Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: M a i    12/11/2013    2 recensioni
Lord Voldemort, per tutta la vita, aveva soltanto odiato.
Aveva odiato sua madre perché l'avevano abbandonato e non era stata capace di affrontare la vita per lui.
Aveva odiato suo padre quando non era venuto a portarlo via da quell'orfanotrofio e quando aveva scoperto che era Babbano.
Aveva odiato le inservienti che lo consideravano pazzo nella loro ignoranza e aveva odiato gli altri orfani perché non volevano mai giocare con lui.
Aveva odiato quello strano mago dalla barba rossiccia perché lo aveva ostacolato in tutti i suoi piani e aveva odiato quel ragazzo dalla cicatrice che gli aveva portato via il potere e l'immortalità.
Aveva odiato tutte quelle persone che gli avevano lottato contro e quelle che avevano lottato in suo nome.
Lord Voldemort aveva odiato, odiato e ancora odiato perchè non era stato capace di provare altro che non fosse odio. Ma forse in un tempo alquanto lontano, durante la sua gioventù ad Hogwarts, aveva avuto un assaggio intenso ma breve di quello che era amare. Paradossalmente, il suo cuore, prima di essere strappato dal suo petto proprio da se stesso, aveva palpitato per qualcuno che avrebbe dovuto odiare. Ha amato ciò che doveva odiare.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 I raggi di un sole autunnale insolitamente forte picchiavano sul volto pallido del ragazzino. Le palpebre erano serrate per impedire l’esposizione diretta delle iridi a quella luce fastidiosa. Nonostante questo il volto di Tom era profondamente rilassato: i tratti distesi, le labbra carnose socchiuse che assaggiavano il venticello fresco che spazzava i prati e privava delle foglie, ormai secche, le querce e le betulle già praticamente spoglie della loro rigogliosa chioma. Ma non si limitò a lambirgli la bocca, giocò tra i ribelli capelli scuri che assecondarono la sua movenza inermi. Passarono attraverso la camicia candida appena sbottonata, dentro i pantaloni arrotolati, per poi uscire e andare a infrangersi sulle piccole onde del Lago Nero, che sciabordavano sulla riva ghiaiosa, bagnando i piedi scalzi dell’undicenne. Tom strizzò gli occhi, mentre una smorfia gli passava sul volto, quando una folata d’aria più generosa gli colpì il volto e gli mosse le ciocche nere dei capelli che gli si alzarono dritte in testa. Si sollevò pian piano facendo leva sul braccio destro mentre portava la mano di quello sinistro a coprirgli la vista. Si scostò i capelli con uno sbuffo, tirandoseli indietro, ma questi caparbi gli ritornano sulla fronte.  Avrebbe dovuto dargli una bella tagliata, non li sopportava più, pensò Tom alzando gli occhi scuri verso l’alto per riuscire a vederli e riservando loro una delle peggiori occhiate del suo repertorio. Qualcuno accanto a lui emise un flebile sospiro. Tom si voltò distogliendo la sua attenzione dalla sua impossibile capigliatura: Mylei Cypher, i capelli dorati scompigliati dall’aria birichina, le braccia dietro il capo, era stesa comodamente sulla battigia, con un bel sorriso stampato sul volto e gli occhi chiusi. L’espressione truce del ragazzo svanì all’istante, per sostituirsi ad una di divertimento: non lo capiva nemmeno lui perché quella maledetta ragazzina gli facesse quell’effetto. Il punto era che ogni volta che la vedeva meccanicamente veniva invaso da un senso di spensieratezza, di beatitudine, che nessuno gli era mai riuscito infondere. E dopotutto lei era una delle tante cose che in quel mese e mezzo aveva cambiato radicalmente e positivamente la sua vita. Non avrebbe potuto iniziare l’anno meglio di così: era finito nella Casa che voleva senza nemmeno fare il più piccolo sforzo per convincere quella specie di cappello rattoppato e sgualcito, anche se si era ritrovato compagno dei due Black e della loro compagnia di cagnolini fedeli. Era entrato immediatamente nelle grazie dei professori con il suo insolito talento e la sua apparente umiltà. Già tutto il corpo insegnanti aveva imparato il suo nome e non si tratteneva nel lodarlo ogni volta che compiva anche la più ridicola magia. Solo il grande Silente non sembrava mostrare entusiasmo per lui, ma avrebbe dovuto aspettarselo dopo tutto quello che di sicuro la vecchia gatta gli aveva spettegolato nei suoi confronti. Lo sorprendeva solo il fatto che non avesse raccontato niente ai colleghi: non credeva che Silente non ritenesse attendibili le parole della signora Cole, anche se Babbana, quindi l’unica idea plausibile è che pensava che fosse pentito e deciso a voltare pagina. Quando si dice un povero illuso. Doveva solo aspettare qualche anno quando sarebbe stato sicuro che nessuno avrebbe osato mettergli i bastoni tra le ruote, a causa della sua fama di ottimo mago e del successo che riscuoteva con i professori e poi Silente avrebbe scoperto di che cosa era capace, lui e quegli insulsi Purosangue che avevano osato prenderlo in giro. La sua vendetta non gli avrebbe fatti aspettare, presto avrebbero dovuto umiliarsi al suo cospetto per poter solo credere nella sua misericordia. Misericordia … sì, come no. Come se la sua più grande ambizione fosse diventare uno di quei santi che i Babbani pregavano ridicolamente da mattina a sera. Le aureole l’avrebbe lasciate a persone stile Silente, che predicavano l’amore e la pace per l’umanità. Una scena ridicola gli si formò nella mente, a quel pensiero: un uomo vestito con uno delle solite tuniche bizzarre da mago e un cappello a punta adornato di stelle fosforescenti di cui solo ieri Silente aveva fatto sfoggio, con voce soave proclamava: - Pace e amore a tutti voi ! – distribuendo intanto margherite e violette alla gente di passaggio. Dal fondo della gola gli uscì uno sghignazzo di scherno che si affrettò a ricacciare indietro per non essere preso per scemo da qualche compagno nei paraggi, perché gli venivano attacchi di risa senza motivo. Mylei si agitò nel sonno emettendo qualche altro mugugno senza senso e richiamando lo sguardo del ragazzino su di sè. L’impulso improvviso di accarezzarle le gote rosate apparve tanto improvvisamente quanto venne represso dal cervello del ragazzo, che si fermò con un indice in aria a meno di un centimetro dallo zigomo destro della ragazzina. Ma che diamine gli prendeva ? Il troppo tempo al sole gli aveva fuso il cervello, per caso ? Tom squadrò la ragazza, ancora assopita, dalla testa ai piedi, critico. Era bella, sì,ma la bellezza in sé per sé non significava nulla, di questo  Tom ne era sempre stato convinto nel modo più assoluto. Certo, faceva la sua parte ma da sola non faceva  effetto sulle persone, né tantomeno su di lui che era il ragazzo meno superficiale che esistesse. All’orfanotrofio c’erano ragazzine, anche più grandi, piuttosto carine, eppure non aveva mai provato lo strano impulso di doverle toccare.  Decisamente il sole gli aveva mandato in tilt il cervello, poteva essere solo quello il motivo per cui l’aveva quasi accarezzata.  “ Non dovete mai stare sotto il sole troppo al lungo, fa male alla testa, bambini”  la voce dell’odiata dirigente dell’orfanotrofio gli rimbombò nella mente, nella sua solita tonalità stridula. Per una volta quella aveva detto una cosa giusta, si ritrovò ad ammettere a malincuore. Aveva sempre odiato il fatto che qualcun altro che non fosse lui, potesse avere ragione, come la signora Cole, giusto per citarne una a caso.
- Vecchia gatta – mormorò tra sé e sé, irritato e, sbuffando, tornò a prestare la sua attenzione al Lago da dove la Piovra Gigante era appena emersa, stimolata dall’insolito bel tempo, singolare per gli ultimi di settembre.
- Grazie, eh –Tom alzò le sopracciglia, perplesso e si voltò verso una Mylei finalmente sveglia, ma che teneva ancora un occhio chiuso, più probabilmente a causa della luce del sole che gli arrivava dritta in faccia, che per il sonno.
- Come ? – domandò Tom, scocciato: quella ragazza aveva di sicuro qualcosa che non andava.Mylei si mise a sedere, ritirano le gambe al petto, tutto sotto lo sguardo attento di Tom che non l’aveva abbandonata un secondo.
- Grazie per avermi chiamata vecchia gatta –Tom alzò gli occhi al cielo, trattenendosi da emettere un verso esasperato.
- Non mi stavo riferendo a te – le spiego senza guardarla, cosa che preferiva fare sempre quando parlava con lei, i suoi occhi lo infastidivano non poco.
- Ah, no ? – fece Mylei con una nota di scetticismo divertito nel tono.Tom non si prese nemmeno la briga di rispondere, più interessato ai movimenti della Piovra Gigante intenta a cacciare dei pesci.
- Sapete, appena inizierà il prossimo anno ad Hogwarts entrerò nella squadra di Quiddicth di Grifondoro, sarò cercatore, il migliore che ci sia mai stato ad Hogwarts. –I due ragazzi sulla riva si girarono: un undicenne biondo dagli occhi chiari si pavoneggiava circondato da un gruppetto di ragazzine, di tutte le quattro Case come testimoniavano i colori delle loro divise, che pendevano dalle sue labbra, poco lontano da Tom e Mylei.
- E quello chi è ? – sbottò Tom, proprio mentre le ragazzine ridevano civettuole a una battuta appena fatta dal ragazzo.
- Un idiota, ti basta sapere questo. – commentò Mylei, riservando al biondo un’occhiataccia, senza che lui se ne accorgesse, però.Tom inarcò le sopracciglia e alla sua muta richiesta di spiegazioni Mylei aggiunge sbuffando:
- Dave Macmillan, Grifondoro del nostro anno .  –
- Hai mai parlato con lui ? – le chiese Tom, domandosi un attimo dopo perché l’avesse fatto. Cosa gliene poteva fregare a lui di chi frequentasse Mylei ?Anche lei dovette pensare la stessa cosa, ma non gli fece domande, limitandosi a dire:
- Sì, ma solo una volta al banchetto di inizio anno perché stava importunando una mia amica. Da allora non si è più avvicinato. –A Tom scappò un ghigno.
- Che cosa hai detto di così pauroso da spaventare l’impavido Macmillan ? –Mylei fece una smorfia, subito sostituita da un sorrisino quando si accorse del sogghigno del Serpeverde.
- Umh … diciamo che da quel momento se cercherà di rivolgermi la parola eviterò di sfoggiare il suo “accattivante” sorriso. –Tom si ritrovò quasi a ridacchiare, complimentandosi silenziosamente con la ragazza. Non si sarebbe mai abbassato a elogiarla ad alta voce, non per una cosa così stupida. Con sé stesso, invece, poteva tranquillamente farlo perché anche questa volta c’ aveva azzeccato. Non aveva sbagliato sul conte di Mylei, infatti: poteva anche essere un angelo sceso in terra ma non esitava a sfoggiare le corna quando ce ne era bisogno. Il suo buonumore,  però,  svanì all’istante appena la ragazza, scoccandogli un occhiata penetrante, osservò :  - Non ti avevo mai sentito ridere, prima –
Tom fissò corrucciato le superficie dell’acqua, evitando accuratamente lo sguardo della ragazza. Ogni volta che la guardava negli occhi aveva sempre la strana e netta sensazione che Mylei  cercasse qualcosa in lui come il “caro” Silente anche se in maniera del tutto differente. Quando le iride cristalline del professore di Trasfigurazione si scontravano con le sue sembrava che lo perforassero, cominciando a scavargli dentro andando sempre più in profondità man mano che i minuti passavano e il contatto persisteva. Quando, invece, erano gli occhi verde acqua di Mylei a scrutarlo lei non gli profanava il corpo, si limitava a leggergli gli occhi, rimanendo in superficie, come se ci fosse un libro che rivelava i suoi pensieri, i suoi ricordi perfino le sue emozioni e i suoi sentimenti. E la differenza ancora più grande era che per quanto Silente cercasse nel più profondo non trovava niente mentre Mylei, Tom ne era quasi sicuro, trovava ogni volta quello che cercava. Riusciva a … come dire …. Capirlo. Sì, lei lo guardava negli occhi e capiva e questo a lui, manco a dirlo, non faceva affatto piacere. Tom non voleva essere compreso, lui doveva essere unico, il suo modo di pensare e anche le sue sensazioni più banali, dovevano rimanere estranee agli altri. E Mylei Johanne Cypher non faceva eccezione.
- Perché quando ti rivolgo una domanda personale ti chiudi in un silenzio tombale ? –Volle sapere, ancora, Mylei.
Tom fissò ostinatamente quelle poche onde che si formavano sulla superficie del Lago. Non aveva intenzione di rispondere, per i suoi gusti quella ragazza si accorgeva di troppe cose e se lo poteva sognare che lui le desse delucidazioni. Con la coda dell’occhio la vide scuotere la testa per poi buttare lì:
- I compiti di Pozioni li hai già finiti ? Se no li facciamo insieme –
Tom si voltò verso di lei, lentamente il volto pallido e  imperscrutabile.
Ma a quanto pare non per Mylei che recepì la sua sorpresa mista a sospetto  e gli domandò con il sorriso più genuino di questo mondo:
- Che c’è ?-
Questo non fece che insospettire ancora di più Tom che la scrutò, alla ricerca del sicuro imbroglio, celato dall’espressione innocente della ragazzina.  Dopotutto chiunque conoscesse almeno un po’ Mylei avrebbe avuto qualche dubbio sull’improvvisa condiscendenza appena mostrata dalla Grifondoro. Mylei era testarda e piuttosto curiosa per definizione non avrebbe mai demorso così facilmente, accontentandosi  di un silenzio e abbandonando l’argomento. Piuttosto sarebbe partita in quarta con una sfilza di domande assillanti che sarebbero finite solo quando lui avrebbe risposto in modo esauriente.
- Non vuoi più sapere perché quando mi rivolgi domande personali non hai risposta ? –Si azzardò a chiedere, voglioso di scoprire come avrebbe replicato lei.
Mylei alzò le spalle, indifferente.
- Non serve a niente tormentarti per avere una risposta. Quando vorrai e se vorrai sarai tu a dirmelo senza che sia io a chiederti niente.  –Tom, anche sapendo che molto probabilmente era una bugia bella e buona, non poté fare a meno di rilassarsi e di informarla beffardo:
- Allora aspetterai in eterno –
- Se vuoi essere così crudele da lasciarmi nel dubbio per il resto dei miei giorni … – replicò lei con una perfetta lamentela da povera vittima che fece nuovamente ghignare Tom. Cominciava a credere che quello stupido coso avesse sbagliato ad assegnarla a Grifondoro, perché di certo l’arte della recitazione sommata a una bella dose di propensione per l’ inganno e la furbizia non le mancavano.  Sì, sarebbe stato decisamente meglio per tutti e due essere nella stessa Casa, per lo meno sarebbe stato più facile incontrarsi e studiare insieme.
- Che pensi ? – lo interrogò Mylei, accorgendosi della sua espressione assorta.
- Niente di importante – taglio corto lui, sbrigativo. Sarebbero dovuti passare secoli prima che le rivelasse i suoi pensieri spontaneamente, anche se questi erano i più futili come in quel caso.
- Niente di importante non è una risposta – gli fece notare lei. – Oggi sei nel bel mezzo della “ fase di  silenzio” ? –
- Come ? – Tom si sporse verso di lei senza accorgersene. In quel momento avrebbe dato tutti quei pochi galeoni che aveva per riuscire a capire Mylei nello stesso modo che lei faceva con lui. Cosa che non si rivelò necessaria, poiché la ragazza gli spiegò:
- Sì, in alcuni giorni tendi a stare zitto per tutto il tempo, rispondi a monosillabi e quando lo fai sembri alquanto scocciato come se desiderassi che sparissimo tutti e ti lasciassimo in pace –
Era sorprendente come Mylei riuscisse a comprenderlo si ritrovò a constatare Tom e a quella affermazione così vera gli fu impossibile trattenersi dal chiederle:
- Come fai ? Come fai a … a capirmi ? –
La ragazza scrollò le spalle.
- Non lo so, mi viene naturale. Ti guardò e … e capisco punto. E capisco anche che per qualche motivo a me ignoto non ti è gradito. – concluse, inclinando la testa come per studiarlo meglio.Tom non provò certo ad agevolarle il lavoro, girandosi apposta dall’altra parte.
- Hai inteso bene – borbottò da un angolo della bocca, continuando a darle le spalle.
- Se è per questo, ci sono un sacco di cose che credo di aver inteso bene, ma questo tuo fastidio per la mia comprensione non l’ho ancora afferrato. – ammise Mylei alla sua schiena, senza mostrarsi minimamente irritata dal fatto che Tom non le parlasse faccia a faccia.
- Se non hai capito questo – la informò pacatamente Tom, con un velo di dispetto nella voce – non hai capito proprio niente di me. –
- Però, solo qualche secondo fa, hai detto che riuscivo a comprenderti. – obbiettò lei.
- Mi sono sbagliato  - ribatté a denti stretti Tom, prendendo a scavare con le unghie nel terreno sabbioso e ciottoloso con violenza.
- Forse sì – convenne Mylei con il tono quasi dispiaciuto, ma che non ingannò Tom che drizzò le orecchie pronto a cogliere il contrattacco che  non tardò a essere sferrato.  -  perché avrei giurato che tu fossi una di quelle persone che non ammetterebbe mai di aver sbagliato. –
Colpito e affondato. O quasi. Il ragazzo si fermò con la mano in aria piena di sassolini e sabbia appena presi. Tom aprì il palmo lasciandoli cadere e si voltò finalmente a incontrare gli occhi di Mylei che non dicevano niente, sembravano soltanto in attesa, anche se di che cosa non era chiaro.  Un ombra buia oscurò il volto del giovane, le iridi sembrarono essersi fatte più ancora più nere, come il cielo che pian piano si stava ricoprendo di nuvoloni grigi.   
- Il fatto che tu abbia indovinato due o tre cose su di me, non significa che mi conosci, Mylei. Perché io lo so che tu di me, in verità, non sai proprio niente. -  Tom scandì ogni parola lentamente, calcandoci sopra con forza, come volendola imprimere nella mente della ragazza.
- Non è vero. – L’espressione risoluta e convinta con cui lo contraddisse Mylei lo irritò ancora di più di quanto lo fosse già. L’ombra sul suo volto si fece più grande e visibile, gli occhi si assottigliarono, una luce rossa attraversò per una frazione di secondo le iridi di Tom, ma troppo veloce per essere colta veramente.
- Sì, che è vero. – sillabò, il viso fattosi pericolosamente più vicino a quello di Mylei che non indietreggiò, anzi contribuì a diminuire la distanza tra di loro protendendo anche lei il viso.
- No, che non lo è – scandì anche lei, risoluta.I loro nasi si toccavano, ormai. I loro respiri si condensavano per l’improvviso quanto drastico calo della temperatura, mentre un vento freddo, molto più autunnale di quello che tirava fino a poco prima, alzava le foglie attorno a loro in un turbinio di colori smorti.
- Sì che è vero – ricominciò testardo il ragazzo, tentando di tenere a bada l’ira che si stava gonfiando nel petto come un palloncino – perché se non fosse così ti assicuro che non saresti ancora qui –Lo sguardo di Mylei era fermo, era pronta a controbattere, a dimostrargli che si sbagliava. Non si sarebbe arresa, era scritto a chiare lettere sulla sua fronte.
- Tom, io so come sei – prese a dire per essere subito interrotta da Tom che aveva decisamente perso la pazienza.
- Per Salazar, no, tu non sai come sono ! -  ringhiò sbattendo il pugno sul terreno e facendo arrossare le nocche. Anche Mylei smarrì del tutto la calma  ed esclamò con veemenza.
- Tom, tu sei una persona educata–
- No – mormorò lui chiudendo gli occhi.
- Ma sei anche un ragazzo molto laborioso – continuò imperterrita l’altra.
- No – ripeté Tom  con le mani che gli tremavano e la voce che si alzava.
- Sei astuto,  introverso e molto maturo – snocciolò velocemente la ragazza con foga.
- No – ribadì Tom, ormai urlando.
- E sei una persona sincera ! –
- No! –
Tom scattò in piedi, il volto pervaso dalla rabbia, l’autocontrollo gettato all’ortiche.
Un fulmine squarciò il cielo.
Gli altri studenti che, come loro, si erano fatti ingannare dal bel tempo che gli aveva dato il “buon giorno quella mattina”, cominciarono a raccogliere le loro cose e a scappare al castello. Ma né Mylei né Tom diedero segno di voler fare altrettanto.
- Tom … - tentò la ragazza, spezzando quel lungo silenzio che si era propagato tra loro  e che sembrava avere un peso, tale era la sensazione di soffocamento che tutti e due iniziavano a sentire, come se il silenzio li stesse schiacciando.
- Smettila, smettila, smettila ! -  gridò Tom, bloccando sul punto del nascere qualunque cose Mylei stesse per dire, le mani premute sulle orecchie per non sentire. Non riusciva a capire che cosa gli stesse succedendo. Lui voleva che tutti pensassero che fosse il bravo e gentile orfano, l'assiduo e diligente studente, ma quando Mylei aveva iniziato ad elencare con quella convinzione qualcosa nel suo stomaco aveva cominciato a ribollire. Lei no. Lei non doveva crederci come gli altri, lei doveva sapere la verità. Era come se non soppotarse l'idea di mentirle, lui il bugiardo per antonomasia, il mago della menzogna, lui che non aveva fatto altro per tutta la vita. Ma l'unica cosa che gli rimbombava nelle viscere e nella mente era no, lei no.  
- Tu non sai che cosa ho fatto io, prima di venire a Hogwarts ! Non sai come mi chiamavano gli altri bambini all’orfanotrofio ! Mi davano del mostro ! E nessuno potrebbe dire che non avessero ragione ! Dopotutto come la chiameresti, tu, una persona come me ? Una persona che ruba  i giochi degli altri bambini, che li spinge giù dalle scale volontariamente, che si diverte a spaventarli e gode del loro terrore ? Un ragazzino che ammazza gli animali domestici dei suoi compagni che ha come passatempo preferito vederli soffrire, che ride mentre aizza dei serpenti contro di loro, deboli e indifesi, in una grotta senza fondo e il mare in tempesta fuori ? Come lo chiameresti, Mylei ? Io non sono educato, maturo e sincero ! E sopratutto non sono buono, sono malvagio, Mylei, malvagio ! –Tom ansimava nel vuoto, gli occhi animati da una luce di pura follia che nemmeno Mylei aveva mai scorto prima.
- E’ giusto, è giusto che tu lo sappia – riprese con calma, dopo un lungo sospiro. – E’ giusto che tu sappia come sono realmente – affermò altezzoso.  – E ora che ne sei al corrente, prego, scappa, vattene , fingi di non conoscermi più. Evitami e magari dì a tutti com’è veramente il bravo e affascinante Tom Riddle – la derise sprezzante, in un chiaro segno di sfida e invitandola ad andarsene.
- Devo proprio ? –
La domanda ingenua quanto inaspettata lo spiazzò completamente. Il ghigno canzonatorio svanì: Tom rimase lì, davanti a lei, con la bocca socchiusa e il braccio alzato che indicava il castello.
- Come sarebbe devo … devo proprio ? – sussurrò frastornato – tu hai … non hai … insomma hai capito quello che ti ho detto ? – sbottò, aspro.
- Sì, credo proprio di sì. A meno che sia diventata improvvisamente stupida, cosa che non penso sia successa. Quindi sì, ho capito tutto quello che mi hai detto. –Tom la fissò, sbattendo le palpebre. Lasciò cadere il braccio che aveva ancora alzato in direzione della scuola, abbandonandolo mollemente lungo il fianco.
Aprì la bocca un paio di volte a vuoto, le parole per contestare lì sulla punta della lingua ma che non ne volevano sapere di uscire. Poi, alla fine, dovettero cedere perché Tom tentò ancora con il tono più ragionevole che aveva:
- Mylei, io non sono un bravo ragazzo, ok ? Mi piace fare del male alle persone che sono cattive con me. E tu non … non puoi … non puoi studiare con me, parlare con me. Frequentarmi. Ora che sai queste cose è chiaro che non vorrai più, intendo, in confronto a me è quasi meglio passare del tempo con Mac- coso – concluse per poi doversi correggere, seccato, notando l’espressione di divertimento ma in prevalenza di disgusto di Mylei.
- Intendo dire che chiunque sarebbe meglio di me. Noi non possiamo essere … essere … essere … ahhhg ! – Tom si lasciò scappare un ringhio esasperato, sollevando le braccia sopra la testa. 
- Essere amici ? – gli venne in aiuto la ragazza, con un sorriso dolce.Tom sentì gli angoli delle sue labbra piegarsi leggermente all’ insù, contro la sua volontà. Era strano, di solito quando la gente, quella che non lo conosceva, gli sorrideva in quel modo sdolcinato non riusciva a non essere disgustato; ma fatto da Mylei, quel sorriso era una cosa che non poteva non incantarti, forse perché a lei venivano delle deliziose fossette. In quel momento, se fosse stato solo, Tom si sarebbe preso a schiaffi, o meglio ancora avrebbe sbattuto la fronte contro il tronco dell’albero, lì vicino. Che diamine stava pensando ? Che diavolo gli prendeva ? Aveva dormito poco la scorsa notte ? O forse era colpa dell’insolazione di poco prima ?
Tom, rimuginando su queste cose, si lasciò crollare a terra, sulla battigia, al fianco dell’oggetto dei suoi pensieri, mentre i fulmini di tanto in tanto illuminavano il cielo e anche se i due undicenni se ne accorsero non raggiunsero i loro compagni al sicuro, nella scuola.
- Tu sei strana, sai ? Anzi, dovrei dire matta – borbottò Tom, burbero, pensando ancora ai pensieri decisamente non da lui che le aveva rivolto a sua insaputa. Mylei sembrava piuttosto allegra, al contrario: alla sua dichiarazione ridacchiò.
- Perché, scusa ? –
- Perché una persona con la testa a posto avrebbe già tagliato la corda da un pezzo, e a gambe levate – commentò lui, sempre con espressione truce. Perché aveva la bizzarra percezione che avrebbe fatto meglio a non frequentarla più ? Perché sentiva che qualunque cosa si stesse nascendo tra di loro non avrebbe portato a niente di buono ? Che era sbagliata, che non avrebbe dovuto proprio esistere ?
- Mi stai dicendo che ho qualche rotella fuori posto ? – gli chiese lei, divertita.
- No, ti sto dicendo che sicuramente hai tutte le rotelle fuori posto -  ribatté lui, piccato ma invece di offendere la ragazza la fece ridere ancora di più.Nuovamente sentì le labbra che si arricciavano in qualcosa che poteva essere interpretato, anche se molto alla lontana, come un sorriso vero e proprio. Gli piaceva quando rideva, lo faceva sentire bene. Ecco, era successo, ancora. Aveva pensato cose su di lei che non avrebbero dovuto nemmeno affacciarsi nell’anticamera del suo cervello e di nuovo aveva percepito che era dannatamente sbagliato, che avrebbe dovuto mettere un freno a tutto questo, alzarsi, correre al castello e ignorarla per il resto del suo soggiorno a Hogwarts. Era quella la cosa migliore da fare, ma che lui non volle fare.  I tuoni iniziarono a farsi sentire, il vento aveva agitato la superficie del Lago, ora pieno di onde. La Piovra Gigante si immerse sprofondando nell’oscurità dei fondali.
- Quindi mi credi pazza solo perché non voglio stroncare i rapporti con te ? –
A Tom quella frase fece uno strano effetto: rapporti ? Non era sicuro di che cosa significasse esattamente quella parola, soprattutto se riferita a lui. La ripeté sottovoce attirando lo sguardo di Mylei su di sé.
Aveva un sapore mai sentito prima, in bocca; nessuno aveva mai pronunciato una frase simile anche perché nessuno aveva mai avuto rapporti con lui, neppure minimi quindi di certo, non avrebbe mai potuto stroncarli. Ma ora, ora che aveva un rapporto, anche se non ben definito, con una persona sapeva che sarebbe stato meglio se non l’avesse avuto, anche se a dirla tutta a lui non dava più di tanto fastidio avere rapporti con Mylei, forse anche perché era lei e non uno spocchioso bambino dell’orfanotrofio. Non li voleva stroncare, sarebbero potuto tornargli utili. Non aveva mai dovuto affrontare un problema del genere prima, all’orfanotrofio. Lui viveva nel suo mondo, nella sua camera, lontano da tutti e da tutto aspettando un padre che non era mai arrivato. Gli altri giravano al largo, chi non lo faceva era condannato. Chiunque gli si avvicinava Tom lo feriva, e ci aveva provato anche con Mylei ma non aveva funzionato; lei era rimasta lì non era scappata via, frignando. Perché lei non aveva reagito allo stesso modo ? Non era stato incisivo ? Sì, forse era stato troppo magnanimo. Ma credeva che raccontargli tutti quegli aneddoti sul suo passato l’avrebbero spaventata, credeva che sarebbe stato un ottimo modo per allontanarla invece che la tattica dell’insulto o della violenza fisica. Era troppo testarda e orgogliosa per lasciarsi intimidire da qualche offesa, gli avrebbe solo risposto per le rime per poi passarci sopra. Mentre non poteva azzardarsi a picchiarla o a lanciarle qualche incantesimo perché di sicuro ignorando le sue minacce sarebbe andata dritta dal Preside per farlo espellere e tornare all’orfanotrofio era l’ultima cosa che voleva.
Tom si voltò verso la ragazza, percependo il suo sguardo fisso su di lui: stava ancora aspettando la risposta alla sua domanda di cui lui si era praticamente dimenticato. Preso da una forte e improvvisa rabbia, di cui non era chiara neanche a lui l’origine, le disse con troppa  enfasi:
- Non è forse così ? Dammi un valido motivo per cui non dovrei definirti pazza – la sfidò.Mylei si mise a gambe incrociate davanti a lui e rigirandosi un sassolino tra il pollice e l’indice prese a dire:  
- Tu ti definisci una persona cattiva, e  non posso dire che non lo sei dopo quello che mi hai detto. – aggiunse subito notando la bocca di Tom che si stava aprendo, credendo in un suo “ma”.
- Ma – e qui lui sbuffò rumorosamente, lanciandole un occhiataccia (dove diamine voleva andare a parare ?) – ma è pure vero che nemmeno quei bambini Babbani erano tanto buoni –Avrebbe dovuto scommetterci, si rimproverò Tom mentalmente per poi scuotere la testa infastidito dal suo ragionamento.
- Mylei, loro non erano crudeli come me, non erano sadici come me, non erano ladri come me, non … -
- Tom, ti smentisci da solo – fu il turno della ragazza di scuotere il capo – Non ridacchiavano quando ti additavano come un mostro, all’inizio intendo, quando non gli facevi ancora paura ? Gli dispiaceva darti uno spintone ? Dopo, secondo te, si sentivano in colpa ? Si sentivano in colpa per aver fatto del male al mostro ? Pensi che se tu non gli avessi infuso timore non ti avrebbero rubato qualcosa ? Tanto tu eri il mostro … Tom, tu sei diventato cattivo perché sono stati gli altri a farti diventare così. E’ stata come una forma estrema di difesa. Se non ti avessero isolato e soprannominato in quel modo per la tua magia credi che avresti attirato quei bambini nella grotta ? Che gli avresti aizzato contro quei serpenti ? Che avresti ucciso i loro animali e rubato le loro cose ? Non giustifico assolutamente i tuoi gesti ma non ti rendi conto che tutto quello che hai fatto era per vendicarti ? Per vendicarti di quei bambini che non volevano giocare con te, che ti consideravano pazzo per i tuoi poteri ? I tuoi gesti non li hai compiuti in veste di un bambino arrabbiato per non essere stato accettato ? Il tuo carattere, il tuo modo di pensare e di agire deriva dalla tua infanzia tormentata, priva di affetti. Un bambino ha bisogno di amore per crescere, se tu l’avessi avuta credi che ti saresti comportato così ? Se le inservienti dell’orfanotrofio che avevano il compito di accudirti l’avessero fatto, se i bambini con cui avresti potuto diventare amico, non ti avrebbero rifiutato perché ti consideravano diverso, credi che ti saresti comportato allo stesso modo ? –Tom fissò intensamente la ragazza, i lineamenti fini, gli occhi chiari, i capelli scompigliati dal vento. Lei, lei aveva compreso, era riuscita a vedere dove nemmeno un grande mago come Silente era riuscito. Perché Tom lo sapeva che il professore non si fidava di lui, che ogni volta che guardava quelle iridi color del cielo riflettevano preoccupazione e sospetto. Silente preside di Hogwarts, Capo del Wizegamot, miglior mago di sempre non aveva capito; Mylei undicenne che conosceva solo da un mese, strega che aveva imparato solo ora a muovere una bacchetta, invece, ce l’aveva fatta. Ma come aveva fatto ?
Rimaneva quel punto interrogativo nella testa di Tom quando le chiese con la mente lontana, sentendosi pronunciare la domanda come se fosse qualcun altro a farla.
- Perché, perché sei rimasta ? –
Un sorriso semplice, un sorriso di chi non ti mentirebbe mai.
- Perché per me non sei veramente malvagio, o almeno non del tutto. Quindi puoi sempre cambiare e tornare sulla strada giusta. Un ragazzino della tua età non può essere già cattivo, perché non si nasce malvagi, non ce l’hai nel sangue la cattiveria. E’ una cosa che acquisisci col passare degli anni, vivendo. E in ogni caso l’importante è un altro, Tom. Sai per cosa si differenziano i buoni dai cattivi ? I buoni non sono quelle persone che non sbagliano mai, che non compiono azioni malvagie, ma sono quelle che si pentono. I cattivi non lo possono fare perché non provano rimorso, non hanno una coscienza a tormentarli. Tu non sei ancora cattivo, Tom, perché ti sei reso conto di aver commesso degli errori e ti sei ravveduto. Non è così, dopotutto? – gli chiese senza volere risposta, sicura di non essere nel torto.Le prime gocce di pioggia iniziarono a cadere silenziose ma finendo sul volto dei due giovani maghi che alzarono gli occhi verso cielo plumbeo che lasciava presagire un acquazzone coi fiocchi.
- Meglio muoversi, o qui ci prendiamo un malanno.-  commentò Mylei alzandosi da terra e lisciandosi le pieghe della gonna - Su, torniamo al castello. –
Tom, guardandola prendere la borsa sporca di sabbia bagnata per scappare a scuola, non trovò proprio il coraggio di confessarle che, in realtà, lui non si era mai pentito.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: M a i