Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
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Autore: Titinina    03/11/2013    4 recensioni
Tra le vie animate, le mille luci e il divertimento sfrenato, due figure agiscono nell'ombra, chi per salvaguardare la propria città con la sua 357 magnum, chi per conquistarla con leggiadria e l'eleganza di una gru che vola nei cieli. Questa fan fiction è una crossover tra il nostro amato City Hunter e un nuovo manga che mi ha colpito: Heat, scritto da Buronson e disegnato da Ryoichi Ikegami. Vi assicuro, conoscere Tatsumi Karasawa ne vale davvero la pena, è intelligente, forte ed ha ha sani principi! La sua morale e la sua rettitudine non mirano a diventare uno yakuza qualsiasi, ma a creare un mondo dove tutti possano vivere a testa alta, come del resto lui fa. Letto i primi volumi mi sono detta: chi meglio di lui può essere il rivale perfetto di Ryo Saeba?! Sarà una fan fiction dai tratti duri, metteremo le mani nei bassi fondi e la criminalità, Shinjuku sarà il teatro di questo scontro tra titani! Dedica speciale a Fedeluca e a Rinrei, grazie ragazze! E che altro dire se non...Benvenuti a Shinjuku! Titinina ^___^ (ogni immagine è coperta da copyright appartenente a Tsukasa Hojo e Ryoichi Ikegami)
Genere: Azione, Erotico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: City Hunter
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Nel cuore della notte, le onde si increspavano contro il cemento del porto, un movimento continuo e disordinato, segno di una nave che stava solcando il mare e che si apprestava a raggiungere la riva.
Sul ponte, i marinai procedevano con le loro manovre per far entrare in porto la nave. Sul pontile videro muoversi delle luci che segnalavano loro dove fosse il dock.
Uno di loro si affacciò sul boccaporto per dare uno sguardo alla stiva, uno strano rumore arrivò da basso, senza che però il marinaio se ne preoccupasse ulteriormente.
Al dock, Katsuo dava istruzioni agli uomini a terra su come disporsi per l’arrivo del carico, mentre la ricetrasmittente gracchiava poche e semplici parole:
-Sbarco in venti minuti.
Fujimaki fece cenno con la mano a Katsuo e il ragazzo rispose affermativamente alla radio.
Gli uomini del clan di Fujimaki cominciarono a spostare i mezzi dove dividere la merce, uno di loro si mise a controllare i quattro furgoni anche vicino alle gomme.
-Ehi amico, la prudenza non è mai troppa per te, vero?
-Già, meglio controllare tutto.
Disse l’altro mentre si aggiustò un guanto sulla mano.
-Ma tu chi sei? Sei nuovo?
-Sì.
Calando di più il berretto sulla testa, l’uomo si avviò verso il furgone successivo e il suo compare si allontanò.
-C’è mancato un pelo.
Sbuffò sottovoce Mick, mentre regolava i timer delle bombe che aveva piazzato sotto le ruote dei furgoni.
--
Ryusuke aveva il muso imbronciato, stringeva le braccia sul petto, proprio quel posto non gli andava a genio, inoltre il suo stomaco brontolava.
-Mamma, quando c’è ne andiamo da qui? Sono stanco e ho fame.
Satomi sorrise al figlio, solo dopo tutte quelle ore passate dentro quella stanza, bella sì, ma chiusi a chiave, si lamentava. Era proprio un bambino forte.
-Hai fame, Ryusuke?
-Sì!
-Ora vediamo cosa fare.
Satomi si avvicinò all’interfono sulla scrivania e provò a schiacciare il bottone, qualcuno le rispose e riuscì a farsi portare qualcosa per Ryusuke.
Fino a ché Kotaro Harada non spalancò la porta dove Satomi e il figlio erano sistemati.
-Avvocato Nakatani, che dice di fare un giro con me?
Satomi si alzò in piedi e allungò una mano verso il bambino, ma una guardia si appostò dietro Ryusuke e gli mise una mano sulla spalla.
-Forse è meglio che suo figlio rimanga qui.
Satomi socchiuse gli occhi, poi si girò verso il figlio sorridendo,  poi, prendendo Ryusuke per le spalle, diede un calcio al cavallo dei pantaloni della guardia, che cadde sulle ginocchia dolorante.
-Harada, mio figlio viene con me. Se provate a torcergli un capello, non solo avrà Retaijin sul collo, ma anche la Tao Corporation.
Harada strinse i pugni e si girò di schiena per fare strada, senza dire una parola, sapeva di non poter troppo tirare la corda con Satomi Nakatani, alle spalle aveva la triade cinese, protetta da Retaijin e soprattutto la Tao Corporation, di Kuli Tao, quest’ultimo controllava, non solo i movimenti di Hong Kong, ma quelli della Cina Orientale a Shangai. Significava mettersi contro qualcuno che lo avrebbe appeso letteralmente per le palle, se non gli fosse andato a genio.
Non poteva bruciarsi arrivato a questo punto.
Satomi prese per mano Ryusuke che rispose alle spalle di Harada facendogli una linguaccia.
-Mamma, quel tizio è davvero antipatico, ma quando andiamo a casa.
-Ancora qualche ora e presto andremo a casa, sai com’è quando si tratta del lavoro della mamma.
Satomi seguì Harada e le sue guardie, conosceva la destinazione, del resto era stata lei a portare la missiva.
--
Il cargo stava attraccando nei venti minuti stimati, gli uomini di Fujimaki si apprestarono a circondare il primo dock per lo scarico della merce.
Mentre le manovre di attracco procedevano, uno dei marinai si inerpicò sul ponte, mettendosi a prua, per poter scendere sul molo, appena il cargo si fosse avvicinato a giusta distanza per permettergli un salto.
Si piazzò davanti agli uomini di Fujimaki, sputando a terra prima ancora di parlare, e passando le mani sui pantaloni sporchi digrasso.
-Chi comanda qui?
Domandò in un giapponese scarno con flessione cinese.
Katsuo avanzò a grandi passi, capendo che tipo di personaggio avesse davanti, la prima cosa che fece fu controllare che le sue due pistole fossero al proprio posto.
-Puoi parlare con me.
L’uomo lo guardò da capo a piedi, sorridendo con disprezzo, considerando Katsuo troppo giovane, stava per alzare una mano su di lui, ma, in una frazione di secondo, Katsuo gli puntò la pistola sulla fronte.
-Ok, ok ho capito.
Katsuo abbassò l’arma e non proferì parola, aspettando il suo interlocutore.
-Il primo carico è nella stiva, il secondo arriverà fra trenta minuti.
-Si era parlato di un solo cargo.
-Non so nulla, io so solo che due sono partite e due stanno arrivando.
-Questo non era negli accordi.
Katsuo sentì puzza di bruciato, la situazione non gli piaceva per niente. Si allontanò di qualche passo, chiamando uno dei suoi e mandandolo a spiegare la situazione a Fujimaki, lui sapeva certo che fare.
O almeno lo sperava.
--
La macchina nera di Harada, con i finestrini scuri, rallentò davanti al King Casinò di Shinjuku.
L’avvocato Tanaka scese per aprire la portiera e far scendere il proprietario dell’auto e la signora che lo accompagnava.
-Dovevo aspettarmelo da lei, Harada.
-Ogni rischio è sempre ben calcolato, dovrebbe saperlo avvocato Nakatani, del resto è il suo lavoro.
Harada fece cenno col capo verso Tanaka, gli bastò solo un sì e improvvisamente alle porte del King Casinò si presentarono venti uomini vestiti di nero che aspettavano, senza battere ciglio, un solo ordine.
-Mi dica Harada, è stato lei questa mattina alla stazione con la bomba, vero?
Disse Satomi guardandosi attorno, per quanto l’aria pizzicasse di tensione, continuava a mantenere un certo distacco, un’aria di fierezza.
-  E’ il cosiddetto intuito femminile?
Rispose Harada cercando di risultare sarcastico e beffardo.
-Mettiamola così, conosco molto bene la gente come lei.
Satomi accompagnò la sua frase piantando i suoi occhi in quelli di Harada, mettendolo in soggezione, infatti l’uomo si passò una mano sul colletto della camicia cercando di allentarne la prese.
-Quando si ha uno scopo, una meta, è così che reagisce un uomo.
-Uomo? Non vedo nessun uomo qui. Il suo sembra un semplice capriccio.
-Non abusi della mia pazienza, avvocato.
Satomi aprì la portiera dell’auto, facendo scendere Ryusuke, guardò l’entrata del King Casinò. La mano di uno scagnozzo di Harada si posò sulla sua spalla, ma bastò uno sguardo perché l’uomo si ritrasse.
-Conosco bene la strada.
E si incamminò mentre un caracollante Harada cercava di riprendere il controllo della situazione.
--
Appostato dietro ad un container, Mick controllava la situazione al porto, la sagoma di un uomo alto e ben piazzato  si avvicinava ai marinai, lo riconobbe subito, senza bisogno di guardarlo in faccia: il sesto boss della Kansai Sanno, Fujimaki.
Mick capì immediatamente: c’era qualcosa che non funzionava, nessun boss si scomodava per un banale scarico di merci, restò in allerta, cercando di captare tutta la conversazione.
-Eravamo d’accordo su un carico.
-Non so cosa vi abbiano detto, ma io ne ho due. Se voi bastardi della yakuza non siete in grado non è un problema mio.
Fujimaki non era un uomo paziente, non ci volle molto che il marinaio si ritrovò con il naso sanguinante causato da una testata del sesto boss.
-Sbrigati a far arrivare entrambi i cargo qui e sparisci se non vuoi tornare a casa senza gambe.
Il marinaio spaventato ritornò sulla nave, mentre imprecava nella sua lingua e cercando di tamponare il sangue che gli usciva.
-Sesto Boss…
Katsuo stava per ribattere, non capiva, sapeva benissimo che c’era qualcosa che non quadrava, eppure il suo capo, suo padre putativo, continuava.
-Chiudi la bocca Katsuo.
Alle spalle di Mick, qualcosa d’improvviso si mosse, l’americano si preparò a combattere, sentendo qualcuno che si avvicinava silenziosamente da dietro i container. Corse per cercare di prendere alle spalle l’uomo, saltando da un container all’altro, silenzioso come un gatto.
-Stupido yankee, smettila di saltare e vieni qui.
-Umibozu!
Mick si ritrovò faccia a faccia con il bazooka di Falcon.
-Che diavolo ci fai qui, polipone!
-Volevi divertirti da solo?
Mick doveva aspettarselo, Umibozu non era uno che stava con le mani in mano.
-Andiamo a fargli la festa?
-Aspetta, c’è qualcosa che non và con la merce,voglio prima capire di che si tratta.
Umibozu lanciò qualche bomba a mano all’americano.
-Io so cos’è.
-E come diavolo fai a saperlo?
Umibozu sorrise a bocca aperta, con il ghigno della vittoria.
-Che cazzo di domande che faccio anche io!
Si rimproverò Mick.
-Aspettiamo solo qualche minuto, Saeba dovrebbe essere nei dintorni.
-Siamo al completo a quanto pare.
I due si rimisero di vedetta, quando finalmente le operazioni di sbarco cominciarono  Mick rimase a bocca aperta.
-Merda! Devo togliere le cariche che ci sono sui furgoni. Lo sapevi?
Umibozu fece cenno di sì col capo, mentre continuavano a guardare la merce che veniva scaricata.
Una quarantina di persone, tra donne e bambini, erano scesi dalla prima nave, Fujimaki non perse la calma e fece segno di farli entrare nei furgoni.
Sapeva benissimo perché erano qui e sapeva che destinazione fargli prendere.
Il secondo cargo fece il suo sbarco, questa volta la merce era giusta, droga dalla Thailandia passata prima per la Cina.
Fujimaki fece altri cenni ai suoi uomini per riempire il quarto furgone, ma un proiettile volo verso una cassa e il  rumore destò l’attenzione di tutti portandoli a guardare verso il punto da cui era partito il colpo.
Seduto su uno dei tetti dei furgoni, con una gamba a penzoloni e in una mano la pistola fumante, Ryo Saeba fece la sua entrata.
-E tu chi cazzo sei?
Disse uno degli uomini di Fujimaki.
Ryo scese con un balzo leggero per terra e non proferì parola, guardando negli occhi Fujimaki.
Katsuo, senza pensarci due volte tirò fuori la pistola e cercò di colpire Ryo, ma lui fu più veloce, disarmò con un solo colpo il ragazzo e continuò a camminare dritto, senza nessun segno di cedimento verso Fujimaki.
Fujimaki fece segno ai suoi di star fermi, mentre Ryo avanzava verso di lui.
-Cosa vuoi.
La voce di Fujimaki era profonda e molto rauca.
-Tutto, o meglio, quello che c’è sui primi due furgoni. Il resto posso venirlo a prendere anche più tardi.
Fujimaki allargò le narici.
-E come hai intenzione di portarci via tutto? Da solo contro dieci di noi?
Ryo fece un ghigno beffardo, guardando l’uomo negli occhi.
Un boato attraversò il porto, Fujimaki allargò gli occhi vedendo un missile di bazooka passare alle spalle dell’uomo che aveva di fronte e far saltare una delle navi da cargo.
-A quanto pare non sono solo.
Rispose Ryo sardonico.
Gli uomini di Fujimaki cominciarono a sparare contro Ryo, il pandemonio esplose lì nel dock, Mick e Umibozu entrarono in azione, partecipando alla lotta attivamente.
Ryo schivava colpi senza battere ciglio, continuando a camminare verso Fujimaki, finché non gli fu di fronte.
-Allora, Fujimaki, lo sai meglio di me, è ora di finirla.
Fujimaki alzò l’angolo della bocca verso l’alto, e con la sua voce fece fermare i suoi uomini.
-City Hunter.
Ryo mise via la sua pistola, e asserì col capo all’affermazione del sesto boss.
-Perspicace.
Mick disinnescò le bombe che aveva piazzato sui furgoni, mentre gli uomini di Fujimaki erano sbalorditi davanti alla resa così semplice del loro capo.
-L’altra merce sai già cosa farne, no?
Fujimaki tirò fuori il suo cellulare e attese istruzioni in merito.
-Ci vediamo tra venti minuti, Joshima.
Poi si voltò verso Ryo.
-Come facevi a saperlo?
Ryo superò Fujimaki, e si fermò al suo fianco.
-Conosco gli uomini di Shinjuku.
Mick e Umibozu si misero alla guida dei due furgoni che contenevano le donne e i bambini arrivati dal cargo, fecero segno a Ryo e si allontanarono per portarli al sicuro.
Ryo, prima di avviarsi verso la sua auto disse un’ultima cosa al sesto boss.
-Spero tu abbia assicurato il tuo King Casinò.
Fujimaki scoppiò in una grassa risata, mentre Ryo alzò una mano in segno di saluto.
--
Kaori Makimura si mise una mano dietro la schiena per controllare che la pistola fosse al suo posto. Guardò di sottecchi l’uomo che aveva al fianco.
-Ti piacciono le entrate spettacolari, vero Karasawa?
Tatsumi spense la sigaretta con la punta della scarpa, mentre guardava l’entrata del King Casinò.
-Sono uno da prima linea.
Entrambi videro la macchina nera di Harada all’entrata del casinò e il piazzarsi delle guardie di scorta dell’uomo.
Poi Kaori, vide uscire una donna dall’auto accompagnata da un bambino che poteva quattro o cinque anni.
-Che ci fa qui un bambino? E chi è quella donna? Non è la moglie di Harada.
-Ti ricordi bene la moglie di Harada, a quanto pare.
-Vaffanculo Karasawa.
Sparò Kaori ricordando in quale circostanze aveva avuto il piacere di conoscere la donna.
Tatsumi le prese il mento con le dita  e la fece girare verso di lui, guardandola negli occhi.
-Volevi essere al suo posto, Kaori?
Kaori divenne paonazza e si liberò della presa imprecando tra sé e sé, mentre Tatsumi ghignava della pudicizia di lei. Poi tornò a fissare la donna che entrava al King Casinò mentre si liberava di una delle guardie che le aveva messo una mano sulla spalla.
-Conosci la Tao Corporation?
-Sì certo.
-La signora è il loro legale.
Kaori rimase stupita guardando la donna.
-E come fai a saperlo?
-Ognuno ha i propri segreti, forza entriamo.
Tatsumi si avviò camminando verso l’entrata, un uomo cercò di fermarlo, ma lui lo fece ruzzolare per terra, poi si guardò indietro.
-Paura?
Fece verso Kaori.
-Non vedevo l’ora di sgranchirmi.
Rispose Kaori affiancandosi a lui e prendendolo per un braccio.
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