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Autore: Dont_Cry_Kla    06/11/2013    2 recensioni
Vecchia storia, vecchio titolo. Perchè postarla di nuovo? Non è più pratico correggere semplicemente i capitoli della vecchia storia? No! Semplicemente perchè erano orribili e pieni di errori, gli errori di una ragazzina che non sono più. Spero dunque che qualcuno sia disponibile a leggere (di nuovo) questo parto di una mente malata (o semplicemente troppo sognatrice). Giusto un paio di precisazioni prima di cominciare:
1. La trama è mooooolto OOC, è probabile quindi che i personaggi possano essere diversi da quelli che vi immaginate e che possano fare o dire cose che nella versione originale non sarebbero possibili.
2. A causa del punto 1 potrebbero esserci linguaggi scurrili e/o temi delicati.
Il passato ci trova sempre, anche sull'Isola che non c'è e Peter questo non lo ha ancora capito.
Non è possibile fuggire dalla vecchia vita, nemmeno sull'Isola che non c'è, e questo Wendy dovrà capirlo da sola.
La verità è che l'Isola può essere un posto molto poco ospitale per un bambino che non accetta di essere cresciuto e per una ragazza che vuole cambiare le cose senza cambiare se stessa.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Campanellino, Capitan Uncino, Peter Pan, Wendy Darling
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lo so che avevo promesso che avrei postato due giorni fa ma il computer ha deciso di mollarmi, ho seriamente avuto il terrore di perdere tutto. Grazie per la comprensione!

Capitolo secondo
Regola numero 2 

 

Prima o poi la realtà viene sempre a bussare alla porta dei fuggiaschi, avrei dovuto ricordarmelo quando sparii per tre giorni interi a rincorrere le gonnelle nei saloon. Un bel giorno, quando  completamente esausto cercavo un posto per riposarmi un po’, mi trovai Campanellino davanti agli occhi che chiese come stessero andando le ricerche. Sarò sincero. Provai ad inventare una storia credibile, ma dopo una nottata passata a bere e fumare non è che avessi grandi capacità interpretativ. Per farla breve mi presi una sgridata colossale, tanto che temetti seriamente che mi trasformasse in qualche essere ripugnante. Mi mortificò a tal punto che non ebbi il coraggio di dire nulla e l’unica cosa che riuscii a fare fu invertire la rotta e tornare al porto. 

Ero abbastanza sicuro che non l’avrei incontrata nei posti che frequentavo di solito, effettivamente era una cosa che avrei dovuto notare subito, era risaputo da tutti che i pirati frequentavano i locali nella zona ovest dell’isola, quella più malfamata, e logicamente io avevo evitato accuratamente di andarci.

Arrivai davanti ad uno dei locali più conosciuti della zona, la sua fama non era delle migliori e nemmeno l’aspetto ad essere sinceri, avevo l’impressione che avrei preso una miriade di infezioni solo mettendoci un piede dentro. L’insegna, consunta e sbiadita, diceva “La mela rossa” anche se sarebbe stato meglio “La mela marcia” o addirittura “La mela avvelenata” a giudicare da com’era ridotto l’ingresso. Mi strinsi nel cappuccio ed entrai. Il disgusto si fece ancora più forte quando, passando davanti a quello che doveva essere la latrina, fui travolto da un puzzo a metà fra il vomito e la pipì, erano passati dieci secondi e già volevo andar via. Quel posto non mi piaceva. Decisamente.

Mi avvicinai alla locandiera e, con la voce più matura che potessi avere, ordinai un wiskie. Lei mi squadrò da capo a piedi, in quel momento ebbi seriamente il timore che mi facesse togliere il cappuccio per vedermi in viso, e mi disse con aria scettica:

-Bambolina, non sei un po’ troppo giovane per bere?- Un brivido mi percorse la schiena quando mi accorsi che la locandiera era in realtà il locandiere, anche se a pensarci bene era abbastanza evidente visto il pomo d’adamo grosso quanto un pugno.
Cercai di essere più convincente possibile quando dissi di no, e dovette funzionare o semplicemente, indeciso sulla mia identità preferì fregarsene, dato che mi portò un wiskie (scadente in un bicchiere sudicio) -10 scellini. Serve altro?- gli porsi il denaro e dissi -Si. Un altro cicchetto e un informazione- solo adesso mi rendo conto di quanto dovessi essere apparsi ridicolo dopo quella battuta infelice -Dimmi tutto, stallone- mi chiedo se si rendesse conto di quanto fosse disgustoso.

-Cerco una ragazza, è nuova del posto, mi hanno detto che si chiama Wendy- ci fu un momento durante il quale il suo sguardo vagò per un punto imprecisato del locale, poi mi disse -Wendy… no qui non c’è nessuna Wendy , ma ho un Adelaide che per 100 scellini si farà chiamare come vuoi, ti interessa?- stavo parlando con un idiota, quello oramai lo avevo appurato, non credo proprio che Uncino si fosse messo a fare il protettore

-Non è una prostituta che cerco- mi guardò come se avessi chiamato sua madre “prostituta”, così aggiunsi, giusto per darmi un tono -Normalmente me lo sarei fatto un giro, ma adesso ho cose più importanti da fare- Continuai il mio discorso noncurante delle idee che mi si erano fatte in testa vedendo la famosa Adelaide che faceva un balletto sulle gambe di uno degli avventori -Quella che cerco dicono sia un pirata-

-Se la tua ragazza è un pirata è meglio che lasci stare-
-Chi ti dice che sia la mia ragazza?-

-E chi te l’ha fatto fare di innamorarti di un pirata? Deve essere proprio bella-

-Non potrei mai innamorarmi di un pirata!- quella conversazione cominciava ad irritarmi.

-Ma scusa che ci devi fare con questa Wendy?-

-Faccio un piacere ad un’amica! E scusa ma due fatti tuoi non te li sai fare?- Sentivo le vene sul collo pulsare e stavo cominciando ad avere un fastidioso (ed alquanto inquietante) tic all’occhio sinistro.

-Ma che modi. Trattare così una signora-  Ci voleva coraggio a chiamarla signora –Comunque, se proprio ci tieni , chiedi a quelli-
Indicò tre tipi seduti in un tavolo in fondo alla sala, il primo era incappucciato era quasi impossibile distinguere il suo viso, un altro era alto grosso con i capelli unti che incorniciavano il viso spigoloso, l’ultimo era magro, molto magro e aveva il naso aquilino messo in risalto da un grosso anello d’oro e da due lunghi baffi neri. Sgozzo e Schizzo. Li avrei riconosciuti ovunque, alcuni dei più temuti prati della banda di Hook, due facce del genere non si dimenticano così facilmente. Con loro avevo un conto in sospeso, il problema era che anche loro ne avevano uno con me, dato che negli ultimi anni gli avevo dato più grane io di tutti gli indiani sull’isola.
Mi avvicinai con tutta la calma possibile tenendomi stretto il cappuccio. Provai a parlare con quello più piccolo, sembrava essere quello meno pericoloso -Scusa, mi dispiace essere costretto a disturbarvi ma volevo sapere se avete sentito parlare di una certa Wendy tra le navi…- odiavo usare quel tono referenziale, se fosse stato per me lo avrei minacciato con un coltello alla gola, ma non mi sarebbe convenuto, mi sarei fatto scoprire ed era meglio approfittare un altro po’ dell’anonimato. Quel tipo nemmeno mi guardò in faccia quando mi rispose - Wendy? Che nome stupido- e rise sonoramente, attirando l’attenzione dei suoi compagni.

- Ehi moccioso, che vuoi? –

Sbottò il pirata grosso, Sgozzo, visibilmente ubriaco. Nonostante la mia voglia di prenderlo a calci sul denti, feci un respiro profondo e mi imposi di rimanere calmo.

- Niente signore, chiedevo solo informazioni -

- E che volevi sapere? Spera che sia importante, non sono in vena di perdere tempo-

Stavo cercando una risposta, perché quella vera di certo mi avrebbe messo nei casini, ad un certo punto sentii una strana sensazione nell’inguine, ero bagnato, quell’idiota mia aveva buttato quell’intruglio che stava bevendo addosso -Guardatelo, si è fatto sotto dalla paura!- si diffusero risate per tutta la locanda, continuavo a ripetermi di stare calmo, sapevo che volevano solo che reagissi, ed io speravo che se non lo avessi fatto l’avrebbero smessa. Sentì Schizzo, quello magro, che fino a quel momento era rimasto in disparte, sussurrare qualcosa al suo compagno incappucciato, quest’ultimo sorrise. Ci fu uno scambio di monete, sapevo che non era una cosa buona. L’incappucciato si alzò da tavola e si diresse verso di me, mentre Schizzo urlava -Scommetto dieci scellini che Emmepi lo fa fuori in meno di mezzora!- L’incappucciato mi si gettò contro brandendo una spada che gli aveva dato il locandiere, ero evidentemente svantaggiato. Mi svincolai dal primo affondo, ma era veloce ,anche se sembrava essere più intenzionato a mantenere il cappuccio in testa che a combattere, anche lui aveva qualcosa da nascondere, evidentemente. Avrei potuto batterlo, avessi avuto un’arma, o almeno avrei evitato di farmi ammazzare, pensandoci bene avrei vinto di sicuro.L’altro doveva avere qualche problema serio visto che si era fermato a guardarmi invece di attaccare come avrebbe qualsiasi pirata degno di quel  nome.
-Voglio combattere ad armi pari, qualcuno gli dia una spada!- disse, voleva combattere ad armi pari, peccato che questa non sia una caratteristica di quelli come lui. Non finì di parlare che mi ritrovai una spada che sembrava più intenzionata a ferirmi che ad aiutarmi, era vecchia pesante ed arrugginita, ma era sempre meglio di niente. La presi con due mani e provai difendermi, potevo considerarmi un bravo spadaccino, ma i luoghi chiusi sono sempre stai un mio grande punto debole. L’incappucciato mi bloccò le mani e i piedi contro un muro, non potevo muovermi, sentivo le risate delle persone intorno a me. Ero sull’orlo di un crollo nervoso, le vene sul collo tornavano a pulsare e temevo che stesse per venirmi di nuovo quel maledetto tic all’occhio.

Una voce si fece più forte rispetto alle altre, ed arrivò chiaro il messaggio che mi portava -Non ti vergogni? Farti umiliare così davanti a tutti!- Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Preso dalla forte rabbia dovuta alla derisione, con un colpo d’anca mi liberai in fretta da quello scomodo abbraccio e riuscii a portarmi di nuovo davanti a lui. In quello spazio non sarei mai riuscito ad attaccare e quello era un enorme svantaggio. Quello che ne seguì somigliava più ad un gioco tra bambini che ad un duello, dato che non facevamo altro che rincorrerci per la sala senza che nessuno dei due predominasse, il cerchio di gente si stancò in fretta di quel patetico teatrino, sperando forse in qualche bello scontro alla vecchia maniera, con pochi colpi e tanto sangue, e ognuno tornò alla propria attività. A quel punto muoversi era diventato impossibile. Fu il mio avversario a prendere l’iniziativa, avviandosi verso l’uscita e facendo in modo che lo seguissi, era un elemento decisamente singolare considerando che non aveva fatto altro che darmi le spalle per tutto il tragitto. Chiunque fosse stato minimamente abituato a combattere non avrebbe mai nemmeno lontanamente ipotizzato un gesto del genere, nemmeno se fossi stato il suo migliore amico. Nei duelli la buona fede è una cosa da dimenticare subito.

Mi fece strada fino ad un piccolo spiazzo isolato dietro il locale, e finalmente ebbi l’onore di sentire la sua voce

 -Non pensare che lo abbia fatto per te, sono uscita solo perché mi stavano innervosendo-

 Sollevai un sopracciglio scettico e lo osservai velocemente, doveva essere uno di quei tipi strani che si vestono da donna -Uscita? Sei un po’ confuso lo sai?- dalla sua bocca uscì un suono simile ad una risata che però non riuscì a vedere a causa del cappuccio, qualcosa di simile a –Ma ci sei o ci fai?- che francamente non capii, e non mi impegnai nemmeno più di tanto a farlo, volevo solo chiudere quella questione in fretta, ed all’aperto sapevo che non mi ci sarebbe voluto molto, furono pochi attimi. Salto. Schivo. Affondo. Schivo ancora. Non ci misi molto a colpirlo, niente di grave, solo una ferita superficiale dalla quale non usciva nemmeno tanto sangue, lo feci arretrare fino a bloccarlo, con la spada sulla pancia, contro il muro che mi stava di fronte

-Non sei così bravo come credevo. Di le tue ultime preghiere, ma prima…- e misi una mano sotto il cappuccio sentendo una pelle stranamente liscia e morbida -Voglio vedere chi si nasconde dietro questo “coso”-

Sollevai con le dita quel pezzo di stoffa e fui enormemente sorpreso nel vedere che quel sudicio cappuccio lasciava spazio ad una schiera di capelli castani che ricadevano in grossi boccoli sulle spalle, sembrava li avesse tagliati alla cieca, e conoscendo le abitudini di quella gente non mi sarei stupito se fosse stato così, una camicia larga tentava di coprire un rigonfiamento all’altezza del petto, ma quello che mi colpì furono gli occhi, che mi guardavano senza traccia di paura malgrado avesse una spada appoggiata sullo stomaco. Una ragazza, il mio avversario era una ragazza, forse avrei dovuto capirlo prima, insomma col senno di poi i segnali erano parecchi. A mia discolpa posso solo dire che era parecchio inusuale che una femmina sapesse maneggiare una spada, o avesse il coraggio di farlo.

-Vattene. Non ho intenzione di combattere contro una ragazzina- dissi solo, cercando di mantenere al massimo un atteggiamento distaccato. Provai ad allontanarmi, ma mi prese per l’orlo del mantello e mi trattenne. Senza nessuna forza, erano i suoi occhi a trattenermi lì, parevano sfidarmi e così fu. Approfittò di quell’attimo di distrazione e recuperò velocemente la spada, mossa che solo il suo corpicino esile le permise di fare, e me la puntò contro -Secondo me hai solo paura di perdere contro una ragazza.- sorrise e mi si lanciò contro. Fui preso alla sprovvista da quel gesto e caddi a terra il suo ghigno si trasformò in una risata -Lo sapevo che non eri capace. Ci si vede sfigato- Il mio orgoglio maschile si face sentire prepotentemente alla parola “sfigato”. Mi alzai e, approfittando del fatto che era di spalle, la attirai a me e portai la spada alla gola, poi afferrai la sua spada senza aspettare che lasciasse la presa e la puntai sullo stomaco, impedendole ogni movimento. Davvero pensava che mi facessi battere da lei?

-Regola numero uno: mai voltare le spalle all’avversario- lei sospirò scocciata ed aspettò che io la liberassi, o almeno era quello che credevo io.

Dopo un manciata di secondi sentì un forte dolore nelle parti basse, mi aveva dato un calcio! Quasi istintivamente ritirai le armi dal suo corpo ed in quel preciso istante mi arrivò un'altra forte gomitata nello stomaco ed un calcio che mi rispedì nella polvere, se cado io cadi anche tu… afferrai il suo braccio e la feci cedere su di me. Merda! Bella mossa Pete. adesso sei sotto il suo controllo!

Se mi avesse riconosciuto sarei finito nei casini sul serio. Era sopra di me e mi guardava con quel sorrisetto soddisfatto che ti faceva venire voglia di prenderla a testate e romperle tutti i denti

–Regola numero due: mai sottovalutare il tuo avversario. E adesso vediamo cosa c’è qui sotto…- Si era pure messa a farmi il verso!

Iniziavo a sudare freddo, se avesse capito chi ero sarei morto sicuro -Che c’è, hai paura? - mi prese in giro. Porco Uncino! Si che avevo paura! Ma non lo avrei mai ammesso ad alta voce. Quando temi che stia per succedere l’irreparabile ecco che “la fortuna aiuta gli audaci”: mi tolse il cappuccio ma rimase a fissarmi per un momento che mi sembrò un eternità. Squadrò la mia faccia e poi sorrise -Sei un ragazzo…- sospirai di sollievo, sembrava che non mi avesse riconosciuto ma c’era solo un modo per capire se era vero, e quel modo poteva anche portarmi ad ammazzarmi con le mie stesse mani. Feci un respiro e con il sorriso più falso del mondo le dissi -E chi dovrei essere Peter Pan?- la sua faccia si trasformò in un enorme punto interrogativo. Non mi conosceva. Strano, tutti mi conoscevano, almeno tutti i pirati.

-Pensandoci sei anche un bel ragazzo, peccato che dovrò rovinare il tuo bel faccino- mise il broncio come se le dispiacesse davvero quello che stava per fare, la lama era a pochi centimetri dal mio viso quando un ombra comparve sulla strada polverosa, un ombra terribilmente conosciuta.

-EMMEPI!!! DOVE DIAMINE TI SEI CACCIATA!! –

Urlò uncino spuntando dal vicolo che poco prima ci aveva condotto lì.

Lei si alzò velocemente e si diresse verso di lui.

-HOOK! Sono qui!!-freneticamente rimisi il cappuccio, se la ragazza non mi aveva riconosciuto lui l’avrebbe fatto di sicuro e sicuramente non ero così incosciente da voler tentare la fortuna due volte nella stessa ora.

-Perché hai la faccia scoperta? Ti diverte proprio disobbedirmi eh?- fece lui scuotendo il grosso copricapo per farsi aria in quella giornata afosa
-Ma non vedi che fa un caldo bestiale? Mi vuoi vedere sciolta? –

-Ti ho già detto che è per il tuo bene- continuavano a discutere senza curarsi che io stessi ascoltando. Quello era il momento migliore per scappare, ma andai a sbattere contro una delle nostre spade lasciate a terra che fece rumore, attirando l’attenzione di Hook, che si girò -E questo che sarebbe?- Dopo tutto quel tempo non aveva perso una punta della sua presunzione.

-Nessuno degno di considerazione. Andiamo che ho fame- Quella ragazza non mi stava coprendo, era certo. Semplicemente davvero non mi considerava degno di attenzione, Dio come si sbagliava. Si allontanò portandosi dietro quel pallone gonfiato di Uncino. Io quella l’avrei ammazzata. Se me la fossi trovata di nuovo a tiro l’avrei ammazzata, di sicuro.

Mi alzai, mi ripulii e mi avviai verso un altro posto per continuare le mie ricerche, quella pagliacciata si era presa fin troppo tempo.

Camminavo di nuovo con il cappuccio a coprirmi il viso, facendomi i fatti miei, quando mi affiancò un’altra ragazza, Giglio Tigrato, non Giglio, assolutamente non Tigre, Giglio Tigrato. Figlia del capo della tribù indiana, bella da far schifo e migliore amica storica. Non era una rarità che scappasse dalla sua gente e che andasse a zonzo per la città. Mi prese sotto il braccio, camminandomi a fianco, nessun saluto, non una parola, come suo solito.
-Allora chi ha vinto? Tu o lei? - chiese con nonchalance dopo qualche passo. Io mi voltai di scatto –Come lo sai?-

- Ne parlava un travestito alla “Mela Rossa”, un ragazzino mingherlino, con un pesante cappuccio sugli occhi. Non ne girano molti da queste parti, così mi sono fatta un giro e vi ho visti combattere, ma sono scappata via subito-
-E come diavolo hai fatto a capire che era una ragazza?-

-Caro mio solo un cieco non se ne sarebbe accorto…bhe escluso te ovviamente.-

-Non è divertente. La cosa strana è che non mi ha riconosciuto quando mi ha tolto il cappuccio-

-Sei così egocentrico da pensare che tutti ti conoscano? Ti ricordo che è da un bel po’ che non si vede in giro il ragazzino volante, e che al suo posto ora c’è un bellissimo ragazzo - arrossì nel dire quelle ma io preferì non farglielo notare -O semplicemente è nuova dell’isola- Mille connessioni cerebrali si crearono appena sentii quella frase, se era nuova vuol dire che non era un bimbo sperduto, e se non era un bimbo sperduto voleva dire che altri l’avevano portata lì, per un attimo pensai che potesse essere Wendy per poi ricordarmi che Trilli aveva parlato di una bambina, lei era grande.

-Non pensiamoci, è probabile che non la rivedremo più. Piuttosto com’è che ti trovavi in mezzo a quella feccia?-

-Avevo bisogno di staccarmi un po’ dalla tribù- disse ad occhi bassi

Le presi una mano, intuendo che c’era qualcosa che non mi aveva detto

-Perché non sei venuta da me? Sai che per te ci sarò sempre-

Lei abbassò ancora il viso e non rispose. Mi sorse un dubbio -Ce l’hai con me per caso?-  rise, tornando a guardarmi negli occhi -Se ce l’avessi avuta con te non ti starei camminando accanto, non credi?-

-Touchè. Andiamo? -

- Dove?-

-Non lo so. Dove vuoi.-

-Andiamo un altro po’ in giro, senza meta. Come quando eravamo piccoli- piccoli. Già, perché anche lei era cresciuta, solo che lo aveva scelto.

Così ci incamminammo verso il tramonto, provando a dimenticare per una sera tutti i nostri problemi.


Piccole note prima di andar via.
Peter non è molto sveglio, non è stupido, anzi è fin troppo intelligente, ma troppo abituato al fatto che ci sia qualcuno che si occupi di lui e che lo aiuti. Insomma anche se sono cose che sembrano basilari, non vi aspettate sempre che lui le colga al volo, ragiona ancora come un bambino a volte e certe cose o gliele sbatti davanti al naso o non ci arriva.

 

 

  
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