. Se Evan Fitzpatrick voleva provocarmi, mi sarei difeso. Ero
stufo di
porgere l'altra guancia. Anche la mia pazienza aveva un limite.
Studiando bene il mio avversario, ho notato una tenue ombra nera che
gli
segnava ancora lo zigomo sinistro. E bravo il mio fratellino.
Evan, intanto, è avanzato con la sua falsa baldanza verso di
noi.
Non ho mai capito se mi detestasse perché ero un bravo
Cacciatore (anche se più
giovane di lui); perché me l'ero sempre cavata da solo,
appoggiato
esclusivamente da Giomanach ed Alwyn (e, dopo la morte di Linden,
Athar) mentre
lui era il figlio di un Alto Sacerdote o, semplicemente...
perché ero un
Woodbane.
"Ora basta!".
Colum si è posto fra noi, fermando sul nascere qualsiasi
accenno di rissa.
Sapevo bene che mettersi contro di lui equivaleva ad una batosta certa.
Aveva
una certa età Colum, ma sapeva ancora colpire bene.
"Sgath, tu e Giomanach tornate a casa. Avete un volo molto presto
domani". Il suo tono non ammetteva repliche. Si è rivolto
quindi ad Evan.
Quella luce nei suoi occhi chiari non prometteva niente di buono. "Noi
dobbiamo parlare".
Hanno aiutato Igor ad alzarsi e sono scomparsi dietro una porta
nascosta da una
tenda.
Per quanto detestassi quel Fitzpatrick, non avrei augurato nemmeno al
mio
peggior nemico un incontro ravvicinato con Colum O'Hara.
"Forza, fratellino. Athar ci aspetta".
"Vado a prendere la macchina".
Hunter si è avviato verso l'uscita di quella casa, la
residenza del capo della
congrega, ancora molto scosso.
Io mi sono voltato verso l'anziana Nyall. Non aveva proferito parola
per tutto
il tempo.
"Vuole che l'aiuti a purificare?". Le ho chiesto, ora di nuovo
padrone di me.
Lei ha scosso la testa, continuando a fissarmi con quei suoi grandi,
sinceri
occhi chiari. Mi
sentivo insignificante
sotto il peso di quegli occhi.
"Tu sei un Woodbane, vero?". Mi
ha chiesto d'un tratto con la sua voce
sottile.
Sì, sono proprio io. Il Woodbane! Apportatore di male e
morte! Anche in quel
luogo sperduto, venivo giudicato solo in base al mio Clan.
Mi sono voltato di scatto. Volevo andarmene al più presto.
"No, aspetta. Non volevo offenderti!". Mi ha richiamato,
trattenendomi con la sola forza della sua mano esile. All'apparenza
sembrava
una donna fragile, quasi sul punto di spezzarsi, ma aveva in
sé una grande
forza. La forza della saggezza e dell'esperienza. Chissà se
anch'io un giorno
avrei raggiunto quello stato di pace.
I nostri sguardi si sono incontrati ancora e Nyall mi ha sorriso.
"Cal... è questo il tuo nome, giusto?". Mi ha chiesto.
"Calhoun,
il guerriero".
Ho annuito, basito. Nessuno aveva mai pronunciato il mio nome. Come
poteva
conoscerlo?
Lei ha scosso la sua treccia scura, chinando il viso da un lato come un
cucciolo innocente che osserva qualcosa di estrememente buffo.
"La Dea mi ha concesso il dono di vedere oltre la comune concezione di
tempo. Alcune cose sono già state, altre dovranno ancora
venire. E' così che ho
scoperto chi sei, Calhoun. Chi sei e chi diventerai".
Non c'erano parole per descrivere il turbinio di emozioni che sentivo
dentro.
Erano tutte schiaccianti, soffocanti. Troppo forti e confuse per poter
dar loro
un nome. Avrei voluto porle tante domande ma al tempo stesso temevo di
conoscere le risposte che lei avrebbe potuto darmi.
Nyall ha estratto dalla tasca della sua tunica un piccolo oggetto di
pietra e
lo ha poggiato sul palmo della mia mano, richiudendola a pugno subito
dopo.
"Il tuo è un arduo cammino. Tante sofferenze hai patito
nella tua giovane
vita ed altre difficili prove dovrai superare. Non posso dirti altro,
solo... pregherò
la Dea affinché tu trovi quello che stai cercando da sempre,
Calhoun".
Mi sentivo come una statua. Incapace di muovermi, pensare, respirare.
Lei non ha aggiunto altro. Mi ha dato le spalle e ha cominciato a
prepararsi
per il rito di purificazione.
Non sapevo più cosa pensare. Il mio cuore era a mille e
facevo persino fatica a
restare in piedi.
Prima di poter aggiungere altro, Hunter è tornato indietro a
chiamarmi.
I suoi capelli biondi hanno fatto capolino dalla porta. Era stanco,
provato ma
sorridente. Un sorriso forzato.
"Sgath hai finito? E' ora di muoversi".
Ha salutato l'anziana Nyall ed è scomparso ancora una volta.
Ho fatto
altrettanto.
Mentre camminavo nella gelida aria della sera verso l'auto di mio
fratello, ho
finalmente potuto respirare liberamente e dar sfogo a tutte le emozioni
che mi
portavo dentro.
Io ero il Woodbane, il Cacciatore senza cuore, senza la più
minima emozione.
Nessuno sapeva quanto le persone che mi circondavano si sbagliavano.
Forse solo
i miei fratelli.
Anche il mio animo sanguinava, lacerato dalle sue numerose ferite che
ancora
non erano riuscite a rimarginarsi del tutto.
Anche se non lo davo a vedere.
Mi ero ripromesso di porre il Bene degli altri sempre davanti al mio,
di fare
sempre la cosa necessaria per seguire la Volontà del Dio e
della Dea.
Anche se la cosa necessaria non è sempre quella giusta agli
occhi degli altri.
Anche se per far questo dovevo essere deriso e odiato.
Quando avrei trovato qualcuno che capace di accettare questo mio povero
cuore
martoriato per quello che era?
Oh, Dea. Si può morire per questa solitudine, questo
silenzio che mi sentivo
dentro?
Quasi senza accorgermene, ho tracciato con la punta delle dita i
contorni di
quella pietra.
No, non una pietra... una runa.
Nonostante la luce scarsa, l'avrei riconosciuta tra mille...
Eolh, la runa del viaggio e del cambiamento.
_*_*_*_*_*_
La cena è stata consumata in un pesante silenzio. Sentivo
che Athar voleva
porci mille domande ma, ogni volta che le sue labbra si schiudevano, le
richiudeva di colpo. È stata la cosa migliore. Non avrei
saputo cosa risponderle.
Ora potevo solo starmene rinchiuso qui, sdraiato di traverso su questo
letto
scomodo, le gambe lasciate penzoloni.
Avevo lasciato la finestra aperta. Non m'importava del freddo. Dovevo
sentire,
percepire il vento sfiorami il viso, avvolgermi tra le sue spire e
ricordarmi
di esistere ancora. Dovevo ascoltare la vita continuare oltre quella
finestra e
rammentarmi ciò per cui combattevo ogni giorno.
Un lieve bussare. Sapevo che era Giomanach.
"Vieni pure, fratellino".
Lui è entrato senza dire altro, avvicinandosi al mio letto,
la stanza sempre al
buio. Mi davano pace il buio e il silenzio.
Uno stridio, il verso di un rapace.
"Cavolo!”. L’ho sentito imprecare. "Sei ancora qui,
dannata
bestiaccia!"
Ho riso.
Mio fratello è una persona sempre gentile, rispettosa delle
altre creature
viventi. Tutte... Eccetto una.
Geofu... il mio falco dalla coda rossa.
Quando ho detto che Hunter è il mio solo amico ho commesso
una piccola imprecisione.
Lui è il mio solo amico senza piume. Geofu è
quello alato.
Il suo nome significa letteralmente "dono" e per me il suo arrivo
è
stato davvero un dono del Cielo.
Lo trovai una settimana esatta dopo la mia Iniziazione. Un cosetto
spiumato
gettato fra i giunchi del fiume e lasciato a morire.
Non ho mai saputo come ci fosse arrivato, forse portato da un venditore
di
ingredienti poco pulito, ma non me ne è mai importato.
Tutti mi dissero che stavo solo perdendo tempo, che sarebbe morto
ugualmente
nonostante tutti i miei sforzi, ma eccoci qui... quattro anni dopo e
ancora
insieme.
Geofu mi ha sempre seguito dappertutto, con grande dispiacere di
Giomanach. Mio
fratello non perde occasione per ripetermi
come quell'uccellaccio, come lo chiama lui, sia in realtà
uno spirito maligno
il cui unico scopo nella vita è mozzargli un dito e
riempirlo di escrementi.
Alwyn, invece, lo adora.
Il suddetto spirito del male se ne stava, in quel momento,
tranquillamente
appollaiato sul suo trespolo. Se fosse stato possibile, avrei detto che
quel
suo gorgogliare roco era in realtà una risata.
"Stupido uccello!" Altra imprecazione.
"Stai bene?". Gli ho chiesto tanto per cambiare argomento. Non mi
stavo riferendo solo al suo incontro ravvicinato con il mio falco.
Mio fratello si è lasciato cadere sul letto, anche lui di
traverso e con le
gambe penzoloni in direzione però opposta alla mia. Lo
sentivo succhiarsi un
dito. Geofu doveva averlo pizzicato.
"Non lo so. Quello che è successo fa parte del nostro lavoro
ma non credo
che mi ci abituerò mai: essere una strega e non poterlo
esternare. Non poter
più rendere onore alla Dea... io impazzirei".
"Sciocchezze. Tu sei più forte di quanto lo sia stato Igor.
Non cederesti
mai al fascino del Male".
"Come puoi esserne così sicuro?"
Mi è venuto quasi da ridere.
"Oh, avanti. Il rigido, severo, inattaccabile Hunter votato alle Forze
Oscure? Non hai l'aspetto di un signore del Male!".
"Dici?". Il pensiero che uno come Giomanach potesse dubitare di
sé in
quel modo, era per me inconcepibile. Forse, commettevo un errore
ragionando in
quel modo ma non potevo scacciare la convinzione che mio fratello fosse
incorruttibile.
"Già. Senza contare che te le suonerei di santa ragione se
facessi
un'idiozia del genere". Ho voluto precisare.
"Ohh, bella fiducia che hai!"
"Hey, è la verità".
Per un attimo nessuno dei due ha parlato.
"Anche io ti fermerei se mai dovessi cedere al male, lo sai, vero?"
"Lo so e ti ringrazio, fratellino".
Quella era stata la nostra solenne promessa quando eravamo diventati
Cacciatori. Saremmo stati l'uno la zavorra dell'altro. Ci saremmo
sostenuti a
vicenda e... fermati, se la situazione lo avesse richiesto.
Sangue assetato di potere scorreva nelle nostre vene e non eravamo
immuni dalla
sua influenza. Non mi sarei fidato di nessun altro.
Altro silenzio.
"Piuttosto, hai già preparato le valigie?"
Gli indicai una sacca nell'angolo. Il mio bagaglio era tutto
lì: qualche
vestito, il mio Libro delle Ombre, Geofu e la mia fedele Ducati nera.
Sono
sempre stato un tipo piuttosto spartano.
Grazie alla mia vista notturna, ho potuto vederlo inarcare un
sopracciglio.
"Tutto qui?".
"Hmm hmm".
"Porterai anche la moto, immagino".
"Hmm hmm".
"Quell'aggeggio non è sicuro".
"Così parlò il saggio Hunter". Ho risposto,
rimbeccandolo.
"Cielo, quanto sei inglese".
"Che vuoi dire?" Si stava scaldando. Se avesse riattaccato con quel
dannato God Save the Queen, stavolta un pugno non glielo avrebbe
risparmiato
nessuno.
"La tua perfetta macchina inglese, il tuo perfetto cardigan inglese, il
tuo
perfetto accento inglese... lunga vita alla regina!". Mi sono portato
una
mano al petto, lanciandomi nella mia pessima imitazione di vecchio
inglese.
"Ma quanto sei idiota!".
"Non idiota, più avventuroso. A differenza di te, preferisco
concentrarmi
sulle mie radici scozzesi. William Wallace, lui si che era un grande".
"Un grande uomo con la passione per i gonnellini a scacchi".
"Si chiamano kilt, ignorante".
Una fitta di dolore mi ha trapassato di colpo il fianco, facendomi
sibilare a
denti stretti.Hunter se n’è accorto subito.
"La cicatrice ti fa ancora male? Vuoi che chiami Athar?"
Il suo sguardo di smeraldo ora era fisso nel mio.
"Non c'è n'è bisogno. Il dolore viene e va. Ora
mi passa. E poi non mi va
di disturbarla. E' più scontrosa del solito".
"Mahoney era un idiota". Ha continuato, tentando di distrarmi.
"Mahoney è stato furbo a svignarsela prima che lei lo
conciasse per le
feste".
Stavamo sghignazzando entrambi a quel punto. Athar sapeva essere
davvero
pericolosa quando voleva.
"Sicuro di star bene?"
"Sì. Preferisco concentrarmi su cose positive".
"Tipo?" Mi ha chiesto, curioso.
"Ieri ho fatto di nuovo quel sogno". Ho iniziato.
Era un sogno che mi aveva visitato spesso in quegli anni, anche se ora
tornava
a tormentarmi quasi ogni notte.
Vedevo una valle stagliarsi sotto si me. Una valle qualsiasi, come ce
ne sono
tante in Inghilterra o in tutto il mondo. Verde a perdita d'occhi,
puntellato
qua e là da fiori selvatici.
Io lo sorvolavo sospinto dal vento che gonfiava forte le mie ali di
falco. Ero
in pace.
D'un tratto scorgevo tra tutto quel verde, un fiore...
No, non un fiore come gli altri
ma un'orchidea rarissima che sbocciava lenta solo per i miei occhi. Non
avevo
mai visto niente di più bello.
Poi, d'un tratto, questo bellissimo sogno lasciava il posto al
più orrendo
degli incubi.
Di colpo, il cielo si copriva di nuvole oscure, malefiche, con lampi e
tuoni
sinistri.
La Bestia dagli occhi rossi compariva dal nulla, portata dal buio,
pronta a
distruggere la mia bella orchidea. Non potevo fare nulla per fermarla.
Solo
assistere impotente.
Mi svegliavo puntualmente madido di sudore.
"Cosa pensi che voglia dire?"
Non ho risposto, non lo sapevo. Potevo solo lasciarmi cullare dalla
dolcezza di
quel vento, cercando di scacciare tutte quelle insicurezze.
"Hey, Hunter..."
Un lieve russare è giunto alle mie orecchie. Il fratellino
si era addormentato.
Mi sono alzato, coprendolo con una coperta, e soffermandomi ad
osservare il
paesaggio che mi circondava.
All'alba avrei lasciato quelle terre verso una nuova meta.
Ho estratto da una tasca del pantalone del mio pigiama la runa di Nyall.
Eolh.
Chissà dove mi avrebbe condotto
questo mio viaggio.
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In principio, avrei voluto con questo capitolo già parlare
del loro arrivo a
Widow's Vale ma, non so, scrivendo mi è uscita tutt'altra
cosa. Un piccolo
sguardo sul rapporto tra i due ragazzi, stavolta dal punto di vista di
Cal.
Un'ottima occasione per disseminare indizi sui ciò che sta
per arrivare