Il mio ufficio era immerso nella penombra del tardo pomeriggio. Vi entrai, allungai
una mano e feci scattare l'interruttore. I neon bianchi lampeggiarono e
s'accesero mentre mi sedevo pesantemente davanti al monitor spento del
mio pc ed in quel momento il cellulare che tenevo stretto in mano iniziò a
squillare insistentemente. Lo guardai un istante, scrollando il capo con un
sorriso sconsolato sulle labbra e risposi dando un sospiro, lasciandomi andare
mollemente sullo schienale della sedia.
“Pronto! Ciao! Cos'è successo che
mi chiami a quest'ora e alla vigila di un
ritiro?” chiesi sforzandomi di essere il più allegra
possibile.
“Volevo solo fare quattro chiacchiere…” la calda voce baritonale
dall'altra parte vibrò di un tono amaro e un poco triste.
Immaginavo una richiesta del
genere, nonostante il giorno seguente dovesse iniziare il ritiro ufficiale della
squadra Giapponese in Germania, in preparazione di alcune amichevoli
pre-Mondiale.
Marjorie mi aveva mantato un messaggio non più
di un'ora prima, dicendomi che non sarebbe tornata a casa per cena e che sarebbe andata da
Karl...
"Sono in ufficio, sei autorizzato
a venirmi a disturbare!" continuai sullo stesso tono, e
lo sentii ridacchiare dall'altro capo dell'apparecchio.
Mezz'ora più
tardi un breve bussare precette l'aprirsi della porta laccata di
nero.
“Buona sera.”
“Buona sera! Com’è
andata la rimpatriata con i tuoi compagni?” chiesi senza sollevare lo sguardo dal
pc, totalmente immersa com'ero nello sbrogliare la matassa intricata del mio archivio.
Con la coda dell'occhio lo vidi sogghignare e scuotere la
testa con fare canzonatorio. Prese una sedia, la portò accanto alla mia e vi si
mise a cavallo, le braccia conserte sullo schienale “Bene, direi. A parte
i ragazzi che giocano in Europa, gli altri erano abbastanza stanchi per il
viaggio. Domani l’allenamento è per le quattro…”
Il giorno
successivo avrei dovuto esserci anche io, a bordo campo come il solito ma con tutt'altri soggetti: la sua squadra nazionale. Era stata
una richiesta esplicita di Lauber: aveva dato in prestito i campi del Bayern per
gli allenamenti della squadra nipponica e voleva delle immagini dei compagni di
Benjiamin.
"Ah ah…" assentii continuando a fissare il
monitor "Altro?" gli lanciai un'occhiata di sottecchi e lo vidi chinare il capo, nascondendolo
tra le braccia, sconsolato “Lo immagini…”
“Marj è fuori con Karl. Cos’è successo
esattamente?” mi voltai finalmente verso di lui e mi misi anch'io a cavalcioni della sedia
col mento poggiato sulle mani chiuse a pugno.
“Alla fine l’ha detto…” lo sentii respirare profondamente
e potei solo immaginare la mascella stretta dalla rabbia “Lo
sapevo, no? Sono io che non dovevo aspettare! Sono io che ho sbagliato!”
era amareggiato, addolorato, deluso. Deluso da sé stesso e dalla
propria apparente incapacità d'amare.
Ed in fine le cose erano precipitate: Marjorie non
aveva resistito più e gli aveva detto "ti amo".
Ma era poi vero? mi chiesi.
“Piantala!" mi rizzai sulla sedia
con uno scatto "Non hai sbagliato solo tu!
Lei sapeva bene che non sarebbe stato
facile! Marj è innamorata di quel Benjiamin Price che ha idealizzato in tutti questi
anni in cui ha seguito la tua carriera, ma che non sei realmente tu! Forse avete
preteso troppo l’uno dall’altra. Marjiorie ha desiderato fino all’ultimo che ti
innamorassi di lei, e tu hai fatto lo stesso. E temo che in gran parte sia anche colpa
mia… e non puoi capire come mi dispiace!”
Si girò a guardarmi,
sorridendo appena e accennando "no" col capo “Noi piuttosto ti
abbiamo causato un sacco di guai…”
Mi appoggiai alla sua spalla
e sospirai “Non solo a me. Ma non importa. Gli
amici a cosa servono, altrimenti?”
Benjiamin tirò un sospiro e strinse le
labbra passandosi una mano tra i corti capelli scuri "Karl... Anche il
capitano ha avuto fin troppa pazienza con noi." disse ridacchiando di sé
stesso, ironico.
"Come va con lui?" mi chiese d'un
tratto, fissandomi negli occhi tra le ciglia socchiuse.
Scossi la testa e mi
allontanai, tornando a fissare le immagini sul monitor. Il suo sguardo profondo
aveva la capacità di mettere a nudo i miei pensieri ma quella sera essi erano
troppo confusi, mi rendevano fragile ed io non volevo esserlo.
"Ci abbiamo
provato." risposi
alzando un poco le spalle con rassegnazione "Noi due, almeno, non ci
eravamo fatti illusioni. E’ stata una bella storia, che resterà una bella
amicizia. Abbiamo entrambi bisogno di mettere un po’ d’ordine nelle nostre
teste…”
Allungò una mano a sfiorarmi una guancia “Mi spiace.”
Mi
sforzai di sorridere “Comunque è stata
una bella cosa, ha fatto bene tutti e due...”
Mi voltai, nuovamente incrociando il
suo sguardo e mi persi un istante in quei pozzi profondi che ogni volta mi
regalavano la serenità che vi cercavo. Gli sorrisi, sincera quella volta, e
mi appoggiai con la testa sulla sua spalla. Chiusi gli occhi e mi sentii circondare
da un braccio forte che mi tenne stretta. Mi lasciai coccolare finché non
sentii il suo respiro sfiorarmi le guance e le labbra. Un brivido mi percorse la
schiena e spalancai le palpebre di scatto, liberandomi dal suo abbraccio e
saltando letteralmente in piedi, quasi fuggendo.
"Ti
spiace se metto della musica?" chiesi con voce fin troppo
allegra "Qui ne avrò almeno per un’altra ora!" Quel contatto prolungato,
troppo prolungato, troppo dolce, troppo intimo aveva per un istante fatto
vacillare le mie barriere. Dovevo allontanarmi, estraniare la mente tuffandola
nel lavoro e annegandola nella musica che per me è come una droga soporifera e
rilassante.
“Prego!” mi rispose ridacchiando
e s'alzò a sua volta.
Gli diedi le spalle
e senza pensare alle
conseguenze, cambiai il cd che avevo nel lettore.
“Niente rock? Strano!” si
era soffermato a curiosare tra le foto sparse sul tavolo di Sonya e mi
osservava con aria divertita e un po' stupita.
"No!" risposi allegra
iniziando a battere il tempo con un'unghia sulla superficie di legno
lucido "Stasera latino-americano!
Perché?" chiesi senza guardarlo in
viso ma scorrendo velocemente le immagini posate alla rinfusa sulla scrivania.
“Mai sentito nulla di diverso dal rock entrando qua dentro, da quando ci sei tu!” mi
rivolse un sorrisetto furbo.
“Oggi non sono in vena... E poi lo sai che adoro
ballare, no?” non voleva essere una provocazione, era l'ultima delle mie intenzioni! Eppure sapevo che quella era
l'ennesima passione che avevamo in comune. Decine di volte mi aveva fatto
da cavaliere dopo quella sera a Zurigo...
“Sembra un invito!” disse ridendo
e mi prese con
decisione per la vita, accennando qualche passo di danza. Risi anch'io a quel suo gioco ma
l'assecondai, cercando di non far caso al mio cuore che aveva ricominciato a
battere forte. Un lampo malizioso passò negli occhi neri e quel sorriso seducente che mi aveva rivolto
solo quella sera di mesi prima si dipinse nuovamente sulle sue labbra. Mi fece
volteggiare, una, due tre volte. Alla terza mi trovai stretta tra le sue
braccia.
“Stanno meglio sciolti…” mormorò piano, sfilando intanto delicatamente in un gesto, lo spillone
fermacapelli d’argento che era stato il suo regalo di Natale.
“E allora perché me lo avresti
regalato?” chiesi con un filo di voce, totalmente incapace di liberarmi
dal suo sguardo incantatore.
Mi strinse più forte, portando il viso ancor più vicino al mio
“Per il piacere di toglierlo…” sussurrò appena, prima che le sue labbra si
posassero sulle mie.
Non opposi resistenza.
Non volevo.
Lo desideravo da
troppo tempo.
Per troppo tempo avevo negato l’evidenza.
Lo abbracciai,
accarezzando il corpo muscoloso, godendo del suo calore, del sapore dolce dei
suoi baci, della sensazione inebriante delle sue mani che erano scivolate sotto
la maglietta e scorrevano lungo la mia schiena.
Lo amavo.
Lo avevo
ammesso, finalmente.
Mi lasciai trasportare da quel fiume di
emozioni che mi dava, avvertivo il suo desiderio, avevo il cuore che
batteva all’impazzata. Mi baciò sul collo, delicatamente ma con passione, facendo scivolare
la spallina della maglia, carezzandomi con dolcezza e passione, accendendo i miei sensi come mai
mi era accaduto. Neppure con Karl.
Poi, all'improvviso "Ti voglio." il cuore si fermò. L'aveva
sussurrato piano, un soffio sul mio orecchio, la voce bassa, roca, profonda, carica
di desiderio.
Avvertii un
brivido correre lungo la spina dorsale e togliermi il respiro mentre il
mio corpo andava a fuoco sotto quelle labbra e quelle mani che mi avevano fatto perdere totalmente il
controllo e la ragione.
Volevo
dire "sì", con tutta me stessa.
Ma un briciolo di senno era timasto e me l'impedì.
Benjiamin era ancora
il ragazzo di Marjorie, con lei le cose non erano state chiarite. E io, mi
resi finalmente conto, mi sentivo un verme per quello che stavo facendo.
Lo
desideravo, più di ogni altra cosa al mondo!
Non avevo mai desiderato tanto un uomo in tutta la mia vita! E sapevo
che non mi stava ingannando, che non mi avrebbe mai fatto del male.
Ma non potevo fare
un torto simile a Marjorie.
Gli sfiorai le labbra con un
ultimo bacio, posando le mani sul suo petto ed allontanandolo un poco. Sentivo
il battito del suo cuore sotto le mie dita, accelerato, possente. Mi stingeva
ancora delicatamente ma con fermezza, negli occhi neri un fuoco ardente che
mi attirava e faceva bruciare il sangue nelle vene.
Ma resistetti. Mi si
spezzò il cuore, ma non potevo fare altrimenti.
Posai le
dita sulle labbra carnose e bollenti, accarezzandole piano. Le baciò
dolcemente ed io trattenni il fiato mentre il mio cuore
perdeva un battito "Vattene." dissi, facendo forza per allontanarmi.
Per un istante vidi
un lampo di disperazione in quegli occhi, seguito da comprensione
e resa.
Allentò la presa ma non mi
liberò.
"Ti prego...Vattene!" lo supplicai, e una lacrima mi rigò il viso "Siamo già andati troppo oltre. Sei ancora
il ragazzo della mia migliore amica..." rimisi a posto la spallina.
Chiuse gli occhi, sospirando. Sfiorò ancora con le labbra le dita
che avevano bloccato i suoi baci ardenti e mi guardò con un sorriso triste mentre con delicatezza asciugava le lacrime sulle mie
guancie e sulla mia bocca "Elena..." sussurrò piano.
"Taci... Ti prego... Non dire nulla finchè non sarai
ben certo di aver messo ordine nei tuoi sentimenti. Ti prego..." ancora una
lacrima e ancora una carezza a portarla via.
Stavo rinunciando,
forse, alla persona che più avevo amato in tutta la mia
vita. Ma era l'unica scelta che avevo in quel momento.
Benjiamin non disse più nulla,
prese il mio volto tra le mani e posò un bacio leggero
sulla mia fronte.
"A domani." salutò accennando un sorriso.
"A domani..." risposi.
Quando uscì
dalla porta, mi appoggiai ad essa con la schiena e, lasciandomi scivolare, finii
a terra, le braccia strette intorno alle ginocchia, piangendo silenziosamente.
Lo amavo
ma mi terrorizzava. Non era solo per Marj che lo avevo respinto. Sapevo che
la storia con lei era praticamente finita da un pezzo. Era perchè avevo paura
di lui! Era troppo bello, troppo forte, troppo coinvolgente! Non mi sentivo
alla sua altezza, non credevo di essere la donna adatta a lui.
Amica, sì
certo, sufficiente per essere un'amica. Ma compagna? Di un famosissimo
calciatore? Che sarebbe presto diventato un potente magnate della finanza? Uomo
agognato da donne stupende come Pamela? No, quell'arpia aveva ragione: non ero
abbastanza per lui!
Musica allegra continuava a riempire
la stanza mentre le lacrime mi rigavano il volto e
io non riuscivo a non pensare all'onda travolgente di emozioni che
l'uomo al quale avevo rinunciato era riuscito a regalarmi in pochi, intensi
momenti di passione.
Andai all'albergo dove era ospitata la Nazionale. Avevo
la testa in subbuglio. Ero andato da Elena per
parlare di Marjorie e me l'ero ritrovata tra le braccia. E questa volta non si
era sottratta ai miei baci, anzi... Al ricordo del suo sapore, del contatto con la
sua pelle sentii nuovamente ribollirmi il sangue. Era da tanto, tanto tempo che non
desideravo a quel modo una donna.
Per quanto avevo negato l'evidenza?
Mi piaceva. Molto.
Forse...
Sì, ne ero innamorato.
Lo avevo ammesso finalmente.
A
Zurigo non avevo capito, avevo temuto di essermi fatto trascinare dagli
eventi, dalla situazione, come con Kristine. Di aver scambiato l'affetto che provavo
per lei per qualcos'altro anche se, certo, mi ero reso conto
da un pezzo di provare dell'attrazione fisica per lei.
Ma non
era solo quello, no. L'amavo già allora ma temevo di ammetterlo.
E con Marjorie? mi
chiesi.
Elena me
l'aveva letterelmente buttata tra le braccia, sperando che potessi amarla,
sperando che lei potesse innamorarsi veramente di me. Ma non era stato così, non
poteva esserlo.
L'acqua gelida della doccia ci mise non poco a
calmare i miei ardori. Non riuscivo a non pensare a lei. Il pomeriggio seguente l'avrei rivista
a bordo campo poiché Lauber voleva delle immagini della mia Nazionale. Lei avrebbe
seguito il Giappone e Paul si sarebbe occupato della squadra
tedesca.
Mi vestii e scesi a mangiare con i pochi compagni che non avevano
da smaltire il fuso.
"Tutto bene, Benji?" la voce di Oliver mi colse alla sprovvista ma se c'era una persona in squadra che
mi capiva sempre al volo era lui. In fondo, non c'era motivo per
mentirgli.
"No.
purtroppo no..." risposi posando le bacchette.
"Karl?..."
Sorrisi divertito alla sua domanda. Ovvio!
Per lui veniva sempre prima il calcio! Normalmente anche per me... Ma
non quella sera. Scossi il capo e il suo viso si
rabbuiò.
"Donne?"
"Sì." ammisi con un
sospiro, lasciandomi andare contro lo schienale della sedia.
"Ti va di fare quattro passi?" mi alzai da
tavola e lo seguii. Ci fermammo al bordo della piscina
dell'hotel.
"Allora?" chiese col suo solito sorriso aperto.
Presi fiato e risposi, cercando nel frattempo di mettere
ordine nelle mie idee "Sono un'idiota. Ho illuso una ragazza fantastica e
sono fuggito da quella che amo."
Mi guardò sollevando un sopracciglio e
chiese fissandomi "Sei sicuro di amarla?"
Scossi
il capo "Dopo Kim non sono più sicuro di nulla, lo sai. Sto bene con lei, mi
rende sereno, mi fa sentire me stesso e, come se non bastasse, la
desidero come non mi capitava da tempo immemore con una donna, ma..."
"Ma?"
Mi voltai a guardarlo "Mi prenderai per folle."
Scosse il capo
sorridendo e mi posò una mano sulla
spalla "Parla."
"Mi spaventa."
Sgranò gli occhi e
credo che per un istante mi ritenne davvero pazzo. Tutto si sarebbe aspettato, tranne quello "Come?
Ma... Perché?"
Mi voltai a
fissare l'acqua sulla quale si specchiava una luminosa mezza luna d'argento "E' forte,
quanto e a volte più di me, eppure è anche terribilmente fragile, sensibile. Mi legge dentro come
neppure Kim riusciva a fare. Mi ha fatto riscoprire lati del mio carattere che
pensavo scomparsi da anni. L'adoro, Oliver, ma mi spaventa. Forse sono fuggito da lei finora perché temevo di deluderla. Perchè
ho il terrore di amarla, di deluderla, di ferirla come ho fatto con
Kristine..."
"Cos'è successo oggi perchè tu l'abbia finalmente
ammesso?"
"L'ho baciata."
"Mmmm..."
annuì pensieroso "E poi?"
Chiusi gli occhi per un istante ed avvertii il
profumo di lei stordirmi di nuovo i sensi,
il calore del suo corpo accendere il mio di desiderio. Mi appoggiai pesantemente
alla scaletta "La desideravo, Oliver. Come mai nessun'altra ma..." sospirai, ripensando
alle sue dita sulla mia bocca "Mi ha fermato."
"E' stato meglio così."
Mi voltai a guardarlo, esterrefatto
"Perché?" la domanda mi sfuggì prima ancora
che potessi pensare di formularla.
"Forse, ora che avete ammesso entrambi che
la vostra non è solo amicizia, avete bisogno di
tempo per riordinare le idee." Mi sorrise di nuovo, annuendo ed affacciandosi al bordo
accanto a me.
"Ma... Tu come fai a sapere di chi sto parlando?" avevo capito che sapeva chi fosse la donna in questione, eppure, mi
dissi, l'aveva vista solo a Zurigo e probabilmente per non più di dieci minuti! Com'era
possibile?
Il suo sorriso si allargò ancor più e mi diede una
pacca amichevole su un braccio "Patty mi ha fatto notare come a Natale
uscisse abbastanza spesso il nome di una certa tua amica, alla quale,
evidentemente, tieni molto... Ho semplicemente fatto due più
due!"
Sorrisi di rimando e lui continuò "Sai, Patricia
sospettava qualcosa. Quando sei ripartito mi ha
detto che pensava che tu fossi innamorato ma che non lo volevi ammettere con
te stesso! Ci ha azzeccato!" mi strizzò un occhio e scoppiammo a ridere
insieme.
Patty, l'unica persona che poteva arrivare ad una conclusione del
genere! No, certo Oliver da solo non ce l'avrebbe mai fatta! Sorrisi a quel
pensiero.
"Cosa mi consigli, amico?"
Si avvicinò guardandomi dritto negli occhi, con quello sguardo deciso e carismatico che
tante volte aveva ridato coraggio ai nostri nelle partite difficili "Adesso abbiamo i Mondiali a
cui pensare. Concentrati su quelli, sfoga la tua tensione in partita e
negli allenamenti. Ha sempre funzionato, no? Se continui a rimuginarci sopra,
non ne caverai un ragno dal buco!
Vedrai che affrontando le cose con calma,
le tessere del mosaico andranno a posto. Ci sono passato anch'io,
ricordi?"
Era vero, pensai. Il mio capitano ci
aveva messo parecchio a capire
cosa provava per Patty e a trovare il coraggio per
dichiararsi.
La mattina seguente mi alzai presto ed andai a correre.
Sapevo che l'avrei vista ma quando non mi vidi superare da Zingaro a metà percorso, mi
preoccupai.
Giunsi al prato grande e sentii il cuore farsi leggero
alla vista del grande stallone che si stagliava sulla distesa verde.
L'ansia sparì, e
mi preparai a godermi il solito spettacolo. Rimasi sorpreso quando vidi Zingaro
dirigere verso di me al trotto deciso.
"Buon dì!"
"Ciao..."
Mi regalò un
bellissimo, timido sorriso. Era la prima volta che ci rivolgevamo la parola in
quel prato.
"Faresti una cosa per me?" mi chiese chinando la testa da un lato.
"Certo!" risposi un poco sconcertato.
"Allora seguimi." disse e voltò il cavallo nella direzione in cui era venuta. La seguii.
Si fermarono accanto al troco di un albero che veniva usato come panchina sul quale
era posato un lettore cd.
"Quando ti faccio segno, accendi la musica,
d'accordo?" e si allontanò.
Mi accorsi solo allora che sull'erba erano state disposte le
lettere di riferimento per un rettangolo da dressage.
Arrivò accanto alla metà campo e mi fece segno con la mano
destra. Accesi il lettore.
Avevo una vaga idea di quello che aveva in
mente.
Mi aspettavo musica classica,
invece...
Rimasi a dir poco allibito! Quasi tutte le kur sono normalmente montate su
musica classica. Non quella di Elena e Zingaro. Il grosso cavallo morello si
muoveva agilmente, seguendo il ritmo scoppiettante ed inusuale di un brano di
musico pop.
Eppure, per quanto bizzarro potesse sembrare,
erano
sempre in armonia, eleganti, belli da vedere. C'era allegria, c'era passione in
quello che stavo vedendo. Il trotto di Zingaro passava fluidamente dal ritmo
incalzante delle allungate a quello più morbido del passage o del piaffe, per
poi entrare nel movimento del galoppo con
eleganza e senza sforzo. Non sono un esperto, ma sapevo che quell'esercizio era
perfetto. Mai un'incertezza, mai un intervento brusco, mai un'incomprensione.
Sempre insieme. Erano perfetti.
La musica si spense. In quel momento il
binomio si fermò in un alt piazzato e l'amazzone salutò un'immaginaria giuria di
fronte a lei, per poi allungare le redini e ringraziare il suo adorato
stallone.
Lo diresse al passo verso di me, continuando ad
accarezzarlo, gli occhi splendenti come non li avevo mai visti "Solo per te..." mi
sorrise.
"Perché?"
"Perché sì..." fece spallucce timidamente e distolse lo sguardo dal
mio.
"Perché non esci in gara? Siete eccezionali! Non ho mai visto neppure
Marj montare come ha fatto tu ora! Mi aveva detto che non hai mai montato una
kur, e invece..."
"Lei non lo sa, altrimenti mi costringerebbe ad uscire. E
io non voglio."
"Perché?" chiesi nuovamente, esasperato
dalla sua cocciutaggine.
"Perché ho paura!" esclamò con
un gesto quasi stizzito, le labbra serrate e lo sguardo lontano.
"Siete bravissimi. " le sussurrai avvicinandomi adagio e
posando una mano sulle sue che erano chiuse sulle redini "Non hai nulla da
temere!"
Non mi guardava, fissava la criniera
dello stallone, risistemandola.
"Quando sono davanti al pubblico... mi prende il panico!
Ho paura. Di sbagliare, di essere giudicata. Mi sento addosso lo
sguardo di tutti e ho paura!"
Ridacchiai "E io cosa dovrei
dire?" mi guardò, finalmente, con un sorriso contrito "Allo stadio c'è un po' più di gente che a vedere un
dressage, lo sai?"
"Lo so... e non sai quanto invidio il tuo sangue
freddo!"
"Per me il pubblico non esiste."
"Come?"
Mi misi ad accarezzare il
muso di Zingaro, che apprezzò e si appoggiò pesantemente alla mia spalla "Io non
sento nulla, non vedo nulla di quello che c'è intorno. Solo la partita, i
compagni, il pallone. Quando poi ho un avversario in area, non c'è veramente
niente altro che la palla. Non importa chi sta tirando. Esiste solo lei. Il
mondo esterno semplicemente non esiste più. Non mi interessa... E'
così da sempre."
"Non credo di essere in grado di fare una cosa
del genere..." affermò convinta, scuotendo il capo.
"Io credo di sì, invece."
Ne ero assolutamente certo. Se avesse voluto ce l'avrebbe fatta.
Quel pomeriggio gli
allenamenti cominciarono puntuali alle quattro.
Notai con la coda dell'occhio la
sua figura esile a bordo
campo armeggiare con macchine ed obiettivi che parevano più grandi di lei. Ormai
era un'abitudine vederla alle mie spalle o a metà campo.
Freddy ci mise
subito sotto. La nostra Nazionale non gioca insieme quanto quelle europee e ogni
volta ricreare un gioco di squadra armonico è il primo lavoro da fare.
Oliver trascinava il gruppo come sempre. A qualcuno parve strano che io e Mark non
ci fossimo ancora scannati. Nessuno aveva notato lo sguardo d'intesa e l'accenno
di sorriso che mi aveva rivolto. In fondo, eravamo sempre stati amici ed inoltre, lui
sapeva...
La prima parte del pomeriggio volò via. Ero felice di giocare
nuovamente con i miei compagni.
Ad un certo punto, qualcosa attirò la mia attenzione. Vidi
Elena rispondere al telefono tramite l'auricolare. Nulla di strano, mi
dissi, capitava spessissimo. Quello che mi stupì e preoccupò fu quello che
accadde poi. La vidi avvicinarsi a Lukas, l'altro fotografo del Bayern,
affidargli l'attrezzatura e correre via. Terminai gli
allenamenti con una sensazione di angoscia che mi stringeva lo stomaco. In spogliatoio
non proferii parola, ed Oliver se ne accorse. Mi guardò preoccupato,
ma non chiese nulla. Riaccesi il telefono e subito arrivò un
messaggio.
"Le ragazze non ti danno tregua, eh Benji?!" mi canzonò il solito
Bruce.
"Karl..."
"Karl?" Holly mi lanciò un'occhiata impensierita. In
quell'istante il cellulare si mise a squillare.
"Dimmi
Schneider!"
"Benjiamin..."
la voce del capitano del Monaco era a dir poco
angosciata.
"Che hai Karl?"
"Zingaro..."
"Cosa!?" sentii un baratro aprirmisi sotto i
piedi: quel cavallo era la vita di Elena! Non poteva, non doveva essergli
accaduto nulla! "Una colica?" chiesi subito, ricordandomi di
Konstantin.
"No, peggio! Pare che abbia litigato
con un altro stallone e ne sia uscito malridotto! E' in clinica veterinaria."
Per un istante rimasi immobile, un unico pensiero che mi
torturava l'animo.
"Vai da lei." la voce del Kaiser mi
riportò alla realtà.
"Karl..."
"Muoviti! Ha bisogno di
te."
Mollai tutti davanti all'albergo. Diedi una spiegazione sommaria al
mister e volai alla clinica Kloster.
Mi
accolse Kristine, in lacrime.
"Karl è arrivato due minuti
fa..." mi disse.
"Cos'è successo?" l'abbracciai,
lasciando che sfogasse le ultime lacrime sulla mia spalla.
"Verso le
cinque sono andata a riprendere i cavalli al paddok. Ho trovato Zingaro in una
pozza di sangue, il posteriore squarciato dalla groppa fin quasi al
garretto.."
"Ma com'è possibile!?Chi..."
"Sebastian..."
"Sebastian? Il puledro di Marjorie? Ma come?"
Scosse il capo "Colpa mia... Pensavo fosse ancora giovane
per mettersi a litigare con uno stallone più anziano. Invece ha saltato il
recinto ed è andato a sfidare Zingaro. Ha
una brutta botta nel costato e un paio di morsi ben assestati sul collo, ma deve
aver ferito Zingaro con un ferro..."
"Come sta?" chiesi con la voce che tremava.
Scosse di nuovo
la testa "Ha perso molto sangue..."
"Elena?" non riuscivo neanche immaginare
quanto stesse male.
"Vieni." disse e mi portò davanti
alla porta di quella che doveva essere una specie di sala per la terapia
intensiva. Lì fuori Marjorie in lacrime, vestita col camice operatorio, piangeva
stretta tra le braccia di Karl, il quale mi fece cenno col capo di entrare.
Zingaro era disteso a
terra, su un letto di soffice paglia. Sul posteriore destro spiccava una lunga
ferita appena ricucita e una grossa fiala di sangue era collegata al suo
anteriore. Respirava appena, ad occhi chiusi.
Elena era seduta a terra
accanto a lui e lo accarezzava piano sul collo. Piangeva.
Restai per qualche
minuto alle sue spalle, in silenzio.
"Elena..."
Si voltò. Gli occhi color
dell'autunno colmi di lacrime, cerchiati di rosso. Il viso pallido, lo sguardo
vacuo. Si alzò improvvisamente in piedi e me la ritrovai tra le braccia. La
tenni stretta, senza dirle nulla.
Era passata una settimana, i
Mondiali si avvicinavano. Paul e Lukas mi avevano sostituito a bordo campo
seguendo gli allenamenti e le partite di Giappone e Germania in programma in Europa.
I nipponici avevano giocato un'amichevole contro la
Svizzera, stravincendo.
Non sarei andata in Sud
Africa. Lauber fu molto comprensivo, Zingaro era messo male, molto male ed
io non me la sentivo di lasciarlo solo. Non avevo
più rivisto Benjiamin da quel giorno.
Mi davo la colpa di quello che era
successo, mi pareva di essere vittima della pena del contrappasso! Il
giorno prima avevo baciato il ragazzo della mia migliore amica, il pomeriggio
seguente il suo cavallo aveva quasi ammazzato
il mio stallone. Me l'ero meritato! Marjorie amava Benjiamin da una vita, non
avevo alcun diritto di fare quello che avevo fatto! Anche se le cose tra loro
non andavano come dovevano, non avevo alcun diritto.
Quel pomeriggio tornai a casa
dalla clinica che Marj era già rientrata. Sapevo che si sentiva in colpa per
Sebastian, ma io avevo un peso sulla coscienza.
Presi il coraggio a due mani
e cminciai a parlare, appoggiandomi pesantemente al muretto che divideva il
cucinino dal salotto e guardandola con aria
seria mentre finiva di preparasi un
thé.
"Marj..."
"Mmmm?" mugugnò col cucchiaino tra le labbra
"Ho da dirti una cosa..."
"Zingaro?" chiese,
subito preoccupata.
Scossi il capo e l'abbassai, fuggendo il suo sguardo "No, Benjiamin..."
Si sedette sul divano e mi
fissò severa, trafiggendomi con quegli occhi azzurro cielo che s'eran fatti
cupi in un istante "Mi pareva..."
"Come?" rimasi sorpresa dal suo
tono piuttosto scocciato.
"Beh, l'altro giorno si è catapultato da te. Siete stati
da soli in rianimazione almeno mezz'ora. Quando è uscito non mi ha degnata quasi
di uno sguardo..."
"Marj..." mi sentii morire, mi mancò il pavimento sotto ai
piedi e l'aria nei polmoni. Era vero, Benjiamin non l'aveva degnata di uno
sguardo... Era tutto così palese. Tutto così dannatamente sbagliato...
"Piantala!" mi urlò contro "Se eri innamorata di lui potevi
evitare di buttarmi fra le sue braccia! E di prendere per il naso anche Karl!
Non mi ama, non mi ha mai amato e non mi amerà mai!"
Piangevamentre mi gridava contro la sua rabbia.
Accennai un passo verso
di lei "Marj, ti avevo detto..."
"Cosa!? Che non lo amavi?
Che non ti interessava? Bugiarda! Sono quindici anni che sogno quell'uomo,
non ho mai avuto una storia vera perché ho sempre desiderato solo lui! Così
vicino eppure così distante!
Karl me lo ha fatto conoscere! Lui me l'ha fatto
amare! Tu me l'hai solo portato via!"
Quelle parole mi fecero
male, lei non sapeva quanto...
Avevo sbagliato. Avevo sbagliato
tutto!
Avevo mentito a lei, a Karl, a me stessa. E tutto perché non avevo
avuto un briciolo di coraggio, per l'ennesima volta, nell'affrontare la
vita.
Mi sentii schiacciata dagli eventi, che mi scorsero rapidi e
dolorosi nella testa.
E d'un tratto
mi resi conto che un tassello non quadrava...
"Tu non ami Benjiamin...
Tu neppure lo conosci!"
"Cosa?! Come ti permetti!" puntò il suo
sguardo azzurrissimo su di me,
con tutta l'intenzione di folgorarmi.
"Tu sei innamorata di un'immagine che ti sei fatta
di lui. Un sogno che ti sei costruita basandoti su quel che ti raccontava Karl.
Che non ti parlava poi così tanto di Price, quanto di se stesso, della vita
della squadra e, sì, anche del suo migliore amico...
Tu ami il tuo uomo perfetto Marj,
e lo hai dentificato con Benji. Ma da chi sei corsa l'altra
sera?"
Nei suoi occhi, d'improvviso,
un'espressione smarrita.
Sapeva che avevo ragione.
Il primo a sapere dell'incidente
non era stato l'SGGK ma Karl. La prima persona che Marj aveva
chiamato era stato lui. Non colui il quale era, fino a prova contraria, il suo
ragazzo, ma il suo amico di sempre...
"Ele, io..."
disse con un fil di voce, crollando tra i cuscini del divano.
Mi sedetti di
fronte a lei e raccolsi tutto il mio coraggio.
Dovevo dirglielo.
"Io sono imperdonabile, Marjorie.
L'altra sera ho baciato Benjiamin."
"Come?" la rabbia ritornò
repentina sul suo viso. Non potevo darle torto
"Come hai potuto?!" urlò
nuovamente, alzandosi di scatto e cominciando a camminare infuriata per la stanza,
stando ben attenta a starmi il più lontana possibile.
"Ho sbagliato. So che non mi perdonerai
facilmente... Non lo pretendo. Hai ragione. Lo amo. E l'ho messo tra
le tue braccia perchè sono una vigliacca, perchè ho paura di amarlo. E perchè
speravo che voi due sareste stati felici insieme..."
"Tu..." sibilò
furiosa "Lo sapevo! Fino da Zurigo! Altro che
tentare di farci andare d'accordo! Cercavi di farlo innamorare di te!La povera
piccola, innocente Elena!" La rabbia la stava facendo sragionare, ne ero consapevole, ma non ressi
quell'insulto. Non da lei che mi conosceva da una vita!
"Lo sapevi?" mi alzai dal tappeto sul quale ero
rimasta inginocchiata e l'affrontai "Fin dall'inizio? E allora perchè non
hai tentato di aprirmi gli occhi, eh? Certo, perché Benjiamin era solo tuo! Se
sapevi che in realtà amavo lui, perché mi spingevi tra le braccia di Karl?
Perchè continuavi a dirmi: "Vi innamorerete, vedrai?" Non pensavi a quanto ci stavo male, in fondo, a
cercare di tenervi uniti? Non pensavi che avrebbe sofferto anche
Karl?"
"Oddio... Karl..." si fermò,
voltandosi di scatto tanto che due boccoli dorati le s'incastrarono nell'angolo
della bocca.
"Già. E non pensi a quanto ha sofferto per
te?"
Di quello avevamo parlato io e lui la sera prima che partisse per il
ritiro della Nazionale, la sera che avevamo deciso che il nostro rapporto, da quel momento,
sarebbe stato di sola amicizia. Era inutile continuare a mentire, continuare a fingere.
Non eravamo fatti l'uno per l'altra.
"Ma..."
"Marjorie" dissi,
riprendendo un tono più calmo "abbiamo bisogno tutti
quanti di una bella pausa. Ma loro due, ora più che mai, se ne devono stare
tranquilli. Hanno altro a cui pensare! Dopo i Mondiali..."
Si
sedette sul divano a gambe incrociate, lo sguardo basso, vuoto "Ho rovinato
tutto..."
"Come?..." Stupita da quell'affermazione, mi sedetti
cautamente accanto a lei e le scostai delicatamente i capelli dal viso.
Chiuse gli occhi e iniziò a piangere "Avevamo fatto l'amore. Era
stato bellissimo, come sempre. L'avevo abbracciato. Era stupendo, un sogno...
Gli ho detto "ti amo". Mi ha stretto a sé... E non ha risposto. Mi sono
sentita morire...
Non mi ama. Lo sapevo. Mi sono arrabbiata, l'ho insultato e di nuovo è
rimasto in silenzio. Ha incassato e basta. Ma si vedeva che era triste. Se fossi stata
zitta... sarebbe ancora con me..."
"Marj... Lo sai che non è
vero."
Sollevò gli occhi da gatta, lucidi di lacrime "Ele..."
"Sarebbe stata una bugia, tutta una bugia! E il
primo ad andarsene sarebbe stato
lui." le dissi mentre le lacrime cominciavano a rotolare lungo le mie
guance.
"Allora perché non mi ha lasciata prima?!"
Le sorrisi e scossi
triste il capo "Perché l'ho
convinto io... E ho sbagliato..."
"E' innamorato di te?" mi chiese sussurrando tra un
singhiozzo ed un altro.
"Non lo so..." sospirai. E avevo paura di saperlo, pensai. Sarei stata solo una delusione per
lui.
Marjorie mi abbracciò
stretta e piangemmo insieme come era capitato mille altre volte.
Eppure io sapevo che
qualcuno avrebbe raccolto con cura il cuore in cocci della mia amica, per poi
ricomporlo con amore. Un amore tenuto in serbo per tanti, troppi anni...