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Autore: Shannara_810    15/04/2008    2 recensioni
SWEEP: quando la magia diventa realtà. Piccola storia senza pretese, tratta dai meravigliosi romanzi di Cate Tiernan, che cerca di diffondere nel cuore delle persone la magia di questi libri. Chi, fra coloro che conoscono questa storia, non si è mai chiesto almeno una volta cosa sarebbe potuto accadere se Cal e Hunter fossero cresciuti insieme? Beh, questo racconto vuole proprio tentare di darvi una risposta.
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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The Journey

TUM TUM TUM TUM
Il ritmo crescente dei battiti di un tamburo segnava il nostro ultimo atto come inviati del Consiglio in quella sperduta cittadina tedesca.
A quest'ora saremmo già dovuti essere in viaggio verso gli Stati Uniti, ma la nostra partenza è stata rinviata ancora di un giorno. Eravamo ancora necessari per un ultimo compito. Un compito di cui quasi nessuno, in quella congrega di Vikroth, voleva sporcarsi le mani.
TUM TUM TUM TUM
Il mio nome è Cal Blaire e sono un Cacciatore di streghe.
TUM TUM TUM TUM
Il suono di quei colpi si è fatto sempre più serrato, accompagnando nella sua ascesa il ritmo del nostro respiro ed il battito dei nostri cuori.
Igor McBride era inginocchiato al centro della stanza, dentro un pentacolo di scintillante luce azzurra. Era completamente vestito di bianco, scalzo, le mani ancora legate dietro la schiena, stavolta con una semplice corda.
Il mio nome è Cal Blaire e sono un Woodbane... il Mastino Woodbane.
TUM TUM TUM TUM
Alla mia destra, ho visto il viso di Giomanach perdere il poco colore che adornava la sua carnagione pallida. Sembrava sul serio uno spettro, irreale. Togliere i poteri a qualcuno, per quanto malvagio sia, non è mai facile.
Avrei voluto risparmiargli l'assistere a quest’orrore, ma non ho potuto.
Giomanach è un Cacciatore. Questo è uno dei suoi compiti... che mi piaccia o meno.
Infondo è un uomo, oramai.
Anche se non lo ammetterò mai... soprattutto con lui. Per me, vivesse cent'anni, resterà sempre il bambino con le nocche sbucciate che difendeva il suo fratellino muto dagli scherzi dei ragazzini Wyndekell.
Il mio fratellino.
Il mio migliore amico... il mio unico amico.
Quando glielo dico, Athar minaccia ogni volta di schiantarmi con un fulmine. Io ci scherzo su, magari un giorno lo farà davvero.
Le voglio bene, come se fossimo veramente cugini, ma lei è una donna e il rapporto di fiducia e rispetto che mi lega a mio fratello non può capirlo. E' una cosa tra uomini. Una cosa difficile da spiegare persino per me.
Forse è per il passato che ci lega.
Forse è per il sangue che condividiamo.
Non lo so. Posso solo dire che nei momenti in cui ho avuto bisogno di lui, Giomanach c'era sempre.
Quando fui portato alla Congrega di Fiona, il mio arrivo scatenò non poco clamore.
Tutti sapevano chi ero e... che cosa ero.
Crescere tra i Wyndekell non è stato per niente facile. Beck non si fidava di me e Linden mi disprezzava senza fare nulla per nasconderlo.
Solo Giomanach mi è stato vicino. Giomanach... e Alwyn.
Ma lei è un'altra storia. Alwyn fa parte di quella categoria di persone molto rare che vedono il buono in ogni cosa.
Ho sempre considerato Alwyn la mia piccola streghetta ed io il suo rude protettore.
Il suo fisico esile aiuta molto. Mi arriva a malapena ad una spalla.
Ma Hunter...
Lui... lui è il sole, non so a cos’altro paragonarlo.
Non mi riferisco solo al suo aspetto: gli occhi chiari, la carnagione pallida o i capelli quasi argentei, no.
E' per quello che si porta dentro. Sempre nel giusto, sempre corretto, sempre coraggioso. Esemplare.
Io... io sono la luna, la sua ombra silenziosa, il suo cane da guardia.
Quello che sistematicamente deve tirarlo fuori dai guai che attira ogni volta. Non voglio nemmeno pensare a cosa farebbe senza di me.
Ma è questo a che servono i fratelli maggiori, no?
TUM TUM TUM TUM
Ho osservato con attenzione le altre streghe presenti: il vecchio Colum, che è stato mio maestro, Evan e Nyall, il membro più anziano della congrega Vikroth di cui Igor faceva parte.
Man mano che il ritmo del tamburo aumentava, la nostra magia si è unita in una striscia di abbagliante luce bianca, che si è intrecciata alla luce azzurra del pentacolo, fino a divenire accecante. Tenendoci per mano, abbiamo chiamato la nostra energia interiore. Quando l'ho percepita entrare in me, mi sono sentito quasi sopraffatto.
Colum ha fatto un passo in avanti, appoggiando la punta del suo athame sul pentacolo. Il coltello si è illuminato di una luce bianca ed azzurra.
Il mio maestro ha superato i confini del pentacolo e si è avvicinato ad Igor, girandogli intorno l'athame e la sua luce in una spirale.
Tutta la vita, tutte le magie di Igor, a contatto con il nostro potere sono fluite in quella spirale che ha preso a ruotare vorticosamente intorno a lui.
Igor piangeva, gemeva ma la spirale non si arrestava. Lo ha privato di tutte le esperienze che lo avevano formato, che avevano definito la sua esistenza. Igor la strega non era più.
Le parole che Colum ha pronunciato per concludere il rito mi sono scivolate addosso senza che riuscissi ad afferrarle.
Quando tutto è finito, Igor McBride era solo un guscio vuoto.
"Stai bene, fratellino?".
Mi sono avvicinato a Giomanach, appoggiandogli una mano sulla spalla, pronto a sostenerlo se fosse stato il caso. Mio fratello era davvero stravolto. Si è limitato ad annuire.
"Ma, allora, il Mastino parla!".
Conoscevo quella voce. E detestavo il suo suono stridulo almeno quanto la faccia lentigginosa del suo proprietario.
"Cosa vuoi, Leapvaughn?". Ho sibilato, posando il mio sguardo irato su di lui.
Sono un tipo di poche parole, anzi pochissime. Non mi piace blaterare a vanvera e soprattutto sprecare le poche occasioni in cui do voce alla mia opinione con degli idioti come lui.
Ma stavolta aveva davvero oltrepassato il limite.
Con la coda dell'occhio, ho visto Giomanach irrigidirsi al mio fianco.
Non amo attaccar briga. Non mi piace battermi per delle sciocchezze. Il più delle volte tendo a soprassedere sulle cose.
Non che abbia chissà quali contatti umani. La mia vita sociale è ancora più sterile di quella di mio fratello.
Ma, sapete come si dice? Mai stuzzicare il cane che dorme... o, nel mio caso, la tigre. Se Evan Fitzpatrick voleva provocarmi, mi sarei difeso. Ero stufo di porgere l'altra guancia. Anche la mia pazienza aveva un limite.
Studiando bene il mio avversario, ho notato una tenue ombra nera che gli segnava ancora lo zigomo sinistro. E bravo il mio fratellino.
Evan, intanto, è avanzato con la sua falsa baldanza verso di noi.
Non ho mai capito se mi detestasse perché ero un bravo Cacciatore (anche se più giovane di lui); perché me l'ero sempre cavata da solo, appoggiato esclusivamente da Giomanach ed Alwyn (e, dopo la morte di Linden, Athar) mentre lui era il figlio di un Alto Sacerdote o, semplicemente... perché ero un Woodbane.
"Ora basta!".
Colum si è posto fra noi, fermando sul nascere qualsiasi accenno di rissa. Sapevo bene che mettersi contro di lui equivaleva ad una batosta certa. Aveva una certa età Colum, ma sapeva ancora colpire bene.
"Sgath, tu e Giomanach tornate a casa. Avete un volo molto presto domani". Il suo tono non ammetteva repliche. Si è rivolto quindi ad Evan. Quella luce nei suoi occhi chiari non prometteva niente di buono. "Noi dobbiamo parlare".
Hanno aiutato Igor ad alzarsi e sono scomparsi dietro una porta nascosta da una tenda.
Per quanto detestassi quel Fitzpatrick, non avrei augurato nemmeno al mio peggior nemico un incontro ravvicinato con Colum O'Hara.
"Forza, fratellino. Athar ci aspetta".
"Vado a prendere la macchina".
Hunter si è avviato verso l'uscita di quella casa, la residenza del capo della congrega, ancora molto scosso.
Io mi sono voltato verso l'anziana Nyall. Non aveva proferito parola per tutto il tempo.
"Vuole che l'aiuti a purificare?". Le ho chiesto, ora di nuovo padrone di me.
Lei ha scosso la testa, continuando a fissarmi con quei suoi grandi, sinceri occhi chiari.  Mi sentivo insignificante sotto il peso di quegli occhi.
"Tu sei un Woodbane, vero?".  Mi ha chiesto d'un tratto con la sua voce sottile.
Sì, sono proprio io. Il Woodbane! Apportatore di male e morte! Anche in quel luogo sperduto, venivo giudicato solo in base al mio Clan.
Mi sono voltato di scatto. Volevo andarmene al più presto.
"No, aspetta. Non volevo offenderti!". Mi ha richiamato, trattenendomi con la sola forza della sua mano esile. All'apparenza sembrava una donna fragile, quasi sul punto di spezzarsi, ma aveva in sé una grande forza. La forza della saggezza e dell'esperienza. Chissà se anch'io un giorno avrei raggiunto quello stato di pace.
I nostri sguardi si sono incontrati ancora e Nyall mi ha sorriso.
"Cal... è questo il tuo nome, giusto?". Mi ha chiesto. "Calhoun, il guerriero".
Ho annuito, basito. Nessuno aveva mai pronunciato il mio nome. Come poteva conoscerlo?
Lei ha scosso la sua treccia scura, chinando il viso da un lato come un cucciolo innocente che osserva qualcosa di estrememente buffo.
"La Dea mi ha concesso il dono di vedere oltre la comune concezione di tempo. Alcune cose sono già state, altre dovranno ancora venire. E' così che ho scoperto chi sei, Calhoun. Chi sei e chi diventerai".
Non c'erano parole per descrivere il turbinio di emozioni che sentivo dentro. Erano tutte schiaccianti, soffocanti. Troppo forti e confuse per poter dar loro un nome. Avrei voluto porle tante domande ma al tempo stesso temevo di conoscere le risposte che lei avrebbe potuto darmi.
Nyall ha estratto dalla tasca della sua tunica un piccolo oggetto di pietra e lo ha poggiato sul palmo della mia mano, richiudendola a pugno subito dopo.
"Il tuo è un arduo cammino. Tante sofferenze hai patito nella tua giovane vita ed altre difficili prove dovrai superare. Non posso dirti altro, solo... pregherò la Dea affinché tu trovi quello che stai cercando da sempre, Calhoun".
Mi sentivo come una statua. Incapace di muovermi, pensare, respirare.
Lei non ha aggiunto altro. Mi ha dato le spalle e ha cominciato a prepararsi per il rito di purificazione.
Non sapevo più cosa pensare. Il mio cuore era a mille e facevo persino fatica a restare in piedi.
Prima di poter aggiungere altro, Hunter è tornato indietro a chiamarmi.
I suoi capelli biondi hanno fatto capolino dalla porta. Era stanco, provato ma sorridente. Un sorriso forzato.
"Sgath hai finito? E' ora di muoversi".
Ha salutato l'anziana Nyall ed è scomparso ancora una volta. Ho fatto altrettanto.
Mentre camminavo nella gelida aria della sera verso l'auto di mio fratello, ho finalmente potuto respirare liberamente e dar sfogo a tutte le emozioni che mi portavo dentro.
Io ero il Woodbane, il Cacciatore senza cuore, senza la più minima emozione.
Nessuno sapeva quanto le persone che mi circondavano si sbagliavano. Forse solo i miei fratelli.
Anche il mio animo sanguinava, lacerato dalle sue numerose ferite che ancora non erano riuscite a rimarginarsi del tutto.
Anche se non lo davo a vedere.
Mi ero ripromesso di porre il Bene degli altri sempre davanti al mio, di fare sempre la cosa necessaria per seguire la Volontà del Dio e della Dea.
Anche se la cosa necessaria non è sempre quella giusta agli occhi degli altri.
Anche se per far questo dovevo essere deriso e odiato.
Quando avrei trovato qualcuno che capace di accettare questo mio povero cuore martoriato per quello che era?
Oh, Dea. Si può morire per questa solitudine, questo silenzio che mi sentivo dentro?
Quasi senza accorgermene, ho tracciato con la punta delle dita i contorni di quella pietra.
No, non una pietra... una runa.
Nonostante la luce scarsa, l'avrei riconosciuta tra mille...
Eolh, la runa del viaggio e del cambiamento.

_*_*_*_*_*_

La cena è stata consumata in un pesante silenzio. Sentivo che Athar voleva porci mille domande ma, ogni volta che le sue labbra si schiudevano, le richiudeva di colpo. È stata la cosa migliore. Non avrei saputo cosa risponderle.
Ora potevo solo starmene rinchiuso qui, sdraiato di traverso su questo letto scomodo, le gambe lasciate penzoloni.
Avevo lasciato la finestra aperta. Non m'importava del freddo. Dovevo sentire, percepire il vento sfiorami il viso, avvolgermi tra le sue spire e ricordarmi di esistere ancora. Dovevo ascoltare la vita continuare oltre quella finestra e rammentarmi ciò per cui combattevo ogni giorno.
Un lieve bussare. Sapevo che era Giomanach.
"Vieni pure, fratellino".
Lui è entrato senza dire altro, avvicinandosi al mio letto, la stanza sempre al buio. Mi davano pace il buio e il silenzio.
Uno stridio, il verso di un rapace.
"Cavolo!”. L’ho sentito imprecare. "Sei ancora qui, dannata bestiaccia!"
Ho riso.
Mio fratello è una persona sempre gentile, rispettosa delle altre creature viventi. Tutte... Eccetto una.
Geofu... il mio falco dalla coda rossa.
Quando ho detto che Hunter è il mio solo amico ho commesso una piccola imprecisione. Lui è il mio solo amico senza piume. Geofu è quello alato.
Il suo nome significa letteralmente "dono" e per me il suo arrivo è stato davvero un dono del Cielo.
Lo trovai una settimana esatta dopo la mia Iniziazione. Un cosetto spiumato gettato fra i giunchi del fiume e lasciato a morire.
Non ho mai saputo come ci fosse arrivato, forse portato da un venditore di ingredienti poco pulito, ma non me ne è mai importato.
Tutti mi dissero che stavo solo perdendo tempo, che sarebbe morto ugualmente nonostante tutti i miei sforzi, ma eccoci qui... quattro anni dopo e ancora insieme.
Geofu mi ha sempre seguito dappertutto, con grande dispiacere di Giomanach.  Mio fratello non perde occasione per ripetermi come quell'uccellaccio, come lo chiama lui, sia in realtà uno spirito maligno il cui unico scopo nella vita è mozzargli un dito e riempirlo di escrementi.
Alwyn, invece, lo adora.
Il suddetto spirito del male se ne stava, in quel momento, tranquillamente appollaiato sul suo trespolo. Se fosse stato possibile, avrei detto che quel suo gorgogliare roco era in realtà una risata.
"Stupido uccello!" Altra imprecazione.
"Stai bene?". Gli ho chiesto tanto per cambiare argomento. Non mi stavo riferendo solo al suo incontro ravvicinato con il mio falco.
Mio fratello si è lasciato cadere sul letto, anche lui di traverso e con le gambe penzoloni in direzione però opposta alla mia. Lo sentivo succhiarsi un dito. Geofu doveva averlo pizzicato.
"Non lo so. Quello che è successo fa parte del nostro lavoro ma non credo che mi ci abituerò mai: essere una strega e non poterlo esternare. Non poter più rendere onore alla Dea... io impazzirei".
"Sciocchezze. Tu sei più forte di quanto lo sia stato Igor. Non cederesti mai al fascino del Male".
"Come puoi esserne così sicuro?"
Mi è venuto quasi da ridere.
"Oh, avanti. Il rigido, severo, inattaccabile Hunter votato alle Forze Oscure? Non hai l'aspetto di un signore del Male!".
"Dici?". Il pensiero che uno come Giomanach potesse dubitare di sé in quel modo, era per me inconcepibile. Forse, commettevo un errore ragionando in quel modo ma non potevo scacciare la convinzione che mio fratello fosse incorruttibile.
"Già. Senza contare che te le suonerei di santa ragione se facessi un'idiozia del genere". Ho voluto precisare.
"Ohh, bella fiducia che hai!"
"Hey, è la verità".
Per un attimo nessuno dei due ha parlato.
"Anche io ti fermerei se mai dovessi cedere al male, lo sai, vero?"
"Lo so e ti ringrazio, fratellino".
Quella era stata la nostra solenne promessa quando eravamo diventati Cacciatori. Saremmo stati l'uno la zavorra dell'altro. Ci saremmo sostenuti a vicenda e... fermati, se la situazione lo avesse richiesto.
Sangue assetato di potere scorreva nelle nostre vene e non eravamo immuni dalla sua influenza. Non mi sarei fidato di nessun altro.
Altro silenzio.
"Piuttosto, hai già preparato le valigie?"
Gli indicai una sacca nell'angolo. Il mio bagaglio era tutto lì: qualche vestito, il mio Libro delle Ombre, Geofu e la mia fedele Ducati nera. Sono sempre stato un tipo piuttosto spartano.
Grazie alla mia vista notturna, ho potuto vederlo inarcare un sopracciglio.
"Tutto qui?".
"Hmm hmm".
"Porterai anche la moto, immagino".
"Hmm hmm".
"Quell'aggeggio non è sicuro".
"Così parlò il saggio Hunter". Ho risposto, rimbeccandolo. "Cielo, quanto sei inglese".
"Che vuoi dire?" Si stava scaldando. Se avesse riattaccato con quel dannato God Save the Queen, stavolta un pugno non glielo avrebbe risparmiato nessuno.
"La tua perfetta macchina inglese, il tuo perfetto cardigan inglese, il tuo perfetto accento inglese... lunga vita alla regina!". Mi sono portato una mano al petto, lanciandomi nella mia pessima imitazione di vecchio inglese.
"Ma quanto sei idiota!".
"Non idiota, più avventuroso. A differenza di te, preferisco concentrarmi sulle mie radici scozzesi. William Wallace, lui si che era un grande".
"Un grande uomo con la passione per i gonnellini a scacchi".
"Si chiamano kilt, ignorante".
Una fitta di dolore mi ha trapassato di colpo il fianco, facendomi sibilare a denti stretti.Hunter se n’è accorto subito.
"La cicatrice ti fa ancora male? Vuoi che chiami Athar?"
Il suo sguardo di smeraldo ora era fisso nel mio.
"Non c'è n'è bisogno. Il dolore viene e va. Ora mi passa. E poi non mi va di disturbarla. E' più scontrosa del solito".
"Mahoney era un idiota". Ha continuato, tentando di distrarmi.
"Mahoney è stato furbo a svignarsela prima che lei lo conciasse per le feste".
Stavamo sghignazzando entrambi a quel punto. Athar sapeva essere davvero pericolosa quando voleva.
"Sicuro di star bene?"
"Sì. Preferisco concentrarmi su cose positive".
"Tipo?" Mi ha chiesto, curioso.
"Ieri ho fatto di nuovo quel sogno". Ho iniziato.
Era un sogno che mi aveva visitato spesso in quegli anni, anche se ora tornava a tormentarmi quasi ogni notte.
Vedevo una valle stagliarsi sotto si me. Una valle qualsiasi, come ce ne sono tante in Inghilterra o in tutto il mondo. Verde a perdita d'occhi, puntellato qua e là da fiori selvatici.
Io lo sorvolavo sospinto dal vento che gonfiava forte le mie ali di falco. Ero in pace.
D'un tratto scorgevo tra tutto quel verde, un fiore...
No, non un fiore come gli altri ma un'orchidea rarissima che sbocciava lenta solo per i miei occhi. Non avevo mai visto niente di più bello.
Poi, d'un tratto, questo bellissimo sogno lasciava il posto al più orrendo degli incubi.
Di colpo, il cielo si copriva di nuvole oscure, malefiche, con lampi e tuoni sinistri.
La Bestia dagli occhi rossi compariva dal nulla, portata dal buio, pronta a distruggere la mia bella orchidea. Non potevo fare nulla per fermarla. Solo assistere impotente.
Mi svegliavo puntualmente madido di sudore.
"Cosa pensi che voglia dire?"
Non ho risposto, non lo sapevo. Potevo solo lasciarmi cullare dalla dolcezza di quel vento, cercando di scacciare tutte quelle insicurezze.
"Hey, Hunter..."
Un lieve russare è giunto alle mie orecchie. Il fratellino si era addormentato.
Mi sono alzato, coprendolo con una coperta, e soffermandomi ad osservare il paesaggio che mi circondava.
All'alba avrei lasciato quelle terre verso una nuova meta.
Ho estratto da una tasca del pantalone del mio pigiama la runa di Nyall.
Eolh.
Chissà dove mi avrebbe condotto questo mio viaggio.
_______________________________________________________________________________


In principio, avrei voluto con questo capitolo già parlare del loro arrivo a Widow's Vale ma, non so, scrivendo mi è uscita tutt'altra cosa. Un piccolo sguardo sul rapporto tra i due ragazzi, stavolta dal punto di vista di Cal.
Un'ottima occasione per disseminare indizi sui ciò che sta per arrivare

  
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